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PREMESSA
Come emerge dagli ultimi report del World Economic Forum sul futuro del lavoro
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, nei
prossimi anni, su scala globale, buona parte dei lavoratori avrà bisogno di riqualificarsi
con nuove o maggiori competenze. Molti lavori saranno sostituiti o semplificati dalla
tecnologia e alcuni ruoli potrebbero scomparire del tutto. A fronte di questi cambiamenti,
le aziende e i lavoratori si aspettano molto dalla formazione aziendale. In questo contesto
le sfide che la funzione HR e L&D dovranno affrontare sono principalmente tre:
1. Upskilling: aggiornare le competenze di ruolo;
2. Reskilling: acquisire nuove competenze;
3. Investire sulle Soft Skills.
La formazione diventa dunque una risorsa imprescindibile per preparare i lavoratori che
intendono riqualificarsi e ricoprire nuovi ruoli. Ma la formazione ha importanti agganci
anche con il tema del Performance Management, risulta cioè uno strumento essenziale
per le aziende al fine di rimanere competitive sul mercato e per agire su questa
trasformazione di ruoli e competenze dinamiche.
L’obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare e comprendere l’importanza
strategica di progettare ed erogare una formazione che permetta di incrementare le
performance. L’argomento cardine, quindi, è rappresentato dalla formazione come leva
strategica per l’incremento delle performance.
L’elaborato si divide in tre capitoli.
Il primo capitolo si apre con un’introduzione generale al mondo della formazione
tradizionale. Vengono analizzate nel dettaglio le varie metodologie della formazione, le
fasi del processo formativo e i parametri misurabili e orientati agli obiettivi. Negli ultimi
paragrafi sono riportate alcune tecniche e strumenti pratici per impostare una Learning
Strategy.
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Fonte: https://www.weforum.org/reports/the-future-of-jobs-report-2023
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Nel secondo capitolo viene analizzata l’evoluzione del Performance Management, da
processo annuale ad un modello di gestione continua. Gli obiettivi sono comprendere la
gestione della valutazione delle performance, approfondire le tematiche della valutazione
e dei feedback e riconoscere i differenti modelli e strumenti valutativi.
Il terzo e ultimo capitolo è dedicato alla PerFormazione, ovvero “la scienza e l’arte di
incrementare le performance attraverso la formazione”. Qui, tenendo conto delle tecniche
formative e degli strumenti valutativi emersi nei precedenti capitoli, ci si è posti come
obiettivo quello di formalizzare un percorso formativo volto all’incremento delle
performance. Nei paragrafi vengono descritte dettagliatamente tre diverse soluzioni:
PerFormazione base, PerFormazione avanzata e PerFormazione totale.
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CAPITOLO 1. LA FORMAZIONE
1.1. Che cos’è la formazione
È raro che i lavoratori reclutati dalle aziende siano immediatamente produttivi.
Solitamente possiamo notare i primi reali contributi alla performance organizzativa
solamente dopo un periodo volto all’acquisizione di specifiche abilità professionali. A
questa fase appartiene l’attività formativa, ovvero una delle principali leve utilizzate per
valorizzare le risorse umane all’interno delle organizzazioni.
Non è facile offrire una definizione universale e univoca di formazione poiché, come
scrive lo stesso Quaglino, è una disciplina «se non di incerta identità, sicuramente di
molteplice e complessa identificazione»
2
. Tuttavia, possiamo affermare con certezza che
la formazione ci mette in stretto contatto con la dimensione intellettiva dell’uomo. Essa
favorisce cioè lo sviluppo della persona non solo dal punto di vista professionale, ma
anche culturale e sociale.
Lo scopo della formazione è sviluppare e accrescere le competenze dei talenti – tanto sul
piano professionale quanto su quello personale – per raggiungere gli obiettivi strategici e
di business. Costa sostiene che «la formazione tende a sviluppare capacità di dominare
situazioni nuove e di creare nuove abilità»
3
. In altre parole, l’attività formativa in azienda
aiuta i dipendenti ad acquisire le conoscenze per svolgere nel migliore dei modi i propri
incarichi senza mai dimenticare gli obiettivi da raggiungere.
I principali cambiamenti che l’attività di formazione genera nelle risorse umane sono
due
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:
1. Una trasformazione forte o generale: quando le conoscenze e le competenze
apprese non sono direttamente legate ad una mansione specifica o a un
determinato contesto organizzativo e che, proprio per questo, risultano spendibili
in molteplici attività e situazioni;
2
G. P. Quaglino, Fare formazione. I fondamenti della formazione e i nuovi traguardi, Raffaello Cortina
Editore, 2005, p. 175.
