4
1.1 Evoluzione storica dell’istituto della famiglia.
Alla base dell’istituto familiare si rinviene un’esigenza
primaria dell’essere umano rappresentata dalla sua
propensione verso forme di vita “aggregata”.
1
Nella famiglia, tuttavia, prima ancora che nella socialità,
si realizza un più specifico e primordiale bisogno, quello che si
esprime nell’insieme di esigenze dell’uomo legate alla
riproduzione della specie, alla sessualità, all’educazione e
all’allevamento della prole.
Non c’è alcuna società nella storia che non abbia
regolamentato i rapporti tra uomo e donna e che non abbia
provveduto a definire, in termini giuridici, il vincolo che lega
questi soggetti tra loro e alla prole.
Ogni società, tra l’altro, presenta al suo interno
contemporaneamente diversi modelli di famiglia visto che ogni
gruppo elabora il proprio modo di soddisfare i bisogni di
affettività, sessualità e riproduzione.
La famiglia, dunque, come detto rappresenta il luogo
dove si realizza la comunità fisica e sentimentale tra l’uomo, la
donna e i loro figli.
Quale istituzione di base di ogni società, la famiglia in
senso stretto appare per la prima volta solo in seno a civiltà
1
G. Cassano, Manuale del Nuovo diritto di Famiglia, La Tribuna, 2002, pag 15 ss
5
che hanno deciso di costituirsi in gruppi organizzati ed
omogenei. In particolare nell’antica Grecia e nell’antica Roma,
gli istituti rispettivamente dell’oikos e della famiglia offrono
un chiaro esempio di nuclei parentali stabili anche se le ampie
dimensioni di questi gruppi non consentono di accostarli
propriamente alla concezione moderna di famiglia.
2
Caratteristica peculiare dell’oikos era, da un lato, il
tacito, ma allo stesso tempo forte, vincolo di subordinazione
dei suoi membri nei confronti del capofamiglia dall’altro,
invece, il suo assetto monogamico, nel cui ambito la donna
svolgeva prevalentemente attività di educazione dei figli e di
gestione dell’ordinaria amministrazione familiare, essendole
ignota qualsiasi forma di partecipazione alla vita
extradomestica.
Caratteristiche simili a quelle della cultura greca erano
riscontrabili nell’esperienza giuridica romana dove la familia
si identificava in un gruppo di persone legate da vincoli di
sangue o di altra natura, soggette all’autorità di un capo, il
pater familias, il cui nucleo originario era costituito dalla
famiglia naturale, fondata sul matrimonio e sul vincolo di
2
G. Cassano op. cit.
6
sangue, tra genitori e figli, al quale poi si aggregavano altri
soggetti, come gli schiavi.
3
La caratteristica tipica di questo istituto era, dunque, il
ruolo preminente che il pater familias esercitava sulle varie
persone che facevano parte del consorzio familiare e sul
patrimonio ereditario. In termini giuridici ciò si traduceva nel
riconoscimento al solo capofamiglia della capacità giuridica.
4
Più tardi si comincerà a delineare un’idea della famiglia
intesa quale nucleo naturale nel quale i membri sono legati
esclusivamente da vincoli di sangue.
Più tardi, sotto l’impero di Diocleziano ed ancora di
Giustiniano la produzione normativa, soprattutto per quanto
riguarda le finalità dell’adrogatio e dell’adoptio ( metodi fittizi,
alternativi alla nascita da giuste nozze, a disposizione dei pater
familias per assoggettare alla propria sovranità i membri del
proprio consorzio familiare) comincerà a gettare le basi per
quelle che sono le finalità odierne di questi istituti: la
creazione di una filiazione legittima.
I primi esempi di trattazione unitaria di tale
argomentazioni, infatti, si rinvengono a partire dal Codice
Teodosiano e ancor di più dal Codice Giustinianeo a conferma
del fatto che solo in epoca tarda si è arrivati a comprendere
3
P. Bonfante, Corso di Diritto Romano vol I “Diritto di Famiglia” Milano 1953, 8ss
4
F. De Martino, NND vol.7 Famiglia (Diritto Romano) 45ss
7
come i vari istituti riguardanti il matrimonio e regolanti le
diverse condizioni personali e patrimoniali dei singoli membri
della famiglia potevano essere raggruppati all’interno di
un’unica trattazione normativa.
Con l’avvento del Cristianesimo, con i connessi principi
morali, da un lato si consolidò il legame tra marito e moglie
con conseguente avversione per il divorzio e dall’altro fu
promossa la protezione della procreazione intrafamiliare
provocando l’ostilità verso i figli naturali.
I principali effetti del cristianesimo, infatti, furono
l’indebolimento e il conseguente ridimensionamento della
connotazione rigorosamente patriarcale della famiglia.
