assumono gli stereotipi femminili nel contesto economico politico e
culturale del periodo.
La ricerca di una nuova collocazione di sé non solo nell’ambito
pubblico o delle codificazioni legislative, ma anche nel privato, nella
sfera affettiva che comprende le relazioni con i familiari e le relazioni
tra i sessi, comporta la scelta di traiettorie di vita diverse rispetto alle
consuete rappresentazioni sociali di genere che il fascismo aveva
imposto. E tali scelte sono accompagnate da un forte senso di
responsabilità di fronte alla contraddittorietà dei modelli proposti dalla
società di allora, da quelli di stampo tradizionalistico suggeriti dalla
morale cattolica, a quelli più moderni che propongono una donna
emancipata protagonista dell’imminente rivoluzione dei consumi.
Componente significativa di tali scelte è il lavoro, considerato dalla
donna non più solo come mezzo di indipendenza economica ma anche
come modalità di espressione delle proprie attitudini e capacità in vista
di una più completa realizzazione personale.
Ci è parso interessante pertanto studiare in modo particolare questo
aspetto: come lo schermo cinematografico rifletta il complesso ruolo da
protagonista interpretato dalla donna degli anni ’50 quando la donna si
trovi alle prese con il mondo del lavoro.
Questa la ragione che ha orientato la nostra scelta su quelle opere
cinematografiche in cui meglio risalta una figura di donna lavoratrice.
La donna è la protagonista nella maggior parte della produzione
cinematografica del decennio e la quantità e varietà dei film da
esaminare al nostro scopo si presentava cospicua; si è quindi proceduto
alla individuazione di una serie di titoli in cui il lavoro femminile è una
componente significativa nello svolgimento della vicenda narrata.
6
La scelta degli otto film cui abbiamo dedicato un’analisi più
approfondita è scaturita da una selezione dei film sulla base di precisi
requisiti: caratteristica comune ai titoli scelti, proposti sugli schermi
lungo l’intero arco temporale dal 1949 al 1961, è il contesto storico
contemporaneo agli anni ‘50; diversi i contesti ambientali che spaziano
dalla campagna (Riso amaro), alla grande città (Le amiche, Renzo e
Luciana), alla periferia (Le ragazze di Piazza di Spagna), in diverse
localizzazioni geografiche d’Italia dal nord a centro sud; diversi gli
ambienti sociali in cui si muovono le protagoniste: da quello popolare
della borgata romana (Le signorine dello 04) a quello alto borghese (Le
amiche, La signora senza camelie). Infine, le protagoniste esercitano i
mestieri femminili a quel tempo più diffusi: la contadina, la sarta,
l’attrice, l’impiegata, la prostituta.
La figura di donna emerge dagli schermi in una colorita varietà di
personaggi: dalla inguaribile sognatrice alla concreta padrona di casa,
dalla romantica brava ragazza alla cinica donna in carriera, vere donne
dunque che hanno davvero preso il posto delle dive e delle stelle.
7
CAPITOLO I
IL CONTESTO STORICO E SOCIALE
Gli anni Cinquanta sono testimoni di rilevanti cambiamenti che
coinvolgono ogni aspetto della società, sotto il profilo politico,
economico, sociale.
Cambiamenti che toccheranno da vicino le donne e saranno guardati
con una maggiore attenzione da parte della società rispetto a quanto
avveniva in tempi passati, a dimostrare un interesse più profondo nei
confronti dell’evoluzione del ruolo femminile; così scrive la Garofalo
4
:
“Ufficialmente” sembra che questa sia l’ora delle donne,
almeno a giudicare dall’interesse con cui se ne parla nei
giornali, nei circoli politici e anche nelle famiglie…Si
sente che le donne hanno un patrimonio di energie
accumulate, che nemmeno questi ultimi anni sono riusciti
a consumare.
LA NASCITA DELLA REPUBBLICA
Nel 1946 il referendum rivela la scelta degli Italiani verso la nuova
forma dello stato: la Repubblica. Si svolgono le elezioni per
l’Assemblea costituente che avrà il compito di preparare una nuova
carta costituzionale.
