La finanza nelle società di calcio
2
probabilmente questa “qualità” che fa saltare ogni previsione, che trasfigura seri
manager e li induce ad investimenti improbabili, che conduce a violente ripercussioni. Il
radicalizzarsi, poi, di questa tendenza a rendere commerciabile il gioco del pallone, ha
profondamente mutato tradizioni e punti di riferimento un tempo essenziali: dalle rose
allargate alle maglie da gioco cambiate ogni stagione, dalle partite spalmate sull’intero
arco settimanale alle costose campagne di mercato.
Occorre quindi riflettere sul fatto che se da un lato lo sfruttamento economico del
calcio ne permette la sopravvivenza e ne garantisce un immagine sempre più
spettacolare, dall’altro lato rischia di snaturare troppo un gioco che è divenuto quasi
universale proprio per la semplicità e l’imprevedibilità che lo contraddistinguono. È
necessario quindi che sia presente un business, perché esso offre delle opportunità,
sopratutto in termini di visibilità del prodotto, enormi, ma il tutto inserito
nell’architettura di una gestione economica equilibrata del settore, per evitare di perdere
quel capitale che rende possibile tutto ciò: il tifoso.
Il presente lavoro è stato sviluppato sulla base di queste preliminari
considerazioni. In tal senso, il primo capitolo provvede ad inquadrare il settore del calcio
in senso economico. La prima parte evidenzia come lo sport si associ al business nel
momento in cui l’evento sportivo viene spettacolarizzato e reso accessibile tramite i
mass-media. Successivamente, vengono delineate le caratteristiche dell’industria
calcistica, in termini di praticanti, appassionati, tifosi e giro d’affari. La seconda parte
del capitolo è dedicata all’indagine delle caratteristiche dei club calcistici in senso
economico: l’assunto di base è che i sodalizi sportivi, e quelli calcistici più in
particolare, siano delle vere e proprie imprese che operano nel settore
dell’intrattenimento (entertainment companies). Vengono delineate anzitutto le
problematiche aziendalistiche che i club incontrano nel loro processo di transizione da
team calcistici a società di entertainemnt. In secondo luogo, vengono caratterizzati i tratti
distintivi dell’economia delle imprese calcistiche, in particolare per quel che riguarda gli
aspetti gestionali e strategici. Da ultimo, si fornisce un quadro gerarchico
dell’organizzazione calcistica nazionale ed internazionale.
Il secondo capitolo, tratta dell’evoluzione economica dei club che risulta essere
in rapporto di stretta interdipendenza con quella legislativa. Sono i vari provvedimenti
del legislatore che hanno indotto il cambiamento delle società di calcio, ma essi stessi
Introduzione
3
sono il frutto del bisogno di rinnovamento del settore. Viene pertanto analizzato prima di
tutto il fenomeno delle associazioni calcistiche, la natura giuridica con cui praticamente
nasce lo sport italiano di squadra, e successivamente il passaggio a società per azioni,
che sancisce la volontà di garantire delle forme organizzative più snelle. Il vuoto
legislativo che permea il settore è abbastanza ampio e per essere colmato necessita di
un’apposita legge di riordino: la n.91 del 1981. Questa legge, descritta nel paragrafo 2.4,
è comunque inadeguata, perché ancora una volta proibisce il fine di lucro. Il paragrafo
successivo descrive la sentenza Bosman e i suoi effetti: essa rappresenta l’innesco
principale che porta all’adozione del decreto legge 20 settembre 1996, n.485, che
introduce il fine di lucro nel mondo del calcio. Diviene così possibile la trasformazione
delle società in imprese di intrattenimento e l’allargamento dell’attività ad altri tipi di
business. L’ultima parte del capitolo è dedicata alla descrizione delle vicende dell’estate
2003, che hanno portato all’adozione di un decreto, noto come “stoppa-TAR”, ed hanno
evidenziato come gli aspetti economici siano ormai prevalenti su quelli finanziari.
