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Introduzione 
 
Sono passati diversi anni da quando la formazione dei 
professionisti della riabilitazione è stata trasferita dalle scuole 
regionali e dai cosiddetti corsi “parauniversitari”, all’ambito 
universitario vero e proprio, prima  con l’istituzione dei 
Diplomi Universitari (DU) e poi con l’istituzione dei Corsi di 
Laurea Triennali e Magistrale. Se tutto ciò ha notevolmente 
migliorato e ampliato la formazione dei riabilitatori, tuttavia 
non è ancora sufficiente a soddisfare appieno i bisogni 
formativi degli studenti e i bisogni di salute dei cittadini.  
 In questo processo di cambiamento, a mio avviso, va 
posta una nuova attenzione all’implementazione delle 
competenze comunicative e relazionali dei futuri operatori, 
abilità basate su livelli di rispetto della “persona” e ascolto 
empatico, elementi essenziali per uno stile relazionale 
finalizzato ad una migliore qualità della cura. 
È importante che una buona formazione di base dia agli 
studenti gli strumenti e le giuste competenze per affrontare i 
problemi di salute della persona in una prospettiva “olistica” e 
per lavorare efficacemente all’interno di un’equipe 
multiprofessionale.
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Con il presente lavoro voglio illustrare il progetto di 
tirocinio relativo al 1° anno, che svolgo da circa dieci anni, in 
qualità di Tutor, presso il Corso di Laurea in Fisioterapia 
dell’Università di Palermo.  
L’intento è quello di condividere l’esperienza, perché 
possa diventare una proposta progettuale largamente condivisa 
e poter contribuire così all’arricchimento della formazione di 
base in ambito universitario.  
Tale progetto, che potrebbe essere esteso anche agli altri 
corsi di laurea dell’area della riabilitazione, tiene conto delle 
raccomandazioni dell’OMS a proposito di formazione del 
personale sanitario.  
Mi riferisco soprattutto al principio dell’efficacia 
pedagogica: un programma di formazione deve privilegiare 
sistemi di apprendimento attivo in cui lo studente è il 
protagonista dell’apprendimento e in cui possa sperimentarsi 
personalmente. 
Poi ancora il principio dell’apprendimento per problemi: 
processo attraverso il quale lo studente acquisisce le 
competenze necessarie per risolvere un problema dell’ambito 
professionale. 
Inoltre ritengo importante attenzionare gli aspetti relativi 
all’osservazione e valutazione, processi che consentono di
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individuare il problema e di misurare il grado di 
raggiungimento degli obiettivi riabilitativi attraverso gli 
opportuni strumenti di misura.  
In linea con tale ottica è stato attivato un progetto di 
Tirocinio che si fonda su alcune premesse fondamentali: 
a) Il Fisioterapista  ha come momento fondante del suo 
lavoro l’osservazione e la “valutazione del movimento, azioni 
fondamentali che stanno a monte della progettazione e 
pianificazione dell’intervento riabilitativo. Dal momento che 
tale Corso di Laurea è un percorso professionalizzante, è 
necessario dare agli allievi strumenti adeguati perchè possano 
elaborare un piano di trattamento che tenga conto degli effettivi 
bisogni dell’utenza.  
b) Il movimento è una Funzione e come tale è 
l’espressione di una corporeità globale, pertanto viene valutato 
oltre che per le sue componenti meccaniche e dinamiche anche 
per le sue componenti psichiche e relazionali” (Puxeddu 1995). 
 Attraverso il movimento è possibile rendere evidente 
l’inesprimibile e soddisfare uno dei Bisogni Fondamentali della 
persona che favoriscono l’espansione del Sé.  
c) Inoltre, il linguaggio corporeo, nelle sue 
caratteristiche  funzionali ed espressive è leggibile se si ha la 
giusta attenzione, esistono delle leggi intrinseche al processo
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motorio che come riabilitatori dobbiamo imparare a conoscere 
per dare un significato a ciò che vediamo sia nel paziente sia in 
noi stessi. 
