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le agevolazioni e le esenzioni riconosciute dal legislatore a ciascuna
categoria, al fine di favorire lo sviluppo del settore oggetto di studio.
I Capitolo
Capitolo I – Inquadramento del settore non profit
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1 .1 Che cos’è il non profit
Vanno sempre più diffondendosi e sviluppandosi in Italia le cosiddette
“organizzazioni non profit
1
” o “enti senza fine di lucro”.
Il termine anglosassone sintetizza una realtà vasta, variegata e
complessa comprendente migliaia di enti che senza scopo di lucro si
dedicano ad attività socialmente rilevanti nel campo della cultura,
dell’assistenza, della ricerca, della sanità e della salvaguardia
dell’ambiente.
Spesso si parla con indifferenza di “enti” o di “organizzazioni” no
profit. In realtà, però, con il primo termine si enfatizza l’aspetto
giuridico del fenomeno ma in modo improprio perché non sempre i
soggetti che svolgono tali attività sono giuridicamente enti (si pensi
alle numerosissime associazioni o fondazioni non riconosciute che
non hanno la personalità giuridica).
Più propriamente è utilizzato il termine organizzazione, che prescinde
dalla soggettività giuridica ed enfatizza l’unione di uomini e mezzi
che deve caratterizzare queste iniziative.
Ancora si distingue tra enti tra enti e organizzazioni “non - business”
oppure “non – profit”.
La prima espressione, che può essere tradotta in ente non
commerciale, mette in risalto l’attività svolta che è caratterizzata dalla
non commercialità. A ben vedere la locuzione è impropria in quanto
1
L’assenza di un “profit” deve essere fatta coincidere con la nozione, propria del diritto italiano, di
lucro soggettivo: con la differenza che la distribuzione eventuale dell’utile conseguito a favore dei
soci costituisce l’elemento causale del contratto di società, la cui assenza determinerebbe la nullità
dell’atto costitutivo della società stessa. Cfr., G PONZANELLI, Le non profit organizations,
Milano, 1985
Capitolo I – Inquadramento del settore non profit
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molti soggetti svolgono attività commerciale in via strumentale
rispetto al fine non commerciale.
Secondo la dottrina appare quindi corretta l’espressione “non profit”,
corrispondente a “fini di lucro”, che sottolinea il fine perseguito dai
soggetti indipendentemente dal fatto che sia attivata sempre o anche
occasionalmente, comunque in via strumentale rispetto allo scopo,
un’attività commerciale
2
.
Quanto alla definizione delle “organizzazioni non profit” se ne
potrebbero indicare diverse. Sembra però corretta la definizione della
sistema tributario che considera enti non commerciali “gli enti, sia
pubblici che privati, diversi dalle società che non hanno per oggetto
esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali”
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. La norma
accomuna, in modo corretto, gli enti pubblici con quelli privati.
Caratteristica fondamentale resta il non svolgimento di attività
commerciali da parte dei soggetti, o l’esercizio di tale attività in via
strumentale e subordinato al fine istituzionale che non deve essere
lucrativo.
Il fenomeno del non profit non è una novità, anzi le sue origini
risalgono addirittura all’epoca medioevale. Sono, infatti, riconducibili
a questo periodo le opere di assistenza ai pellegrini e alla cura degli
infermi, le iniziative a favore dei carcerati, degli orfani e delle vedove,
gli ospedali ed anche le opere di tipo prettamente economico come i
Monti di Pietà.
Per lungo tempo la Chiesa Cattolica ha ricoperto una grande influenza
nella gestione di servizi sanitari, assistenziali, di sostegno alla
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PROPERSI A., ROSSI G., Gli enti non profit. Il Sole 24 Ore, Milano, 2000.
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Art. 73 comma 1 lett. c).
Capitolo I – Inquadramento del settore non profit
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collettività. Tale influenza fu man mano limitata della nascita del
nuovo Stato italiano nel 1860 e successivamente nel 1890
dall’avvento della legge Crispi (dal nome del Presidente allora in
carica) che sottomise al controllo pubblico le Opere Pie che fornivano
servizi di tipo assistenziale, sanitario, educativo e di formazione
professionale ed impose ad ogni istituzione di assistenza che avesse
avuto una qualche rilevanza economica di assumere la natura
giuridica pubblica; inoltre tale legge costituì il primo passo verso la
trasformazione in IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza) delle Opere Pie, trasformazione che si completò nel
1923 sotto il Regime Fascista
4
.
Dopo l’approvazione della costituzione repubblicana, avvenuta nel
1948, la legge Crispi restò a lungo immutata, nonostante l’articolo 38
della costituzione stabilì che “l’assistenza privata è libera”,
consentendo con ciò ai privati di fornire servizi assistenziali senza
dover assumere la veste giuridica di ente pubblico.
Negli ultimi anni si sta assistendo ad una rinascita del settore non –
profit, detto anche Terzo Settore
5
.
Risulta difficile spiegare brevemente le cause di questo sviluppo, ma
volendo comunque indicare qualche motivazione ci si può riferire a
cause economico-sociali, macro-economiche e normative.
