Premessa
Con il presente lavoro di tesi ho voluto approfondire un tema che mi ha sempre molto
interessato e incuriosito: la figura dello psicologo all’interno delle istituzioni, in
particolar modo nell’ambiente scolastico.
Partendo da esperienze di diverso genere, accumulate sia durante la carriera scolastica
che muovendo i primi passi nel mondo del lavoro grazie allo svolgimento del tirocinio,
ho maturato una forte propensione per tutto ciò che riguarda l’aiuto e il sostegno ai
ragazzi che oggi frequentano le scuole superiori.
Quale miglior aiuto dunque di un professionista in grado di fungere da punto di
riferimento per gli alunni, da tramite nelle relazioni tra scuola e famiglia e che
contribuisca a migliorare la collaborazione fra insegnanti?
Mi sono quindi domandata se nelle scuole fosse presente una figura che ricoprisse
questo ruolo e svolgesse queste funzioni, e se tale professionista fosse istituzionalizzato
o meno.
Ho quindi svolto delle ricerche in ambito bibliografico per quanto concerne la parte
legislativa, o i tentativi di rendere questa figura istituzionalizzata, ed ho condotto una
ricerca sul campo per comprendere fino a che punto la scuola è oggi pronta ad
accogliere una figura di questo tipo, in particolar modo come viene concepito lo
psicologo dagli insegnanti.
La risposta è stata complessa: dati quantitativi e qualitativi mi hanno portato ad una
conclusione che può considerarsi rappresentativa della realtà presente nelle scuole. In
alcuni casi, infatti, i docenti sembrano accogliere molto volentieri l’aiuto e la
consulenza dello psicologo, comprendendo che i ruoli didattico e di sostegno sono ben
diversi e non vi è pericolo che una figura entri nel territorio di competenza di un altro
protagonista della scuola; altre volte. invece, gli insegnanti manifestano una ostilità nei
confronti dello psicologo che viene però mascherata da una sorta di desiderabilità
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sociale e in questo caso si ottiene il controverso risultato che è emerso dalla mia ricerca
empirica.
Benché il campione non si possa considerare completamente rappresentativo, la
contraddizione lampante risulta essere la seguente: gli insegnanti dichiarano di aver
collaborato durante la loro carriera con psicologi all’interno del contesto scolastico,
giudicano tali esperienze positive, ma non ritengono opportuno che tale figura sia
presente nella scuola.
La differenza di atteggiamento è spesso dovuta ad una diversa impostazione che si può
rintracciare in una formazione nuova e moderna in alcunii insegnanti che vedono lo
psicologo come un’opportunità per creare una scuola di qualità, mentre nei docenti con
più anni di servizio, l’idea di tale professionista spaventa e non viene compresa.
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Capitolo primo
Lo psicologo nella scuola: questo sconosciuto!
1.1 Lo psicologo e i ragazzi: un rapporto imprescindibile nella scuola
La scuola, le ore trascorse a lezione, le relazioni con i compagni di classe, i rapporti con
gli insegnanti sono parte fondamentale e integrante della vita di un adolescente.
La scuola viene vissuta dai ragazzi non solo come luogo di formazione (anzi, spesso
rappresenta tutt’altro), ma anche e soprattutto come luogo di condivisione, di amicizie,
di scontri, di amori, di interessi e crescita. Per un giovane, quindi, la scuola risulta quasi
una seconda casa perché vi trascorre molto tempo durante la settimana e risulta anche
una seconda famiglia perché spesso i compagni di classe sono anche compagni di studio
a casa, di uscite nel tempo libero, di sport e hobbies.
Proprio perché non risponde alla sola funzione educativa e didattica, la scuola deve
avere gli strumenti per sostenere l’alunno non solo quando si presentano difficoltà di
rendimento, ma anche quando queste ultime sono solo il segnale, la diretta conseguenza
di disagi sottostanti a livello personale o familiare.
L’organizzazione e la struttura scolastiche dovrebbero quindi prevedere tutta una serie
di progetti, iniziative, programmi che aiutino ciascun ragazzo che ne avesse bisogno nel
percorso di crescita.
Come son previste agevolazioni per gli studenti con un reddito basso, attività fisica per
chi non ne pratica nell’orario extrascolastico, distributori di merende, preservativi e
assorbenti, laboratori teatrali e musicali, così dovrebbero nascere degli spazi fatti su
misura per i ragazzi, per chi sentisse la necessità di sfogarsi, esprimersi, sentirsi
ascoltato.
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Inoltre la scuola dovrebbe prevenire le tendenze sbagliate, che spesso i ragazzi seguono
non vedendo le conseguenze e i rischi di queste ultime.
Per tutti questi motivi, per questi ambiti vicini e sfumati con la didattica, l’educazione e
la pedagogia, credo sia utile pensare ad una figura come quella dello psicologo
all’interno delle scuole, come punto di riferimento non solo per i ragazzi, ma per tutti i
componenti che rendono la scuola un luogo di formazione.
La figura dello psicologo all’interno dell’ambiente scolastico sta solamente in questi
ultimi anni prendendo forma e nitidezza.
Lo psicologo risulta essere una figura professionale che va oltre l’immaginario
collettivo del rapporto a due, anzi a tre: paziente, psicanalista e lettino!
