6
Una figura trascurata dicevamo, poiché, all’infuori delle storie di Circe e
Medea, conosciute perché parte delle narrazioni dei viaggi di eroi famosi - la prima
in funzione di Odisseo e l’altra di Giasone e degli Argonauti - poco si sa sulla maga
del mito ellenico.
Precisiamo che “maga” è un termine improprio per definire il nostro
personaggio - che in greco è denominato farmaki/j cioè “l’esperta nei farmaci” -
poiché ha origine in ambito persiano ove mago era considerato “un prete, o in ogni
caso un altro specialista della religione”
1
. Tuttavia, nell’uso corrente, il termine
“maga” ha il pregio di indicare una persona che ricorra alla magia e di essere un
contenitore neutro - ben diverso dalla parola “strega” che subito ci dà una coloritura
negativa - che con la nostra ricerca andremo a riempire di tutte le caratteristiche
proprie alla farmaki/j greca. Per evitare quindi di ripetere infinite volte la parola
greca e di appesantire il titolo della nostra ricerca facendone uso, abbiamo ritenuto
ideale utilizzare il termine “maga”, intendendo con esso la maga greca, cioè la
farmaki/j.
Prima di iniziare questa indagine dobbiamo ricordare che la ricchezza e la
complessità delle storie del mito e del modo tramite il quale ci sono state tramandate
permettono un vasto ventaglio di interpretazioni : la nostra sarà una di queste, con
riferimento costante alla figura della maga, ma non l’unica : sarebbe auspicabile che
il lettore la integrasse con diverse altre per avere una visione più completa ed
equilibrata della materia. Se dal nostro punto di vista una singola vicenda può
rivelarsi fondamentale, inserendola in un panorama più vasto ed osservandola da una
differente angolatura potrebbe ridimensionarsi alquanto o, al contrario, assumere
un’importanza ancora più rilevante. Di questo il lettore sia consapevole.
1
Graf F., La magie dans l’antiquité gréco-romaine. Idéologie et pratique, Paris 1994 ; trad. it. Bari
1995, p. 21. Molto più precisi sono i dati che ci fornisce Burkert W. Nel suo libro Da Omero ai
Magi. La tradizione orientale nella cultura greca, Venezia 1999, pp. 87-111. Alle pagine 93-4
leggiamo : “La parola ma/goj è chiaramente di derivazione iranica. Il suo uso in greco è quindi una
prova inconfutabile di un influsso iranico.Tuttavia la parola occorre in greco con un duplice
significato, e la sua stessa attestazione in iranico non è priva di problemi. Riflessioni sulla duplicità di
significato si trovano già in un libro, Magikoj/, attribuito ad Aristotele : gli autentici ma/goi, dice il
testo, sono sacerdoti con una specifica teologia e un rituale proprio, in contrapposizione alla
gohteutikh\ magei/a («magia incantatrice»), la magia nel senso comune del termine con effetti
meravigliosi”.
7
Altro avvertimento è quello di non confondere le vicende mitiche con quelle
storiche : non stiamo cercando di capire come si comportassero nella Grecia antica le
donne che praticavano la magia ma ci interessa portare alla luce la figura della maga
così come è descritta nel mito. Gli interessanti rapporti tra queste storie e la realtà
rituale, realtà riguardo alla quale esistono già diversi e validi studi, per scelta non
verranno analizzati.
Rapportandoci al mito, ci riferiamo inevitabilmente alle fonti letterarie che ce
l’hanno tramandato : la differenza tra le storie tramandate oralmente nei tempi
antichi e quanto di esse è stato scritto è purtroppo incommensurabile e passa
attraverso la sensibilità e la collocazione storica dei diversi autori da noi considerati.
