4
Questa parola più che mai può essere iscritta a suggello dell’inizio
della nuova era filosofica, costituisce l’apertura che dal nulla volge
verso il mondo, verso la vita.
“POSSIBILITÀ”: è questa la chiave di volta, la grande intuizione
leopardiana.
Leopardi fonda il suo pensiero ontologico, antropologico e
politico-sociale su quest’idea base. Ed è questa l’idea che scorre
lungo tutto il corso del pensiero contemporaneo.
5
CAPITOLO I:
IL NULLA COME POSSIBILITA’
6
1. Dal Nulla dell’Essere, all’Essere del nulla
Se di essere si può parlare con Leopardi, è in maniera totalmente
diversa da quanto si è fatto fino ad allora. L’essere si trova capovolto
nelle sue basi fondanti, spogliato delle sue qualità più proprie.
L’essere diventa essere possibile, e la possibilità, in quanto totale
libertà e assenza di fondamento, è l’unica qualità necessaria: “Da che
le cose sono, la possibilità è primordialmente necessaria, e
indipendente da checchè si voglia. Da che nessuna verità o falsità,
negazione o affermazione è assoluta, com'io dimostro, tutte le cose
son dunque possibili, ed è quindi necessaria e preesistente al tutto
l'infinita possibilità”
1
.
Aprire il discorso ontologico leopardiano parlando della
possibilità piuttosto che del nulla vuol dire capovolgerne il suo
sviluppo, e affrontare di conseguenza con occhi diversi anche la
critica. Il nichilismo in Leopardi si identifica con la possibilità, con
l’infinito: se si sostituisse in tutti i pensieri dello Zibaldone alla
parola nulla la parola possibilità il risultato sarebbe sorprendente e,
finalmente, quel nulla tanto temuto avrebbe sembianze meno
1
Zibaldone di pensieri, 1645, edizione critica e annotata a cura di Giuseppe Pacella, 1991, Garzanti “I
libri della spiga”, Milano. D’ora in poi Zib.
7
terrificanti.
Il nulla in Leopardi è costitutivo, è l’apertura sulla quale si pone il
divenire, ed anche nella quale si dissolve.
E’ proprio l’infinita possibilità del nulla a rendere possibile
l’individuarsi di un essere contingente e, all’interno di esso,
l’apparire dell’essere più possibile che esista, l’uomo, con le sue
altrettanto possibili e infinite conformazioni sociali, culturali,
politiche, morali, estetiche. Non esistono contraddizioni nell’infinita
possibilità, né all’interno delle sue conformazioni, contraddizione si
avrebbe soltanto se l’uomo non si accettasse come essere possibile,
ed è una contraddizione interna alla ragione: Leopardi affronta fino
in fondo questa contraddizione, “nulla al ver detraendo”
2
superandola, andando sempre oltre dove lo si voleva cercare, o
trovare forzatamente.
Leopardi già presagiva che “obblio preme chi troppo all’età
propria increbbe”
3
; Socrate aveva subito la stessa sorte.
L’Atene leopardiana è l’umanità, la sua renitenza ad accettare che
solo la possibilità è costitutiva del tutto.
Sergio Givone parla, con Leopardi, di ontologia del nulla,
2
Canti, La ginestra, v.115, pag.203, in Leopardi “Tutte le poesie e tutte le prose” a cura di Lucio Felici e
Emanuele Trevi, 1997, Newton & Compton editori, Roma. D’ora in poi TP.
3
Canti, La ginestra, vv.68-69, in TP, .pag. 202.
8
ontologia della libertà
4
: proprio perché fondato sul nulla l’essere è
convertito nella libertà, il nulla converte l’essere nella libertà.
Per addentrarci a fondo nel discorso continuiamo per gradi o
meglio cominciamo dal principio:
“In somma il principio delle cose, e di Dio stesso, è il nulla.