3
G. Costa, Economia e direzione delle risorse umane, UTET, 1997, p. 262.
4
G. Costa, Gianecchini M., Risorse umane. Persone, relazioni e valore, McGraw-Hill Education, 2019,
p. 225.
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2. Una trasformazione debole o specifica: quando le capacità apprese sono
utilizzabili esclusivamente all’interno dell’organizzazione che le ha formate e che
quindi risultano quasi inutili se applicate in altri contesti.
Di solito le modalità finalizzate a queste trasformazioni vengono suddivise in attività di
addestramento e di formazione:
• Addestramento: è volto al saper fare degli individui. Viene adottata una logica di
“learning by doing” che punta a una trasformazione specifica delle competenze
mediante appositi strumenti didattici;
• Formazione: è orientata al saper essere degli individui. Riguarda la
trasformazione generale delle competenze ed è più a misura di individuo, nel
senso che rende ogni talento autonomo, flessibile e padrone della propria crescita
personale e professionale.
1.2. Le metodologie della formazione
La metodologia della formazione è una riflessione sui metodi per costruire e mettere in
atto un processo formativo. Secondo Quaglino, il metodo può essere definito come «un
modello integrato di soluzioni operative che presidiano la realizzazione di progetti
educativi»
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. In sintesi, si tratta di azioni strategiche di insegnamento, che devono essere
flessibili per consentire al formatore di adattarle a svariate situazioni formative e alle
caratteristiche dei partecipanti.
Visto che ogni metodologia può legarsi a differenti tipologie di apprendimento, il
formatore dovrà dimostrarsi abile nel condurre un’attenta analisi del contesto e capire
quali possono essere le metodologie più funzionali alla situazione, così da favorire
l’apprendimento di tutti i partecipanti e ridurre al minimo le resistenze al cambiamento.
L’obiettivo è dunque quello di individuare metodologie che si sposino bene a determinati
contesti e, di conseguenza, attivare i percorsi di apprendimento più adatti. I metodi di
formazione utilizzati dalle organizzazioni nelle attività didattiche sono molteplici e
possiamo distinguerli in base al contenuto dell’intervento, al tipo di partecipazione
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Quaglino G.P., Fare formazione. I fondamenti della formazione e i nuovi traguardi, cit., p. 131.
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richiesta ai destinatari (attiva, passiva, individuale o di gruppo) e alle tecniche di
erogazione
6
.
1.2.1. Lezione frontale
La lezione frontale è considerata uno dei metodi di formazione più comuni e tradizionali,
la cui principale caratteristica è un’esposizione prevalentemente verbale. Gli argomenti
oggetto del corso vengono spiegati dal docente formatore a una platea di partecipanti. In
questo caso l’apprendimento è strettamente legato alla trasmissione della conoscenza
operata dal docente.
Tale metodo prevede una forma di comunicazione asimmetrica tra il docente e i discenti:
il formatore ha il compito di insegnare informazioni precise su un dato argomento; ai
discenti è richiesta attenzione e ascolto. Lo scopo della lezione, quindi, è la trasmissione
di concetti, argomenti e informazioni già strutturate.
La lezione frontale, di fatto, non è nulla di innovativo e presenta come limite maggiore
quello di mirare principalmente alla trasmissione più che all’acquisizione delle
conoscenze. Altri svantaggi sono l’impossibilità di verificare il feedback
dell’apprendimento da parte dell’aula e l’eccessiva dipendenza della lezione dalle abilità
comunicative e didattiche del formatore. Possiamo però dire che, proprio in virtù della
sua tradizionalità, la lazione frontale è diventata uno dei metodi maggiormente
sperimentati, anche con tecniche espositive e strumenti didattici molto diversi tra loro.
Per poter rendere la lezione più stimolante e coinvolgente è possibile avvalersi di supporti
multimediali come pc o videoproiettori. Strumenti didattici come mappe, film, schemi,
esercitazioni, ecc. possono essere molto utili per facilitare l’interazione e per rendere
l’apprendimento più attivo.
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Cfr. M. Castagna, Progettare la formazione: guida metodologica per la progettazione del lavoro in
aula, Milano, Franco Angeli, 1993.
