5
fenomeno attraverso la risposta in fluorescenza al fine, anche, di valutare le condizioni
di vitalità delle alghe e dei cianobatteri.
La seconda parte, dal capitolo 5 al capitolo 8, è dedicata alla presentazione degli
obiettivi specifici di questo lavoro di tesi ed alla descrizione della strumentazione
utilizzata. Nel capitolo 6 vi è una descrizione di insieme della strumentazione di
laboratorio appositamente realizzata per questa indagine e l’analisi dei suoi singoli
componenti, il laser, il sistema di analisi spettrale, l’interfaccia tra il campione e
l’apparecchiatura. Il paragrafo conclusivo è dedicato alla funzione di trasferimento del
sistema di ricezione ed analisi del segnale. L’errore sperimentale delle misure realizzate
è riportato nel successivo capitolo 7. Il capitolo 8 è dedicato alle configurazioni
operative della strumentazione utilizzate nelle misure e in esso sono presentate la
calibrazione del sistema e la determinazione sperimentale della funzione di
trasferimento e il relativo errore.
La terza parte, capitoli 9, 10 e 11, è dedicata alle misure di laboratorio e alla loro
interpretazione. Il capitolo 9 descrive le caratteristiche dei campioni analizzati: il
supporto lapideo, i biodeteriogeni presenti ed infine i biocidi. Nel capitolo 10 sono
descritte le metodologie utilizzate per l’analisi dei dati; l’attenzione maggiore è stata
dedicata alla descrizione dell’analisi delle componenti principali, tecnica solo
recentemente utilizzata in spettroscopia. Il capitolo 11 è dedicato alla presentazione
delle misure di laboratorio ed è articolato in due parti: la prima mostra le applicazioni
sul riconoscimento e sulla quantificazione dei biodetriogeni, la seconda è dedicata ai
cambiamenti spettrali introdotti dall’azione dei biocidi.
La quarta ed ultima parte è dedicata alle conclusioni....
6
2 LA CONSERVAZIONE DEL PATRIMONIO ARTISTICO ED I
BIODETERIOGENI
Il patrimonio artistico è un bene primario della società poiché consente di tramandare la
propria civiltà sia come testimonianza sia come concreto strumento per ogni ulteriore
progresso.
Numerose e di valore inestimabile sono le opere d’arte che le odierne generazioni hanno
ereditato dal passato e alcune società contemporanee hanno le conoscenze scientifiche
ed i mezzi, economici e tecnologici, necessari per affrontare il problema di una loro
ulteriore conservazione. Le cause che ne compromettono la durata sono molto varie e
tra queste vi è il degrado indotto dall’azione dei biodeteriogeni.
2.1 L’azione dei biodeteriogeni sul patrimonio artistico
Numerosi agenti naturali o antropici causano il deterioramento del patrimonio artistico
fino alla completa distruzione di alcune opere. Gli agenti di origine biologica sono
suddivisi in due categorie: a) organismi inferiori (batteri, alghe, licheni, funghi), b)
organismi superiori (muschi, piante, insetti). Per le opere architettoniche, realizzate in
materiali lapidei, i biodeteriogeni inferiori costituiscono il primo stadio del processo di
deterioramento [Koestler et alii, 1997]. I biodeteriogeni inferiori causano sia immediati
danni estetici, con una patina verde o bruno-arancione, sul monumento che un’azione
indiretta, spesso sinergica con quella di altri agenti, di deterioramento. I biodeteriogeni,
presenti nell’ambiente, si depositano sulle superfici lapidee radicandosi nelle piccole
cavità. Lo sviluppo degli apparati con cui sono ancorati alle pietre disgrega gli strati
superficiali del materiale permettendo quindi ad altri agenti di esplicare produttivamente
la loro azione di degrado [Ortega-Calvo et alii, 1995].
Al contrario dei beni di ridotte dimensioni come, per esempio, i quadri e le statue, le
7
opere architettoniche non possono essere conservate in ambienti protetti.
Lo sviluppo dei biodeteriogeni è diffuso sui monumenti di ogni continente ed è regolato
sia dalle caratteristiche specifiche del monumento che dalle condizioni ambientali. La
Tabella 2.I riporta un sommario della presenza dei biodeteriogeni inferiori su alcuni
monumenti di varie nazioni [Ortega-Calvo et alii, 1995]. Tra gli organismi inferiori si
sono osservate molte specie algali appartenenti ai diversi phylum e numerosi
cianobatteri di differenti ordini.
