5
contemporanei del Cassinate, per ridurre la portata delle critiche
labrioliane alla loro politica e ai loro libri, diffusero e alimentarono
l’immagine di un Labriola chiuso nel suo mondo accademico, incapace di
cogliere le dinamiche sociali e politiche concrete, e quindi di contribuire
efficacemente all’affermazione pratica del movimento socialista. Dopo la
scissione maturata all’interno del partito socialista italiano, il recupero
della figura e dell’opera di Antonio Labriola fatta all’interno del PCd’I
significa, nelle intenzioni di Togliatti, marcare il distacco dagli ex
compagni e insieme trovare anche in Italia la riprova storica della
necessità del passaggio da Hegel a Marx, attraverso la mediazione di
Spaventa, cercando di ritrovare in Labriola quasi un’anticipazione del
marxismo-leninismo
3
.
Croce, invece, per evidenziare l’originalità delle sue critiche alla
concezione materialistica della storia, ma anche per diminuire i debiti
teorici verso il suo maestro, tende a sottolineare soprattutto i limiti
filosofici del Cassinate
4
.
A partire dagli anni Sessanta, gli studi su Labriola si sono
progressivamente staccati dalle letture ideologiche, nonostante i molti
ondeggiamenti fra i quali è talvolta arduo discernere la critica dal
preconcetto, superando anche le intrinseche difficoltà dell’autore: dal
tormentato percorso filosofico e politico, alla considerazione dei suoi
2
Cfr. D.Bidussa, “La questione della tradizione. Storia o ideologia? Il marxismo italiano degli anni ‘20
e il «ritorno» ad Antonio Labriola” , in AA.VV.,Antonio Labriola nella cultura europea
dell’Ottocento, a cura di F. Sbarberi, presentazione di E.Garin, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 1988,
pp.221-250, in particolare p. 243.
3
Cfr. P. Togliatti, “Per una giusta comprensione del pensiero di Antonio Labriola”, «Rinascita»
(Roma), XI (1954) n. 5, p. 338. Garin nota i limiti dell’operazione culturale di Togliatti, nella quale si
perde l’originalità di Labriola, Cfr. E.Garin, Tra due secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo
l’Unità, De Donato, Bari 1983, pp. 162-163.
4
Cfr. E.Agazzi, “Antonio Labriola e la crisi del marxismo”, in Il giovane Croce e il marxismo,
Einaudi, Torino 1962, pp. 103 e sgg..
6
interventi extrascientifici; dalla prosa così ermetica nella sua sinteticità, ai
molti eccessi provocatorii dell’uomo e del pensatore.
Quello che emerge è un Labriola diverso dall’immagine tracciata dalla
storiografia tradizionale, secondo cui egli fu poco altro che un fedele
interprete di Marx e un professore geniale nell’anticipare nuove
problematiche, straordinario nel sollecitare le menti alla speculazione e
all’impegno etico, ma poco prodigo di risultati definitivi e originali.
Infatti egli ha contribuito in maniera decisiva alla diffusione del pensiero
di Marx ed Engels, ed anzi, si può affermare che, a partire dalla diffusione
dei suoi Saggi,
per anni, «l’oggetto
in discussione da parte di tutti, sarà il
Marx, così come è stato studiato, per tutti, dal solo Labriola»
5
. Anche se,
come Marx, è stato più citato che studiato, ha influenzato, dalla cattedra o
attraverso gli scritti, due generazioni di studiosi, non solo filosofi e non
solo marxisti
6
, che gli devono ben più di una generica ispirazione.
Lo sviluppo del marxismo come “materialismo storico” e “filosofia della
prassi” serve anche a Croce e Gentile nella fase iniziale della elaborazione
delle rispettive posizioni neoidealiste, come a Labriola si richiamano
prima Mondolfo e poi Gramsci per reimpostare una costruzione del
pensiero di Marx in senso filosofico; ma l’opera del Cassinate non verrà
approfondita da nessuno di essi.
Ancor’oggi è aperta la questione sulla portata dello sviluppo dato alla
filosofia marxista da Labriola, e in particolare, non è sempre chiarito che
cosa egli intende per filosofia della prassi.
5
Cfr. M.Tronti, "Tra materialismo dialettico e filosofia della prassi - Gramsci e Labriola", in AAVV,
La città futura.Saggi sulla figura e il pensiero di Antonio Gramsci, a cura di Alberto Caracciolo e
Gianni Scalia, Feltrinelli, Milano 1959, p. 147.
