L’attenzione deve tradursi in azioni concrete ed immediate sui fronti della formazione dei
lavoratori e del potenziamento dei controlli, consapevoli che ogni giorno è possibile
salvare delle vite. Si tratta dunque di sviluppare una cultura che valorizzi la difesa della
salute nell’azienda, attraverso cui la prevenzione del rischio diventi un atteggiamento
fondamentale ed essenziale di ogni individuo.
Tale aspetto è ancora più rilevante se si considera che il fenomeno infortunistico
costituisce anzitutto un problema umano e sociale. Fino ad ora, la politica di prevenzione
ha portato i suoi frutti grazie al miglioramento delle protezioni tecniche e delle misure di
sicurezza, ma è soprattutto la partecipazione dei lavoratori che può operare un radicale
cambiamento nella gestione della sicurezza in azienda e perseguire l’ottimizzazione
dell’ambiente lavorativo.
Con il Decreto Legge 626/94 si delinea un’impostazione nuova, fondata sul concetto che
una politica di prevenzione riuscita implica un elemento essenziale, ossia una formazione
efficace; all’art. 22, in particolare, si legge: “[…] il datore di lavoro, il dirigente e il
preposto, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, assicurano che ciascun
lavoratore riceva una formazione adeguata e sufficiente in materia di sicurezza e di
salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni”.
Definire il concetto di “formazione”, e soprattutto “il come fare formazione”, costituisce
un compito complesso, in quanto comprende un ambito interdisciplinare in cui
confluiscono numerose dottrine e tecniche. A questo proposito, mi sembra appropriata la
definizione proposta da Gouguelin negli anni Settanta: “Il sapere come informazione e
trasmissione di conoscenze, il sapere fare come addestramento operativo e pratica di
comportamento, il sapere essere come integrazione di condotte, motivazioni e presa di
coscienza” (Quaglino, 1998, pp. 38 – 39). In base a tale affermazione, si distinguono tre
obiettivi:
1. L’obiettivo del sapere sta ad indicare un miglioramento quantitativo di dati di
conoscenza e di elementi concettuali.
2. L’obiettivo del sapere fare può essere inteso come un miglioramento qualitativo di
particolari capacità, tecniche e motorie, legate alle modalità specifiche richieste per
svolgere una particolare mansione o al modo di affrontare i problemi connessi ad un
particolare ruolo istituzionale o professionale.
3. L’obiettivo del sapere essere è al tempo stesso quantitativo e qualitativo, di
miglioramento inteso sia come approfondimento di conoscenza su di sé, sul proprio
comportamento, sulle proprie modalità di strutturare le relazioni sociali o i rapporti
all’interno di diversi gruppi, sia come evoluzione e maturazione sul piano personale
nei modi di affrontare i diversi problemi di relazione, agendo nel “contesto sociale in
generale o all’interno di gruppi, organizzazioni, istituzioni” (Quaglino, 1998, pag.
39).
Il formare implica dunque una relazione, in cui il formatore è l’esperto della relazione di
apprendimento, mentre i destinatari dell’azione formativa acquisiscono la loro pienezza di
soggetti agenti (Postic, 1983). Formare allora significa mettersi in relazione con i soggetti
per aiutarli ad apprendere, in altre parole, per aiutarli a cambiare. Come riporta Enzo
Spaltro (1982, pag. 75), il formare equivale a diffondere il cambiamento e moltiplicare
l’efficienza dell’azione di cambiamento, in special modo a livello del “sapere essere”,
dove si sviluppano atteggiamenti e comportamenti guida necessari al rispetto della vita
umana, propria ed altrui. Ed è proprio a livello del “sapere essere”, nel contesto della
sicurezza, che devono emergere, come sancito dall’articolo 5 del Decreto Legislativo
626/94, comportamenti sicuri finalizzati al “[…] prendersi cura della propria sicurezza e
della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui
possono ricadere gli effetti delle proprie azioni od omissioni conformemente alla propria
formazione […]”.
Purtroppo, la tendenza sempre più radicata nelle realtà lavorative di tutti i giorni è di
osservare la normativa impegnandosi solo minimamente nella realizzazione delle strategie
formative, con la presunzione che un’attività informativa superficiale ed alcune
sporadiche attività di addestramento possano essere sufficienti al perseguimento della
sicurezza.
