“La formazione degli adulti immigrati”
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Questo studio è, dunque, partito dalla constatazione che
l’immigrazione, in Italia tende sempre più all’insediamento
definitivo, richiedendo, pertanto, non politiche dettate
dall’emergenza ma dall’attivazione di progetti che favoriscano un
inserimento stabile e ordinato degli stranieri.
La ricerca si apre con una panoramica sui significati diversificati
e difformi di formazione che si sono nell’ultimo decennio
stratificati, trasformati e intrecciati tra loro. La conoscenza non
costituisce più un accumulo di nozioni particolari apprese un volta
per tutte nella prima parte della vita (infanzia e giovinezza), ma si
caratterizza, di conseguenza, come capacità di creare idee, di
elaborare modelli, di confrontare punti di vista, di integrare
tipologie di sapere diverse, di esprimersi, di strutturare relazioni, di
dare forma al proprio mondo, di attivare competenze.
Assume rilevanza particolare la capacità di ri-orientare il
proprio sapere e saper fare, aggiornarsi costantemente, di essere
disponibili al cambiamento, di considerare come mai definitive le
proprie condizioni lavorative. Stanno sorgendo, dunque, nuovi
bisogni formativi che necessitano di essere presi in considerazione.
Al ruolo basilare dell’istruzione scolastica vengono affiancati
“La formazione degli adulti immigrati”
7
quello della formazione professionale e della formazione continua,
unificando l’importanza e il valore dei diversi momenti e tipologie
educative. La cultura della formazione è quindi concepita come il
punto di forza di un cambiamento epocale che modifica l’identità
dei singoli ma pure della collettività della learning society. Tale
accezione di formazione si traduce nella duplice possibilità di
esprimere un nuovo diritto di cittadinanza attiva e critica ed un
‘potere formativo” che si coniuga in capacità di scelta, in occasioni
di sviluppo per tutti gli individui. Il postulato educativo della
learning society fa leva sull’idea che gli individui formati potranno
costituire una società formata la quale, sarà capace di ri-trasmettere
nuove opportunità di sviluppo, individuale e collettivo, a chi sarà
educato a coglierne le possibilità.
2
L’investimento sulla formazione
si sviluppa nella prospettiva della lotta all’“esclusione”, includendo
in tale termine anche la categoria degli immigrati, i cui bisogni
formativi e culturali continuano ad essere sottovalutati, per il fatto,
forse, che gli organismi che di loro si occupano sono caratterizzati
da una prevalente cultura emergenziale, che guarda, per così
esprimersi a necessità primarie. Prendendo, infatti, in
2
Cfr. C. BIASIN, Di che formazione parli? Per una semantica della
formazione, Edizioni Cleup, Padova, 2000, pp. 48-53.
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considerazione la ricerca condotta da F. Susi, si comprende, però,
che i bisogni formativo-culturali degli immigrati non sono un di
più, ma sono presenti in ogni fase dell’esperienza di migrazione e
possono condizionare sviluppi ed esiti, a seconda delle risposte che
ricevono.
C’è da sottolineare infatti che la diversità del progetto
migratorio comporta condizioni di vita diverse e, per conseguenza,
bisogni formativi differenti. Lo straniero in transito verso altri paesi
avrà bisogno di un sostegno e di una formazione che soprattutto gli
facilitino il rapporto con gli enti e gli organismi da cui dipendono la
possibilità di ottenere i documenti necessari; gli stranieri con
tendenza alla stabilizzazione sono, invece, portatori di bisogni
formativi che variano a seconda della nazionalità, dal grado di
istruzione, dalle condizioni lavorative, ecc.
Per questo gli Enti Locali dovrebbero impegnarsi a promuovere
e sostenere un dispositivo di analisi della domanda e dei bisogni che
sia in grado di rilevare, far emergere, orientare e organizzare la
domanda di formazione. È questa una prospettiva obbligata non
solo per le attività rivolte agli immigrati, ma, più in generale, per
tutte quelle attività rivolte agli adulti. I bisogni di formazione, una
“La formazione degli adulti immigrati”
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volta espressi, dovranno essere soddisfatti dal sistema formativo
pubblico e dalle iniziative educative promosse da Regioni,
Province, Comuni, associazioni, volontariato,ecc.