Partendo da Omero, fino ad alcuni autori latini, abbiamo cercato di esaminare tutti i
testi nei quali si fossero conservati frammenti delle storie utili alla nostra ricerca : in
linea di massima ove già le fonti greche erano esaurienti, non abbiamo consultato
quelle latine, ove quelle latine presentavano particolari vicende non pervenuteci nei
testi greci, le abbiamo valutate. Naturalmente, per fare un ritratto più vivo e fluido di
ogni singola maga, la nostra narrazione ha composto i separati frammenti derivati
dalle diverse fonti di diverse epoche, in un unico disegno sincronico : anche questa è
una scelta che può essere considerata dal lettore un limite ma, nell’economia del
nostro lavoro, l’abbiamo ritenuta indispensabile per mostrare con maggior
immediatezza il carattere dei singoli personaggi. Unica eccezione a questo modo di
procedere è stata quella, attuata in alcune parti del lavoro, di evidenziare la
differenza tra la descrizione di una stessa maga nelle fonti più antiche e poi in quelle
tarde : questo per far notare il divario profondo tra la maga degli antichi miti,
protagonista della nostra ricerca, e quella invece delle storie tardo - antiche, partendo
dalle quali poi si svilupperà la figura della strega.
Il lavoro è diviso in due parti : nella prima ci immergeremo nelle antiche
vicende mitiche delle singole maghe, e solo dopo questo passaggio fondamentale,
cercheremo di comprendere quale sia la loro natura comune cioè quale sia l’essenza
della maga descritta dal mito. Questa seconda parte è il fulcro del nostro lavoro ma
non può esserlo che nella sua stretta dipendenza dalle storie ricostruite nella prima
parte.
8
Ove lo si sia ritenuto necessario, per una maggiore chiarezza e per una sintesi
più funzionale, sono stati inseriti nella trattazione di grafici e di tabelle di agevole
lettura.
Due sono stati gli interrogativi che ci hanno stimolato ad intraprendere questa
ricerca :
Circe e Medea sono le uniche maghe esistenti nel mito greco ? Non vi è
nessun altro personaggio femminile che sia caratterizzato dall’uso della magia ?
Davvero la figura della maga è marginale, poco integrata e quasi estranea al
mito e alla cultura greca?
9
PARTE PRIMA
EPIFANIE
10
CAPITOLO PRIMO
CIRCE D’EÈA
11
- Figlia e madre di tenebre ed orrore,
( Disse ogn’un, fatto cieco di repente ),
Dunque ti piacque cossì fieramente
Trattar miseri amanti,
Che ti si fêro avanti,
Facili forse a consecrart’il core ? -
(Giordano Bruno, Degli eroici furori, parte II, dialogo V)
La maga Circe nasce da Perseis e da Elio ed è sorella germana del perfido
Eeta, padre di Medea. Secondo alcuni studiosi
2
, Eeta rappresenterebbe il lato infero e
oscuro del padre Elio mentre Circe quello celeste e solare, pur sempre connesso al
mondo sotterraneo. Sorella di questa coppia germana è Pasifae
3
, sposa di Minosse e
conoscitrice anch’essa di pratiche magiche ; di lei parleremo in seguito.
Secondo Esiodo, Circe diede dei figli ad Odisseo : Agrio, Latino e Telegono.
4
Come riportato dal Kerényi
5
, le fonti nominano anche una figlia della dea :
Cassifone, “la fratricida”, un nome che potrebbe appartenere a Medea. In una storia
narrata da Eugammon
6
, rapsodo di Cirene dei primi anni del sesto secolo a. C., si
racconta di come Telegono uccise suo padre Ulisse senza saperne l’identità e poi,
accortosi dell’errore, prese con sé il morto e il fratellastro Telemaco, dirigendosi
all’isola di Circe, sua madre. Lì la maga conferì l’immortalità a tutti e si celebrò un
matrimonio incrociato tra lei e Telemaco e tra Telegono e Penelope.