Il sistema sociale della formazione deve essere considerato come un insieme di rapporti
tra più persone, strumentalmente orientato a specifiche finalità, che si propongono come
obiettivo il cambiamento nel soggetto. Tutto quello che viene acquisito in termini di
conoscenze, abilità, qualifiche professionali accompagneranno l’individuo durante tutto il
periodo della vita lavorativa (Maggi, 1991). La formazione, pertanto, non si rivolge a
particolari fasce d’utenza o ad occasionali eventi di emergenza: anche nella gestione di un
problema come quello della sicurezza, alla formazione di base si deve, a mio avviso,
sostituire un’educazione permanente. A tale riguardo, infatti, il Decreto Legislativo
626/94 impone un’attivazione diretta dei lavoratori, primi fra tutti i datori di lavoro, nella
diffusione di una cultura permanente, attraverso l’informazione, l’addestramento e la
formazione.
Diviene così necessario focalizzare l’attenzione sugli aspetti mentali del lavoro: categorie
di pensiero adottate, interazioni fra lavoratori ed ambiente e capacità di farvi fronte. È per
questo motivo che l’intervento di uno psicologo può aiutare ad individuare i bisogni
principali, i percorsi formativi utili ad apprendere, nonché le responsabilità proprie di
ciascuno. Obiettivo di questa tesi è di rendere evidente come l’attività formativa riesca ad
includere anche gli aspetti dell’informazione e dell’addestramento, mentre non avviene
mai il contrario. Infatti, errore spesso commesso in questo campo è di ritenere
l’informazione e, raramente, l’addestramento, come mezzi sufficienti per garantire
l’attività sicura. In realtà, solo la condivisione del valore della sicurezza può portare a tale
risultato. È questo l’unico modo in cui è possibile consolidare una visione globale del
sistema, che facendo emergere i vissuti personali riguardo al rischio ed alla prevenzione,
può aiutare nell’addestramento. Infatti, solo nel momento in cui la persona è disponibile a
cambiare, sarà possibile garantire un certo livello di sicurezza riportato alla dimensione
sociale.
Per questo, nell’ambito di questa dissertazione, rispettivamente nel primo e nel secondo
capitolo, esamino il fenomeno infortunistico italiano e la prevenzione del rischio,
indispensabili basi per la stesura dei successivi capitoli, in cui sottolineo che solo
un’attività formativa, capace di comprendere ed integrare momenti informativi ed
addestrativi, è adeguata agli adempimenti normativi.
In definitiva, nel primo capitolo cerco di fornire una visione globale del fenomeno
infortunistico nel territorio italiano, come dato di fatto che testimonia il continuo
verificarsi di infortuni, nonostante l’esistenza di normative che tutelano il lavoratore.
Nel secondo capitolo delineo alcuni aspetti psicologici necessari a comprendere la cornice
culturale che supporta la realtà aziendale, in cui devono essere espletate misure di
sicurezza.
Nel terzo capitolo, attraverso l’analisi della Teoria della Dissonanza Cognitiva di Leon
Festinger, cerco di fornire gli elementi utili per comprendere le modalità di acquisizione
di comportamenti ed atteggiamenti sicuri.
Nel quarto capitolo, focalizzo l’attenzione sul processo comunicativo che, per la sua
valenza pragmatica, gioca un ruolo fondamentale all’interno del processo formativo e
persuasivo alla sicurezza.
Nel quinto capitolo, trattando della comunicazione persuasiva, indico una modalità pratica
che, tramite il riconoscimento degli atteggiamenti degli interlocutori e la modifica dei
fattori cognitivi, possa rendere sicuri ed automatici i comportamenti sul lavoro.
Nel sesto capitolo, infine, supportata dalla compilazione di 543 Schede di Auto
Valutazione, analizzo le peculiarità personali dei Coordinatori alla Sicurezza, per
descrivere e confrontare il campione esaminato sotto il profilo della normativa e dei tratti
di personalità.
C A P I T O L O I
IL FENOMENO INFORTUNISTICO
NEL TERRITORIO ITALIANO
Ogni anno, in Italia, si infortunano sul lavoro circa 800.000 persone; di queste ben 1.400
muoiono
4
. Bastano questi dati per affermare che la prevenzione degli infortuni sul lavoro
è un problema attuale e basilare dal punto di vista sia economico, sia sociale, sia culturale.
