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accennate) nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali,
sebbene siano ugualmente connesse alla figura del serial killer.
Ho inoltre affrontato l'argomento della donna serial killer, un universo
ancora poco conosciuto, la cui entità numerica tende ad essere sottostimata
e di conseguenza trattato da pochi studiosi. Ho proceduto in questa sede ad
indicare le caratteristiche fondamentali della donna assassina seriale e ciò
che la differenzia dall’uomo nel commettere questo tipo di omicidio.
Si è reso quindi indispensabile dedicare la parte finale dell’elaborato
all’eziologia del fenomeno, vale a dire alla rilevanza che ha il contesto
familiare e soprattutto l’infanzia nella formazione del potenziale serial
killer. Segue brevemente una descrizione relativa alle cause biologiche,
psicologiche e sociali.
Infine, ho ritenuto opportuno porre l’accento sulla prevalenza che,
generalmente, la letteratura criminologica dà alla matrice sessuale
nell’innescare l’atto omicidiario seriale.
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Premessa
Ultimamente si sta assistendo ad un nascente interesse nei confronti
del fenomeno degli omicidi seriali e spesso nelle pagine dei giornali
affiorano sempre più crimini cosiddetti “inspiegabili” e portati a
compimento con efferatezza spesso inaudita.
Fino agli anni ottanta l’unico vero caso famoso a livello nazionale di
serial killer, inteso come assassino sessuale, era stato quello del mostro di
Firenze. La convinzione comune era che tale fenomeno fosse per lo più
circoscritto agli Stati Uniti e che riguardasse noi, solo marginalmente o
indirettamente. Ma il crimine si evolve, come si evolve la psicologia delle
persone e delle popolazioni, ed in realtà questo tipo di criminalità è in
continua espansione anche nel nostro Paese. E’ vero che l’America alberga
il 75 per cento degli assassini seriali, ma bisogna comunque considerare che
in Italia ne abbiamo avuti 27 dal 1982 al 2002. Siamo al quinto posto dopo
USA, Gran Bretagna, Francia, Canada e Giappone.
1
Mitizzati, glorificati e commercializzati dai media, questi criminali
godono sempre più di attenzioni provenienti da ogni direzione: psicologi,
criminologi e persone comuni. L’attenzione degli scienziati per gli omicidi
privi dei moventi classici si fa sempre più pressante. Il motivo dell’interesse
per gli assassini seriali deriva dal fatto che questi soggetti rappresentano
quanto di più si accosta al concetto di cattiveria assoluta: uomini che
agiscono svincolati da ragioni di carattere passionale o vendicativo, con un
movente che consiste nell’uccidere per il piacere di procurare la morte
altrui. Questo è ciò che avvicina il serial killer al dominio del male più
totale: prevale la distruzione sulla costruzione, la morte rispetto alla vita,
1
Dati tratti dal sito assassiniseriali.firenze.net.
7
l'orrore rispetto al piacere. L’assassino seriale rappresenta, per definizione,
la negazione stessa della società organizzata, l’annullamento del rispetto e
della solidarietà. Proprio lo sgretolamento del tradizionale valore intrinseco
della vita umana è una delle costanti dell'omicidio seriale.
L’apparente assenza di movente, la serialità, la ripetizione
accompagnata alla mostruosità dell’azione portano inevitabilmente a
domandarsi: perché si commettono crimini così atroci? È davvero la follia a
fare di un uomo un serial killer? Di fronte ad un’aggressività e ad una
violenza spropositate e gratuite, tutti tendono ad attribuire alla follia, a
riversare negli altri, ciò che ci genera paura; l’importante è placare
quell’angoscia dell’incomprensibile che suscitano taluni eventi e talune
condotte. Del resto, è insito nella natura umana il bisogno di collocare tutto
quanto accade nel grembo di una spiegazione generale che dia certezza. È la
necessità di rassicurazione che spinge a fare questo, proprio perché ciò che
viene spiegato appare, naturalmente, meno angoscioso di ciò che non si
comprende.
In realtà, dai dati risulta che raramente questa tipologia di criminali è
affetta da psicosi, anche se bisogna considerare che la stragrande
maggioranza degli assassini seriali soffre di Disturbi della Personalità e
manifesta svariate perversioni sessuali. A tale proposito, diversi studiosi del
fenomeno sottolineano il ruolo determinante che la sessualità ricopre nella
genesi dei delitti caratterizzati da mostruosità, come quelli dei serial killer.
Più specificamente il binomio sesso-morte era stato messo in evidenza
dai pionieristici studi di Krafft-Ebing, che per primo iniziò a parlare,
all’incirca nel 1905-6, del termine classificatorio “omicidio per libidine”.
