Introduzione
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“interrogarla”, da una parte mantenendosi aperti alle influenze più
varie e dall’altra tentando di specificare al suo interno delle aree
tematiche più circoscritte.
In questa tesi, cercando di tenere fede a questo proposito,
affrontiamo i rapporti tra forma saggio ed ipertestualità,
“interroghiamo” cioè le caratteristiche e le procedure di una
scrittura argomentativa nel passaggio attraverso vari spazi
tecnologici di scrittura fino ad arrivare allo spazio ipertestuale.
Questa “interrogazione” non vuole (e per alcuni aspetti, non può)
essere conclusiva sull’ipertestualità saggistica: la sua natura è
essenzialmente propositiva sia su un piano propriamente analitico e
teorico che su quello legato ad una pratica della scrittura
ipertestuale.
Ciò che, paradossalmente, manca, venendo ad impedire (a
sconsigliare) un’approccio più conclusivo, è proprio una consistente
produzione ipertestuale che possa essere riconosciuta come
essenzialmente saggistica e che costituisca un fattore “concreto” del
dibattito.
Le caratteristiche della saggistica ipertestuale che veniamo a
delineare, nascono quindi, nella loro sostanzialità, “al di fuori” dello
spazio ipertestuale stesso dal confronto tra autori che già
tematizzano la tecnologia ipertestuale e altri autori, le cui teorie sulla
scrittura, la significazione e l’argomentazione sembrano precorrere e
suggerire una forma mentis ipertestuale.
Questo percorso, di per sé ramificato e che può essere ulteriormente
proseguito in più direzioni, viene “concluso” tentando di offrire un
“ingresso” concreto allo spazio saggistico ipertestuale attraverso una
versione elettronica di S/Z di Roland Barthes; questo testo, infatti sia
nella “forma” che nel “contenuto” della sua argomentazione critica,
può essere “letto” in una prospettiva ipertestuale che, nella mia
trasposizione, viene attualizzata e messa, quindi, alla prova.
Introduzione
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Questa “conclusione”, eterogenea al discorso che la precede, vuole
anche significare la profonda convinzione della necessità a
proseguire il dibattito sui vari aspetti dell’ipertestualità facendo
maggior riferimento ad una pratica approfondita dello spazio
ipertestuale stesso: è, in fondo, un invito a salire a bordo del treno, a
provare a guidarlo, senza “limitarsi” a vederlo passare, qualunque
sia l’esito del viaggio.
La forma saggio
Quali sono le caratteristiche di ciò che noi chiamiamo forma saggio?
Qual è la substantia che accomuna quelle opere che noi definiamo
saggistiche? Spesso nell’inquadramento di una questione è utile
partire dalla definizione letterale dell’oggetto stesso. Nel dizionario
della lingua italiana Devoto-Oli sotto la voce saggio troviamo come
primo significato:
Esposizione scritta che intende proporsi come il frutto
dello studio e dell’approfondimento personale di un tema
culturale delimitato (di carattere storico, biografico o critico),
con uno sviluppo massimo che può giungere fino alla
monografia
o, alternativamente, un secondo significato che si differenzia
soprattutto per il punto di vista e l’atteggiamento dell’autore nei
confronti della materia:
Senza riferimento specifico a un ordine di argomenti,
designa un genere di prosa d’intonazione disinvolta,
familiare o addirittura scherzosa e svagata, in cui l’autore
ragiona e commenta le esperienze più varie secondo l’umore
e l’inventiva personale.
Con il termine saggio indichiamo dunque due tipi, due “forme”, due
stili distinti di espressione scritta. Tra queste due espressioni sembra
intercorrere la distinzione di atteggiamento e di scopi che Toulmin
avanza tra chi “fa un’asserzione” e chi “al contrario parla in maniera
frivola, per scherzo o solo ipoteticamente, o chiacchieri ad effetto”
(Toulmin, 1958, pag. 13).
La forma saggio
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Nel primo caso chi fa un’asserzione:
…avanza un pretesa alla nostra attenzione e alla nostra
convinzione e […] come nel caso della pretesa ad un diritto, i
suoi meriti dipendono dai meriti dell’argomentazione che
può essere prodotta a suo sostegno (Toulmin, 1958, pag. 13).