Giacchè nessuna cosa è assolutamente necessaria, cioè non v'è
ragione assoluta perch'ella non possa non essere, o non essere in
quel tal modo ec. E tutte le cose sono possibili, cioè non v'è ragione
assoluta perchè una cosa qualunque, non possa essere, o essere in
questo o quel modo ec. E non v'è divario alcuno assoluto fra tutte le
possibilità, nè differenza assoluta fra tutte le bontà e perfezioni
possibili. Vale a dire che un primo ed universale principio delle
cose, o non esiste, nè mai fu, o se esiste o esistè, non lo possiamo in
niun modo conoscere, non avendo noi nè potendo avere il menomo
dato per giudicare delle cose avanti le cose, e conoscerle al di là del
4
Sergio Givone, Storia del nulla, cap.6 “Uno sguardo dal nulla”, 1995, Laterza, Bari. Il testo di Givone è
importante per chiarire questa funzione totalmente diversa e altra del nulla nel pensiero di Leopardi,
inserendolo finalmente in un contesto storico con la possibilità di confrontarsi con gli altri pensatori del
nulla. Tuttavia Givone appare contraddittorio: pur liberando Leopardi dal nichilismo, definendolo
“ultranichilista”, lo riaffianca a Schopenhauer e gli attribuisce “ambivalenze neoplatoniche”, ma il nulla
leopardiano, l’infinita possibilità, non è assimilabile all’Uno plotiniano, come fa notare M. A. Rigoni nel
suo saggio “Sul nulla e sulla negazione nel pensiero di Leopardi” in Giacomo Leopardi: Poesia,
pensiero, ricezione. Atti del convegno internazionale di Barcellona (5-7 Marzo 1998), a cura di Maria de
las Nieves Muñiz Muñiz, INSULA 2000. Ogni critico fa accompagnare Leopardi a qualche altro filosofo,
poeta, pensatore, delle epoche più disparate. Sembra quasi che una raccomandazione di qualcuno sia
necessaria per Leopardi. Sembra che Leopardi non riesca ad entrare da solo nella storia della filosofia.
Chiarito che non è così, e che sul pensiero di Leopardi manchi proprio una riflessione isolata che lo
emancipi finalmente da qualsivoglia forzatura, (senza un Leopardi e…) poiché i rischi del gioco, che si
ripete in ogni libro su Leopardi, sono 1. che il raccomandato spesso si identifichi con il raccomandante,
nonostante le precisazioni dell’autore, e 2. che il pensiero di Leopardi pare non si sostenga mai da solo.
Di positivo c’è che quindi la critica leopardiana è sempre viva e in divenire e gli accostamenti possibili
sono appunto infiniti.
9
puro fatto reale”
5
.
Il principio delle cose è il nulla, tutte le cose sono possibili, e non
c’è differenza tra tutte le possibilità né tra tutte le perfezioni
possibili, la conoscenza sintetica è sempre “a posteriori”. In un altro
passo Leopardi dirà che “Niente presiste alle cose. Né forme, o idee,
né necessità o ragione di essere, e di essere così o così ec. ec. Tutto è
posteriore all’esistenza”
6
.
Le nostre idee di assoluto, di perfezione, vengono a crollare;
l’unico assoluto è l’infinita possibilità: “l'infinita possibilità è l'unica
cosa assoluta. Ell'è necessaria, e preesiste alle cose”
7
, quindi se
anche Dio esistesse si conformerebbe a questa unica necessità
8
. Alla
finitezza dell’esistenza si contrappone l’infinità del nulla: “Il nulla
originario non è il alcun senso Grund, ma Abgrund, lo sfondo
‘senza sfondo’ di tutto”
9
.
Pare che il discorso leopardiano, il suo materialismo, non lasci
scampo, la durata delle cose “è un nulla rispetto all'eternità del suo
non essere”
10
, ma proprio come ogni discorso razionalmente
impeccabile porta alla necessaria pazzia, così un pensiero senza
5
Zib., 1341-42, 18 Luglio 1821
6
Zib., 1616, 3 Settembre 1821
7
Zib., 1623, 3 Settembre 1821
8
Emanuele Severino, Cosa arcana e stupenda, cap.VI par. II, 1997, Rizzoli, Milano. Severino dedica un
capitolo al riguardo, analizzando il Cristianesimo come possibilità infinita.
9
Gianni Scalia “Leopardi e la «cognizione del nulla», pag.228, in “Leopardi e il pensiero moderno”, a
cura di Carlo Ferrucci, 1989, Feltrinelli, Milano.
10
Zib., 4130, 5-6 Aprile 1825
10
“mescolanza”
11
non solo è controproducente, nemmeno si avvicina al
vero: “Nessun maggior segno d’essere poco filosofo e poco savio,
che volere savia e filosofica tutta la vita”
12
, non bisogna perdersi in
questo pensiero binario, che porterebbe ad un estremismo logico che
non ha diritto di cittadinanza nel pensiero leopardiano
13
:“chi
potrebbe chiamare un nulla la miracolosa e stupenda opera della
natura”
14
.