L’obiettivo della politica nel campo della salute e della sicurezza lavorativa, nel corso
degli ultimi trent’anni, è stato quello di ridurre al minimo il numero degli infortuni e delle
malattie professionali. Nonostante i notevoli progressi realizzati, gli infortuni sul lavoro e
la frequenza delle malattie professionali sono ancora troppo elevati.
In passato, le cause di infortunio erano principalmente attribuite alle caratteristiche
tecniche dello strumento, del materiale usato ed alle caratteristiche ambientali.
Successivamente numerosi studi sono stati condotti con l’obiettivo di interpretare il
fenomeno infortunistico, anche attraverso la costruzione di modelli matematici che hanno
fatto emergere con chiarezza i legami specifici che influenzano il rischio infortunistico
(Novara, Sarchielli, 1996, pag. 315).
Anche la psicologia si è inserita in questa logica, tentando di “[…] affrontare la
prevenzione degli infortuni attraverso l’analisi differenziale dei soggetti implicati,
considerati sia come autori principali, sia come vittime attuali o potenziali, con lo scopo
di arrivare ad un ipotetico dépistage dei cattivi adattamenti individuali attraverso test
psicotecnici” (Sperandio, 1995, pag. 103). Le differenze individuali, infatti, hanno un
ruolo importante nel determinare la probabilità per un lavoratore di trovarsi esposto a
situazioni pericolose.
4
Fonte dati INAIL (Cfr. § 1.1)
Tuttavia questo tentativo di evidenziare una propensione individuale all’infortunio è in
gran parte fallito per la mancanza di validazioni sperimentali fondamentali, poiché gli
studi sulle caratteristiche individuali dovrebbero sempre controllare l’esposizione reale
dei soggetti al rischio. Tutto quello che è stato fatto grazie all’avanzamento tecnologico
5
non è stato dunque accompagnato da una approfondita conoscenza dei vissuti personali
prima, durante e dopo l’accadimento di un infortunio. Non è possibile infatti cercare le
origini di un particolare infortunio ed analizzarne i meccanismi, senza fare riferimento
all’analisi dell’intero sistema lavorativo, comprendente numerosi comportamenti adottati
da chi vi prende parte. Il fenomeno infortunistico risulta correlato ad una molteplicità di
fattori socio – economici più o meno identificabili. L’uomo, nell’organizzare la sua
attività e nel selezionare le modalità della sua azione, equilibra, a suo modo, le proprie
esigenze di produttività, di sforzo e di sicurezza; se questo equilibrio viene interrotto a
danno della propria ed altrui sicurezza, aumenta la frequenza degli infortuni (Faverge,
1972, pp. 224 - 262).
La sicurezza può essere dunque concepita sia come una condizione obbiettiva di
mancanza di pericolo, sia come un atteggiamento soggettivo. Infatti, come preciserò nei
capitoli seguenti, la sicurezza sul lavoro è un mezzo per percepire, un modo di mettersi in
equilibrio con l’ambiente: è il sentimento delle operazioni d’adattamento all’ambiente
(esterno ed interno), e pertanto non è raggiungibile solamente con la lotta al rischio.
Come riporta lo Sperandio (1995, pp. 104 – 105): “l’infortunio si verifica soprattutto nei
punti deboli delle articolazioni del sistema: ad esempio tra due squadre, tra due posti di
lavoro oppure tra categorie diverse di operatori che insistono sul medesimo spazio o che
hanno obiettivi differenti; oppure ancora in occasioni dette di recupero, quelle messe in
atto al di fuori del normale processo, al fine di ritornare ad una situazione di normalità
dopo una perturbazione, oppure quando si utilizzano procedure o strumenti per funzioni
diverse da quelle per cui sono previsti”.
5
Per “avanzamento tecnologico” si intendono quegli elementi che, introdotti nell’azienda, apportano un
aumento del livello di sicurezza sul lavoro. Ne è un esempio l’automazione delle operazioni più pericolose:
mandando in prima linea braccia meccaniche, anziché umane, è possibile ridurre i rischi d’infortunio,
assicurando ai lavoratori ambienti più protetti, oltre al fatto che i nuovi impianti sono generalmente costruiti
in base a criteri di prevenzione più avanzati rispetto a quelli da sostituire.