Per Toulmin, dunque, al di là della specifica natura di un asserzione
“seria” esiste sempre il desiderio o la necessità di portare l’attenzione
sui fondamenti (sostegni, dati, fatti, evidenze, considerazioni,
caratteristiche) da cui dipendono i meriti dell’asserzione stessa, cioè
di esigere un’argomentazione.
Noi ci interesseremo dunque del saggio nella prima accezione del
vocabolario come dissertazione valutativa propria di un ambito
letterario.
Ce ne interesseremo per definire le caratteristiche della nostra
scrittura argomentativa innanzitutto nella sua “forma logica” di
“argomentazioni giustificatorie addotte a sostegno di asserzioni” e
“delle strutture che si può aspettare che abbiano, dei meriti che
possono rivendicare, e dei modi in cui noi ci diamo a metterle in
ordine d’importanza, a valutarle e a criticarle” (Toulmin, 1958, pag.
14) e quindi più specificatamente per determinare se e come la
forma saggio appunto come espressione scritta di pensiero
argomentativo sia modificata dall’utilizzare come supporto
tecnologico della scrittura le tecnologie ipertestuali in sostituzione
dell’attuale supporto a stampa.
Parlando in termini retorici possiamo dire che affronteremo
innanzitutto le caratteristiche dell’inventio argomentativa e poi la
dispositio tipica della forma saggio cartacea, a stampa e quindi della
forma saggio ipertestuale. Come vedremo, le caratteristiche dei due
supporti tecnologici sono significative ed influenzano non solo
l’aspetto più visibile e «superficiale» della forma saggio, la sua
La forma saggio
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interfaccia, ma anche i suoi aspetti logico strutturali, culturali e
sociali.
Nel vedere e confrontare la dispositio saggistica tipica della stampa e
dell’ipertesto, cercheremo di cogliere, in un ottica onghiana e
mcluhaniana, gli effetti culturali, sociali e psicologici delle due
tecnologie: ogni tecnologia comunicativa finirebbe per determinare e
favorire una certa forma mentis a discapito di altre per cui nel nostro
caso la stessa inventio argomentativa non può essere ritenuta
totalmente invariante rispetto al supporto tecnologico scelto.
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Gli aspetti logico-argomentativi della forma saggio
Come abbiamo detto la nostra analisi si concentrerà sulla saggistica
propria di un ambito letterario. L’oggetto del nostro interesse è per
sua natura complesso e da affrontare da più punti di vista. Come
nota Preti:
La comunicazione discorsiva è il modo normale di entrare
in rapporto nonché la sostanza, il concreto stesso, della
riflessione. Essenziale ad una cultura è il suo tipo di discorso
- la cultura è discorso (discorsi) Ed il tipo di discorso riflette,
per così dire, la forma dominante, o l’ideale dominante, di
rapporti umani (Preti, 1968, pag. 147).
Cercare di definire una «forma saggio», cioè una struttura invariante
comune e caratterizzante di tutta una serie di prodotti (discorsi)
letterari, comporta e significa anche cercare di definire in tutte le sue
caratteristiche la cultura di cui è espressione. C’è, a questo proposito,
da riscontrare una necessaria e costitutiva dialettica fra autonomia
ed eteronomia nell’ambito della creazione e della critica letteraria:
Considerate nel loro momento di “autonomia” le forme di
creazione letteraria (poesia, narrativa, ecc.) si organizzano
secondo i propri valori specifici e le proprie finalità interne, e
secondo tali prospettive possono venire giudicate (o, come
suole dirsi “criticate”).
Tuttavia esse continuano ad essere fatti di civiltà e
significano qualcosa in essa: di conseguenza qui acquistano
diversi valori e diverse finalità. Questo è il piano di
“eteronomia” (Preti, 1968, pag. 152-153)
Tenendo conto di questi aspetti per i quali il nostro stesso oggetto
impone continue variazioni del punto di vista, cominciamo con
l’analizzare le caratteristiche logico-argomentative di quel tipo di
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discorso che definiamo forma saggio, cioè i suoi aspetti più
propriamente “razionali”.