È necessario fare ogni sforzo perché gli stranieri possano trovare
la formazione di cui hanno bisogno nel sistema formativo pubblico
e che possano farlo, non da soli, ma insieme agli italiani. Una
politica che effettivamente voglia favorire l’inserimento e
l’integrazione degli immigrati non può consistere nella creazione di
servizi “speciali” a loro destinati, che ne ribadirebbero la
marginalità. Una politica formativa che vuole integrare, deve
modificare anche i tempi e i modi di funzionamento del servizio
formativo che vanno stabiliti in base alla reale possibilità di fruirne
da parte degli immigrati: ciò impone di tener conto del fatto che i
loro comportamenti, rispetto alle opportunità formative, sono
oggettivamente definiti dalle condizioni di vita, dai tempi di lavoro.
La società moderna deve attivamente operare per ridurre ed
annullare l’area del “secondo escluso”. Se non si vuole una società
con due tipi di cittadinanza, in cui una prevale sull’altra, bisogna
creare per tutti una situazione di pari opportunità. L’affermazione di
un diritto comune sul territorio nazionale, che possa estendersi
“La formazione degli adulti immigrati”
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ovunque, è di grande importanza per riconoscere all’umanità il
diritto di cittadinanza attiva, ossia il diritto degli individui ad una
partecipazione non marginale alla vita sociale. Si tratta, cioè, di
rendere possibile ad ognuno che viva in una determinata società di
potersi formare lifelong, per l’attuazione di propri personali
progetti. In questa prospettiva, la cultura d’origine, se non può
diventare una risorsa, non deve neanche costituire un handicap, un
vero e proprio svantaggio. L’integrazione è resa difficile proprio
dagli ostacoli di ordine socio-economico e culturale, ostacoli che gli
immigrati incontrano nel conoscere e utilizzare le occasioni che
possono far loro cambiare il loro status socio-professionale, le loro
condizioni di vita e di lavoro, in un processo di mobilità sociale.
Ed è attraverso la formazione che si mettono in atto strategie di
integrazione in quanto l’adulto immigrato trova in questa la via
preferenziale per integrarsi nel tessuto economico, sociale e
culturale del paese ospitante. Ciò risulta ancor più sostenibile se la
società di accoglienza riesce a garantire continuità nelle sue
proposte formative e qualità alla formazione professionale.
Inoltre, in tale prospettiva un ruolo considerevole è occupato
dall’Educazione degli Adulti che negli ultimi anni è passata alla
“La formazione degli adulti immigrati”
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messa in atto delle strategie formative dettate dalla società della
conoscenza che impone un ripensamento dell’insieme delle
politiche formative intese a favorire le condizioni per una crescita
culturale del cittadino, che diviene al tempo stesso economica e
sociale. Offrendo, attraverso la formazione, maggiori chances, si da
la possibilità ai cittadini di controllare i cambiamenti delle società e
di determinare i modelli di vita, creando un sistema di progressive
consapevolezze. Ciò implica la necessità di uno spostamento
radicale delle tradizionali concezioni degli interventi istituzionali,
statali e pubblici, verso il sostegno di una concezione più
individualizzata della formazione, intesa come investimento
personale. Ciò significa, quindi, innalzare i livelli culturali di tutti,
italiani e stranieri. Pensare ad un progetto di apprendimento durante
il corso della vita per tutti è effettivamente possibile se sostenuto
dalle necessarie risorse professionali (facilitatori linguistici,
mediatori culturali) e da una programmazione territoriale che
realizzi la convergenza degli interventi di scuola, enti,
associazionismo.
Nella società conoscitiva contemporanea infatti, come afferma
la Alberici, «imparare è la condizione per vivere, per lavorare, per
“La formazione degli adulti immigrati”
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essere individui capaci di progettualità, responsabilità, autonomia».
