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Introduzione
La ricerca dei crismi, delle caratteristiche, nonché della fisionomia della figura
dell'autore ha tracciato un proprio solco all'interno della storia delle teorie del cinema.
Tale figura ha subìto una vasta gamma di specificazioni e di definizioni nel corso del
tempo, in coincidenza con l'alterazione del concetto e del peso che il cinema e
l'audiovisivo assumevano di volta in volta all'interno della storia culturale. Data la
natura materiale del prodotto cinematografico, non è difficile riscontrare istanze di
discussione sulla natura dell'autore già nel XIX secolo con la nascita della fotografia,
che poneva una forte presa di posizione nei confronti di una nuova tecnica che
sembrava gareggiare con la pittura, senza però averne l'approccio fisico e diretto di una
figura che ne licenziasse la paternità. Il gesto diretto della mano che crea l'oggetto
artistico, perfetta raffigurazione della creazione artistica e nel contempo del ruolo
dell'artista, era un concetto messo in discussione da un mezzo tecnico come la macchina
fotografica. Baudelaire lamentava la mancanza della manualità della Teknè
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.
“In questi tristi giorni si è fatta avanti una nuova industria che ha
contribuito non poco a rafforzare nella sua fede la piatta
stupidità…secondo cui l’arte non è né può essere che una
precisa restituzione della natura…Un Dio vendicativo ha
esaudito la voce di questa massa. Daguerre è diventato il suo
messia.”
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“Se alla fotografia si permetterà di integrare l’arte in alcune
delle sue funzioni, quest’ultima verrà ben presto soppiantata e
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Per un’analisi della questione dell’autorialità nella fotografia nell’Ottocento, cfr. Claudio Marra,
Fotografia e pittura nel Novecento. Una storia senza combattimento, Bruno Mondadori, Milano
1999
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Charles Baudelaire, Salon de 1859, Œuvres complètes, Paris, Gallimard, 1976
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rovinata da essa, grazie alla sua naturale alleanza con la
moltitudine. Essa deve perciò tornare al suo compito genuino,
che consiste nell’essere l’ancella delle scienze e delle arti.”
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Da allora la figura dell'artista e, quindi, la questione della paternità dell'opera è stata
modulata da logiche e movimenti culturali sempre diversi.
Il dibattito sposta il proprio centro di attenzione considerevolmente nella misura in cui
l'oggetto artistico muta la sua forma. Il cinema, evoluzione in movimento della tecnica
fotografica, ha vissuto nei suoi primissimi decenni una serie di cambiamenti logici,
formali, narrativi e produttivi, assestamenti dovuti alla natura ancora embrionale di
questa forma d'arte. Un'espressione artistica innovativa soprattutto per il suo legame
indissolubile con la logica dell'industria. La simbiosi della produzione delle immagini in
movimento con l'industria è stato sia un elemento indispensabile per comprenderne
l'identità, anche ontologica, sia il punto su cui i suoi maggiori detrattori, con a capo
Adorno e Horkheimer
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, hanno focalizzato le loro critiche e i loro dubbi
sull'accostamento del cinema e dell'audiovisivo al campo dell'arte. Eppure per una
definizione di chi possa essere considerato l'autore di un film è imprescindibile partire
dalle modalità di produzione dello stesso, che cambiano al variare dell'ambito
geografico e culturale, dalle logiche industriali predominanti e, soprattutto, della natura
dell'oggetto audiovisivo. La necessità di dare una forma e una sostanza all'autore non è
né mero esercizio elucubrativo né pura ricerca di una motivazione attraverso cui
garantire uno statuto d'arte all'oggetto audiovisivo – come dire, c'è l'arte quando c'è
l'artista – quanto, piuttosto, un'esigenza di ordine strumentale e una di ordine
antropologico. Nel primo caso, l'autore è un'etichetta che deve rispondere alla necessità
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C. Baudelaire, ibidem
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Max Horkheimer, Theodor W. Adorno, Dialettica dell’illuminismo, Einaudi, 1997
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di racchiudere un gruppo di oggetti secondo un criterio comune e, quindi, integrabile in
una funzione indicale. In senso antropologico, l'individuazione dell'autore di un'opera
risponde all'esigenza da parte dello spettatore di attribuire parte della responsabilità
comunicativa ad un soggetto antropomorfo altro da sé.
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È possibile individuare un filone molto prolifico di dibattiti sulla presenza o meno di
un'istanza autoriale all'interno di un settore ben definito e comunque in continua
evoluzione, quello della produzione seriale. Benché il concetto di narrativa e, mutatis
mutandis, di produzione audiovisiva di tipo seriale sembri, ad uno sguardo rapido e
superficiale, escludere una concezione di autore come noi lo conosciamo dal cinema e
dalla narrativa classiche, ciò nondimeno è possibile individuare una figura che sussume,
all'interno della produzione strettamente seriale, le caratteristiche, prima elencate, di
autore. Per capire quale possa essere, è necessario studiare a fondo la natura della
serialità, approfondendo in maniera particolare ciò che riguarda la produzione seriale
televisiva.
