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diffusione è però ostacolata per la mancanza di informazione e definizione di standard
qualitativi che vengono perciò analizzati nel dettaglio, così come le proposte di
certificazione promosse da associazioni del settore, che mirano a dare uno standard
qualitativo di riferimento al prodotto.
Il secondo capitolo si occupa più in particolare degli aspetti che riguardano l’utilizzo di
biomassa a scopo energetico. Si vuole rivolgere l’attenzione sulle ragioni, di tipo
tecnico, economico ed ambientale, che hanno determinato la diffusione di sistemi di
riscaldamento o di produzione di energia elettrica, alimentati a biomassa legnosa.
Partendo dalle innovazioni delle caldaie, che hanno permesso rendimenti di
combustione paragonabili a quelle alimentate a combustibili tradizionali, si è passato ad
analizzare la domanda e l’offerta di biomassa per arrivare ad un’analisi economica
comparata dei vari sistemi di riscaldamento, alimentati a combustibili fossili e a cippato
o pellet. Non sono stati trascurati anche gli aspetti ambientali, che riguardano lo
smaltimento delle ceneri delle caldaie e le emissioni nell’atmosfera di gas incombusti.
La parte finale del capitolo tratta tutti questi aspetti rapportandoli al solo utilizzo del
pellet, vero combustibile a diffusione di massa fra quelli che derivano dalla biomassa
del legno.
Proprio per la connotazione del pellet come combustibile di massa, grazie alla sua facile
trasportabilità, al comodo stoccaggio e alla sua economicità, il terzo capitolo prende in
rassegna una filiera per la sua produzione a partire da materiali di scarto, quali la
segatura proveniente dall’industria del legno.
Il lavoro indaga dapprima sui problemi legati all’approvvigionamento della materia
prima per passare al dimensionamento dell’impianto e all’analisi tecnica della filiera
per poi approdare ad un’analisi di fattibilità basata sul metodo del valore attuale netto.
Vengono presi in visione alcuni indici rilevanti, come l’indice di redditività e le diverse
variabili capaci di influenzarlo. Infine, il capitolo 4 riporta lo studio di un caso
aziendale, che riguarda la fattibilità di un impianto per la produzione di pellet nella
provincia di Olbia-Tempio a partire dagli scarti di lavorazione del legno prodotti nelle
industrie locali.
Il lavoro si articola innanzitutto nella definizione delle condizioni energetiche della
Sardegna per poi passare all’individuazione di un progetto pilota, a partire dal
dimensionamento dello stabilimento, a seconda della quantità di biomassa disponibile, e
dalla definizione dei costi di impianto e di gestione. La quantità di biomassa è stata
valutata attraverso un’indagine campionaria su un panorama di 120 imprese della
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provincia che operano nell’ambito del legno-arredo. Sempre col metodo del valore
attuale netto vengono individuate le variabili “critiche” sulle quali è possibile far leva
per la buona riuscita del progetto di investimento.
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Capitolo 1: analisi delle caratteristiche merceologiche delle biomasse e del
pellet
1.1 Introduzione
All'inizio del 2007 l'Unione europea (UE) ha presentato una nuova politica energetica,
espressione del suo impegno forte a favore di un’economia a basso consumo di energia
più sicura, più competitiva e più sostenibile. Una politica comune rappresenta la
risposta più efficace alle sfide energetiche attuali, che sono comuni a tutti gli Stati
membri. Uno dei cardini di tale politica è la decisione di un maggiore ricorso a fonti
energetiche rinnovabili, sviluppabili a livello nazionale e in modo sostenibile.
Le energie rinnovabili - energia eolica, solare (termica e fotovoltaica), idraulica,
mareomotrice, geotermica e da biomassa - sono un’alternativa fondamentale ai
combustibili fossili. Il loro impiego permette di ridurre non soltanto le emissioni di gas
a effetto serra provenienti dalla produzione e dal consumo di energia, ma anche la
dipendenza dell’Unione europea (UE) dalle importazioni di combustibili fossili (in
particolare gas e petrolio). Per raggiungere l’ambizioso obiettivo di una quota del 20%
di energie rinnovabili nel proprio mix energetico entro il 2020, l’UE prevede di
potenziare gli sforzi nei settori dell’elettricità, del riscaldamento e del raffreddamento
nonché in quello dei biocarburanti.