La terza parte di questo lavoro esplicita le fonti di finanziamento del mondo del
calcio. La prima parte del capitolo è dedicata ai documenti informativi che sono alla
base dell’interpretazione del fabbisogno di finanziamento. La seconda parte è dedicata,
invece, all’indagine specifica sulle diverse fonti d’entrata. È da osservare che la più
importante forma di finanziamento per il calcio italiano, ossia la televisione, è stata
trattata a parte, per sottolinearne l’importanza preponderante che assume nei confronti di
tutte le altre fonti dell’attivo. A tal proposito, viene proposta una distinzione tra i ricavi
derivanti dalla cessione dei diritti televisivi alle televisioni generaliste e a quelle a
pagamento. Le altre fonti di finanziamento vengono a loro volta distinte in due tipologie:
le fonti tradizionali e quelle alternative. Le prime rappresentano settori attività tipici per i
sodalizi sportivi italiani. Rientrano in tale categoria la sponsorizzazione, il
merchandising e la sua variante del licensing, gli incassi al botteghino, i contributi
federali e i guadagni che derivano dalla partecipazione a manifestazioni diverse dal
campionato, come le coppe europee e le amichevoli. Le fonti alternative, sono state
individuate nei canali tematici, in internet e nella telefonia cellulare. Sono state separate
dalle altre poiché il loro sfruttamento è ancora agli inizi e non tutti i team sono consci
delle loro potenzialità. Un ultimo riferimento viene fatto al complesso intreccio di
La finanza nelle società di calcio
4
rapporti fra il mondo bancario e quello del calcio, considerando che il primo è sovente
un finanziatore del secondo.
Il quarto capitolo è dedicato alla crisi che recentemente ha colpito il settore. Di
tale crisi viene mostrata anzitutto la reale consistenza e in seguito le cause principali che
l’hanno generata. Queste ultime sono individuate in diversi elementi: i principali sono il
peso degli ammortamenti e degli stipendi, ma forniscono un contributo decisivo anche i
artifici contabili, la mancanza dei necessari controlli e le forti differenze di trattamento
economico tra le varie categorie. La restante parte del capitolo è dedicata all’analisi di
alcune soluzioni che dovrebbero contribuire ad uscire definitivamente dalla suddetta
crisi. Tali soluzioni hanno ad oggetto anzitutto gli stipendi e il costo dei cartellini dei
calciatori, ma non mancano menzioni al decreto salva-calcio, un provvedimento del
governo che dovrebbe permettere il risanamento contabile e soprattutto alla riforma che
è stata varata recentemente dalla Lega Nazionale Professionisti, in collaborazione con la
UEFA. Un paragrafo apposito è invece utilizzato per delineare i meccanismi di
sfruttamento delle attività collaterali allo spettacolo calcistico, su tutti l’utilizzo in
maniera polifunzionale del sito sportivo. L’ultimo paragrafo, partendo dall’esempio
della NFL che rappresenta il business più solido legato al mondo sportivo, traccia una
serie di proposte che rappresentano una base di partenza per una radicale rivoluzione del
settore, che permetta non solo di uscire dalla crisi, ma anche di non rientravi più,
quantomeno non per gli stessi errori.
L’ultimo capitolo analizza il fenomeno della quotazione dei sodalizi calcistici.
L’indagine prende essenzialmente due direzioni: la quotazione dall’ottica delle società e
del risparmiatore. Vengono, a tal fine, delineati anzitutto i vantaggi e gli svantaggi che
comporta l’ammissione al listino. Successivamente viene fatto il punto della situazione
delle tre compagini italiane quotate, confrontandole con gli indici di mercato e con il
Manchester United. Successivamente si effettua una valutazione di due società quotate,
la Roma e la Juventus, sulla base del metodo dei multipli di mercato. La seconda parte,
orientata al punto di vista dell’investitore, analizza per prima cosa gli elementi del
comportamento di chi investe nelle società di calcio; successivamente si concentra
sull’analisi degli elementi che condizionano il corso dei titoli e, da ultimo, mette a
confronto l’investimento in titoli con un tipo di investimento alternativo. Infine, viene
fornita una panoramica delle società quotate nei vari campionati europei.