6
Per un ritratto a tutto tondo di Labriola, vedi N.Siciliani De Cumis, Studi su Labriola, Argalia, Urbino
1976, pp.19-71.
7
Una valutazione corretta dei risultati della sua riflessione e del ruolo da
lui effettivamente avuto in ambito filosofico e politico, si ottiene
ricostruendo la sua idea di filosofia – egli non ne fa mai una trattazione
sistematica – quale compito attribuisca ad essa e, dunque, a se stesso in
quanto filosofo.
Partendo da questa ricostruzione si potranno sciogliere, o evidenziare,
alcune sue contraddizioni teoriche e pratiche; determinare la sua
personale interpretazione del marxismo, e ritrovare quell’unità che
sembra mancare anche negli scritti scientifici, dei cui limiti è peraltro ben
consapevole.
Perché, se è vero che Labriola fu anche giornalista, pedagogista, politico e
altro ancora, e che quindi possa, e debba, essere studiato da più
prospettive a partire dai suoi molteplici interessi, non si può dimenticare
che egli, nel pensiero non meno che nell’azione, fu “soprattutto filosofo”
7
,
ben prima di essere marxista.
Conviene allora procedere ad una lettura teoretica della sua opera che,
rispettando la priorità dei Saggi e la loro complessità, tenga conto anche
degli scritti giovanili e premarxisti, della sua produzione pubblicistica e
dell’imponente epistolario.
Alla fine di questo lavoro sembra di poter affermare che Labriola accetta
il pensiero filosofico di Marx in modo sostanzialmente fedele, senza però
voler, o saper, svilupparne tutte le implicazioni teoriche. Tuttavia, il
Cassinate, sviluppando la filosofia della storia marxista imposta un
rapporto fra struttura e sovrastruttura nel quale viene rivalutato il
momento ideologico sovrastrutturale e insieme viene ridotto il
7
«Antonio Labriola fu soprattutto filosofo, uno dei più originali e importanti del secondo Ottocento
italiano, uno dei pochi esportati anche fuori d'Italia. Ma senza dubbio fu anche politico militante che
non disgiunse mai la sua meditazione dalla sua battaglia»; E.Garin, Presentazione a AAVV, Antonio
Labriola nella cultura europea dell'Ottocento, a cura di F.Sbarberi, Lacaita, Manduria 1988, p.5.
8
meccanismo deterministico che unisce i due momenti. Inoltre, egli accetta
il senso fondamentale della filosofia della prassi come superamento della
antitesi tra scienza e filosofia, e tra pratica e teoria.
Come si è cercato di dimostrare, Labriola non prevede però la
dissoluzione della filosofia a favore della scienza, bensì auspica un
rapporto in cui scienza e filosofia costituiscano due momenti distinti, ma
non separati. Il Cassinate tende, cioè, a costruire un modello di sapere
che, senza ricadere nell’apriorismo di certa metafisica, non rinunci alla
certezza dei suoi asserti. Egli vuole costruire una Leben-und-
Weltanschauung in cui i contenuti particolari offerti dalle scienze vengano
organizzati attraverso degli schemi interpretativi che accettino di essere
continuamente rivedibili in presenza di nuovi risultati. La differenza fra
scienze esatte e scienze umane riguarda l’oggetto: queste ultime sono
scienze storiche, e, avendo a che fare con un oggetto mai completamente
determinato, non possono essere considerate capaci di risultati definitivi:
la loro precisione sarà sempre soggetta a revisione; revisione che
inevitabilmente si estende anche ai metodi interpretativi e quindi alla
visione globale.
Con la stessa ottica Labriola guarda alla politica, tendendo ad impostare
una teoria della politica basata sulla conoscenza delle condizioni e dei
limiti della sua azione, in cui il compito di realizzare la rivoluzione
comunista è affidato alla paziente opera di educazione delle masse.
9
CAPITOLO I
L’AUTORE E L’OPERA
1. Cenni biografici
Scorrendo la vicenda esistenziale di Antonio Labriola
8
, dai disinganni
giovanili al moralismo quasi intransigente della maturità attraverso
successi teorici e fallimenti pratici, prende consistenza la visione della sua
opera come continuazione dello spirito risorgimentale
9
; se, beninteso, si
considera il Risorgimento in senso lato quale moto di liberazione, non
solo politica, degli oppressi.
Il padre, Francesco Saverio, era un professore ginnasiale non troppo
brillante, ma aveva una vasta erudizione, coltivando specialmente gli
studi storici nei quali si dichiarava seguace di Jannelli e di Vico; e,
sebbene fosse scarsamente pericoloso, nel generale clima di sospetto
successivo ai moti del Quarantotto era piuttosto inviso al regime
borbonico in quanto discendente di noti patrioti e amico di liberali
10
.