Per quanto riguarda le cause economico-sociali si può partire dallo
sviluppo economico, che con l’incremento della ricchezza ha
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Nel 1866 fu emanata una legge per la confisca dei beni delle associazioni ecclesiastiche. La legge
Crispi del 1890 sottomise al controllo pubblico le opere pie trasformandole poi in Istituzioni
Pubbliche di Assistenza e beneficenza (IPAB). Tale trasformazione fu completata , però, solo nel
1923 con il D.L. n. 2841.
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Il termine “Terzo Settore” deriva dal Rapporto Delors “Un progetto per l’Europa” redatto nel
1978 in sede Comunitaria
Capitolo I – Inquadramento del settore non profit
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comportato anche l’incremento del “tempo libero” che spinge molti a
partecipare ad attività sportive, ricreative, culturali, religiose,
assistenziali svolte in forma associata.
Sempre sul piano sociologico si può osservare che lo sviluppo
economico ha incrementato le sacche di povertà e di disagio,
sollecitando la nascita di associazioni ed enti, con la conseguente
esplosione del fenomeno del volontariato sociale, che ha portato
all’emanazione di un’apposita legge
6
.
Tale fenomeno è presente anche nel campo dell’assistenza ai disabili,
ai drogati, agli anziani, ai poveri e agli extra-comunitari. Si sono
sviluppate nuove iniziative associative prodotte dalla crescente
attenzione nei confronti di chi versa in condizioni disagiate.
Passando alle motivazioni macro-economiche, è un fenomeno attuale
ed esplosivo la crisi dello Stato Sociale: tale situazione di crisi
comporta un arretramento dello Stato non solo dalle attività produttive
direttamente gestite, ma anche dallo svolgimento di servizi sociali
7
.
L’alta incidenza del debito pubblico e il bisogno di migliorare la
qualità, l’efficienza e la qualità di molti servizi inducono a considerare
sempre più necessario il passaggio da un sistema sociale
prevalentemente pubblico – Welfare State – ad un sistema misto, dove
accanto ai servizi pubblici operino anche organizzazioni ed imprese
private.
Di qui, in generale, lo sviluppo del Terzo Settore viene
tradizionalmente giustificato dai casi di “fallimento” dello Stato ma
6
legge 11 Agosto del 1991, n. 266.
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Lo Stato Sociale si era sviluppato facendo un uso strumentale delle istituzioni create dalla società
civile. Nel corso del ‘900, superato il conflitto tra Chiesa Cattolica e Stato, ques’ultimo aveva
assunto su di sé la responsabilità di soddisfare i bisogni dei cittadini e di aumentare il benessere
generale della collettività.
Capitolo I – Inquadramento del settore non profit
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anche del Mercato in quanto entrambi mancano di soddisfare il
cittadino e il consumatore: il primo non riuscendo più a garantire la
sfera di benessere promessa, il secondo non sfruttando efficacemente
le risorse.
A detta di alcuni, questa non è una spiegazione sufficiente a cogliere i
tratti del fenomeno poiché sarebbe necessario ritagliare al Terzo
Settore uno spazio non più meramente surrogatorio di Stato e
Mercato. In questo senso si può parlare di “economia civile”, come
una terza modalità di produzione di beni e servizi, al pari
dell’economia pubblica e privata.
L’economia civile riguarda la produzione e la distribuzione di un tipo
di beni che non possono essere inquadrati nelle consuete regole di
mercato.
Rivela Zamagni: “La pluralità di beni oggi domandati dai cittadini
(…) esige modi diversi di produzione e di distribuzione (…) e dunque
una società autenticamente “liberale” non può limitarsi a garantire il
pluralismo delle istituzioni, ma deve spingersi sino a rendere possibile
il pluralismo delle istituzioni economiche”
8
.
Infine, altra causa da non sottovalutare dello sviluppo del fenomeno
non profit è sicuramente la legislazione stessa
9
.
E’ ovvio infatti che la normativa segue un’esigenza sociale ed è quindi
figlia delle cause sopra elencate.
8
Cfr., S. ZAMAGNI, “La filosofia e l’architettura del progetto di legge sulle Onlus” in Non
Profit, 1995, p. 421 ss.
9
Si pensi a titolo di esempio alle leggi dell’11 agosto n. 266 del 1991 e dell’8 agosto n. 381 del
1991, in materia rispettivamente di volontariato e cooperative sociali; al decreto legislativo n. 460
del 1997 in tema di “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle
organizzazioni non lucrative di utilità sociale”, che rivede la disciplina fiscale e riconosce notevoli
benefici alle organizzazioni non profit.
Capitolo I – Inquadramento del settore non profit
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Anche se diversi sono stati gli interventi legislativi, il nostro Paese
non ha ancora raggiunto la stessa disciplina, in tema di agevolazioni
fiscali a favore degli enti no profit, presente già negli Stati Uniti, in
Svizzera o in Germania, ma ci si sta avviando in tale direzione.
Anche nel nostro ordinamento, si stanno sempre più diffondendo le
fondazioni; in tale strumento giuridico si vede la possibilità di
destinare a scopi non lucrativi patrimoni privati, alla stregua delle
fondazioni di famiglia.