Queste due ultime novità si ritrovano, in particolare,
osservando la famiglia feudale formatasi all’interno di classi
popolari che ostili ad ogni assetto di promiscuità ridussero
usualmente la famiglia al mero gruppo parentale.
La nozione di famiglia iniziò, ben presto, ad indicare la
concezione della sfera privata dell’individuo, in
contrapposizione a quella concezione pubblica che indicava
l’appartenenza ad un determinato territorio e, in quanto tale
soggetta al controllo statale.
5
5
G. Cassano, op. cit.
8
Nell’era moderna è, poi, possibile notare come la
famiglia abbia conservato questa fisionomia privatistica e
tenda sempre più a distinguersi nettamente dalla dimensione
politica, nel senso che si mostra sempre più gelosa delle
prerogative e delle funzioni privatistiche che si è storicamente
guadagnata.
Il modello di famiglia che dal secolo scorso si è andata
affermando è quello prodotto dalla società borghese, cioè
quello vissuto e propagato dalla classe sociale che ha diretto il
passaggio storico dalla società agraria a quella industriale.
Uno dei punti di svolta di questo passaggio sociale è
rappresentata dalla Rivoluzione Francese che non ha, appunto,
mancato di incidere in maniera evidente sulla normazione nel
tema che ci occupa.
A partire della seconda metà dell’ottocento, inoltre, sono
emerse prepotentemente nuove esigenze conflittuali con il
modello familiare tradizionale, manifestatesi
nell’emancipazione della donna e nel suo ingresso nel mondo
del lavoro, nell’affermazione del diritto all’autodeterminazione
dei figli e nell’adozione di regole democratiche, soprattutto a
livello normativo, che disciplinino le dinamiche familiari.
Tali esigenze caratterizzeranno, nel senso della
scomparsa dell’autoritarismo patriarcale, sia il rapporto
9
coniugale sia i rapporti con i figli, nello sforzo di costruire la
potestà genitoriale alla luce dello stesso interesse dei figli che
essa mira a soddisfare.
In Italia le prime leggi in tema di regolamentazione
dell’istituto della famiglia si ebbero agli inizi del ‘900.
Dell’esperienza giuridica occidentale, e quindi dal
modello della tradizione romana, è figlia infatti la
codificazione italiana del 1942, ancora improntata ad una
rigida concezione autoritaria e gerarchica dei rapporti familiari,
dove tutto dipende dalla volontà del capo famiglia, dove figli e
moglie sono accomunati in una posizione di subordinazione e
inferiorità e dove nessun rilievo, o quasi, è riservato ai figli
nati fuori dal matrimonio.
L’oggetto del diritto di famiglia è rappresentato dalla
disciplina dei rapporti della cosiddetta famiglia nucleare,
rappresentata dall’unione stabile di due soggetti e della loro
prole legati da un intenso vincolo di solidarietà.
La scelta di questo modello era coerente con le
concezioni ideologiche autoritarie dell’epoca.
6
In quest’ottica si scelse di accentuare il rilievo della
nozione di unità familiare e del principio di autorità nel nome
di una visione paternalistica della famiglia che consentiva allo
6
M. Bessone Trattato di diritto privato, Vol. ded. Al Diritto di Famiglia, Giappichelli
10
Stato di ingerirsi all’interno dei rapporti familiari in funzione
di direzione e di controllo.
Questa impostazione normativa, di produzione statale,
lasciava intendere che la codificazione del diritto di famiglia
non fosse da ricondursi al diritto civile quanto, più
correttamente, da intendere come branca del diritto pubblico,
proprio per sottolineare la soggezione dei rapporti familiari al
controllo dello Stato che mostrava, in questo modo, di voler
rendere la famiglia il suo primo e basilare nucleo fondante.
Le linee di fondo della codificazione del 1942 sono,
dunque, costituite, riguardo alla disciplina dei rapporti
coniugali, dall’affermazione del ruolo dominante del marito
nei rapporti con la moglie, dalla connotazione di indissolubilità
del matrimonio, dal riconoscimento della possibilità di
separazione solo per colpa.
Sul versante dei rapporti con i figli, inoltre, restava
rigorosa l’adesione al modello gerarchico con il ruolo di
vertice ricoperto solo dal padre.
La filiazione naturale, prima assolutamente priva di
tutela, pur ricevendo maggiore riconoscimento che in passato,
continuava ad essere disciplinata in maniera sfavorevole
rispetto alla filiazione legittima, come si evinceva anche dalla
11
scelta di etichettarla come “illegittima”
7
, coerentemente con
l’identificazione della famiglia giuridicamente rilevante
esclusivamente se fondata sull’istituto matrimoniale.
