Introduzione.
Spesso, si parla di formazione.
Durante il mio lavoro di ricerca ho cercato di fornire non solo una definizione
tecnica e teorica dell’argomento, bensì di capirne le complesse dinamiche che, la
costituiscono e la rendono fondamentale per lo sviluppo umano individuale e collettivo.
I temi legati alla formazione sono molteplici, e non riguardano solo il lavoratore /
allievo, ma soprattutto gli imprenditori sempre più interessati ad un maggiore sviluppo
aziendale ed economico, che li vede impegnati in iniziative di innovazione tecnologiche
e territoriali, che mirano ad un mutamento e ad un’ulteriore crescita professionale.
Il discorso economico assume rilevanza se, si considerano le responsabilità
istituzionali correlate alle politiche dello sviluppo economico e alle politiche industriali.
Quindi, in termini economici la formazione deve utilizzare gli strumenti di cui dispone
per la gestione e lo sviluppo della conoscenza riferita ad un medio e lungo periodo di
vita aziendale.
Grazie all’utilizzo di numerosi contributi offerti dalla letteratura e dalle testate
giornalistiche specifiche del settore, ho fornito un’impronta teorica e generale della
formazione con alcuni cenni storici, sviluppando e analizzando riflessioni anche
filosofiche e sociologiche.
A seguire, ho esaminato i diversi punti in cui la formazione si sviluppa all’interno
di un’azienda, dal punto di vista pedagogico e delle scienze della formazione, quindi
delle modificazioni comportamentali che la formazione produce sugli individui.
La conoscenza è la capacità, con la quale l’uomo si realizza nel suo lavoro, grazie
alla competenza che ne scaturisce da essa negli anni.
Quindi, la competenza diviene il risultato finale della formazione di un individuo.
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Nel tempo, abbiamo assistito ad una crescente richiesta da parte degli
imprenditori, che impiegano ingenti somme di capitale, nelle attività formative.
Lo scopo è quello di ottenere, non solo maggiori competenze professionali rivolte a chi
già opera nel settore, bensì l’obiettivo primario è di rafforzare la competitività aziendale
nel mondo economico.
In termini sociali, la formazione rappresenta il risultato delle attività formative, che
si traducono in abilità, nozioni e destrezza misurabili con le competenze e le qualifiche
assunte.
Infine, è stato necessario un chiarimento sulle modalità di apprendimento delle fasi
della formazione, sul modo di acquisire la conoscenza, sull’esame tra i concetti appresi
e le esperienze reali ottenute sul campo d’azione delle attività.
Quindi, la conoscenza è la capacità di chi sa fare le cose, organizzando il lavoro in
modo utile nella realtà, mentre la formazione è la sua appendice, che ha per oggetto
numerose attività scientifiche e metodologiche che la caratterizzano.
Da alcuni anni, assistiamo in Italia ad un’attenzione crescente degli studiosi, degli
operatori sul campo e degli stessi decideurs al tema della formazione, con particolare
accento sul processo formativo. Il termine assume significati diversi a seconda
dell’ambiente in cui è usato, si va dai teorici della formazione che l’assimilano ai
modelli di uomo ed ai processi attraverso cui quei modelli prendono forma in una data
società, in una determinata epoca storica. Si pensi al modello della Paideia o a quello
della Billung fino ai tecnici della formazione che la interpretano come Training di
qualificazione professionale.
La nascita recente delle facoltà di Scienze della formazione poi porta il dibattito
sul curricula degli studi, sulle competenze e sugli sbocchi professionali dei laureati
chiamati ad operare in tale ambito: è un’ulteriore significativa testimonianza della
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legittimazione che la complessa problematica della formazione ha assunto anche sul
piano istituzionale.
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Cap. 1 Storia della formazione aziendale.
1.1 Il processo formativo fra storia e prassi.
La pedagogia da sempre si è occupata dell’educazione dell’uomo.
Fin dai tempi più remoti è stata considerata quasi un’arte di carattere filosofico,
l’unica che potesse parlare dell’educazione umana, secondo determinati principi e
valori.
Inizialmente, si considerava soltanto l’educazione in età evolutiva, cioè quella che
sarebbe servita all’individuo per il resto dei suoi giorni, e finché non si è affermata in
occidente la democrazia, l’educazione era un privilegio delle classi elitarie.
Verso la fine del 1800 nasce l’antropologia che viene alla ribalta con il libro di
Tylor sulle culture primitive, le quali avevano dei modi di vita autonomo rispetto a
quanto si credesse. Concetto importante perché, se la concezione di società definisce
quella di disciplina, la concezione di scienza da la società in quanto tale.
Le scienze sociali, al contrario della filosofia sono riuscite a vedere le
sfaccettature della realtà, ponendo l’età adulta come condizione da osservare; dopo la
psicologia, la sociologia e l’antropologia che evidenziavano le modificazioni culturali
dei gruppi, è arrivata la ricerca pedagogica, con un primo compito in origine di
occuparsi dell’educazione in età evolutiva.
Successivamente, con l’avvento delle scienze educative della formazione, l’uomo
è diventato l’obbiettivo principale, affermando il concetto di « educazione permanente »
ai primi del '900.
La pedagogia filosofica si trasforma in pedagogia scientifica, mentre la prima
sostiene di come l’uomo deve diventare con l’educazione trasmettendo valori e principi,
con la seconda l’obbiettivo è che il soggetto diventi come l’educatore, attraverso lo
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studio della persona. Il formatore mette a disposizione del soggetto gli strumenti utili
affinché possa esprimere la sua identità personale, e su questa teoria si costruiscono
metodi di cambiamento dell’individuo.