Per il Fisioterapista il corpo è uno strumento privilegiato 
di lavoro e di relazione, lavorare con un paziente significa 
mettere in gioco il corpo di entrambi gli attori del processo di 
aiuto, pertanto ritengo che solo dopo avere acquisito 
consapevolezza della propria corporeità, delle memorie che 
“abitano il corpo”, delle proprie “ferite” è possibile entrare in 
comunicazione più chiara con il paziente. 
È quindi a partire da queste considerazioni che è stato 
elaborato il progetto di Tirocinio relativo al primo anno.  
L’aspetto privilegiato è il momento dell’osservazione, 
intesa come “auto-osservazione”, momento essenziale nella 
formazione del Fisioterapista, perché permette all’allievo di 
capire quali  dinamiche comunicative e relazionali si mettono in 
gioco già a partire dal momento in cui si ha il primo contatto 
con il paziente.  
Il modulo del tirocinio è dunque caratterizzato da un 
approccio esperienziale articolato su tre livelli di osservazione: 
un livello che abbiamo denominato “Osservazione del sé 
corporeo”, che rappresenta l’oggetto della presente trattazione.
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Un altro livello prevede l’osservazione del bambino, 
intesa quale strumento di lettura e comprensione della sua 
espressività psicomotoria.  
Un terzo livello di osservazione riguarda l’osservazione 
dell’anziano.  
Riporto un brano tratto dall’ultimo lavoro di E. Mignosi 
(Mignosi 2008 pag. 10 che a sua volta cita Damasio) che mi 
aiuta ad esplicitare ancora meglio le premesse su cui si basa il 
percorso del tirocinio. “L’integrità dell’unità psicocorporea è 
condizione indispensabile per percepire se stessi, per 
riconoscersi, e per avere con gli altri una relazione vivificante, 
ma ha bisogno di esperienze che coinvolgano in maniera 
globale e che attivino i momenti di riflessione e di contatto con 
la propria interiorità e con la dimensione immaginativa. È 
allora necessario creare spazi e occasioni di integrazione e di 
consapevolezza rispetto a se stessi e al proprio modo di stare 
nel mondo (…) e che le istituzioni formative diano il loro 
contributo nel promuovere un cambiamento che è insieme 
culturale ed etico-politico” (Mignosi 2008)  
È ormai condivisa la convinzione che il professionista 
della riabilitazione interagisce con il paziente attraverso la 
globalità del proprio essere ed è soprattutto attraverso il 
codice corporeo e la comunicazione non verbale che viene
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mediata la relazione col paziente. Anzi possiamo affermare che 
le professioni della riabilitazione sono, insieme agli infermieri, 
quelle a più stretto contatto con i pazienti, il Fisioterapista 
entra, attraverso il contatto, nello spazio intimo del paziente, 
toccare ed essere toccati significa entrare nella storia della 
malattia ma anche nella storia di vita della persona.  
È per questo che non possiamo trascurare di parlare del 
“corpo del riabilitatore” e di “formare al corpo il 
riabilitatore”. 
Nella relazione che si instaura tra paziente e riabilitatore 
l’interazione è così profonda che entra massicciamente in gioco 
il corpo dell’operatore, “il corpo riceve, contiene ed interpreta 
le esperienze sentite dal corpo del paziente, il corpo 
dell’operatore  diventa una camera di risonanza di tutte le 
emozioni vissute dal paziente”.(Govoni 1998, pag. 66)  
A tal proposito Bellia afferma: “La relazione di aiuto 
ruota intorno all’esperienza umana del malessere e del disagio, 
che a più livelli mette in crisi l’equilibrio dell’essere umano 
sofferente, inteso come unità socio-psico-somatica. Le 
risonanze con il disagio degli utenti coinvolgono anche gli 
operatori e si riverberano nell’intero campo relazionale della 
cura: operatori-pazienti, equipe, familiari, etc. Il sovraccarico 
emotivo è all’origine di distorsioni comunicative e può
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produrre negli operatori la cosiddetta «sindrome del burnout”. 
(da V. Bellia, Se la cura è una danza, F. Angeli, 2007). 
Alla luce di quanto detto, il percorso formativo che 
l’allievo Fisioterapista effettua all’interno del tirocinio, diventa 
l’inizio di una vera e propria formazione personale.  u un vero e 
proprio processo  di  empowerment, un processo di cambiamento 
attivato dalla persona stessa che mobilita le proprie energie e 
risorse grazie ad una maggiore percezione e conoscenza 
emotiva di se stessi. 