In generale la biomassa, cioè legna da ardere, residui agricoli, ecc., tutte risorse esterne
ai circuiti commerciali ufficiali, costituisce il 35% delle risorse energetiche utilizzate
nei paesi in via di sviluppo. Nei paesi industrializzati, invece, le biomasse
contribuiscono appena per il 3% agli usi energetici primari. In particolare, gli USA
ricavano il 3,2% della propria energia dalle biomassa, l’Europa, complessivamente, il
3,5% con punte del 18% in Finlandia, 17% in Svezia, 13% in Austria mentre l’Italia,
con poco più del 2%, è al di sotto della media europea, nonostante l’elevato potenziale
di cui dispone.
L’Unione Europea è stata comunque promotrice di interventi normativi e piani di
sostegno finalizzati a sviluppare ed incentivare la produzione di fonti di energia
rinnovabile fin dal 1996, anno di pubblicazione del Libro Verde che prevedeva in sintesi
il raddoppio in 15 anni del contributo delle energie rinnovabili al consumo interno lordo
di energia. Alla diffusione di tali energie viene riconosciuta una serie di vantaggi quali:
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- miglioramento della sicurezza dell’approvvigionamento energetico grazie alla
riduzione dell’import di energia;
- riduzione dell’emissione di gas responsabili dell’effetto serra, causa dei
cambiamenti climatici;
- rafforzamento del vantaggio competitivo dell’UE nel settore delle tecnologie di
sfruttamento delle energie rinnovabili.1
Il contributo maggiore di energia “pulita” al 1995 era dato dall’idroelettrica (ben 92
GW) che sfrutta tecnologie mature e cui era previsto un incremento al 2010 di soli 13
GW, dovuto al fatto che l’idroelettrico in Europa è già ampiamente sfruttato. Una
crescita maggiore era richiesta per l’energia eolica (da 2,5 GW a 40 GW), ai collettori
solari termici (da 1,3 GW a 5 GW) al fotovoltaico (da 0,03 GW a 3 GW) e alla
biomassa cui si richiedeva un incremento da 44,8 a 135 Mtep. In Tabella 1 si riassume
la situazione suddetta.
Tabella 1 - Quota delle FER e contributi per settore al 2010 secondo il Libro Bianco 1997
QUOTA PREVISTA
2010
1 Energia eolica 2,5 GW 40 GW
2 Energia idroelettrica 92 GW 105 GW
2.1 Grandi dimensioni (82,5 GW) (91 GW)
2.2 Picole dimensioni (9,5 GW) (14 GW)
3 Energia fotovoltaica 0,03 GWp 3 GWp
4 Biomassa 44,8 Mtep 135 Mtep
5 Energia geotermica
5.1 Elettricità 0,5 GW 1 GW
5.2 Calore 1,3 GW 5 GWt
6 Collettori solari termici 6,5 milioni di mq 100 milioni mq
7 Energia solare passiva - 35 Mtep
8 Altri - 1 GW
TIPO DI ENERGIA QUOTA UE 1995
Fonte: Libro Bianco
Successivo al Libro Verde fu la direttiva 2001/77 la quale promuoveva la produzione di
elettricità da fonti rinnovabili. Essa prevede che ogni stato della UE fissi un obiettivo, il
quale deve essere rivisto ogni cinque anni, il quale deve essere coerente con la direttiva
e con la strategia nazionale per gli obiettivi di Kyoto. L’obiettivo generale della UE è
quello di raggiungere una produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (in breve
E-FER) pari al 20% della produzione di elettricità totale. Tuttavia, la prima relazione
1
Gargiulo T., Zoboli R. (a cura di), Una nuova economia del legno-arredo tra industria, energia e
cambiamento climatico, FrancoAngeli, Milano, 2007, pag. 55.
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sulla Direttiva, risalente al 2004, stimava al 2010 solo un parziale raggiungimento
dell’obiettivo, attestando la quota di E-FER solo al 18% dell’elettricità totale prodotta.
La causa fu imputata al mancato sviluppo dell’energia da biomassa, sulla quale si era
puntato molto. In tale relazione, la biomassa fu definita “il gigante dormiente delle
energie rinnovabili”, sottolineandone i vantaggi rispetto alle altre FER.