5
CAPITOLO 1
IL CALCIO COME INDUSTRIA
1.1. Introduzione
Nel primo capitolo di questo lavoro viene presentata una visione dello sport, e in
particolare del calcio, che si discosta da quella classica: si allude alla dimensione
economica del settore. Il primo paragrafo è dedicato proprio al fenomeno dello
sfruttamento economico degli eventi sportivi, che è stata la molla che ha permesso
l’evoluzione verso il professionismo delle discipline sportive. In questo senso, viene
mostrato il ruolo fondamentale giocato dai mass-media, in particolare dalla televisione,
nel superare i localismi a cui le manifestazioni sportive erano inevitabilmente destinate.
Successivamente vengono analizzati dei casi di sfruttamento economico dello sport:
quelli della Formula 1 e del Motomondiale, unitamente ad un cenno all’attività degli
USA, che sono leader nell’industria dell’entertainment. Questi casi presentano un
denominatore comune nella capacità di spettacolarizzare l’evento, elemento
fondamentale per l’offerta al pubblico.
Successivamente l’attenzione si sposta ai numeri dell’industria sportiva,
approfondendo quelli del mondo del football. Vengono forniti dati riguardanti i
praticanti, amatoriali e agonisti, dei semplici appassionati e dei tifosi, che costituiscono
anche la domanda del prodotto calcio, nonché le cifre del giro d’affari del calcio italiano
ed europeo.
Il quarto paragrafo è dedicato alle problematiche aziendalistiche che incontra un
team che vuole, e per certi versi deve, diventare impresa per sfruttare al meglio le
opportunità di vendita di quel prodotto che costituisce il suo oggetto sociale. Il quinto
paragrafo approfondisce, invece, i tratti economico-finanziari delle imprese calcistiche,
analizzandone la natura, le peculiarità e gli aspetti gestionali e strategici.
Da ultimo, viene fatto un cenno all’organizzazione calcistica italiana, allo scopo
di mostrare le gerarchie fondamentali che operano nel mondo del sport e le sue
derivazioni calcistiche, avendo riguardo anche alla struttura internazionale.
La finanza nelle società di calcio
6
1.2. Sport e business
1.2.1 Lo sfruttamento economico degli eventi sportivi
È ormai assodato che lo sport ha una dimensione mondiale: sono cioè miliardi le
persone che praticano sport, calcio in testa, in tutto il mondo e altrettante, se non di più,
quelle che amano seguirlo negli stadi, in televisione, per radio, su internet e quant’altro.
Questo perché chiunque ami lo sport non può fare a meno di ammirare le gesta di un
campione dal vivo o sui media: è un modo di provare emozioni e di ottenere un
benessere psicologico. L’idea dello sfruttamento economico degli eventi sportivi nasce
proprio da questa intuizione: stante l’esistenza di una domanda, potenziale, di miliardi
di consumatori, è necessario attrezzarsi per offrire loro il prodotto che desiderano. Le
forme di comunicazione dello sport vanno dai biglietti dello stadio fino alla diffusione
dell’evento sui telefoni cellulari, passando per internet e televisione (free o pay).
Già parecchi anni fa, quando lo sport era tutt’altro che professionistico, in
quanto difficilmente un atleta si guadagnava da vivere solo con esso, si disputavano
importanti manifestazioni internazionali: dai campionati di calcio nazionali (in Italia il
primo nel 1898) a quelli mondiali (la prima volta in Uruguay nel ’30), dalle importanti
gare a tappe di ciclismo (il Tour de France nasce nel 1903 e il Giro d’Italia nel 1908)
alle celeberrime corse motoristiche. Per tacere delle olimpiadi, l’evento sportivo per
eccellenza, recuperate e fortemente volute dal barone francese De Coubertin. Nel 1896
la prima edizione dell’era moderna si svolge ad Atene
1
e divenne in seguito una
appuntamento fisso, sospeso solo durante i conflitti bellici. Il problema di questi eventi
riguardava la localizzazione geografica. Assodato che spostarsi fosse molto più difficile
e costoso di quanto non sia oggi, in concomitanza con la mancanza di un mezzo di
comunicazione globale, l’importanza dell’evento rimaneva spesso circoscritta in ambito
locale aspettando che i giornali ne dessero notizia.