Monumento – località Nazione Supporto Biodeteriogeno
Monumento Khmer
Angor
Cambogia Arenaria Cianobatteri, alghe verdi
Sculture paleolitiche
Angels sur l’Anglin
Francia Calcare Cianobatteri
Partenone
Atene
Grecia Marmo Cianobatteri, bacillariofiti
Chiese e castelli
varie località
Irlanda Pietre
Cianobatteri, alghe verdi,
bacillariofiti
Chiese e dimore romane
numerose località
Italia
Pietre e pareti
affrescate
Cianobatteri, alghe verdi
Cattedrali
numerose località
Spagna
Granito, marmo,
calcare e malte
Cianobatteri, alghe verdi
Malham Tarn House
Yorkishire occidentale
Regno Unito Arenaria e calcare
Cianobatteri, alghe verdi,
bacillariofiti
Castillo de San Marcos
St. Augustine
USA Gesso e calcare Cianobatteri. bacillariofiti
Tabella 2.I: esempi di biodeteriogeni trovati sui monumenti
Tra i biodeteriogeni inferiori le alghe verdi e i cianobatteri sono i primi colonizzatori di
una superficie poiché hanno bisogno esclusivamente dell’ossigeno, della luce e di pochi
elementi minerali per svilupparsi [Tiano, 1991]. Per i cianobatteri, per esempio, sono
sufficienti CO
2
, N
2
e tracce di elementi naturali [Cecchi et alii, 1996 a]. La loro crescita
causa un incremento di questi elementi e favorisce la fissazione di altri elementi (tra cui,
per esempio, lo zolfo) che facilitano ulteriori fenomeni di degrado sia di origine
biologica (altri organismi inferiori o organismi superiori) che chimica (solfatazione)
[Ortega-Calvo et alii, 1995]. La disgregazione della pietra favorisce anche l’azione di
agenti meccanici come il dilavamento e la frantumazione conseguente alle variazioni di
volume dell’acqua nei passaggi tra gli stati liquido e solido....
31
5 OBIETTIVI E METODO
Il primo studio di laboratorio [Cecchi et alii, 1996 a] e l’esperienza in campo [Weibring
et alii, 1997] di applicazione delle tecniche LIF al telerilevamento dei biodeteriogeni
sui monumenti ne hanno mostrata l’utilità e il vantaggio sostanziale rispetto alle altre
metodologie di indagine.
Un obiettivo dell’applicazione della LIF al controllo del patrimonio culturale è il
riconoscimento dei biodeteriogeni presenti su una facciata monumentale e la loro
quantificazione. I risultati debbono poi esser presentati in modo da risultare utilizzabili
anche dagli operatori che non hanno una formazione scientifica. La trasformazione del
prospetto in una mappa a falsi colori che evidenzi tipologie e quantità di biodeteriogeni
presenti è un utile strumento per raggiungere questo obiettivo. La LIF può essere
integrata con le tecniche tradizionali. Ad esempio le analisi di laboratorio di campioni
raccolti da regioni immediatamente accessibili permettono l’identificazione del
biodeteriogeno e le analisi LIF individuano quali altri punti della facciata presentano la
stessa risposta.
I principali parametri coinvolti in questi lavori sono:
• le caratteristiche del materiale lapideo;
• le caratteristiche dei biodeteriogeni presenti;
• la quantità di biodeteriogeni presenti;
• l’eventuale azione di sostanze biocide;
• la presenza di eventuali trattamenti protettivi sul materiale lapideo.
La finalità di questa tesi si inserisce in questo ambito. In particolare sono due gli aspetti
del problema su cui si propone di fornire un contributo. Il primo è relativo al
riconoscimento quantitativo e qualitativo dei biodeteriogeni. Il secondo è un primo
approccio all’analisi dell’azione dei biocidi cercando di individuare anche quali sono le
32
loro modalità di azione e la relativa efficacia. Nel raggiungere questi obiettivi
un’attenzione particolare è stata rivolta all’individuazione di tecniche che consentano
una rapida presentazione dei risultati cercando anche di svincolare le informazioni sui
biodeteriogeni da quelle del materiale lapideo su cui si sono sviluppati.
L’argomento coinvolge, oltre alla fisica, anche altre discipline scientifiche come la
biologia e la geologia. L’interpretazione dei risultati è quindi parziale ed è concentrata
sugli aspetti fisici del problema.