Giulio Preti, partendo proprio dall’analisi del tipo di discorso, viene
a determinare una coppia dicotomica cultura letteraria/cultura
scientifica a cui corrisponde l’opposizione retorica/logica.
Prendendo spunto da Perelman, Preti distingue tra un discorso
retorico-epidittico come modello e genus del discorso letterario ed
un discorso logico come modello e genus del discorso scientifico:
È la distinzione tra due tipi di discorso, un discorso
persuasivo, con riferimenti pragmatici, e quindi emotivo-
valutativi (sentimentali), mirante a stabilire un’adesione tra i
partecipanti al discorso, e un discorso probativo-
dimostrativo, avente per scopo la verità, oggettivo, razionale,
non immediatamente pragmatico e non portante su valori,
bensì su fatti (di qualsiasi ordine di realtà) (Preti, 1968, pag.
150).
Preti nota giustamente che “la logica [da intendere qui nel significato
di forma, procedimento] della valutazione non si può riportare
simpliciter alla logica della scienza” (pag. 155) e che i due tipi di
discorso devono far riferimento ad un Ρ Υ ϑ ∆ Θ Ρ Θ differenziato. Allo
stesso tempo sembra però estremizzare le differenze tra i due tipi di
discorso: sembra cioè che per quanto ci riguarda più da vicino, il
saggio letterario come metadiscorso valutativo di altri discorsi, non
si possano rilevare come suoi componenti essenziali procedimenti
probativi e dimostrativi. Se è innegabile che il discorso letterario
abbia una fortissima componente persuasiva non sembra però
assodato che in esso non vi sia posto e possibilità per argomentazioni
che mirino ad affermare (ed affermino) verità fattuali (naturalmente
nell’ambito letterario) guadagnandole senza fare leva
esclusivamente sugli aspetti emotivo-valutativi.
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Quando Preti afferma che:
Il tipo del discorso letterario è dunque costituito da un
argomentare che muove dalla doxa e finisce nella doxa; che si
muove in un concreto umano e sociale di cultura (sentimenti,
opinioni, tradizioni) storicamente determinato, per ristabirlo
o ricostruirlo sia anche per mutarlo ma per mutarlo
mantenendo una coerenza nella sostanza (Preti, 1968, pag.
173),
sembra ritenere che in questo processo argomentativo non si faccia
appello a dei dati, non li si colleghi fra loro, non se ne definisca
l’importanza reciproca, non se ne traggano delle conseguenze.
In qualche modo il ritenere il discorso epidittico il modello retorico
assoluto fa dimenticare quegli aspetti della retorica per cui “essa
copre l’immensa regione del pensiero non formalizzato” (Perelman,
1977, pag. 172). Ispirarsi esclusivamente al discorso epidittico porta
ad “una retorica ristretta… alla teoria dell’elocuzione e quindi a
quella dei tropi” (Perelman, 1977, pag. 8) dimenticando:
una teoria dell’argomentazione, che ne costituisce l’asse
principale e… al contempo il nodo della sua articolazione con
la logica dimostrativa e la filosofia. […il cui] oggetto è lo
studio del discorso non-dimostrativo
1
, l’analisi dei
ragionamenti che non si limitano a inferenze formalmente
corrette, a calcoli più o meno meccanizzati (Perelman, 1977,
pag. 9, 16).
1
Ricordiamo che Perelman con il termine “dimostrazione” intende un discorso di
tipo logico formale, geometrico (vedi Perelman, 1979, pag. 21).
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A nostro parere la struttura dell’argomentazione letteraria riveste
anche funzioni probative e dimostrative che fondano lo stesso sforzo
persuasivo: la persuasione non avviene sempre e comunque
escludendo un’adesione innanzitutto razionale agli argomenti
presentati.
Prima di proseguire con Perelman l’analisi degli aspetti
dell’argomentazione legati alla socialità ed allo scopo persuasivo,
affrontiamo con Toulmin l’aspetto probativo e dimostrativo
dell’argomentare.