Nonostante le sia riconosciuta una prole, Circe non è una divinità materna ma
è descritta nel mito come pericolosa seduttrice esperta nell’arte magica. Lo spazio
entro il quale esercita la sua potenza incantatrice è delimitato dalla sua stessa isola,
dove opera indisturbata i suoi malefici. La linea di confine che separa il suo territorio
da tutto il resto del cosmo è un cerchio che racchiude l’isola Eèa e che
simbolicamente circonda il dominio magico della dea, un mondo completamente
estraneo a quello umano e olimpico in cui le uniche regole valide sono quelle dettate
2
Cfr. Kerènyi K., Töchter der Sonne,1944 ; trad. it. Torino 1949, p. 71.
3
Pseudo-Apollodoro , I, 9, 1.
4
Igino, accanto a Telegono, nomina Nausitoo.
5
Op. cit., p. 74.
6
Cfr. Pellizer E., Favole d’identità - Favole di paura. Storie di caccia e altri racconti, Roma 1982,
pp. 72-4. L’autore riferisce questa storia e la analizza.
12
dalla volontà della sua padrona Circe, che con i suoi incantesimi assoggetta ogni
creatura ed ogni realtà naturale dell’isola. Il nome stesso di Circe suggerisce la figura
del cerchio
7
ed al maschile, ki/rkoj
8
, indica il falco, un uccello che plana
circolarmente sulla sua preda, oppure una specie di lupo che gira intorno alla propria
vittima. La magia erotica greca , come vedremo, sfruttava la potenza del cerchio
nell’incantesimo d’amore, legando un piccolo torcicollo ad una rotellina che veniva
fatta girare vorticosamente su se stessa. Un altro motivo che rende così appropriato il
nome di Circe è da ricercare nelle origini della dea, figlia del Sole che avanza con
moto circolare.
Circe incarna i due aspetti essenziali della femminilità delle donne del mito :
quello tremendo di signora potente e pericolosa, ingannevole e astuta seduttrice, e
quello rassicurante e propizio di amante premurosa e devota. Anche dagli aggettivi a
lei riferiti possiamo cogliere questa ambivalenza: Ki/rkh e)uplo/kamoj
9
, Circe
riccioli belli; Jea=j kalliploka/moio
10
, dea trecce belle ; po/tnia Ki/rkh
11
, Circe
sovrana ; di=a Jea/wn
12
, dea luminosa ; Ki/rkhj t’Ai)ai/hj
13
, Circe Eèa ;
a)Jana/th Ki/rkh
14
, Circe immortale. La bellezza della dea è l’esca allettante dietro
alla quale si celano le più pericolose insidie di una polufarma/kou
15
, ricca di
farmaci ; deinh£ Jeo£j au)dh/essa
16
, terribile dea dalla parola umana ; do/lon
polumhxani/hn te
17
, inganno e astuzia grande ; Ai)ai/h dolo/essa
18
, Eèa
maliarda.
I.1. Eèa, cerchio magico
7
Cfr. Kerényi K., op. cit., p. 70.
8
Cfr. Chantraine P., Dictionnaire étimologique de la langue grecque. Histoire des mots, Paris 1968-
80, s. v. kir/koj. Secondo l’autore il riferimento al cerchio è poco plausibile ma non impossibile.
9
Od. X, 136. La traduzione italiana di ogni citazione dall’Odissea è di Rosa Calzecchi Onesti.
10
Od. X, 220.
11
Od. X, 394.
12
Od. X, 400.
13
Od. XII, 273.
14
Od. XII, 302.
15
Od. X, 276.
16
Od. X, 136.
17
Od. XXIII, 321.
13
L’isola di Circe è lontanissima dal mondo degli uomini e da quello degli dei ;
leggendo questi versi di Omero, sembra addirittura sia situata in un luogo indefinito,
al di là dei confini orientali e occidentali del mondo conosciuto dai Greci :
O cari, qui non sappiamo dov’è la tenebra e dove l’aurora,
o dove il Sole, che gli uomini illumina, cala sotto la terra,
o dove risale
19
.