E’ stato osservato che la famiglia disegnata dal Codice
del 1942 viene ben presto ad essere modificata nella struttura,
nei principi, nei valori e nelle scelte ideologiche allorquando,
con la caduta del fascismo, si affermano e vengono trasfusi
nelle nuove codificazioni i valori che inaugurano la nuova
repubblica costituzionale.
La nostra Carta costituzionale dedica alla famiglia, ad
apertura del titolo dedicato ai rapporti etico-sociali, alcuni
fondamentali articoli, colmando la precedente lacuna
normativa.
Gli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione, vista la loro
natura innovativa, conobbero la loro definitiva formulazione
solo in seguito ad accesi dibattiti dottrinali.
Con l’introduzione della Carta Costituzionale, infatti, si
assiste all’affermazione di principi che scardinano il sistema
previgente: l’art. 29 della Costituzione afferma, per la prima
volta, il principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi
con l’unico limite della garanzia dell’unita familiare, nel
riconoscimento pieno della famiglia come istituto giuridico e
7
G. Cassano, op.cit.
12
come società naturale; l’art. 30 prevede la massima tutela
possibile per la filiazione extra familiare.
Il nuovo disegno costituzionale, contemplando alla sua
base un favor minoris, si realizza riconoscendo la formazione
di nuclei familiari e delinea la famiglia-istituzione un “luogo”
costituzionalmente privilegiato per lo sviluppo e l’educazione
del cittadino; la sua nuova politica legislativa viene ancor più
evidenziata dalla creazione di un principio di responsabilità
che il genitore ha nei confronti della prole per il solo fatto di
averla concepita.
La famiglia viene assumendo sempre più l’aspetto del
luogo degli affetti privilegiato in vista dell’educazione.
L’evoluzione della disciplina giuridica della famiglia
trova i parametri di riferimento nel confronto fra il Codice
Civile e la Costituzione.
8
Il codice civile del 1942, come anticipato,
regolamentava una famiglia organizzata in senso gerarchico; la
posizione del marito era preminente non solo dal punto di vista
della struttura formale ma anche dal punto di vista operativo,
posto che tutte le scelte attinenti alla vita familiare erano a lui
rimesse.
8
M. Bessone, Trattato di diritto privato, Vol. ded. Al Diritto di Famiglia, Giappichelli
13
La previsione dell’art. 29 della costituzione, come detto,
prospetta un assetto dei rapporti familiari assolutamente
diverso rispetto al sistema codicistico.
Malgrado i pochi anni che distanziano la formulazione
dei due complessi normativi, la Costituzione prospetta una
famiglia diversa, come se la realtà socio-culturale considerata
fosse improvvisamente mutata.
Ma non era cambiata né la realtà né la società.
Dagli anni ’40 all’inizio degli anni ’50, malgrado le
vicende del secondo conflitto mondiale e i conseguenti radicali
mutamenti, la struttura sociale e familiare non aveva subito
trasformazioni così nette da potersi rispecchiare nelle
previsioni costituzionalistiche.
Solo con la prospettiva ideologica del nuovo assetto
democratico si avrà, nel dopoguerra, uno sviluppo sociale
radicalmente modificato nel quale si pongono in primo piano
l’attuazione dei valori di uguaglianza, formale e sostanziale, di
solidarietà, di crescita della persona.
La famiglia, quale nucleo della società, viene ridisegnata
in questo nuovo quadro anche se i precetti Costituzionali, pur
di rango superiore, per moltissimi anni non hanno inciso sulle
norme del codice, ancora regolatrici della materia.
14
Il processo di adattamento è stato graduale: all’evolversi
della società, ai nuovi ruoli assunti dalla donna, al mutare della
cultura corrisponde il lento, ma costante, attuarsi dei precetti
costituzionali
9
.
Soltanto nel 1975, infatti, si realizza il pieno
coordinamento fra la norma costituzionale ed il codice.
Nella previsione codicistica si realizzava la violazione
del principio di eguaglianza con la statuizione dell’art. 144 c.c.,
in cui il marito veniva indicato come capo della famiglia e
detentore della potestà maritale, e, ancora, dell’art. 316 c.c. che
ribadiva come la potestà era esercitata dal padre anche se il
figlio restava soggetto alla potestà dei genitori, è stata superata.
La legge di riforma, infatti, è intervenuta sostituendo
integralmente l’art. 144 c.c. e modificando l’art. 315 c.c.,
enunciando concetti quali l’unità familiare, il sacrificio della
riservatezza individuale, l’indirizzo della vita familiare,
inserendoli in una rinnovata e ampia idea di solidarietà quale
nuovo fondamento dei nuovi istituti familiari.