La televisione rivoluzionò tutto: eliminò progressivamente il problema degli
spostamenti, anche se col tempo la facilità di viaggiare e di raggiungere ogni angolo del
mondo darà luogo a quello che oggi viene chiamato turismo sportivo, e permise a tutti
1
L’edizione del centenario, che la stragrande maggioranza degli sportivi avrebbe voluto nuovamente ad
Atene, fu assegnata ad Atlanta. Questo dimostra la prevalenza del business: la metropoli statunitense è
famosa, tra le altre cose, perché vi ha sede la più nota delle multinazionali americane, la Coca-Cola.
Capitolo 1 – Il calcio come industria
7
di assistere e di interessarsi agli eventi sportivi. Un esempio rende meglio l’idea: tutte le
cronache riportarono l’affollamento degli italiani nei bar e nei caffè per assistere al
mondiale di calcio del 1954, il primo teletrasmesso, in Svizzera. Con gli anni ’60 e con
l’avvento del boom economico la televisione entrò celermente nelle case di tutti, o
quasi, e questo fu il viatico per l’associazione dell’evento con le prime sponsorizzazioni.
All’alba del nuovo millennio il fenomeno è ormai dilagato: lo sport viene diffuso
in tutto il mondo dai media, col suo carico di pubblicità, da qualunque luogo e a
qualunque orario esso si manifesti. Non solo: aumenta l’interesse verso altri sport,
magari un tempo semisconosciuti, sfruttando la curiosità e il sentimento nazionale
(come nel caso della Coppa America e di Luna Rossa).
In buona sostanza lo sport è un’attività imprenditoriale: movimenta cifre
colossali e può contare su una domanda potenzialmente incrollabile che anzi, se
opportunamente stimolata, può ancora crescere. È possibile inserire, a livello di
classificazione economica, l’industria sportiva nel settore dell’intrattenimento, che
comprende, tra gli altri, il mercato cinematografico, la televisione (sia in chiaro che
criptata), la radio, i parchi tematici e internet.
Una ricerca della PricewaterhouseCoopers su dodici mercati afferenti al settore
dell’intrattenimento, fotografa la situazione del 2003 e inquadra le prospettive del
settore per i prossimi due anni. I paesi in cui è stata condotta la ricerca sono i sei più
importanti dell’Unione Europea. L’indagine ha evidenziato che Italia e Spagna, seguite
da Gran Bretagna, Francia e Olanda, sono i settori con più ampie prospettive di crescita,
mentre la Germania, che tuttavia è anche il mercato più maturo, è l’unico paese a non
superare la crescita del PIL nel tasso di sviluppo della spesa nel comparto. Dai dati
risulta che la spesa in entertainment nel 2002 è stata pari a 205 miliardi di euro (+2,8%
rispetto all’anno precedente). L’outlook prevede una crescita con un tasso annuo
composto del 3,4% annuo, che dovrebbe far lievitare la spesa complessiva a 243
miliardi di euro nel 2007. Lo sviluppo maggiore è previsto per il settore per la
distribuzione televisiva, con un +8,1% al 2007. La Francia è il mercato di riferimento
con 5,2 miliardi di euro nel 2002, ma Spagna e Italia, in quanto mercati meno maturi,
dovrebbero essere più rapidi nella crescita, prevista a un livello di 14,7% e 12,2%
rispettivamente.
La finanza nelle società di calcio
8
Con un incremento del 7,4% segue internet, comprendente le voci di accesso e
advertising: in questo caso il “top market” è la Germania, con 3,2 miliardi, mentre la
crescita maggiore è stimata a favore, ancora una volta, della Spagna (+11,5%). Tra le
voci più importanti della classifica di sviluppo si inseriscono anche il filmed
entertainment (+7,1%, spesa 2002 pari a 14,3 miliardi), che comprende sia gli incassi al
botteghino che gli home video, i parchi tematici (+4,1%) e lo sport.