Si intende cioè fare acquisire, a partire proprio da 
momenti di auto-osservazione e sperimentazione del proprio sé 
corporeo:  
a)    consapevolezza della dinamica relazionale esistente 
        nell’interazione terapista-paziente;  
b)   abilità relative alle competenze comunicative/relazionali e 
       all’analisi dell’ espressività corporea.  
Lo studente alla fine del percorso è in grado di elaborare e 
decodificare una griglia di osservazione con gli indici corporei 
sperimentati su di sé durante il percorso formativo.    
 In considerazione del fatto che la relazione terapeutico-
riabilitativa si dispiega in gran parte lungo l’asse della 
comunicazione corporea, l’approccio che ci è sembrato più 
adeguato per attivare processi di crescita e di cambiamento è
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quello dei linguaggi a mediazione corporea; pertanto la 
metodologia utilizzata nell’ambito dell’esperienza del tirocinio 
fa riferimento a due approcci: la Danzamovimentoterapia e la 
Psicologia Funzionale del Sé.  
 La Danzamovimentoterapia è una disciplina che 
rappresenta una via perché il corpo torni ad essere protagonista: 
rivelazione del sottile, fitto e profondo scambio relazionale, 
nonché attore del processo creativo, insospettato potenziale di 
benessere e di efficacia comunicativa clinica.  
 La Psicologia Funzionale permette di attivare percorsi di 
trasformazione orientati alla promozione del benessere globale 
della persona, favorisce una migliore gestione degli eventi 
stressanti e consente di sviluppare un contatto pieno e mobile 
con se stessi su tutti i livelli, in tal senso sia la 
Danzamovimentoterapia che la Psicologia Funzionale 
rappresentano una preziosa risorsa nella formazione degli 
operatori della relazione di aiuto.  
Il Fisioterapista risponde col suo linguaggio non verbale, 
e dunque col suo corpo, in modo adeguato o non, a ciò che gli 
viene espresso e rimandato dal paziente. Il “lavoro su di sé” 
serve all’operatore della relazione di aiuto per capire se quanto
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osserva e valuta sia frutto di una “oggettività” o di 
“soggettività”. 
Ricordiamoci che il Fisioterapista è un facilitatore del 
cambiamento e che tale cambiamento è frutto anche 
dell’investimento del suo corpo che diventa pertanto mediatore 
della relazione.  
Nel primo capitolo della presente tesi sarà affrontato il 
tema della formazione degli operatori della riabilitazione con un 
breve escursus storico, saranno presi in considerazione i vari 
profili professionali.  
Nel  secondo capitolo si affronterà il tema delle 
competenze del riabilitatore con particolare riferimento 
all’osservazione del sé corporeo come presupposto  
fondamentale  per l’implementazione delle competenze 
personali e relazionali. 
Nel terzo capitolo sarà illustrata l’esperienza condotta in 
questi anni presso il Corso di Laurea in Fisioterapia 
dell’Università di Palermo.
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Capitolo 1 
 
Nuove prospettive per il sapere riabilitativo 
 
1.1 Il vecchio e il nuovo in riabilitazione 
Fino a poco tempo fa si pensava che il sistema sanitario 
italiano si potesse reggere sull’opera di un numero piuttosto 
ristretto di professionisti ed operatori: erano ben presenti la 
figura del medico, dell’infermiere e dell’ostetrica, del 
fisioterapista, del tecnico di laboratorio e di radiologia.  
Da qualche anno però tale sistema ha vissuto profonde 
modificazioni nella sua struttura organizzativa e quindi nei 
meccanismi di funzionamento. Tra i cambiamenti più visibili un 
posto di rilievo viene certamente occupato dalla costante 
evoluzione delle professioni sanitarie. 
Tali professioni sono aumentate nella composizione 
quantitativa e soprattutto si sono ridefinite negli aspetti 
qualitativi, maturando una posizione di rilievo sul piano della 
formazione e delle competenze richieste, ciò ha comportato una 
maggiore autonomia e una maggiore responsabilità 
nell’espletamento delle proprie funzioni nonché un incremento 
del  ruolo nel mondo sanitario e sociale.