4
Garofalo A., op. cit., p. 16
8
Il punto di partenza per la ripresa del cammino della nuova repubblica
sono le elezioni del 1948 in cui la vittoria della Democrazia Cristiana
supera ogni più rosea previsione
5
dando avvio al consolidarsi del
dominio centrista che si protrae fino al ’63. Sotto la guida di De Gasperi
si recupera la stabilità politica necessaria in un periodo di rapide
trasformazioni sociali ed economiche, nonostante la Chiesa osteggiasse
le iniziative riformatrici in molti campi del vivere sociale. Il pontificato
di Pio XII dal 1939 al 1958 estende la sua influenza anche alla sfera
politica: il pontefice rivendica il diritto di pronunciarsi, e si aspetta una
rispettosa obbedienza, ogni qual volta la politica si interessi a temi
correlati anche marginalmente alla religione o alla morale.
La nuova Repubblica si troverà ad affrontare seri problemi, fra i più
urgenti: la ricostruzione, la riconversione della struttura produttiva e lo
storico divario nord-sud
6
aggravato dai maggiori danni subiti nel
Meridione. Nonostante la creazione della Cassa per il Mezzogiorno nel
1950
7
e il Piano Vanoni
8
nel 1954 – un anno in cui la disoccupazione fu
5
la DC raggiunge il 48,5 per cento dei voti e la maggioranza assoluta alla
Camera con 305 seggi su 574, vittoria ottenuta a spese tanto dei partiti di sinistra
che di quelli di destra.
6
Le imprese industriali di maggiori dimensioni, spesso a controllo
familiare, rimanevano nell’assai più ricco Nord: la Fiat a Torino, l’Italsider e
l’Ansaldo a Genova, l’Olivetti a Ivrea, e la Pirelli, l’Edison, la Montecatini e la
Snia Viscosa a Milano. Mack Smith D., Storia d’Italia dal 1861 al 1997, Bari,
Laterza, 1997, p.580
7
Il Piano prevedeva interventi mirati a risolvere l’annoso squilibrio, fra
cui l’apertura di succursali delle maggiori aziende del nord in località del sud:
l’Olivetti apre a Napoli una fabbrica di macchine per ufficio, la Montecatini
investe in Sicilia nella petrolchimica e nei fertilizzanti. Ibid, p.584
8
Il piano del ministro democristiano delle finanze, Ezio Vanoni, che
doveva coprire il decennio 1955-64, aveva tre obiettivi principali: la piena
occupazione, la graduale riduzione dello squilibrio economico Nord-sud,
l’eliminazione del deficit della bilancia dei pagamenti. Il piano Vanoni non venne
mai realizzato….la pianificazione razionale dello sviluppo economico italiano
rimase una chimera. Ginsborg P., Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Società e
Politica 1943-1988, Torino, Einaudi, 1989, p. 222
9
particolarmente pesante, si susseguono anni di massiccia emigrazione
dalle campagne verso le fabbriche delle grandi città del nord
9
, e per il
nord si apre un difficile periodo in cui far fronte ai problemi di
accoglienza di un gran numero di operai spesso con famiglie al
seguito.
10
L’economia in stato di grave prostrazione e la struttura stessa della
società prevalentemente agricola, arretrata e provinciale non
sembravano poter offrire concrete possibilità di una netta ripresa.
LO SVILUPPO ECONOMICO
Tuttavia, nonostante le difficoltà, pochi anni dopo la fine della guerra,
nel periodo che va dalla metà degli anni ‘50 al 1963 si assiste al
cosiddetto “miracolo economico”, praticamente il fenomeno centrale
scaturito da un graduale processo di cambiamento distribuito nel tempo
che porterà l’Italia fra i paesi economicamente più avanzati d’Europa.
All’alba della nuova repubblica, fra il ‘46 e il ’48 il controllo statale
dell’economia è stata la strategia sostenuta da tutti i partiti, sulla scia di
quanto sta accadendo nei maggiori Paesi europei. A partire dal 1947
invece l’orientamento cambia: l’avvio della dottrina Truman e il suo
piano di aiuti all’occidente europeo in chiave antisovietica gioca un
9
Il censimento del 1961 rivela che gli occupati nell’industria hanno
raggiunto il 38% della popolazione lavoratrice, mentre i lavoratori nel terziario
erano il 32%. L’occupazione nell’agricoltura era invece scesa notevolmente,
costituiva il 30% della forza lavoro. Ginsborg P., Ibid, Appendice statistica tav.