È necessario «imparare sempre, non si può affrontare la complessità
del vivere quotidiano, il rischio del cambiamento, la velocità di
cambiamenti e la molteplicità della transizione, senza un lavoro
costante di riflessività e apprendimento; imparare sempre per
orientarsi, per scegliere i propri percorsi, per usare le proprie
informazioni, per sviluppare le competenze necessarie nei diversi
contesti, nelle diverse stagioni della stessa vita. Per sviluppare un
pensiero creativo e responsabile».
3
3
A. ALBERICI, Imparare sempre nella società della conoscenza, Bruno
Mondadori, Milano, 2002, p. 9.
“La formazione degli adulti immigrati”
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CAPITOLO I
______________________________________
LA FORMAZIONE DEGLI ADULTI
IN SITUAZIONE DI IMMIGRAZIONE
TRA INTEGRAZIONE E RISPETTO DELLE DIFFERENZE
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Il pluralismo è una sfida da vincere per chi non vuole un’esistenza
povera: la gioia si costruisce nell’incontro, la felicità ha il volto
della novità e della sorpresa.
S. De La Pierre
1.1 Aspetti della formazione
L’educazione degli adulti, secondo un’accezione non sempre
univoca, si dibatte tra il concetto di educazione e quello di
formazione.
A lungo la formazione è stata intesa un’azione non
profondamente coinvolgente, assumendo soprattutto la
qualificazione della forza-lavoro nei suoi “rami bassi”con i corsi
regionali pubblici e privati.
4
Nello specifico si trattava di indurre una crescita di natura socio-
culturale, ma anche professionale, di quelle persone che
presentavano una evidente condizione di svantaggio: condizione
che manteneva bassi i livelli di istruzione, non consentiva
l’esercizio pieno del diritto di cittadinanza né alti livelli di
4
Cfr. L. GALLIANI, Ricerca didattica e valutazione della qualità, in Qualità
della formazione e Ricerca Pedagogica, a cura di Luciano Galliani, Pensa
Multimedia, 2003, p. 30.
“La formazione degli adulti immigrati”
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partecipazione alla vita sociale e produttiva.
Il termine “formazione” era dunque ritenuto restrittivo rispetto a
quello di “educazione”, in quanto da riferire essenzialmente al
contesto lavorativo.
5
È a partire dagli anni Settanta che si è iniziato a designare con il
concetto di formazione un aspetto minoritario dell’educazione,
allusivo ad un intervento sul piano sociale, attinente più al mondo
del lavoro che a quello dell’istruzione scolastica. Si tratta di una
contrapposizione che si trasforma, ben presto, in una dicotomia
caricata di significati negativi rispetto alle attribuzioni di valore
assegnate ad un’educazione di tipo culturale e generale impartita
dall’istruzione scolastica.
In raffronto all’educazione, il cui obiettivo è lo sviluppo
armonico, generale del soggetto nella sua peculiare gamma di
possibilità, la formazione si pone come scopo precipuo
l’acquisizione di comportamenti, abilità, competenze da
estrinsecare sul piano dell’operatività professionale.
Tale frattura implica una mancata acquisizione di valore
culturale e di spessore educativo della formazione, aggettivata come
5
Cfr. A. CUNTI, La formazione in età adulta Linee evolutive e prospettive di
sviluppo, Liguori Editore, 2003, p. 8.
“La formazione degli adulti immigrati”
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professionale per indicarne la diffusa disistima da parte del sistema
scolastico, il quale riversa su di essa gli studenti dal rendimento
molto basso, espulsi dalla scuola.
Nel concetto di formazione vengono a sintetizzarsi, dunque, una
serie di contraddizioni. Essa dovrebbe rappresentare il punto di
contatto tra scuola e lavoro, fungendo anche da snodo educativo
fondamentale fra i due sistemi; in realtà, la formazione così intesa,
viene a costituire un aspetto marginale, discrepante e isolato rispetto
alla cultura della scuola superiore.
A partire dagli anni Settanta, dunque, il significato di
formazione si distacca nettamente da quello di educazione.
Piuttosto che venire valutata quale specifico approccio al sapere, nel
quale l’insieme delle competenze, delle conoscenze e dei
comportamenti sono improntati alla prospettiva dell’azione, della
relazione, del saper fare, dell’esperienza pratica, essa viene
identificata come sbocco obbligato per chi è economicamente
impossibilitato a continuare il corso di studi oltre l’obbligo
scolastico o che, per incapacità individuali o per problemi sociali,
“La formazione degli adulti immigrati”
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non sono in grado di completare il percorso scolastico.