Il concetto di solidarietà all’interno della famiglia trova
applicazione nel rispetto dell’obbligo di contribuzione sancito
dall’art. 143 c.c. a carico di entrambi i coniugi, al fine di
9
Raffaele Tommasini, I rapporti personali tra i coniugi. Nuove Voci del Diritto.it
15
soddisfare esigenze obbiettive del nucleo legate a interessi di
tutti i soggetti che lo compongono.
10
Non v’è dubbio che le modalità attraverso le quali tale
obbligo può essere assolto assumono una struttura e un
contenuto variabile, coordinandosi ad altro principio cui è
strettamente correlato: l’uguaglianza morale e materiale tra i
coniugi.
11
Si assiste cioè ad una piena correlazione fra bisogni e
capacità economiche, concorrendo le une e gli altri a
specificare l’entità della contribuzione, e valendo altresì a
determinare la misura dello sforzo richiesto, che segue tra gli
altri il criterio della parità ponderata degli obblighi
12
.
L’innovata disciplina della contribuzione risulta
sicuramente un sicuro portato dei principi di pari dignità ed
eguale responsabilità dei membri della famiglia,
nell’attuazione di una piena solidarietà familiare.
13
Da qui l’esigenza di trovare giusti criteri di
contemperamento tra l’interesse dei singoli e quello del nucleo
familiare.
10
M. Paradiso, I rapporti personali tra coniugi, art. 143-148 c.c. Milano, 1990, pag. 77
11
A. Trabucchi, Famiglia e diritto nell’orizzonte degli anni ’80, in Riv. Dir. Civ. 1986,
vol.I, p.163 ss.
12
A. Falzea, Il dovere di contribuzione nel regime patrimoniale della famiglia, in Riv.
Dir. Civ.1977, vol. I, p.616
13
M. Paradiso, I rapporti personali, cit. p.77
16
Nell’ambito della normazione Costituzionale si può
dunque affermare che all’istituto familiare è stato assicurato un
ampio margine di autonomia, ribadendo la rilevanza del
matrimonio, quale fonte di aggregazione sociale che si
identifica nella famiglia
14
.
Il titolo II della Costituzione, che riguarda i rapporti
etico-sociali, è connesso con l’art. 3 Cost., in cui si parla di
pari dignità sociale
15
.
Il principio di pari dignità sociale, concernente i rapporti
intersoggettivi nell’ambito della comunità sociale, si traduce
nel principio di eguaglianza sociale e rappresenta anche il
criterio generale di determinazione dei valori familiari
16
.
Si assiste, ben presto, ad un rinnovato interesse per la
famiglia nucleare, portatrice di un interesse proprio risultante
dalla sintesi degli interessi personali dei singoli.
Già nel 1970 il legislatore, in forma significativa, aveva
ritenuto che in caso di cessazione degli effetti civili del
matrimonio, questo dovesse trovare la propria causa più tipica
nel non poter essere mantenuta o ricostruita la comunione
14
G. Cattaneo, La famiglia nella Costituzione, vol I, Famiglia e matrimonio, Torino,
1997, p.19 ss
15
Cass. Sez. Un. 16 febbr. 1995, n. 78, in Famiglia e diritto, 1995, p.105
16
A. Bessone, Diritti della persona e garanzia costituzionale di unità della famiglia, in
Giur merito 1975, vol. IV, p. 131
17
spirituale e materiale dando, in questo modo, alla comunione
di vita una valenza fino ad allora non apprezzata.
Il legislatore del 1975 aveva la consapevolezza di una
nuova fisionomia della famiglia che è divenuta luogo di ricerca
dell’accordo e della regolamentazione dei reciproci rapporti.
La riforma attuata nel 1975 è nata come riforma
tipicamente non parlamentare
17
, cioè non è nata
esclusivamente dal dibattito legislativo avutosi nelle Aule
Parlamentari, ma è stata sollecitata ed accompagnata da
un’opinione pubblica che ne ha seguito il processo di
costruzione esprimendo le proprie innovate esigenze.
Intenso fu anche il dibattito dottrinale e politico che
culminò, in contemporanea con l’introduzione del divorzio nel
nostro ordinamento, in un importante intervento di riforma
delle disposizioni del codice civile in materia di famiglia,
attraverso la tecnica della novellazione, attuato con la legge n.
151 del 19 maggio 1975.
La riforma era stata anticipata da leggi quali la n. 431
del 1967 sull’adozione speciale, in grado di cogliere in pieno
l’essenza della famiglia quale luogo degli affetti privilegiato
per l’espressione della personalità dei singoli, come già
affermato in narrativa, pur costituendo l’istituto stesso un
17
G. Cassano, op. cit.