0 100200300400500600700
ml di €
Cinema
Televis ione
Pay Tv
Mus i c a
Radio Advertis ing
Internet
Periodici
Quotidiani
Libri
Sport
Figura 1.1
LO SCENARIO DELL'INTRATTENIMENTO IN ITALIA
2003 2004 2005
Per il comparto sportivo è prevista una crescita del 4% netto e la voce racchiude
sia gli incassi da biglietti venduti che i ricavi per diritti televisivi. È ovvio che la parte
Fonte: PricewaterhouseCoopers
Capitolo 1 – Il calcio come industria
9
del leone appartenga al calcio, e comprende i vari campionati e coppe nazionali e le
manifestazioni internazionali (Champions League, Uefa Cup e Campionati Europei per
Nazioni). Ciononostante non vanno trascurati altri importanti contributi, tra cui la
Formula 1, il Motomondiale e l’atletica leggera.
È utile, prima di analizzare più approfonditamente il mondo del calcio, fornire
una panoramica di altri sport e citare alcuni esempi dell’esperienza statunitense: in tal
modo si può apprezzare come la spettacolarizzazione dell’evento sportivo sia un
elemento di fondamentale importanza per l’economia e la gestione di ogni tipo di sport.
1.2.2. La Formula 1
La Formula 1, assieme all’atletica leggera è lo sport più globale. Lo
testimoniano gli ascolti televisivi degli eventi e la partecipazione degli atleti e dei team
alle gare. Per le scuderie, il gusto della competizione non è più l’unica molla che le
spinge a partecipare al mondiale: da un lato esistono, come per lo sport in generale,
significativi ritorni d’immagine, che permettono in genere di creare brand positivi e di
incrementare le vendite degli autoveicoli prodotti dalle case madri; dall’altro il
mondiale di F1 è il miglior modo di sperimentare nuove soluzioni tecnologiche, per la
meccanica, l’aerodinamica e l’elettronica, da applicare in futuro a tutti i veicoli. A tal
proposito, basti pensare che, il 20 gennaio 2003, il Financial Times ha inserito la
Ferrari, unica azienda italiana, tra le cinquanta società “eccellenti” al mondo. L’ultima
società italiana a godere di un tale privilegio era stata la Benetton, ben cinque anni
prima (1998)
2
. La classificazione è frutto di un sondaggio effettuato dalla società di
consulenza PriceWaterhouseCoopers, per conto del quotidiano inglese, ascoltando
mille, fra presidenti e amministratori delegati, delle maggiori aziende di venti paesi.
Questo dimostra che la Ferrari non solo primeggia in pista con le sue monoposto, ma
diventa sempre di più vincente nel mondo degli affari e della finanza grazie al fascino
del suo marchio, ai suoi risultati industriali ed economici
3
. Non va dimenticato, tra
l’altro, che quando arrivò l’attuale presidente Montezemolo alla Ferrari, era il 1992, la
casa automobilistica era in cassa integrazione: questo aggiunge ancora più fascino al
riconoscimento ottenuto.
2
Mario Vicentini, Ferrari locomotiva d’Italia, in La Gazzetta dello Sport, martedì 21 gennaio 2003.
3
La Ferrari ha visto crescere, nel 2002, produzione, fatturato e utile, grazie alle 7500 circa auto vendute.
La finanza nelle società di calcio
10
Forse proprio la Ferrari è una delle cause che sta facendo vacillare il florido
business della Formula 1, che in due anni ha perso circa un miliardo di dollari di
introiti, passando dai sei miliardi del 2001 ai cinque del 2002
4
: si comincia a ritenere
che il circus, dominato ormai da anni dalla casa automobilistica modenese, sia troppo
noioso. Un secondo elemento di crisi è il declino di interessi dello sponsor del tabacco
(che rappresenta il 30 % del totale) dovuti ai divieti posti alla pubblicità delle sigarette
nei più importanti paesi. Risultato: ascolti televisivi in calo, pubblico pagante negli
autodromi in flessione, piccole scuderie con difficoltà economiche.