In Leopardi gli assoluti non vengono a scomparire, l’infinita
possibilità non distrugge l’assoluto, lo moltiplica nelle infinite
perfezioni possibili:
“Si può dire (ma è quistione di nomi) che il mio sistema non
distrugge l'assoluto, ma lo moltiplica; cioè distrugge ciò che si ha
per assoluto, e rende assoluto ciò che si chiama relativo. Distrugge
l'idea astratta ed antecedente del bene e del male, del vero e del
falso, del perfetto e imperfetto indipendente da tutto ciò che è; ma
11
Zib., 104, 20 Gennaio 1820 “come essa ragione pura e senza mescolanza, sia fonte immediata e per
sua natura di assoluta e necessaria pazzia”.
12
Pensieri, XXVII, in TP, pag. 633
13
L’accusa di estremismo logico è proprio quella che può farsi alla critica di Emanuele Severino al
pensiero leopardiano nei suoi due testi dedicati al pensiero del poeta recanatese: “IL NULLA E LA
POESIA” 1990, Rizzoli, Milano e “COSA ARCANA E STUPENDA” 1997, Rizzoli, Milano. Severino
intuisce la contraddizione della dicotomia ontologica leopardiana, ma, incentrando proprio su questa il
suo discorso, ne vanifica la potenza costitutiva. In Leopardi c’è l’accettazione, sofferta e disperata, di
questa dicotomia, e il suo superamento, con la poesia, con la vita. Seppure il discorso di Severino sembri
inizialmente diretto all’affermazione della poesia come superamento della stasi, la funzione attribuitagli
in seguito si riduce a mera consolazione illusoria, e il martellante ritorno alla dicotomia fa apparire
Leopardi quale estatico annunciatore di morte, fragile fiore nel deserto, così il superamento tanto
annunciato non avviene. L’insensatezza vince sulla poesia nonostante la sua strenua resistenza: Leopardi
non è un eroe tragico, e questa maschera non fa che nasconderlo. In questa nota è però opportuno
affermare la preziosità dei testi di Severino proprio per l’acutezza e la mole della sua indagine e proprio le
critiche da più fronti raccolte ne testimoniano la risonanza e il valore.
14
Zib., 2936, 10 Luglio 1823
11
rende tutti gli esseri possibili assolutamente perfetti, cioè perfetti
per se, aventi la ragione della loro perfezione in se stessi, e in
questo, ch'essi esistono così, e sono così fatti; perfezione
indipendente da qualunque ragione o necessità estrinseca, e da
qualunque preesistenza. Così tutte le perfezioni relative diventano
assolute, e gli assoluti in luogo di svanire, si moltiplicano”
15
.
Mi preme affermare la limpidezza del pensiero leopardiano, un
pensiero cristallino fino nei meandri più nascosti dell’essere e delle
nostre paure; una semplicità spiazzante detta il ritmo delle sue
intuizioni e la profondità della sua indagine: “Pare che solamente
quello che non esiste, la negazione dell'essere, il niente, possa essere
senza limiti, e che l'infinito venga in sostanza a esserlo stesso che il
nulla. Pare soprattutto che l'individualità dell'esistenza importi
naturalmente una qualsivoglia circoscrizione, di modo che l'infinito
non ammetta individualità e questi due termini sieno
contraddittorii; quindi non si possa supporre un ente individuo che
non abbia limiti”
16
. Lo stare, l’esistere, l’individuarsi dell’essere ne
annuncia la sua contingenza, la sua finitezza. L’essere di cui si
predicava infinità, onnipotenza, necessità, si ritrova contingente: da
universale (in senso metafisico, poiché anche “quest’universo” è
15
Zib., 1792, 25 Settembre 1821
16
Zib., 4178, 2 Maggio 1826
12
contingente) a particolare. Un essere occasionale: l’unico essere
possibile.
L’infinito, l’infinito possibile, non ammette un individuarsi
eterno, infinito. Ma il nulla non impedisce l’individuarsi
dell’esistenza, è la condizione ontologica che permette che le cose
siano: “Il nulla non impedisce che una cosa che è, sia, stia, dimori.
Dove nulla è, quivi niuno impedimento è che una cosa non vi stia o
non vi venga.”
17
In Leopardi il detto parmenideo è totalmente capovolto,
simmetricamente
18
. Il non-essere è (in quanto è nulla è possibilità
infinita), l’essere non è (in quanto possibilità che si individualizza è
destinato a scomparire).
17
Zib., 4233, 14 Dicembre 1826
18
A differenza di quanto afferma E.Severino nel testo “Cosa arcana e stupenda”cap.IX, sez.III, par.2.