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1.2.2. Storytelling
Lo Storytelling è l’arte della narrazione, ovvero il talento di ritrarre eventi reali o fittizi
strutturando una storia con il fine di coinvolgere gli altri. Il National Storytelling Network
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ha definito lo Storytelling come l’arte interattiva di usare parole e azioni per rivelare gli
elementi e le immagini di una storia, incoraggiando così l’immaginazione degli
ascoltatori e coinvolgendo la loro sfera emotiva.
L’approccio interattivo è il punto forte di questa metodologia: sono le risposte degli
ascoltatori a influenzare la narrazione della storia. Di fatto, il flusso narrativo emerge
dall’interazione e dalla cooperazione tra chi racconta e chi ascolta. Lo storytelling può
quindi mettere in contatto diretto e stretto narratore e pubblico.
Come detto, un altro punto fondamentale dello storytelling è l’elevato grado di
coinvolgimento. L’ascoltatore – basandosi sulla storia raccontata dal narratore e sulle sue
conoscenze ed esperienze passate – è in grado di immaginare i personaggi, gli eventi e le
azioni raccontate e di diventare co-creatore della storia coordinandosi con il narratore.
In ultimo, lo storytelling può essere combinato con numerose forme d’arte (teatro,
commedia, musica, ecc.) e applicato a molteplici situazioni, sia formali che informali. Ad
esempio, in ambito aziendale viene spesso utilizzato come strategia di comunicazione per
condividere con i potenziali clienti la visione e i valori dell’azienda. Insomma, alla base
c’è sempre il tentativo di instaurare un contatto, trasmettere idee attraverso le emozioni e
creare interesse e coinvolgimento.
1.2.3. Le esercitazioni
Quando parliamo di esercitazioni in relazione a un processo di formazione, intendiamo
tutte quelle attività pratiche che mirano a fornire ai partecipanti la possibilità di applicare
le nozioni teoriche acquisite e, di conseguenza, sviluppare le competenze necessarie.
Le esercitazioni possono essere definite come una serie di tecniche finalizzate
all’acquisizione o al consolidamento di determinate conoscenze. Si tratta di attività
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Il National Storytelling Network è un’organizzazione associativa composta da individui e organizzazioni
che si occupano di storytelling. La sua missione è far progredire tutte le forme di storytelling all'interno
della comunità attraverso la promozione, il sostegno e l'educazione. Fonte: https://storynet.org/about-nsn/
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essenziali nei corsi di formazione perché offrono ai discenti l’opportunità di mettere in
pratica e valutare le conoscenze acquisite in un ambiente di apprendimento attivo e
coinvolgente.
Durante il percorso di formazione può essere utile fare riferimento a queste tre tipologie
di esercitazioni pratiche
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:
1. Esercitazioni nozionistiche: comprendono attività pratiche che mirano al
consolidamento dell’apprendimento, ovvero a migliorare e stabilizzare tutto ciò
che è stato appreso in aula e a colmare eventuali lacune. In base ai casi e agli
argomenti da verificare, si può scegliere se svolgere queste esercitazioni a inizio
lezione o come prova finale. Gli strumenti più utilizzati sono i questionari, i test
conoscitivi o le mappe concettuali.
2. Esercitazioni addestrative: questa tipologia di esercitazione offre ai discenti
l’opportunità di trasformare le conoscenze teoriche in competenze pratiche
svolgendo attività manuali o intellettuali. Per dare modo ai partecipanti di
acquisire più facilmente le abilità richieste, è importante definire all’inizio
dell’intervento formativo sia il tipo di esercitazione (individuale o di gruppo) che
il livello di difficoltà richiesto per svolgere i compiti assegnati. Conviene che per
le esecuzioni individuali o in sottogruppo il livello di difficoltà sia progressivo:
da livelli di complessità bassi a livelli sempre più alti.
3. Esercitazioni problem solving: questo tipo di esercitazione consiste
nell’assegnazione di un problema relativo al lavoro che i discenti stanno
svolgendo, la cui risolvibilità è legata soprattutto all’impiego di nozioni già
apprese o di argomenti trattati in aula.
In ambito aziendale uno dei metodi più conosciuti e utilizzati nelle esercitazioni è il
“caso”. Il caso è una breve descrizione di una situazione problematica e ha l’obiettivo di
migliorare la capacità di analisi dei singoli affinché, in determinate situazioni, siano in
grado di agire in modo appropriato.
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Fonte: https://www.scuolaitalianaformatori.it/tecniche-di-formazione-3-tipologie-esercitazioni/