8
La miglior biografia su Labriola resta quella di Luigi Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella
cultura italiana, Einaudi, Torino 1975, che riprende, ampliandolo, il suo precedente, Antonio
Labriola: la vita e il pensiero, Ed.Roma 1935; imprescindibile per i riferimenti bibliografici la nota
biobibliografica in appendice a Antonio Labriola, Saggi sul materialismo storico, Ed.Riuniti, Roma
1977
3
, a cura di V.Gerratana e A.Guerra e integrata da N.Siciliani de Cumis. Gli scritti
giovanili e del periodo herbartiano sono raccolti in Opere, a cura di L. Dal Pane, 3 voll, Feltrinelli,
Milano 1959-1962; d'ora in poi abbreviati in O I, O II, O III. La maggior parte delle pubblicazioni e
degli interventi dal 1887 al 1904, compresi i Saggi sulla concezione materialistica della storia, sono
ora ricompresi in Antonio Labriola, Scritti filosofici e politici, a cura di F.Sbarberi, Einaudi, Torino
1976
2
, 2 voll; d'ora in poi abbreviati in SFP I e SFP II. Mentre la parte più consistente delle lettere di
Labriola è contenuta in Epistolario, Editori Riuniti, Roma 1983, vol.I (1861-1890) a cura di D.Dugini
e R.Martinelli, con un'introduzione di E.Garin, vol.II (1890-1895) e vol.III (1896-1904) a cura di
V.Gerratana e A.Santucci, d'ora in poi EP I, EP II, EP III; un'ulteriore raccolta in Antonio Labriola,
Lettere Inedite (1862-1903), a cura di Stefano Miccolis, Istituto Storico Italiano dell'età moderna e
contemporanea, Roma 1988.
9
Cfr. E.Garin, La cultura italiana fra 800 e 900, Laterza, Bari 1962, pp.6-8.
10
Sulle vicende familiari dei Labriola e sul padre Francesco Saverio vedi L. Dal Pane, op.cit., pp.7-12, e
in particolare la nota 10, pp.10-11.
10
Antonio nacque il 2 luglio 1843 a Cassino, dove il padre aveva aperto una
scuola, e lì crebbe durante i tormentati anni che prepararono l’unità
d’Italia.
Dopo il primo tirocinio familiare, Labriola continuò la sua preparazione
presso l’abbazia di Montecassino, dove il magistero di insegnanti come il
padre Luigi Tosti e l’abate Simplicio Pappalettere aveva creato
un’atmosfera liberaleggiante e aperta allo studio dei classici moderni
11
.
Nel 1861 i Labriola si divideranno: il padre restò in Maddaloni, professore
provvisorio con 28 ducati al mese, senza riuscire ad avvicinarsi alla
famiglia o ad ottenere incarichi migliori, mentre Antonio, con la madre e
una zia, si trasferirà a Napoli per frequentare l’università.
L’Ateneo napoletano era in quegl’anni il massimo centro di hegelismo in
Italia e, salvo le università tedesche, anche in Europa, grazie alla presenza
di studiosi quali Vera, Tari, De Sanctis e Bertrando Spaventa, giusto per
citare i maggiori, e la prima opera labrioliana, Una risposta alla prolusione
di Zeller, scritta ad appena diciannove anni, risente chiaramente della
lezione di Spaventa.
Ma se a Cassino la loro condizione economica non era florida, a Napoli
peggiorò sensibilmente. Antonio mal sopportava questa situazione, anche
perché vedeva naufragare tutti i tentativi fatti per ottenere
un’occupazione che gli permettesse di vivere dignitosamente e
soprattutto di continuare gli amati studi
12
.
11
Cfr. Dal Pane, op.cit., pp.12-13.
11
Per cercare di alleviare le condizioni del giovane e promettentissimo
allievo, Bertrando Spaventa chiese al fratello Silvio il suo interessamento
attraverso delle lettere accorate nelle quali definisce spaventevole la
miseria dei Labriola e descrive lo stato di frustrazione in cui si trovava
Antonio.
Il massimo che si poté ottenere, sul finire del 1863, fu un posto di
applicato presso la questura di Napoli, che non gli dette né denaro né
soddisfazioni; solo due anni più tardi poté iniziare l’agognata carriera
scolastica quale insegnante del ginnasio e riprendere i suoi studi con più
regolarità.