Eppure, sempre nell’Odissea, troviamo un’altra indicazione - “e all’isola Eèa,
dove l’Aurora nata di luce / ha la casa e le danze, dov’è il levarsi del Sole”
20
- che ci
farebbe pensare ad una collocazione geografica all’estremo Oriente. È risaputo,
invece, che l’isola magica viene identificata con l’odierno monte Circeo, anticamente
separato dalla terraferma tramite un’area paludosa. Secondo Diodoro
21
, Circe
raggiunge il Circeo - che ha lo stesso nome di una pianura della Colchide -
trasportata dal carro di Elio
22
, dopo essere fuggita dalle rive del Ponto a causa della
rivalità con sua madre, riconoscibile come Ecate, dalla quale aveva imparato così
bene a preparare filtri magici che ormai non aveva più bisogno di alcun
suggerimento in materia.
Il denominatore comune a queste differenti versioni è la marginalità di Eèa
che, poco importa se a Oriente o ad Occidente, è situata ai confini del mondo,
sospesa e leggendaria, quasi in una dimensione parallela dove ogni riferimento e
parametro comunemente riconosciuto perde la sua efficacia e lascia spazio alle
irrazionali forze magiche. L’impressione di fondo è che Eèa sia un microcosmo in sé
perfetto e autonomo dove i pochi visitatori che hanno l’ardire o la sfortuna di
sbarcarvi, non abbiano altra possibilità che quella di perdere la propria umanità e di
venire inglobati nelle forme e nelle dinamiche del nuovo “cosmo” che li ospita.
Il lettore forse non sarà d’accordo con questa interpretazione pensando al
caso di Odisseo che - anche se unico esempio - non è rimasto intrappolato nell’isola
18
Od. IX, 32.
19
Od. X, 190-92.
20
Od., XII 3-4.
21
Diodoro Siculo, IV, 45.
14
ed ha permesso anche ai suoi compagni di uscire indenni dalle malie di Circe. Non
dimentichiamo che l’eroe ha vinto questa prova solo con l’aiuto divino e che la
dimostrazione della superiorità della forza razionale su quella magica torna a tutto
vantaggio di chi per primo ha affermato questo primato ponendosi a capo della
generazione olimpica : Zeus. Sotto il suo controllo deve stare - almeno
apparentemente - ogni realtà umana o divina, specialmente quella magica che è la più
pericolosa. Di fatto, una volta che Odisseo lascia Eèa, l’isola resta lo spazio in cui -
come prima dell’arrivo dell’eroe - l’incantatrice opera indisturbata, senza dover
sottostare a nessuno, unica signora del suo mondo. La stessa impressione ci suscitano
i versi di Apollonio Rodio
23
in cui Circe viene sorpresa da Medea e Giasone mentre è
intenta a purificarsi dai cruenti sogni notturni, presagio dell’arrivo ad Eèa
dell’assassina e del suo compagno. Nel sogno “le fiamme inghiottivano i filtri coi
quali prima incantava ogni straniero che veniva da lei”, flo£c d’a)Jro/a fa/rmak’
eÃdapten, oiÂsi pa/roj cei/nouj Je/lg’ a)ne/raj oÀj tij iÀkoito
24
. Questi versi
fanno pensare all’arrivo di uomini ad Eèa come ad un fatto non così raro ed insolito
ed indicano un rapporto non paritario tra l’isola e coloro che vi approdano poiché
questi ultimi vengono “fagocitati” dal mondo magico del nuovo ambiente e
“divorati” dai potenti filtri dell’incantatrice, poiché il potere seduttivo del fascino di
Circe è disarmante nel senso più profondo del termine : può spogliare l’uomo della
sua arma migliore, la razionalità. Questa pericolosa dinamica può sussistere grazie al
richiamo erotico che la splendida signora di Eèa incarna e molti sono i particolari
contenuti nel racconto omerico che ci descrivono l’isola come un paradiso troppo
bello per essere vero, dove le bestie più feroci sono stranamente mansuete e dove la
loro signora accoglie gli stranieri con una grazia ed una disponibilità eccessive. La
casa di Circe, è circondata da folti querceti e dalla macchia, dia£ druma£ pukna£
kai£ uÀlhn
25
. La quercia è il simbolo della sovranità celeste e terrestre ed è quindi
associata a divinità molto potenti ; lo stesso Zeus a Dodona aveva una quercia sacra
ove si trovava il più antico oracolo greco le cui profetesse erano delle donne. Nel
22
Cfr. Apollonio Rodio, Argonautiche, III, 309-313.