Nel corso del presente capitolo, delineo una visione sintetica del fenomeno infortunistico
riscontrata nel territorio italiano, di cui analizzo i principali fattori che contribuiscono al
loro accadimento. Va precisato ulteriormente che i dati riportati nelle pagine seguenti non
sono sufficienti ad indagare esaustivamente il problema infortunistico, in quanto
considerando solo gli aspetti più oggettivi del problema sono tralasciate le determinanti
soggettive del rischio, oscurando il forte influsso culturale che incide sull’atteggiamento
nei confronti del comportamento sicuro.
1.1. Gli Infortuni nel Settore delle Costruzioni Edili.
Un approccio al lavoro “sicuro” nasce, innanzi tutto, da una conoscenza, il più possibile
puntuale, di quei fenomeni che caratterizzano un lavoro considerato, al contrario, “non
sicuro”. Mi riferisco al fenomeno degli infortuni sul luogo di lavoro, che spesso trasforma
un banale incidente in un evento che pone in serio pericolo la vita del lavoratore.
L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione degli Infortuni sul Lavoro
6
(INAIL)
ha fornito i
dati, dalla cui analisi ed interpretazione mi è possibile delineare, su base statistica, il
fenomeno infortunistico. Nonostante il problema della sottostima dei dati rispetto ai reali
infortuni avvenuti
7
, l’INAIL rimane comunque l’unica fonte da cui attingere
informazioni, anche particolarmente dettagliate e certamente omogenee su tutto il
territorio nazionale. Proprio in questi ultimi anni, l’INAIL ha di fatto avviato una fase di
rinnovamento del proprio sistema informativo ed informatico, con l’obiettivo di
semplificare l’accesso alla propria banca dati da parte del singolo interessato e fornire dati
sempre più aggiornati.
Per l’elaborazione dei dati, l’INAIL ha preso in considerazione parametri quali la
localizzazione dell’azienda, il settore merceologico, la gravità, la forma di accadimento
6
A tale proposito desidero ringraziare il Dr. Gianfranco Ortolani, Responsabile della Divisione Centrale
Prevenzione, per la preziosa collaborazione e disponibilità nel fornirmi i dati e le informazioni fondamentali
relativi al fenomeno infortunistico in Italia, aggiornati al 23 agosto 2000.
7
Basti pensare al semplice fatto che nelle statistiche inerenti gli infortuni denunciati, non sono inclusi quelli
di breve durata, vale a dire al di sotto dei tre giorni di prognosi, nonché quelli subiti dai lavoratori non
tutelati dal contratto lavorativo.
dell’infortunio, l’agente materiale che lo ha causato e le sedi delle lesioni. È la lettura
congiunta di questi dati e delle loro possibili correlazioni statistiche che permette di trarre
un primo bilancio inerente le motivazioni essenziali che stanno alla base dell’evento
infortunistico. Ciò è particolarmente necessario in un settore come quello delle
costruzioni edili, il “Grande Gruppo 3” (GG3
8
), che sottopone il singolo lavoratore ad
elevati rischi di infortunio e che, come emerge dal seguente grafico, risulta al terzo posto
del totale complessivo degli infortuni denunciati a tutto il 23 agosto 2000
9
, con ben
61.271 infortuni subiti da gennaio a luglio 1999, e 62.510 avvenuti nel medesimo periodo
dell’anno in corso.
0 2
0
0
0
0
4
0
0
0
0
6
0
0
0
0
8
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0
0
0
1
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0
0
0
0
1
2
0
0
0
0
1999
2000
Esercizi e servizi
Trasporti
Tessile ed Abbigl.
Mineraria
Metallurgica
Legno ed affini
Elettricità
Costruzioni
Chimica
Lavorazioni Agricole
Grafico n. 1
Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo gennaio – luglio 2000,
denunciati a tutto il 23 agosto 2000, suddivisi per codice tariffa INAIL
Fonte: INAIL.
8
Tavola I: “Grande Gruppo 3: Costruzioni edili, idrauliche, stradali, di linee di trasporto e di distribuzione,
di condotte, installazioni”. (Appendice I)
9
Tavola II: “Infortuni sul lavoro avvenuti nel periodo Gennaio – Settembre 2000, denunciati a tutto il 23
agosto 2000 e suddivisi per codice di tariffa INAIL” (Appendice I)
Inoltre, all’aumentare della gravità dell’infortunio, il settore delle costruzioni edili tende a
concentrare una percentuale di infortuni sempre più elevata rispetto ad altri settori. È
quanto emerge in particolare dalla tavola III relativa agli infortuni mortali
10
, dove il GG3
concentra più di un terzo di tutti gli infortuni mortali attribuiti all’industria ed in
particolare, le costruzioni edili concentrano il più elevato numero di infortuni mortali,
come è possibile notare dalla seguente rappresentazione grafica.