Severino appare troppo accorto alle contraddizioni: Leopardi si avvicinerebbe a Parmenide poiché per
entrambi il divenire è una contraddizione, ma mentre per Parmenide il divenire è contraddizione e quindi
è inesistente, per Leopardi è la coscienza del divenire ad essere contraddizione, l’infelicità da essa
prodotta, e quindi la contraddizione è esistente. Questo discorso si ripete continuamente nel testo di
Severino, in esso si nasconde il rifiuto della possibilità, ma il detto del Sileno, in Leopardi, è più una
protesta che un rifiuto. Sarebbe infatti proprio questa invece la vera contraddizione: come potrebbe il
teoreta della possibilità infinita rinunciare alla propria di possibilità? Forse la coscienza che la propria sia
“solo” una possibilità provoca strazi immani, e la testimonianza è proprio quella di Leopardi, ma d’altro
canto è proprio grazie alla forza di Leopardi e della sua volontà di affermare la propria possibilità poetica
che oggi parliamo e scriviamo di lui. In Leopardi la contraddizione è vinta in quanto la possibilità è
accettata. Il vero avvicinamento all’eleatismo è proprio simmetrico e sul piano ontologico, si può dire che
il “parricidio” ad opera di Platone è solo un “ferimento lieve” rispetto alla vera bordata di Leopardi, che
ne capovolge l’assunto.
13
La contraddizione è viva e presente nella natura: “Non può una
cosa insieme essere e non essere, pare assolutamente falso quando
si considerino le contraddizioni palpabili che sono in natura”
19
.
All’immobilità e alla finitezza dell’essere si contrappone l’infinità
e la dinamicità del nulla, ad un essere perfetto ma morto se ne
contrappone uno vivo ma mortale.
La rivoluzione copernicana è solo la continuazione di un rapporto
uomo-universo che si evolve sin dalle prime civiltà, forse Leopardi
sorriderebbe oggi al sapere che la maggior parte del nostro universo
è costituito da materia ed energia “oscura”, chi può più considerare
pessimistica allora questa affermazione illuminante: “il tutto
esistente è infinitamente piccolo a paragone della infinità vera, per
dir così, del non esistente, del nulla.”
20
Certo, Leopardi travalica
l’universo fisico, i suoi universi sono fisici, sociali, estetici, morali,
politici ecc. ma questa corrispondenza postuma tra fisica e filosofia
non ci sorprende più di tanto, si è di nuovo alle origini della filosofia.
Dopo i “fisici” presocratici c’è il “fisico” Leopardi che identifica nella
infinita possibilità l’unica (non) causa del (non) Tutto.
Il nulla di Leopardi è solido, tanto solido che ci circonda, si è
immersi in esso, ci si sta in mezzo: “Io era spaventato nel trovarmi
19
Zib., 4099, 3 Giugno 1824
20
Zib., 4174, 22 Aprile 1826
14
in mezzo al nulla, un nulla io medesimo. Io mi sentiva come
soffocare considerando e sentendo che tutto è nulla, solido nulla.”
21
E’ un nulla fisico, che coinvolge tutti gli altri livelli dell’essere
umano. Dopo la fine dell’antropocentrismo è la stessa materia a
perdere il ruolo centrale nell’universo.
La materia è solo una possibilità del nulla, che è la vera sostanza
di cui sono fatte tutte le cose. L’uomo è un colonizzatore del nulla,
colonizzatore nel senso fisico-architettonico, nel senso poetico-
artistico, nel senso del poter essere-vita: i nostri mondi si estendono
su quest’abisso, un abisso che ci rende possibili, e solo grazie a quel
vuoto è possibile la nostra poesia. Alberto Caracciolo in un paragrafo
del suo “Leopardi e il nichilismo”
22
coglie questo rapporto essenziale
che lega Leopardi ad Heidegger: “Il Nulla [heideggeriano], (…)
rivela il mondano nella sua mondanità e lo nientifica, disgelando la
totalità del reale nella sua struttura ultima (…) [Come in
Heidegger] Anche il Nulla leopardiano si trasforma in Essere,
anch’esso genera angoscia e pace; anch’esso (…) può essere
frainteso e confuso col “nulla” del pessimismo e del nichilismo”
23
.
21
Zib., 85
22
Alberto Caracciolo “Leopardi e il nichilismo”- par.3 “Il «Nulla» di Heidegger e il «nulla» di
Leopardi”.1994 Bompiani. Questo testo è molto interessante per alcune interessanti intuizioni, che però
in molti casi rimangono allo stato embrionale, lo stesso paragrafo citato è costituito da una sola pagina,
seppur densissima e illuminante.
23
C.s., pag.49.