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C’è stato un processo di professionalizzazione che non 
solo ha prodotto nuove figure occupazionali, ma ha trasformato 
operatori in passato meno qualificati in veri e propri 
professionisti con un maggiore riconoscimento sia sociale sia 
politico, un conseguente aggiornamento dei percorsi formativi e 
una progressiva valorizzazione professionale. 
Il riordino delle professioni sanitarie e il maggiore 
riconoscimento professionale ha portato un cambiamento 
culturale e un più largo utilizzo del sapere riabilitativo. 
Parecchi e diversificati sono infatti gli ambiti presso cui 
gli operatori della Riabilitazione operano e così come recita 
l’Art. 1 del Decreto 14 settembre 1994 n. 741 (Profilo 
Professionale del Fisioterapista), “esso svolge in collaborazione 
con altre figure professionali, interventi di prevenzione, cura e 
riabilitazione nelle aree della motricità e delle funzioni 
corticali superiori”. 
Se fino a poco tempo fa il Riabilitatore si è occupato 
principalmente di problemi di natura ortopedica e neurologica, 
laddove il deficit era prevalentemente motorio, nel corso degli 
ultimi anni ha spostato sempre più il suo intervento in “luoghi” 
in cui il focus è la globalità della persona, comprendendo con 
ciò anche la sfera emotivo-relazionale.
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Infatti i luoghi in cui i professionisti della riabilitazione in 
atto operano, nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, oltre 
quelli dove sono stati presenti da più tempo, sono i più diversi:  
 il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura; 
 il Centro Diurno; 
 la Comunità Terapeutica Assistita; 
 i Servizi di Neuropsichiatria Infantile; 
 i Ser.T. (Servizi per le Tossicodipendenze) 
 le Residenze Sanitarie Assistite 
 i Servizi di riabilitazione domiciliare 
Le riflessioni che seguono fanno riferimento 
all’esperienza che ho svolto in questi anni di lavoro, dal 1990 a 
tutt’oggi, presso Servizi di Salute Mentale e Servizi per le 
Tossicodipendenze. 
L’inizio degli anni 90 corrisponde ad un periodo di grandi 
rinnovamenti e fermenti culturali nell’ambito della 
riabilitazione psichiatrica. Erano gli anni in cui in Sicilia si 
cominciava ad attuare la Legge n. 180/78, la cosiddetta Legge 
Basaglia, con la quale si sono chiusi gli ospedali psichiatrici 
(O.P.), gli ospiti degli O.P. sono stati dimessi e si sono attivate 
le strutture territoriali di cura e riabilitazione. Ciò ha portato 
alla nascita dei Servizi di Salute Mentale, poi Dipartimenti, e
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all’assunzione di personale che ha implementato gli organici di 
figure professionali nuove, tra cui i Terapisti della 
Riabilitazione (non esistevano ancora i diplomi per Tecnici 
della Riabilitazione Psichiatrica). 
In tutti questi Servizi il progetto terapeutico-riabilitativo è 
centrato sulla globalità della persona, sul recupero 
dell’autonomia, delle abilità relazionali e sociali e sul 
reinserimento socio-lavorativo.  
Per il riabilitatore tutto questo ha significato 
fondamentalmente due cose: da un lato l’apertura di spazi di 
intervento nuovi con relativa valorizzazione delle sue 
competenze, dall’altro non c’è stata, almeno fino a poco tempo 
fa, una corrispondenza sul piano formativo.  
 Ciò ha comportato per i Terapisti della Riabilitazione 
inseriti in Servizi Sanitari, non comuni per il Riabilitatore 
(Servizi di Salute Mentale, Ser.T., etc.), una sorta di 
riqualificazione, un re-inventarsi un sapere riabilitativo che li 
mettesse nelle condizioni di poter esprimere al meglio la loro 
professionalità.  
Attraverso una formazione complementare, la formazione 
di base è stata integrata con tecniche in grado di affrontare 
patologie che comprendessero la sfera psichica e relazionale, 
tale è stato per i Fisioterapisti/Terapisti della Riabilitazione