Figura 1.2
GIRO D'AFFARI F1 NEL 2001
sponsor
invest.scuderie
diritti tv
biglietti
organizzazione
merchandising
0
500
1000
1500
2000
2500
m
i
l
i
o
n
i
d
i
€
Tra tutte queste conseguenze, quella che preoccupa maggiormente gli
organizzatori del mondiale, per i forti introiti che rappresenta, è quella degli ascolti
televisivi. Nel 2002 il campionato del mondo è stato seguito da oltre 663 milioni di
spettatori, cioè in media 39 milioni per gara. Numeri da primato e con distribuzione
geografica abbastanza omogenea: Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia portano
4
Fonte: StageUp.com
Fonte: Il Sole-24 Ore, dati FIA
Capitolo 1 – Il calcio come industria
11
circa 25 milioni di spettatori, che risultano superiori alla media delle partite di
Champions League (24 milioni)
5
.
Figura 1.3
AUDIENCE DEL MONDIALE F1 NEL 2002
18,3
31
47
48,8
41,9
39,7
37,1
34,8
36,8
38,1
16,3
41
49,9
45,7
40
45,6
38,2
0
10
20
30
40
50
60
123456789101121314151617
gara
m
i
l
i
o
n
i
d
i
s
p
e
t
t
a
t
o
r
i
Fonte: Il Sole-24 Ore su dati FIA
Tuttavia analizzando il trend si nota una tendenza decrescente: rispetto al 2001
gli ascolti dei GP sono scesi del 2,6%, quasi 800mila spettatori, con picchi preoccupanti
in paesi strategici per gli sponsor e la presenza dei team che investono nel circus. In
Italia il calo è stato dell’8,6%, in Germania del 10,8%, in Gran Bretagna del 5,4% e in
Francia addirittura del 26,5%. Il rischio è quello dell’allontanamento degli sponsor,
della diminuzione dei proventi tv e della diminuzione di appeal per il merchandising:
insomma dell’affievolimento del business. Infatti, le cifre del giro d’affari sono
fortemente in diminuzione negli ultimi tempi, con viva preoccupazione delle case
costruttrici, che non sono in grado di sostenere da sole le spese occorrenti per gli
investimenti necessari a disputare una stagione di Formula 1.
Accanto ai rischi potenziali ci sono anche quelli concreti: due scuderie, la Prost e
la Arrow, sono fallite e molte altre sono alle prese con una crisi economica da cui
5
Fonte: Iniziative Media.
La finanza nelle società di calcio
12
stentano a uscire. Solo le grandi squadre, per ora, riescono a farcela grazie agli sponsor,
più propensi a investire nelle scuderie di primo piano per avere maggiore visibilità, e
alla ripartizione degli introiti del mondiale, che privilegia le squadre vincenti. Soltanto
Ferrari, McLaren-Mercedes e Williams-Bmw sono riuscite a far fruttare l’investimento
nel circus, ricavandone qualcosa, a differenza dei i team medio-piccoli, che non hanno
alle spalle le grandi case costruttrici
6
. A riprova di quanto sostenuto si possono
osservare le proiezioni degli investimenti 2003 delle scuderie, a confronto con quelli del
2002 nei dati elaborati da Il Sole-24 Ore (figura 1.3). Si può osservare che diversi team
hanno dovuto diminuire gli investimenti, e tutte, eccezion fatta per la McLaren, non
hanno alle spalle una casa costruttrice che finanzi la stagione.