Questo lavoro, in dettaglio, analizza in laboratorio due biodeteriogeni provenienti da
due statue marmoree, un’alga verde ed un cianobatterio. Per entrambi è stata studiata la
riconoscibilità su un supporto lapideo di marmo dolomitico (bianco) in concentrazioni
non visibili con una osservazione diretta, la reciproca distinzione, la relazione tra
l’intensità della risposta e la concentrazione presente. Per entrambi è stata studiata
anche l’azione di quattro biocidi, comunemente utilizzati nei trattamenti, osservando
l’evoluzione della risposta di fluorescenza prima, durante e dopo lo svolgimento
dell’azione stessa.
Il progetto della strumentazione e l’assemblaggio dei componenti che la costituiscono è
stato realizzato presso l’IROE-CNR "Nello Carrara" di Firenze dal laureando assieme
alla collega Gaia Ballerini e con la collaborazione del personale dell’Istituto...
106
12 CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI
Le misure effettuate in laboratorio e la loro analisi consentono di trarre alcune
conclusioni rispetto alla riconoscibilità dei biodeteriogeni sul marmo dolomitico, allo
studio dell’azione dei biocidi sui biodeteriogeni e all’utilità dell’apparato sperimentale.
Sia la presenza delle alghe verdi (Coccomyxa Sp.) che quella dei cianobatteri
(Pleurocapsales Or.) può essere individuata mediante il telerilevamento della
fluorescenza indotta da laser. L’analisi spettrale consente per confronto di distinguere
tra i due biodeteriogeni come riportato nella figure dei paragrafi 11.1.2 e 11.1.3. Per le
alghe verdi la minima quantità rilevabile è stata di 10
2
cellule/cm
2
, per i cianobatteri di
un ordine di grandezza superiore. È da rilevare che anche la massima concentrazione
analizzata di 10
5
cellule/cm
2
non era comunque individuabile con l’osservazione visiva.
La fluorescenza indotta da laser è quindi una tecnica che consente di individuare la
presenza dei biodeteriogeni all’inizio del loro insediamento, ben prima che se ne
possano vedere gli effetti e che il danneggiamento sia cospicuo.
La presenza e la quantificazione dei biodeteriogeni è possibile anche senza conoscere la
fluorescenza dello specifico supporto lapideo su cui essi si sono sviluppati. È
sufficiente, infatti, disporre di uno spettro del medesimo materiale acquisito su una
piccola regione priva di biodeteriogeni o appositamente ripulita.
L’intensità complessiva misurata nella regione spettrale in cui i pigmenti fotosintetici
emettono in fluorescenza e l’analisi mediante le componenti principali degli spettri
permettono di effettuare una valutazione relativa delle quantità di biodeteriogeni
presenti. Per le misure in campo la verifica quantitativa con tecniche classiche realizzata
su parti accessibili del monumento permette di avere dei punti certi con cui tarare la
scala relativa di valori ottenuti con il telerilevamento per il monumento oggetto
dell’indagine.
107
La Figura 11.7 mostra la potenzialità che l’analisi mediante le componenti principali ha
per la produzione di immagini a falsi colori da cui è possibile ricavare facilmente le
informazioni sulla presenza e sulla quantità di biodeteriogeni. L’applicazione di questa
tecnica ad un’intera facciata permette di creare una mappa che raffigura la quantità di
biodeteriogeni presente.
L’osservazione dei biodetriogeni prima e dopo l’azione dei biocidi permette di valutare
se i biodeteriogeni siano ancora vitali o definitivamente morti, come mostrato nelle
Figure 10.34 e 10.37 dove, per quelli morti, scompare la fluorescenza dei pigmenti.
Questo risultato permette di stabilire se l’azione dei biocidi è conclusa e può iniziare
l’intervento meccanico di asportazione. La riduzione del tempo in cui i biocidi
permangono sul monumento è importante poiché la loro presenza prolungata può
talvolta alterare l’aspetto e le proprietà delle pietre causando un danno al monumento
anche se spesso inferiore a quello provocato dai biodeteriogeni.
Lo studio delle modalità di azione dei biocidi permette di trarre delle prime conclusioni
che debbono trovar conferme in ulteriori esperimenti anche con riscontri con gli studi di
altre discipline scientifiche in questo settore. L’azione sulla fluorescenza dei pigmenti, e
quindi sul processo di fotosintesi, è comunque ben rilevabile e mostra una forte
dipendenza temporale.