Se consideriamo la genesi della formazione dell’uomo possiamo prendere in
considerazione il modello descritto nei volumi «Il lavoro intellettuale in educazione», e
in «Didattica dell’ambiente» di Paolo Orefice, che spiegano il rapporto tra tre elementi:
-
prodotti materiali della cultura;
- prodotti ideali della cultura;
-
sistema di apprendimento.
I primi si riferiscono al momento della trasformazione, del cambiamento della
realtà ambientale; i prodotti ideali riguardano la loro interpretazione, infine con il
sistema di apprendimento abbiamo la conoscenza acquisita con la quale i soggetti
costruiscono il loro spazio vitale e la propria individualità.
Come precisa, P. Orefice, in un suo testo: «Le conoscenze che un soggetto
elabora, se vengono legittimate dalla società diventano patrimonio di quella società: la
società allora le usa per trasformare la realtà», «[…] Il processo formativo è visto quindi
come il motore che consente all’uomo di creare saperi attraverso i quali egli interpreta e
trasforma la realtà».
Per comprendere meglio il processo formativo occorre rifarsi al sistema dei saperi,
che formano la chiave di lettura della realtà sia con la razionalità, sia con l’irrazionalità
quindi, con l’uso dei saperi cognitivi ma anche di quelli non cognitivi, poiché i nostri
sensi sono il primo contatto con il mondo che ci circonda. Ora, risulta più chiaro perché
le nozioni formative ci sembrano noiose, perché sono basate solo su saperi cognitivi.
Nel processo formativo risulta evidente l’importanza non solo dell’individuo, ma
del gruppo culturale di appartenenza e non.
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L’azione formativa si basa sempre su un rapporto tra soggetti portatori di
conoscenza, esaminando i caratteri e le dinamiche che presenta il sistema.
Essa, nasce e si espande grazie all’interdipendenza dell’individuo con la realtà,
collegando il sapere e il vissuto dell’individuo o della società.
Importante, è il rapporto tra i saperi cognitivi e non cognitivi, è il peso della
conoscenza, che per ognuno di noi è diverso, sia per natura, sia nel modo di elaborarli.
L’analisi della metabolizzazione dell’apprendimento di un soggetto e la sua durata
sono elementi essenziali che condizionano la vita e il modo di essere delle persone,
mentre la patologia dei saperi indica le sue anomalie e disfunzioni.
Questo capita quando, un sapere si impadronisce di una persona in modo da
procurargli degli scompensi tali da vivere in maniera inappropriata. L’azione formativa
lavora su queste patologie e dona la possibilità di capire gli elementi che compongono il
profilo del soggetto.
Come ricorda Orefice: «l’educazione lascia lo stato di disciplina deduttiva, […]
che affida all’azione educativa il compito di inalzare l’educando alla realtà ideale»
questo sostiene la teoria empirica del processo formativo.
Ritroviamo tre prospettive diverse di analisi, che si svolgono all’unisono come
una è l’individualità di ognuno.
Le problematiche a cui i ricercatori si sono interessati durante le fasi evolutive
dello sviluppo, secondo Tilton, Bergman, Jones, Conrad fino agli anni ’50, avevano
come obbiettivo l’apprendimento in età adulta, essi con la loro ricerca avevano
riscontrato che la capacità di recepire significati e conoscenze aveva evidenziato un
declino di queste capacita dell’1%, per ogni anno dopo i 25 anni, potevano anche
presentarsi prestazioni di persone inette compresa tra i 25 e i 45 anni analoghe a studenti
di 20 anni.
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Alla fine degli anni ’50 Wechsler dimostrò che le prestazioni intellettive variano
da soggetto a soggetto, in balse all’età, ma non sempre a livello peggiorativo.
In tale conteso, affermiamo che se in origine la formazione era interpretata come
cambiamento nell’apprendimento basata sull’intelligenza e l’età, adesso il suo raggio
d’azione si è ampliato considerando fondamentali l’esperienza, il contesto e il vissuto
quotidiano. Ritroviamo questo modello nella pandemia e nella Bildung con Comenis e
Gramsci e negli ultimi anni la formazione è considerata come sostiene P. Federighi
«campo di studio» che offre la possibilità di trasferire, riformulare e ricontestualizzare il
sapere rapportandolo alle condizioni culturali ed economiche della società.
A parere di Combi esistono tre modelli di formazione a cui fare riferimento. Il più
antico è quello della pandemia che vede al suo interno un ideale di uomo a livello etico
e deontologico nonché istituzionale.
Da Aristotele in poi questo aspetto porrà l'attenzione sulla ricerca culturale del
singolo, in cui si crea un rapporto stretto tra culture e uomo per rendere l'individuo
universale. Dal '600 in poi assume rilevanza nella formazione il fattore pratico messo in
evidenza dalla modernità a cui si va incontro, continua Cambi: «alla paideia come ideale
formativo e come modello: più tecnico, più scientifico, più sociale […] e pragmatico
che pone al centro l’istruzione e la socializzazione, […] e che guarda al soggetto […]
per le funzioni sociali, pubbliche che viene a svolgere».
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Infine, tra il 1700 e 1800 in Germania nasce la Bildung in cui, compare un
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legame tra cultura-persona-storia, infatti la formazione ha la sua fenomenologia a
contatto con la cultura, in cui l’uomo mesce sensibilità e ragione.
F. Cambi, E. Frauenfelder, 1994, La formazione, Milano, Unicopli, pag 62 - 63.
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F. Cambi, 1986, Il congegno del discorso pedagogico, Bologna, Clueb, pag. 47- 48.
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