23
Apollonio Rodio, IV, 662-82.
24
Apollonio Rodio, IV, 666-7 ; trad. it. G. Paduano.
25
Od. X, 150.
15
caso di Circe, è importante considerare il prodotto che l’albero fornisce e di cui la
maga fa uso per nutrire i suoi maiali, che sappiamo essere uomini trasformati dai
suoi poteri : “a loro Circe / ghiande di leccio e di quercia gettava e corniole / a
mangiare”
26
. Le ghiande del leccio (aãkulon ba/lanon) e di altre querce come il
rovere, la Macrolepsis e la Valonea
27
, sono eduli e si credeva avessero proprietà
afrodisiache : in greco ba/lanoj indica sia la ghianda che il glande ed è
naturalmente un simbolo evidente del potere dell’attrattiva erotica.
I maiali che si nutrono di questo cibo non sono gli unici presenti ad Eèa, la
quale è ricchissima di una fauna bizzarra che circonda la bella incantatrice e che le è
docilmente sottomessa.
I.2. Circe po/tnia Jhrw=n
Gli animali selvaggi riconoscono Circe come padrona e la attorniano
costantemente facendoci ravvisare nella sua persona divina tutte le caratteristiche
dell’antica po/tnia Jhrw=n, la signora delle fiere, grande dea a cui appartiene il
segreto dell’amore e della morte, legata alla rinascita nel ciclo della vegetazione. Il
primo elemento, nel racconto omerico, che ci introduce nella sfera di potenza della
dea dei luoghi selvaggi è l’incontro di Odisseo con il cervo, che l’eroe cattura e di
cui si ciba. Si tratta di un’animale enorme (deinoi=o pelw/rou
28
), una bestia non
comune, tanto più che nel mito il termine to£ pe/lwr e la forma to£ pe/lwron, sono
sempre riferiti ad esseri viventi prodigiosi o mostruosi
29
come, per citarne alcuni,
Medusa
30
, Tifone
31
, Polifemo
32
e Scilla
33
.
26
Od. X, 241-43.
27
Cfr. Cattabiani A., Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante, Milano 1996, pag. 51.
28
Od. X, 168.
29
Cfr. Roessel D., “The stag on Circe’s island : an exegesis of a homeric digression”, Transactions of
the American Philological Association, 119, 1989, pp. 31-6.
30
Cfr. Iliade, V, 741 e Odissea XI, 634.
31
Cfr. Esiodo, Teogonia, 856.
32
Cfr. Od. IX, 428.
33
Cfr. Od. XII, 87.
16
Eèa è piena di animali prodigiosi, lupi montani e leoni che Circe “stregò,
dando farmaci tristi”, kate/Jelcen, e)pei£ kaka£ fa/rmak’ eÃdwken
34
, e che si
comportano in maniera molto strana apparendo mansueti come animali domestici ma
- proprio per questo atteggiamento a loro improprio - suscitano nei compagni di
Odisseo un terrore profondo.
Queste bestie erano in origine degli uomini ? Le parole pronunciate da
Euríloco sembrano confermare questa ipotesi :
Ah miseri, dove andiamo ? perché vi cercate sciagure ?
andar nella casa di Circe, che tutti
o in porci o in lupi ci cambierà o in leoni,
sicché il gran palazzo le custodiamo per forza
35
.