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
200
220
240
Costruzioni edili
231 218 210 189 188
Costruzioni idrauliche
12 13 12 10 13
Movimenti di terra
45 44 39 57 46
Costruzioni di linee
17 16 11 19 17
Palificazioni
11 7 7 12 8
Impianti
64 60 61 52 64
1994 1995 1996 1997 1998
Grafico n. 2:
Infortuni mortali sul lavoro, avvenuti nei settori del GG3,
classificati per codice tariffa INAIL ed anno di evento.
Fonte: INAIL
Vi è, inoltre, un altro fenomeno preoccupante che si identifica nell’abitudine, piuttosto
diffusa, del mancato rispetto delle norme di sicurezza. In cantiere le infrazioni normative
sono spesso presenti e ciò contribuisce ad aumentare la percentuale degli infortuni,
nonostante la legge faccia obbligo al datore di lavoro di denunciare all’INAIL gli
infortuni capitati ai dipendenti con prognosi giuridica superiore ai tre giorni.
10
Tavola III: “Infortuni mortali denunciati per codice di tariffa INAIL ed anno di evento, con specifica
degli infortuni mortali riferiti al GG3”. (Appendice I)
Il prestampato della denuncia comprende tutte le caratteristiche dell’infortunato ed i dati
amministrativi relativi al datore di lavoro, tra i quali la sede del cantiere. Nella descrizione
dell’infortunio deve essere indicato il giorno, l’ora, il luogo in cui è accaduto l’incidente,
la natura e la sede anatomica della lesione, l’agente materiale causa dell’incidente e la
dinamica con cui è avvenuto. La descrizione viene redatta dal datore di lavoro che se ne
assume la piena responsabilità.
Dalla correlazione delle denunce di infortunio registrate, l’INAIL ricava tutto ciò che
riguarda le cause, le dinamiche e le conseguenze dell’infortunio, mentre le informazioni
relative alla sede ed alla natura delle lesioni, alla durata dell’assenza dal lavoro, al grado
di inabilità permanente vengono rilevate nel corso della trattazione pratica.
Queste elaborazioni statistiche vengono memorizzate in un unico archivio, una vera e
propria banca dati in cui i casi di infortunio sono distinti in:
♦ Infortuni temporanei, quando a causa dell’infortunio si verifica un’astensione dal
lavoro superiore ai tre giorni, e si riscontra una riduzione della capacità lavorativa
nulla o comunque inferiore all’11%;
♦ Infortuni permanenti, quando a causa dell’infortunio si verifica una riduzione della
capacità lavorativa uguale o superiore all’11%;
♦ Infortuni mortali, quando l’infortunio ha conseguenze mortali
11
.
I dati così classificati vengono di seguito raffigurati mediante due rappresentazioni
grafiche. Il grafico n. 3 illustra la complessiva concentrazione degli infortuni rilevati sul
territorio italiano, mentre il grafico n. 4 raffigura i dati classificati per tipo di conseguenza
e localizzazione delle aziende.
11
Tavola IV: “Infortuni sul lavoro avvenuti nel settore delle costruzioni edili, denunciati dalle aziende ed
indennizzati a tutto il 30 giugno 1999, classificati per regione, tipo di conseguenza e localizzazione
dell’azienda”. (Appendice I)
Marche
4.060
Emilia Romagna
11.905
Sicilia
4.558
Sardegna
2.596
Liguria
3.648
Toscana
8.924
Lazio
5.557
Veneto
11.592
Abruzzo
2.785
Molise
561
Puglia
5.231
Umbria
2.798
Valle d’Aosta
457
Piemonte
7.371
Lombardia
16.555
Trentino
Alto Adige
3.633
Friuli Venezia
Giulia
2.720
Campania
3.098
Calabria
1.830
Basilicata
1.083
Figura n. 3:
Infortuni sul lavoro avvenuti nel settore delle costruzioni
edili ed indennizzati a tutto il 30 giugno 2000, classificati per
regione e localizzazione aziende
Fonte: INAIL
1.426
1.341 1.341
1.293
547
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1.600
INABILITA' PERMANENTE
71
63
51
76
22
0
20
40
60
80
MORTE
Nord—Ovest Nord—Est Centro Sud Isole
26.534
28.446
19.947
13.219
6.585
0
5.000
10.000
15.000
20.000
25.000
30.000
INABILITA' TEMPORANEA
Grafico n. 4
“Infortuni sul lavoro avvenuti nel settore delle costruzioni edili,
denunciati dalle aziende ed indennizzati a tutto il 30 giugno 2000,
classificati per localizzazione dell’azienda e tipo di conseguenza”.