Questa esperienza di umiliazioni e privazioni segnerà profondamente il
suo animo facendogli maturare una acuta sensibilità verso la sofferenza.
In Labriola la consapevolezza delle ingiustizie della società, di cui egli
stesso si sentiva vittima, aggiunse al suo impegno di studente una
motivazione etica e sociale: «quanto più osservo la società, studio gli
uomini, e mi metto in relazione coi miei coetanei nella supposizione che
essi abbiano forza per operare come i tempi lo esigono e come io sento il
dovere e la capacità di fare, tanto più mi convinco che debbo aver fede
nelle mie ispirazioni, e coraggio di continuare per la via del sagrifizio che
ho preso a percorrere»
13
.
12
Cfr. la lettera di Labriola, in data 8 settembre 1862, all’allora ministro della pubblica istruzione
Matteucci: « Fornito esso da Natura di qualche disposizione agli studii gravi, coltiva con amore le
Scienze Filosofiche, sperando di potere un giorno darsi al loro insegnamento. Ma sventuratamente
privo di qualsiasi patrimonio, ed obbligato a dividere con tre altri di sua famiglia il tenue
assegnamento che il genitore percepisce qual Professore Ginnasiale, ha trovato e trova ostacoli
insuperabili a procedere nell’intrapresa. In vista di ciò, prega la S.V. Ill.ma, di concedergli un posto
letterario presso la nuova Biblioteca di S.Giacomo (...) affinché potesse avere di che vivere senza
arrossire, e modo di studiare senza precipitanza.»; Antonio Labriola, Lettere inedite (1862-1903), a
cura di S.Miccolis, Istituto storico italiano per l’età moderna e contemporanea, Roma 1988, p.15; nella
lettera successiva della raccolta l’appello di Labriola è ancora più forte, ibidem, pp.16-17.
13
Lettera del 1864 a Rosalia Von Sprenger, con cui si fidanzò nel 1863 e che diventerà la signora
Labriola quattro anni più tardi, in EP I, p.6; interessanti altri brani dei frammenti del carteggio con
Rosalia, ibidem, pp.5-8.
12
Intanto procedeva nello studio della filosofia: nel 1866 completò Origine e
natura delle passioni secondo l’Etica di Spinoza; nel Settanta La dottrina di
Socrate secondo Senofonte, Platone ed Aristotele, ottenendo con entrambe
riconoscimenti prestigiosi.
Le
due
opere, sebbene scolastiche in alcune parti, testimoniano il tentativo
di superare il modello speculativo idealistico, che si concretizza in una
attenzione sempre maggiore al mondo dell’uomo e alla determinazione
di un metodo adeguato ad intendere la storia e che prelude alla decisa
apertura verso le tematiche umanistiche e realistiche dell’herbartismo
14
.
Nel 1873, a poca distanza l’uno dall’altro pubblica i due testi maggiori di
carattere etico e impostati sulla linea delle riflessioni herbartiane: Della
libertà morale, e Morale e Religione; quest’ultimo scritto in occasione del
concorso per la cattedra di Filosofia morale e pedagogia all’Università di
Roma. Nonostante le difficoltà non solo professionali del concorso, egli
riesce a vincerlo, ma l’immagine della corruzione romana, universitaria e
parlamentare, gli lasciano una profonda amarezza: «ecco gli uomini che
regolano in Italia il Parlamento e la scienza! Non vi dirò già che io sia
indignato di tutto ciò. Non vale la pena che uno si guasti la digestione per
la canaglia! (…) Poniamo che non sorgano altre difficoltà (…) posso io
stare in mezzo a simile gente? Si trattasse di una lotta leale nel campo
scientifico, di una lotta anche accanita ma di buona fede, vada pure. Ma
lottare con canaglie di questa fatta è impossibile»
15
.
Negli anni Settanta si colloca la fase moderata del suo impegno politico
che si manifesta in una serie di collaborazioni con alcuni fogli liberali, «Il
Piccolo», la «Gazzetta di Napoli», l’«Unità Nazionale».
14
ibidem, p.44.
15
Lettera a B.Spaventa del dicembre 1873, in EP I, pp.56-57.
13
Iniziata un po’ per convinzione e un po’ per far quadrare un sempre
troppo magro bilancio, l’attività pubblicistica lascia emergere, secondo
Siciliani De Cumis, «il senso di un farsi progressivo, di uno sviluppo
parallelo di concezione politica e filosofia, di intenti etico-pratici e di
forma mentale, di contraddizioni della “ragione” e di contraddizioni della
realtà»
16
.