A questo proposito nel 2005 vide la luce il Piano d’Azione per le Biomasse (Biomass
Action Plan, in breve BAP), visto l’interesse su questa fonte energetica che costituiva al
2003 il 50% dell’energia rinnovabile. Da tutto ciò è indubbio come l’energia ricavata da
biomasse rappresenta in Europa, così come in Italia una fonte energetica di primo piano,
a basso costo e di notevole potenzialità.
1.2 Biomassa: generalità
Con il termine “biomassa” si intende generalmente qualsiasi sostanza organica
derivante direttamente o indirettamente da fotosintesi clorofilliana. Tale processo
permette alle piante di assorbire dall'ambiente circostante anidride carbonica ( 2CO ) e
acqua, che vengono trasformate mediante l'apporto dell'energia solare e delle sostanze
nutritive del terreno in materia organica utile alla crescita della pianta. In questo modo
si stima che vengano fissate complessivamente 2·1011 tonnellate di carbonio l'anno, con
un contenuto energetico equivalente a 70 Gtep, pari a circa sette volte il fabbisogno
energetico mondiale2.
La definizione data qui sopra è in sé molto ampia e comprende in definitiva tutte le
sostanze a matrice organica ad esclusione dei materiali fossili e delle plastiche; per la
legislazione italiana una delle definizioni di biomassa indica che questa è “la parte
biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall'agricoltura, comprendente
sostanze vegetali e animali, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte
biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”3.
Le principali applicazioni energetiche della biomassa sono:
- la produzione di energia, sia elettrica che termica (biopower);
- la sintesi di carburanti (biofuel).
2Bartolazzi A., Le energie rinnovabili, HOEPLI, Milano, 2006, p.169.
3Dlgs 128/2005, Art. 2, comma 1, b.
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La prima applicazione consiste nella trasformazione dei prodotti della biomassa in
calore od elettricità analogamente con quanto avviene coi combustibili fossili.
La seconda consiste nella trasformazione, attraverso particolari procedimenti chimici,
della biomassa in carburanti liquidi quali il bioetanolo o il biodiesel. In realtà il termine
biofuel può riferirsi anche al combustibile usato per la produzione di energia elettrica
ma in genere il termine è utilizzato riferendosi ai carburanti liquidi per mezzi di
trasporto.
I processi di produzione di biopower si distinguono in processi biochimici e processi
termochimici. I primi utilizzano l’azione batterica, di funghi, e micro-organismi per
produrre energia, utilizzando biomassa caratterizzata da alta umidità (superiore al 30%).
I processi termochimici invero utilizzano biomassa con alto potere calorifero e umidità
inferiore al 30% la quale, per l’azione del calore, reagisce chimicamente trasformando
materia in energia. La biomassa adatta per questo tipo di processo è generalmente la
legna e i suoi derivati (segatura, trucioli) nonché i residui cellulosici (paglia, residui di
potatura) e altri (gusci, noccioli, lolla).
I processi principali che utilizzano biopower sono: cofiring, pirolisi, gassificazione,
combustione, digestione anaerobica e aerobica.
Il cofiring consiste nell’ottimizzare gli impianti a carbone utilizzando legna come
combustibile complementare.
La pirolisi è un processo di degradazione, in assenza di ossigeno o in presenza di
atmosfera inerte, delle sostanze organiche per effetto della temperatura.4 Si ottengono
con questo procedimento una frazione gassosa (idrogeno, ossido di carbonio, azoto e
idrocarburi a basso peso molecolare), una liquida (oli e altri prodotti chimici) e infine un
residuo solido che dipende dal tipo di biomassa usata (esempio per la legna si ottiene un
residuo di carbone).
La gassificazione opera similarmente alla pirolisi, ma a maggiori temperature,
ottenendo gas di idrocarburi, idrogeno, 2CO ed altri gas.
La combustione diretta è la forma più antica di utilizzo della biomassa per produrre
energia sotto forma di calore. Oggi esistono impianti per la produzione di elettricità
dalla combustione diretta di biomassa oltre che impianti di riscaldamento alimentati a
combustibile da biomassa.
4
Santoprete G., Ambiente e risorse naturali, Edizioni ETS, 2003, pag. 173.