Questo lavoro ha comunque mostrato che il telerilevamento della fluorescenza indotta
da laser è utilizzabile per indagare anche le modalità di azione dei biocidi stessi.
L’analisi delle misure permette di osservare la diminuzione dell’attività fotosintetica dei
biodeteriogeni e, quando interviene, la distruzione dei pigmenti. Per alcuni biocidi è
possibile osservare un andamento intermedio in cui si ha una aumento dell’attività
fotosintetica. Benzalconio cloruro e Metatin, sono, nell’ordine i due biocidi più rapidi
nella loro azione, Diuron e Algophase i più lenti. Misure con una maggiore risoluzione
temporale, per realizzare le quali è necessario modificare la strumentazione di
108
laboratorio, potrebbero fornire informazioni sui primi istanti di azione dei biocidi.
Lo studio dell’applicazione del telerilevamento di fluorescenza al riconoscimento dei
biodeteriogeni può essere ulteriormente sviluppato con esperimenti in campo per
verificare l’effettiva utilità del metodo nelle analisi di ausilio per gli interventi di
restauro e conservazione.
Gli studi futuri dovrebbero svilupparsi in tre direzioni:
• la messa a punto di tecniche di visualizzazione dei risultati, applicando la tecnica
delle immagini a falsi colori all’intera facciata;
• lo studio di altri ceppi di biodeteriogeni e la costruzione del relativo archivio
spettrale affinché sia disponibile una più estesa banca dati che permetta il
riconoscimento dei biodeteriogeni anche senza l’ausilio, come verifica, di alcuna
tecnica classica;
• la costruzione di un archivio spettrale dei substrati lapidei di modo che sia possibile
conoscere il loro andamento spettrale indipendentemente dalla disponibilità di una
sezione del monumento pulita.
I risultati ottenuti costituiscono un primo importante passo per una approfondita
conoscenza di tali processi. Gli studi successivi potranno essere condotti su materiale
lapideo inoculato con i biodeteriogeni. Ciò al fine di controllare le eventuali
modificazioni circa l’efficacia e i tempi di azione e per studiare le eventuali alterazioni
del supporto lapideo dopo l’esecuzione della pulizia meccanica conseguenti sia alla
presenza del biodeteriogeno sia alla operazione di soppressione e rimozione. I risultati
ottenuti, relativi alle modificazioni dell’attività fotosintetica, della struttura dei pigmenti
e delle membrane cellulari possono essere analizzati anche dal punto di vista dello
studio biologico. In particolare dalla separazione dei due massimi della fotosintesi, con
una dettagliata conoscenza dell’attività dei biocidi, purtroppo non ancora disponibile,
sarebbe possibile verificare l’associazione del massimo a maggior lunghezza d’onda con
109
il primo fotosistema.
L’apparato sperimentale realizzato si è dimostrato idoneo per compiere le ricerche
progettate. La scarsa efficienza del rivelatore nella regione infrarossa dello spettro è
stata il principale limite sperimentale. Un altro limite, rispetto allo studio delle modalità
di azione dei biodeteriogeni, è stato la necessità di acquisire separatamente due
intervalli spettrali al fine di osservare tutte le variazioni.
L’utilizzo dell’analisi delle componenti principali, con lo sviluppo dell’algoritmo che
permette di svolgere alcune considerazioni sull’andamento dell’errore, oltre all’utilità
per indagare la presenza dei biodeteriogeni sui supporti lapidei è particolarmente
interessante nello studio dell’azione dei biocidi. Le poche conoscenze sulle loro
modalità di azione e la difficoltà di una diretta interpretazione degli spettri, a cui
contribuiscono numerose e complesse molecole organiche, possono essere parzialmente
superate proprio grazie a questo metodo che sfrutta le differenze tra gli spettri stessi.
L’IROE-CNR “Nello Carrara” di Firenze ha in corso di realizzazione il FLIDAR4 che
oltre agli studi di oceanografia può trovare applicazione anche in questo settore e, dopo
un test preliminare questo inverno, la realizzazione, nella primavera, di una campagna
di osservazione sul Duomo di Parma in collaborazione con il gruppo di ricerca
dell’Atomic Physics Division del Lund Institute of Technology (Svezia) guidato dal
professor Sune Svanberg.