39
10
tra il 1951 e il 1961 la popolazione di Milano aumenta del 24,1%,
quella di Torino del 42,6%. Nello stesso periodo, le regioni del Meridione
perdono 1.772.396 abitanti che si indirizzano per circa la metà verso il Nord
Italia. A.A.V.V. Diario d’Italia, due Secoli di Storia giorno per giorno, Novara,
De Agostini, 1994, p. 546
10
ruolo determinante negli equilibri politici italiani
11
. La mancanza di una
pianificazione e soprattutto di una verifica del raggiungimento di
obiettivi prefissati inciderà molto negativamente a lungo termine
sull’economia italiana, prova ne è che già nel 1963 si accusano i
sintomi della recessione.
Il boom economico fu infatti vissuto senza strumenti adeguati di
pianificazione
12
. Ciononostante si raggiunge il pareggio della bilancia
dei pagamenti nel 1958 e la piena occupazione attorno al 1960, e si
sconfigge l’inflazione, non mancano comunque risultati apprezzabili
sul ruolo dell’Italia sul piano internazionale caratterizzato da
un’apertura del mercato agli scambi con gli altri paesi. Nel 1951 l’Italia
aderisce alla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, nel 1957
entra nel Mercato Comune Europeo.
L’apertura ai mercati esteri e i prezzi concorrenziali del prodotto
italiano reso possibile da un basso costo della manodopera giocano una
carta importante a favore del rilancio dell’economia: molte imprese
metalmeccaniche italiane espandono il loro mercato aggiudicandosi
appalti anche fuori dai confini italiani, e presto anche fuori da quelli
europei. Inoltre proprio in quegli anni giungono dall’America oltre ai
capitali del Piano Marshall, soprattutto macchinari e Know-how che
tutti insieme serviranno a diffondere idee innovative nel campo degli
investimenti produttivi, idee che infonderanno un nuovo spirito di
iniziativa alle leve di piccoli e grandi imprenditori che si formeranno in
quegli anni. Una lunga tradizione di capacità artigianali specializzate si
11
Tra il 1948 e il 1952 giunsero in Italia beni per oltre 1,4 miliardi di
dollari, l’80% sotto forma di beni e il 20% sotto forma di crediti a condizioni
molto favorevoli. Ė stato calcolato che gli aiuti Marshall rappresentarono circa il
2 per cento del prodotto nazionale lordo per un periodi di 4 anni. Ginsborg P.,
op.cit, p. 212.
12
Unico tentativo degno di nota è il Piano Vanoni nel 1954 “Schema
decennale di sviluppo del reddito e dell’occupazione”
11
adatta tempestivamente alle necessità dell’industria e delle nuove
tecniche produttive. Le imprese tradizionali – Fiat, Pirelli, Montecatini
e Olivetti – recuperano il terreno perduto, ed entro breve tempo si
trovano con pochi rivali in Europa. Appaiono nuove imprese che
soddisferanno in quegli anni la grande domanda interna di articoli come
gli scooter, le fibre artificiali, le macchine per ufficio, gli
elettrodomestici: l’Italia diventa in breve tempo il primo produttore
europeo di elettrodomestici e l’industria automobilistica diventa uno dei
fattori trainanti dell’economia italiana, mentre l’industria manifatturiera
si espande oltre il triangolo industriale.
Ma presto emerge anche il lato negativo di questo intenso sviluppo: si
evidenziano squilibri fra consumi pubblici e consumi privati: si viene a
creare la cosiddetta “distorsione dei consumi” che si caratterizza nello
sfasamento delle priorità: mentre cade l’attenzione verso beni quali le
scuole gli ospedali, le case, i trasporti e tutti i generi di prima necessità,
si assiste a una rapida crescita della produzione di beni privati.
Caratteristica questa che sarà responsabile di una corsa al benessere che
anziché essere indirizzata verso i bisogni collettivi ed urgenti della
collettività, si dirige invece verso gli interessi delle singole unità
familiari : spesso le case non disponevano di servizi igienici interni, ma
non si rinunciava al primo televisore, si acquistava, magari a rate la
prima utilitaria, mentre il trasporto ferroviario era privo della necessaria
manutenzione.
Si assiste in pratica ad una assimilazione troppo rapida della struttura
dei consumi di stampo americano tipica delle società più ricche,
borghesi e cittadine da parte di una società che è in fondo ancora
provinciale e contadina.
12