Virgilio, che riduce di molto la complessità della figura di Circe
36
, dà credito
a questa convinzione di Euríloco e parla di leoni, orsi, cinghiali e lupi che gemono
rinchiusi in gabbia e che un tempo furono uomini, mutati poi in bestie dalle erbe
tremende della maga : quos hominum ex facie dea saeva potentibus herbis / induerat
Circe in voltus ac terga ferarum
37
.
Secondo il Kerènyi
38
, le fiere stregate potrebbero essere state anche comuni
bestie poi trasformate negli animali cultuali della po/tnia Jhrw=n, divinità
preolimpica della quale solitamente è considerata erede Artemide. La grande figlia di
Leto non è l’unica a conservare questa caratteristica e possiamo rendercene conto
leggendo alcuni versi dell’inno omerico ad Afrodite :
Giunse all’Ida ricca di fonti, madre di fiere,
e mosse direttamente al recinto, attraverso la montagna ; al suo seguito
34
Od. X, 213.
35
Od. X, 431-34.
36
A questo proposito si veda l’articolo di Segal C., “Circean temptations : Homer, Vergil, Ovid”,
Transactions of the American Philological Association, 99, 1968, pp.419-442. L’autore è d’accordo
con il Knauer nel rilevare come Virgilio abbia rovesciato il significato della Circe omerica.
Nell’Odissea è una figura che infine si rivela indispensabile per il viaggio dell’eroe mentre
nell’Eneide è più un ostacolo soprannaturale che simboleggia l’esca della passione amorosa.
37
Virgilio, Eneide, VII, 19-20.
38
Cfr. Kerènyi K., op. cit., pp. 67-8.
17
docili andavano grigi lupi, fieri leoni,
orsi, e veloci pantere avide di caprioli :
al vederli gioiva nella mente e nel cuore,
e infondeva nei loro petti il desiderio : ed essi, tutti
nel medesimo tempo, giacevano a coppie nelle vallate ombrose.
39
La figura di Afrodite ha molte affinità con Circe : entrambe le dee sono
esperte nell’arte della seduzione e nella magia erotica e tutte e due, come abbiamo
appena visto, possiedono le caratteristiche tipiche della po/tnia Jhrw=n. Notiamo
che già in Apollonio questi tratti non appartengono più alla signora di Eèa che è
descritta come abilissima maga capace di creare dal fango
40
degli esseri mostruosi.
Queste creature, che formano il suo seguito, non assomigliamo né ad uomini né a
bestie selvagge :
E con lei mostri, non simili a fiere selvagge,
e neanche ad uomini, misti di membra diverse,
venivano in massa, così come un gregge di pecore,
lascia le stalle, tenendo dietro al pastore.
Già in passato aveva fatto fiorire dal fango
esseri come questi, fatti di membra commiste,
quando ancora non era condensata dall’aria secca
e non le avevano ancora tolto l’umido i raggi
prosciuganti del sole : poi mise ordine il tempo, distribuendoli
in specie. Ma allora avevano forma indicibile i mostri
che la seguivano, e uno stupore grandissimo prese gli eroi.
41
39
Inno omerico ad Afrodite, vv.68-74, trad. it. Càssola F.
40
Per i filosofi Anassimandro ed Archelao il fango era il principio vitale.
41
Apollonio Rodio, IV, 672-82, trad. it. Paduano G. ; secondo Paduano e Fusillo (commento alle
Argonautiche di Apollonio Rodio, Milano, 1998
9
, p. 609) “ Apollonio innova profondamente la
tradizione omerica, dove Circe si limita a trasformare gli uomini in animali, lasciando loro l’intelletto
umano e mette al seguito di Circe dei mostri inquietanti che secondo Empedocle avevano
rappresentato la prima forma di vita animale sulla terra”.