Figura 1.4
INVESTIMENTI DELLE DIECI SCUDERIE DI F1
0
50
100
150
200
250
300
350
400
F
e
r
r
a
r
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W
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r
M
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n
a
r
d
i
T
o
y
o
t
a
Scuderia
m
l
d
i
€
2002 2003
Fonte: Il Sole-24 Ore, dati IRTA
La crisi non è comunque irreversibile: si tratta solo di ridare interesse ad un
campionato che, soprattutto a causa degli alti costi e dello strapotere Ferrari, perde
rapidamente consensi. Le soluzioni sono state orientate in due direzioni: da un lato la
6
Lello Naso, Formula 1 alla rincorsa del business, in Il Sole 24-Ore, 8 marzo 2003.
Capitolo 1 – Il calcio come industria
13
ricerca di nuovi mercati di sbocco e dall’altro una modifica al regolamento delle gare
per cercare di renderle più equilibrate. Dal primo punto di vista si è preso coscienza del
fatto che la Formula 1 è troppo sbilanciata verso l’Europa, dove si registrano gli ascolti
televisivi maggiori e si attrae quindi buona parte degli sponsor: l’unica eccezione è il
Brasile che sfrutta l’effetto Barrichello, mentre permangono ancora troppo bassi i livelli
di audience in America del Nord e Asia. Negli Usa il GP più visto è stato quello di
Monaco, che ha portato davanti alla tv 2,7 milioni di spettatori, contro una media annua
di 600mila; in Cina la quota di appassionati scende a 58 mila, con picco nel GP di
Francia a quota 82mila spettatori. Tuttavia, dato che in America è difficile orientarsi, a
causa dell’enorme numero di gare motoristiche di tutti i tipi che fanno concorrenza alla
F1, è verso i paesi emergenti che si indirizzano gli interessi degli organizzatori. Si spera,
da un lato, di attrarre altre case motoristiche oltre la Toyota e la Honda, e dall’altro di
organizzare nuovi GP, oltre quello della Malaysia
7
. Alle porte ci sono accordi con la
Cina per Shangai, in un futuro molto prossimo, nonché con Russia e Barhein.
L’altra direttrice di lotta alla crisi è, come detto, quella delle modifiche al
regolamento. Tali modifiche hanno investito diversi campi: dalla fine della telemetria al
divieto di usare il muletto, dalle modifiche nelle qualificazioni ai limiti imposti sull’uso
dell’elettronica, passando per l’abolizione del warm-up e le variazioni dei punteggi
assegnati. Sono riuscite tali modifiche a raggiungere i risultati che gli organizzatori si
erano ripromessi? Dal punto di vista della competizione sembrerebbe di si: la stagione
2003 è stata contrassegnata da grande incertezza nell’assegnazione dei titoli piloti e
costruttori: sono stati vinti ancora dalla Ferrari, ma solo all’ultima gara, mentre nel 2002
il titolo piloti era stato vinto con 6 gare d’anticipo e ancor prima quello costruttori.
Tuttavia, la scommessa delle televisioni è stata persa. Fra tutte le corse disputate, solo il
GP del Brasile ha pareggiato gli ascolti del 2002
8
.Gli altri gran premi sono stati seguiti
meno dello scorso anno. In termini di contatti (persone che si mettono all’ascolto
almeno per un minuto), soltanto il GP d’Europa ne ha realizzati di più rispetto all’anno
scorso e solo il GP del Brasile ha superato la quota di venti milioni
9
. In media il calo è
di due milioni di persone.
7
Sepang è entrato nel novero dei circuiti dove si disputano GP nel 1999.
8
Francesco Siliato, È chi domina a fare aumentare gli ascolti, in Il Sole-24 Ore, 28 luglio 2003
9
Lo scorso anno i venti milioni furono raggiunti e superati dai GP di San Marino, Austria, Monaco e
Canada.