Il disagio giovanile, le problematiche interne a una classe, le difficoltà di relazioni con i
pari, con gli adulti, le dinamiche difficili del collegio docenti… per tutti questi motivi lo
psicologo può divenire una risorsa utile all’interno della vita scolastica, non soltanto in
veste di terapeuta per “quelli che hanno problemi”, ma anche e soprattutto per
ottimizzare la normalità, prevenire comportamenti a rischio e affiancare genitori ed
insegnanti nel difficile compito di crescere ed educare gli alunni, in particolar modo nel
periodo turbolento dell’adolescenza.
1.2 Breve percorso tra le bozze e i disegni per definire lo psicologo
nella scuola
Della necessità della presenza dello psicologo nella scuola ci si è accorti già da molto
tempo e, con contributi di diversa natura, si è cercato di inserire e di sottolineare l’utilità
di tale professionista a genitori, docenti e dirigenti scolastici.
Un “antenato” dello psicologo nella scuola può essere individuato nella figura del
consigliere scolastico che nella legge 942 del 1966 viene definito “un docente preparato
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25
e sufficientemente informato nelle scienze psicologiche e sociali”. Successivamente,
nella C.M. del 6 aprile 1971 si specificano i compiti di tale figura, ovvero “ il
consigliere scolastico, tenendo presenti valutazioni e dati forniti dai colleghi, accostando
gli allievi, discutendo, all’occorrenza, i particolari casi con le famiglie interessate,
potrebbe favorire la soluzione di nodi iniziali ( di scelte della carriera, di inserimento
sociale, di handicap di varia origine nello studio di qualche materia ecc..)che, ove
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fossero trascurati, potrebbero generare forme acute di disadattamento”.
Nel 1965 vengono istituite le equipe medico-psico-pedagogiche che rappresentano la
prima forma di collaborazione tra gli insegnanti e altre figure professionali come lo
psicologo, l’assistente sociale e il medico scolastico. Questa iniziativa purtroppo non ha
riscosso molto successo a livello pratico soprattutto per la confusione rispetto ai ruoli, ai
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compiti e alle competenze delle figure professionali inserite nell’équipe.
Nel 1972 Fonzi e Germano sostenevano che figure professionali e specialisti, come
appunto lo psicologo, “dovrebbero far parte degli operatori impegnati a tempo pieno
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nella zona territoriale della scuola”. Infatti una svolta decisiva avviene con la Legge
517 del 1977 con la quale cambiano diversi aspetti della vita organizzativa della scuola:
l’integrazione del ragazzi portatori di handicap, l’inserimento di insegnanti di sostegno,
l’aumento degli insegnanti per cui le classi verranno definite “aperte” ovvero con la
possibilità di essere seguiti da uno a tre insegnanti (sistema introdotto definitivamente
con il ddl dell’aprile del 1985). Soprattutto, con questa Legge si sottolinea la necessità
si un servizio socio-psico-pedagogico che verrà istituito e reso continuativo con la C.M.
29
n.167 del 10 luglio 1978, per la durata del triennio di sperimentazione. Il
professionista referente per il servizio psicopedagogico viene definito, da collaboratore
a “operatore psicopedagogico” proprio perchè il ruolo e le mansioni del personale sono
25
Trisciuzzi L. (a cura di), Le nuove attività della funzione docente. Manuale dell’operatore
psicopedagogico, dell’operatore tecnologico, del coordinatore di biblioteca e del coordinatore di
orientamento scolastico,Firenze, La Nuova Italia, 1991, p.16-17.
26
Ibidem.
27
Trisciuzzi L. ivi p.26-27.
28
Fonzi A., Germano C., Indagine sulla percezione del ruolo dello psicologo scolastico e dell’equipe
medico-psico-pedagogica da parte di insegnanti, alunni, “Neuropsichiatria Infantile”, 1972, 132, p.397.
29
Trisciuzzi L. (a cura di), op. cit., p. 18-19.
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ambigui e poco definiti. Riporto brevemente i punti presentati nella circolare
ministeriale, descrittivi delle mansioni destinate al professionista:
- all'interno della scuola:
a) collaborazione con gli insegnanti per interventi relativi alla componente
psicologica dell'azione educativa ed ai fenomeni di disadattamento scolastico;
b) collaborazione alla programmazione delle iniziative per l'attività educativa
individualizzata;
- all'esterno della scuola :
c) collaborazione con gli specialisti delle strutture socio-sanitarie e riabilitative
del territorio, per assicurare il necessario coordinamento degli interventi, al fine
di assecondare il processo di integrazione scolastica degli handicappati;
d) collaborazione con i servizi di orientamento e di prevenzione esistenti sul
territorio.
Nell'anno successivo viene emanata una seconda direttiva, la C.M. n° 158/79, che
ridefinisce le funzioni dello psicopedagogista nei seguenti termini:
a) collaborazione con gli insegnanti per interventi relativi alla componente
psicopedagogica dell'azione educativa, con particolare riferimento alla
programmazione della stessa;
b) collaborazione con gli insegnanti per interventi relativi ai fenomeni di
disadattamento scolastico e per l'attività educativa individualizzata,
c) partecipazione a titolo consultivo ai vari Consigli di Classe, Interclasse e
Collegi dei Docenti;
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