Se la serialità nasce infatti dalla carta stampata, e in particolare dal feuilleton, è nella
produzione audiovisiva, cinematografica prima e televisiva poi, che il discorso del
rapporto tra autore e serialità si fa più complesso. È impossibile, tranne in sporadici
casi, sovrapporre integralmente la concezione di autore cinematografico a quella di
autore di una serie televisiva. Benché quella dell'autore cinematografico sia una
definizione continuamente soggetta a spostamenti più o meno lievi, nel corso degli anni
e nel succedersi delle varie correnti di pensiero, si è andata affermando una visione del
cinema sì come arte collettiva, in cui numerosi input di natura artistica e tecnica
collaborano in egual modo, ma con un elemento che monda le differenze ed unifica la
varietà dei contributi in un oggetto omogeneo: il regista. Egli, in quanto organizzatore
della messa in scena finale, direttore degli attori e istanza che tende ad amalgamare il
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Guglielmo Pescatore, L’ombra dell’autore, Carocci Editore, Roma, 2006, pag. 21
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flusso di competenze eterogenee di tutte le maestranze coinvolte nella produzione del
film, viene riconosciuto come centro della produzione artistica cinematografica, in
particolar modo da quando la generazione dei “Giovani Turchi” dei Cahiers du Cinema,
nella metà degli anni Cinquanta, ha sgomberato il campo dai tentennamenti delle teorie
critiche precedenti e ha posto una pietra miliare al dibattito sulla nozione d'autore con il
testo Alì Baba et la “Politique des Auteurs”. Ben altro campo di gioco è la serie
televisiva, per la sua natura produttiva e narrativa. Le dinamiche di produzione infatti
rendono più difficile individuare un'unica figura a cui ricondurre le responsabilità del
prodotto. Il regista, nel caso della serie televisiva, si limita al semplice ruolo di shooter,
ovvero di tecnico che si occupa di gestire le riprese. A parte sporadiche eccezioni,
infatti, una stagione contiene episodi girati da svariati registi proprio perché non è
necessaria una cura formale eccessiva, prerogativa del cinema, non sono presenti
difficoltà in ambito tecnico e, nel contempo, c'è la necessità di ottimizzare i costi di
produzione girando quanto più possibile nel minor tempo possibile. In questo contesto
non ci può aiutare, se non nella definizione di alcuni paletti, neanche l'approccio seriale
che il cinema negli anni '10 aveva iniziato con risultati quantitativamente proficui ma
che, nel corso degli anni, si sono spenti gradatamente, lasciando tracce ed influenze più
nel cinema a venire piuttosto che nella televisione futura. Il grado di difficoltà aumenta
ulteriormente se consideriamo, sempre all'interno della produzione televisiva, contesti
geografici e storici differenti.
Per la sua diffusione, il modo con cui ha influenzato la cultura popolare e ha segnato
l'immaginario collettivo, è interessante arginare il campo di studio al fenomeno delle
serie televisive americane. La televisione americana, infatti, ha storicamente investito
molto su questa tipologia di prodotto e ha prodotto sperimentazioni interessanti per quel
che concerne l'approccio ai generi e le strutture narrative. All'interno della serialità
televisiva americana, poi, è possibile individuare un lasso di tempo, attualmente in corso
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e definito come Second Golden Age
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, in cui i prodotti seriali hanno subìto un'evoluzione
di tipo tecnico e narrativo molto interessante, che per la cura e l'alto grado di
sperimentazione gareggiano con le produzioni cinematografiche, talvolta superandole.
Lavorando sempre dentro ed intorno ai generi, la nuova serialità televisiva americana ha
introdotto una serie di innovazioni e di restyling del look. La causa scatenante è la
proliferazione dei canali televisivi via cavo, i quali richiedono un maggior numero di
prodotti a serialità ripetuta per riempire le ore di programmazione ed attirare e
trattenere, ponendo una maggiore attenzione alla qualità del prodotto, una fascia di
pubblico sempre più ampia e fidelizzata. I processi di differenziazione del prodotto
cambiano: se prima le serie televisive erano composte da episodi one stand night, in cui
l'arco narrativo si apriva e si concludeva all'interno del singolo episodio, quindi capaci
di attrarre il pubblico senza che esso le seguisse dall'inizio, adesso i prodotti seriali si
configurano sempre di più come serial, ovvero come narrazioni in cui le puntate sono
collegate tra di loro e ognuna di esse è un frammento di una trama interrotta.
L'approccio da parte dello spettatore cambia: non è più solo il genere a spingerlo verso
la scelta di seguire un prodotto che richiederà tempo ed attenzione per seguirne gli
eventi, ma si fa strada un richiamo più forte di una figura autoriale che diventi garanzia
della qualità del prodotto e della coerenza dell'intreccio.
Il travaso tra cinema e televisione, proprio per l'interesse di alcuni cineasti alle forme
narrative che la televisione permetteva di adottare, aveva già messo in pratica una forma
di applicazione dell'autorialità come marca di garanzia della qualità del prodotto. Basti
pensare a David Lynch che, con Mark Frost, produce all'inizio degli anni Novanta Twin
Peaks, una serie archetipica e che è tuttora fonte di ispirazione per i più grandi mystery
drama prodotti dalla televisione statunitense. Nei trentadue episodi che compongono il
serial, Lynch ha “diluito” la medesima cifra stilistica che lo ha contraddistinto come
regista: atmosfere oniriche, bizzarri personaggi, costante ambiguità tra ciò che reale è
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Robert J. Thompson, Television’s Second Golden Age, Syracuse University Press, 1997