Fonte: INAIL
Non basta però la semplice classificazione per tipo di conseguenza per valutare appieno la
pericolosità dell’infortunio accaduto. È infatti necessario mettere in relazione il numero di
infortuni avvenuti in un determinato settore industriale, denunciati ed indennizzati in un
dato periodo temporale, con un parametro che misura l’esposizione al rischio
professionale
12
. Anche in termini di rapporto di gravità tra infortuni
13
ed ore lavorate, il
settore delle costruzioni rimane uno dei settori in cui l’evento lesivo si presenta con
maggior frequenza.
La possibilità che avvenga un infortunio nel settore delle costruzioni rispetto a quanto
avviene sul totale dell’industria è più elevata di circa una volta e mezzo per gli infortuni
temporanei, circa doppia per quelli permanenti e due volte e mezza per gli infortuni
mortali. Al confronto con la fabbrica tradizionale, la “fabbrica cantiere” risulta essere
pertanto un ambiente di lavoro maggiormente esposto a rischi di infortuni nel loro
complesso, ma soprattutto a rischi di infortuni con caratteristiche gravi o addirittura
mortali. Il confronto tra il settore delle costruzioni e l’industria permette di delineare le
prime caratteristiche di un settore di lavoro altamente a rischio. Abbiamo già conosciuto il
significato di infortunio temporaneo, permanente o mortale; alla loro definizione
aggiungo un’informazione di carattere quantitativo.
Gli infortuni a minore gravità, quelli temporanei, che si concentrano soprattutto nel nord -
ovest e nord - est italiano, includono mediamente il 95% degli infortuni complessivi. Il
restante 5%, seppur pochi in termini numerici, va comunque separatamente considerato
per la gravità che esso comporta: in particolare, gli infortuni mortali, pur raggiungendo
appena uno 0,2%, rappresentano comunque circa 300 infortuni annui, di cui
approssimativamente 100 infortuni si concentrano nel sud Italia.
1.1.a. I fattori responsabili degli infortuni.
12
L’espressione matematica che misura l’esposizione al rischio professionale è detta “Indice di frequenza
globale” che viene espressa mediante la formula: IG = (infortuni totali / ore lavorative) x 1 milione di ore
lavorate.
13
Per “rapporto di gravitùà di infortunio” si intende il rapporto tra numero convenzionale di giornate
lavorative perdute (per esempio un caso mortale vale 7.500 giorni, pari a 25 anni di lavoro) e quantità di
lavoro correlata al numero di addetti. Si confronti a tale proposito la Tavola V.A “Rapporti di gravità
d’infortuni” e Tavola V.B “Frequenze relative d’infortunio”. (Appendice I)
All’interno del cantiere, quali sono gli agenti maggiormente responsabili che determinano
gli infortuni? Quali parti fisiche dei lavoratori sono più coinvolte? Quali, in sostanza, i
sotto - settori su cui incentrare l’attenzione ai fini preventivi? Si tratta principalmente di
analizzare: la “sede anatomica delle lesioni”
provocate, il cosiddetto “agente materiale”
che causa l’infortunio, e la “forma di accadimento” con cui questo si verifica, qui di
seguito rappresentati graficamente
14
.
6782
4203
4999
261
8836
27841
1538
7936
3683
6723
6708
864
517
836
4694
3583
322
2066
4817
3603
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
10000
11000
12000
13000
14000
15000
16000
17000
18000
19000
20000
21000
22000
23000
24000
25000
26000
27000
28000
29000
30000
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Grafico n. 5:
Infortuni sul lavoro, avvenuti nel settore delle costruzioni edili,
denunciati dalle aziende ed indennizzati a tutto il 30 giugno 2000,
classificati per sede della lesione
Fonte: INAIL
14
I dati utilizzati per la realizzazione dei succitati istogrammi sono riportati nelle Tabelle VI, VII ed VIII
(Appendice I).