6
In tal senso, le tipologie di formazione “tecnica”,
“professionale” hanno oscurato il telos originario della formazione,
finendo per subordinarla ai problemi della produttività del soggetto
nella società del suo tempo. In questa ottica, la formazione assume
la funzione di percorso di adattamento dell’individuo ad una realtà
preesistente, dettata dall’economia e dalla produzione delle
politiche alle quali è strettamente connessa. Il soggetto resta
espropriato del ruolo di protagonista.
7
Solo recentemente tale situazione si va modificando anche da un
punto di vista legislativo ed istituzionale dal momento che, sia dal
punto di vista scolastico sia da quello economico, viene recepita la
strategicità della formazione quale strumento atto, da un lato, a
migliorare la qualità dell’offerta del sistema educativo e, dall’altro,
a promuovere, le capacità competitive del sistema produttivo.
Una prospettiva differente che sposta di 360° l’ottica, venutasi a
instaurare negli anni Settanta, è quella suggerita da Crozier che
propone di considerare la formazione una condizione che sollecita
6
Cfr. C. BIASIN, Di che formazione parli? Per una semantica della
formazione, Cleup, Padova, 2000, pp. 23-27.
7
Cfr. M. DE NICOLO, Adulti in formazione. Tra saperi e competenze, Pensa
Multimedia, Lecce, 2005, p. 126.
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gli individui ad implementare non solo le capacità idonee a
risolvere i problemi, ma anche a porli, non solo ad adattarsi a ruoli
prestabiliti o a quelli proposti dalla trasformazione delle attività
umane, ma a suddividerli e ad orientarli, al limite a crearli.
Attualmente essa si propone come valore personale e sociale che
comprende dentro di sé l’educazione e l’istruzione con una
funzione di sviluppo della cittadinanza.
8
È necessario, quindi, fare
riferimento ad una idea di formazione che possa riappropriarsi del
senso autentico dell’agire educativo. Ciò significa andare nella
direzione di una continua ricerca di senso, senza mai attribuire
alcuna meta finale ad un processo che, diretto dall’uomo, si
costruisce in fieri e in condizioni di continuo cambiamento e
precarietà costante.
Problematizzare e correggere una demarcazione tra educazione
e formazione che appare, oggi, arbitraria, se non priva di senso,
rappresenta una priorità educativa essenziale dal momento che la
padronanza di contenuti, unita alla loro concreta realizzazione,
come alla capacità di progettare azioni, di risolvere problemi, di
prendere decisioni, di costruire la realtà, di agire, costituiscono una
8
Cfr. A. MONGELLI, Trama e ordito della formazione. Politiche e
progettazione, Franco Angeli, 2003, p. 147.
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necessità per tutti gli individui, soprattutto in età adulta.
La formazione, quindi, in quanto opera modifiche e
cambiamenti sull’uomo, sembra rappresentare la formula risolutiva
dell’idea di educazione, poiché supera l’antica contrapposizione tra
istruzione ed educazione e coniuga insieme elementi educativi ed
elementi tecnico funzionali. Formazione, dunque, come progetto
integrato, che implica da un lato la costruzione di saperi funzionali
al sistema sociale, dall’altro la “ristrutturazione della personalità”
dell’individuo.
Anche Munari, infatti, mettendo in discussione l’opposizione
educazione-formazione, considera tale binomio sfumato in un
continuum, verso un unico obiettivo di formazione totale. Ogni
apprendimento si accompagna a un cambiamento dell’intera
personalità, e ciò vale sia per il bambino che per l’adulto; ogni atto
cognitivo è visto come il frutto di una decisionalità che coinvolge la
totalità della persona, verso un traguardo di formazione continua.
9
9
Cfr. NELLA CAZZADOR, Ricerca organizzativa e sistema formativo
integrato, in Qualità della formazione e Ricerca Pedagogica, a cura di Luciano
Galliani, Pensa Multimedia, p. 289.