E’ un Labriola vivacemente anticlericale
17
, ma non antireligioso, convinto
dell’impossibilità del socialismo e poco disposto a tacere i guasti osservati
nella sua stessa area politica
18
. Ma, è anche consapevole, nel suo
moralismo intransigente, che i passi della politica sono brevi e talvolta
vanno fatti con compagni di strada poco graditi; egli persegue l’obiettivo
di una politica concreta, che ponga il problema dell’istruzione al centro
della sua iniziativa.
L’impegno pedagogico può essere a buona ragione considerato la sua
missione in una prospettiva che nasce, secondo Garin, dalla sua stessa
«vocazione socratica per l’insegnamento inteso come formazione morale,
per cui ogni rapporto era, socialmente, scuola»
19
.
Nel 1876, pubblica lo scritto pedagogico Dell’insegnamento della storia, un
anno dopo assume la direzione del Museo d’Istruzione e di Educazione, e
nel 1878 pubblica Del concetto della libertà.
16
N.Siciliani De Cumis, Introduzione a Antonio Labriola, Scritti liberali, De Donato, Bari 1981, pp.34-
35
17
L’anticlericalismo politico è una costante del pensiero di Labriola; tant’è che, nel 1887, temendo che
fosse messa in crisi la laicità dello stato, si pronuncia contro i tentativi di conciliazione fra stato e
chiesa; Cfr. Dal Pane, op.cit., pp. 192-195.
18
«Io mi domando sempre se in Italia c’è o non c’è una decina di persone che sentono la responsabilità
dello Stato; per farla finita con le vuote forme della libertà, e per ristabilire la serietà della vita. Lo
Stato deve essere il dominio dell’ottimo e l’ottimo non nasce dal caso, con buona pace di Darwin e dei
furfanti che si chiamano ora liberali...»; Lettera a B.Spaventa del dicembre 1873, in EP I, p.120.
19
E.Garin, Tra due secoli, op. cit., p.120.
14
Fino al 1886, Labriola non è particolarmente attivo sul fronte politico, si
concentra piuttosto sulla analisi teorica delle funzioni dello stato; sono
anni di riflessione, messa in discussione la concezione liberale a partire
dall’incapacità di dare risposte ai bisogni concreti dell’uomo
20
, egli si
sposta su posizioni radicali.
In occasione delle elezioni politiche del 1886, si prospetta per il Cassinate
una candidatura nel secondo collegio di Perugia nei gruppi radicali, ma il
progetto fallisce perché Labriola viene ritenuto ancora nell’orbita dei
liberali moderati
21
.
Labriola volge il suo impegno nell’attività teorica di propaganda.
Non ambisce tanto ad una affermazione personale: il suo obiettivo è
riportare il parlamento al centro della politica per affrontare in modo
democratico tanto i problemi istituzionali, quanto la questione sociale.
Per questo egli si adopera per la collaborazione fra radicali e progressisti,
nei disegni del Cassinate i partiti devono saper superare i particolarismi
22
,
per realizzare un progetto comune di rinnovamento sociale, imperniato
sulla educazione delle masse come presupposto della rivoluzione
politica
23
da farsi quotidianamente attraverso tappe successive e non in
modo violento
24
.
20
«E’ così possibile individuare un filo conduttore della sua riflessione, dal 1873 al 1884, nell’analisi di
come sia possibile vivere moralmente e dentro uno stato; (…) L’analisi si occupa anche, all’inverso,
del ruolo dello stato, che si trova a dover riconoscere e soddisfare le esigenze dell’individuo morale e
sociale. E’ possibile pensare che l’allontanamento di Labriola dall’herbartismo e la sua adesione al
materialismo storico siano dovute anche alla scoperta dell’incapacità dello stato, nelle varie forme in
cui egli lo interpreta politicamente, e nella fondamentale connotazione herbartiana che continua ad
attribuirgli dal punto di vista filosofico, di soddisfare tali esigenze»; B.Centi, “Morale e diritto in
Antonio Labriola”, in AA.VV., Antonio Labriola nella cultura europea dell’Ottocento, op.cit., pp.
36-37; vedi anche la lunga nota bibliografica riassuntiva degli studi sull’argomento.
21
Sulla candidatura perugina si veda: S.Miccolis, “Antonio Labriola e le elezioni politiche del 1886”,
«Giorn.crit.fil.it.», 59 (1980), pp. 63-71.
22
Cfr. SFP I, pp. 34-36.