La finanza nelle società di calcio
14
1.2.3. Il Motomondiale
La stagione 2003 del Motomondiale è partita ricca di certezze e di molte
speranze: le certezze sono senza dubbio ravvisabili nell’ingresso di nuovi sponsor e
nuovi protagonisti, come la Ducati, e nelle proiezioni che vedono un aumento del
pubblico. La speranza è quella che sia la stagione della svolta, ossia il banco di prova
per scoprire se il business dei GP a due ruote confermerà l’exploit degli ultimi anni. In
confronto a quanto detto sopra per la F1, le differenze sostanziali rispetto al
Motomondiale sono essenzialmente due: da un lato quest’ultimo settore non è affatto in
crisi, ma anzi è in forte crescita, tanto che è lecito supporre che siano proprio le moto a
rubare il pubblico alle monoposto. Dall’altro lato, le caratteristiche della
sponsorizzazione sono profondamente diverse: nel mondo delle due ruote sono i piloti a
essere protagonisti e gli sponsor preferiscono orientarsi su di essi piuttosto che sulle
singole scuderie. Infatti le stesse case costruttrici dispongono in genere di uno o più
team ufficiali accompagnati da squadre satellite che possono disporre anch’esse di moto
ufficiali, ma più in generale dispongono della cosiddetta “moto clienti”, cioè un mezzo
acquistato dal team che altro non è che la moto ufficiale della stagione precedente. La
peculiarità è che le stesse moto ufficiali, anche se appartenenti alla stessa casa, possono
essere sponsorizzate da marchi diversi.
Secondo le stime, considerando le diverse classi e ogni tipologia di
sponsorizzazione, il settore attrae circa 450 milioni di euro (ossia circa un quinto della
F1), con un livello medio di investimento da parte dei top sponsor pari a 10 milioni (30
milioni è il corrispettivo della F1)
10
. È in atto, tra l’altro, un processo di diversificazione
degli sponsor: per le multinazionali del tabacco inizierà, dal 2005, un divieto
pubblicitario. Sono così incrementati gli investimenti dei settori dell’hi-tech, delle
telecomunicazioni e delle grandi corporate orientali.
L’investimento delle aziende nel Motomondiale non si è rivelato vano:
un’indagine commissionata dall’ETI (che partecipa al mondiale come sponsor, con il
marchio Ms), su un campione di persone tra i 14 e i 64 anni interessate al
Motomondiale, segnala Marlboro al primo posto tra gli sponsor per “notorietà
spontanea” (22,8% degli intervistati), seguita da Repsol (15,2%), Nastro Azzurro
10
Carmine Fotina, Un Motomondiale da 450 milioni, in Il sole-24 Ore, 5 aprile 2003.
Capitolo 1 – Il calcio come industria
15
(10,6%), Ms (5,1%) e altri dieci investitori
11
. Sul piano degli ascolti televisivi le note
sono abbastanza liete: se è vero che nel 2002 gli ascolti televisivi sono leggermente
calati, complice anche una MotoGp dominato sin dall’inizio dalla Honda di Valentino
Rossi, è vero anche che il Motomondiale è l’unico sport che segnala investimenti in
forte crescita a fronte ad esempio del livello di stagnazione del calcio e della Formula 1.
1247
2634
2439
2861
4264
3134
0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000 4500
Migliaia di spettatori
1997
1998
1999
2000
2001
2002
S
t
a
g
i
o
n
e
Figura 1.5
MOTOMONDIALE IN TV
Fonte: Il S ol e -24 Ore
Le analisi indicano in 18,8 milioni il pubblico interessato
12
al mondiale a due
ruote, il che lo pone al quarto posto tra gli eventi sportivi italiani, alle spalle delle partite
della nazionale di calcio, alle partite delle squadre di club e della Formula 1.
Un’analisi interessante, che precede quella che sarà argomentata nel capitolo 5
avente ad oggetto le società di calcio, è la ricerca di una relazione tra le vittorie dei
campionati e l’andamento in borsa dei titoli. Seguendo le vicende di Honda e Ducati,
sembrerebbe non esserci correlazione. Entrambe le società sono quotate: la prima a
Tokyo e New York, la seconda a Milano e New York. Sono proprio queste due case a
detenere il record di titoli mondiali vinti rispettivamente nel motomondiale e nel
mondiale superbike.
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Fonti: StageUp.com e Tns Abacus.
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Fonti: StageUp.com e Tns Abacus.