E’ necessario, tuttavia, chiarire che non tutti gli assassini in serie sono
serial killer sessuali, ma che questi ultimi rappresentano soltanto una
sottocategoria specifica. Dalle ricerche effettuate è possibile comunque
constatare che la componente sessuale è presente, nella stragrande
8
maggioranza dei casi, anche dove sembrerebbe insospettabile o dove non si
trovano tracce di violenza carnale.
In particolare Ponti e Fornari, che da anni si occupano del fenomeno,
sostengono che negli assassini seriali è possibile osservare il ripetersi di una
peculiare motivazione: la distruttiva e sadica associazione di sesso e
morte.
2
2
Ponti G., Fornari U., Il fascino del male, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1995, p. 8.
9
1. DEFINIZIONI E CARATTERISTICHE DEL
COMPORTAMENTO OMICIDIARIO SERIALE
1.1. Fenomeno serial killer: la definizione dell’F.B.I.
Il serial killer nella sua definizione criminologica è un individuo
psicologicamente alterato, solitamente senza freni inibitori e quindi senza
alcuna restrizione di ordine morale che, per soddisfare un intimo impulso,
una propria ossessione, commette a distanza di tempo efferati delitti. Si
distingue pertanto dal mass murderer (assassino di massa) il quale può
essere altrettanto alterato psicologicamente, ma la cui follia trova sbocco in
un unico atto di sangue con molteplici vittime, e dallo spree killer
(assassino compulsivo) che uccide due o più vittime in luoghi diversi e in
brevissimi intervalli di tempo e i cui delitti hanno un’unica causa
scatenante.
3
Il termine « serial killer » è stato coniato alla fine degli anni ’70
dall’agente speciale dell’F.B.I. (Federal Bureau of Investigation), Robert
Ressler, per distinguerlo dal generico « omicidio multiplo » e per indicare
un assassino che uccide tre o più persone in luoghi diversi e con un periodo
di intervallo emotivo ("cooling off time") fra un omicidio e l’altro.
4
3
Bourgoin S., La follia dei mostri, Sperling & Kupfer, Milano, 1993.
Attualmente la definizione ufficiale dell’FBI è l’unica accettata dalla maggioranza della comunità
scientifica ed è il risultato di una lunga serie di ricerche ed indagini compiute nelle prigioni
americane con gli assassini seriali incarcerati.
4
Douglas J. et. al., Crime Classification Manual, Lexington Books, New York, 1992
10
Le vittime sono a lui sconosciute e il delitto avviene, senza apparenti
motivi, con crudele violenza e lasciando spesso una “firma” simbolica, cioè
un segno distintivo finalizzato a marcare la serie omicidiaria come opera
della stessa mano. Quest’ultima si distingue dal “modus operandi” che
invece è il comportamento acquisito, ciò che il soggetto fa nell’esecuzione
del crimine, e comprende il complesso di abitudini che caratterizza il suo
stile di puntamento, approccio e soppressione della vittima. Il modus
operandi è dunque l’espressione comportamentale della personalità
psicopatica criminale e serve dunque a tracciare il profilo psicologico del
ricercato. La principale differenza tra i due elementi è che la firma ha
caratteristiche statiche, ossia è invariabile nel tempo, mentre il modus
operandi è dinamico e tende a perfezionarsi col passare del tempo.
5
Il serial killer è generalmente un uomo di razza bianca di 27 anni al
momento del suo primo delitto e di circa 31 al momento dell’ultimo.
6
Ha un
quoziente intellettivo al di sopra della media della popolazione non
criminale (il suo QI si aggira intorno a centodieci) ma svolge di solito lavori
saltuari o in ogni modo di basso livello. Nella stragrande maggioranza dei
casi si tratta di un primogenito e nel 12% è stato adottato. Ha vissuto in una
famiglia in apparenza normale, di ceto sociale medio, laddove la figura
dominante è la madre, che nella metà dei casi è una casalinga.
7
L’ambiente
familiare non è accogliente, i rapporti familiari sono freddi e conflittuali. Da
bambino è stato trascurato o maltrattato ed ha subito violenze anche
sessuali, presentando di converso comportamenti aberranti quali torture ad
5
Douglas J., con Olshaker M., Mind Hunter, a division of Simon & Schuster Inc., New York,
1995 (trad. it., Rizzoli Ed., Milano, 1996)
6
De Pasquali P., Serial killer in Italia, FrancoAngeli, Milano, 2002. De Pasquali si rifà ai dati
ufficiali dell’FBI i quali si discostano leggermente da quelli relativi all’età media del primo
omicidio in Italia, che risulta essere invece di 30 anni, mentre l’ultimo omicidio si aggira intorno ai
34 anni d’età.
7
Ivi, la percentuale è del 66%.
11
animali e piromania, con marcato isolamento sociale. La mancanza di
rapporti interpersonali e di validi modelli di riferimento ha provocato, da
adolescente, l’incapacità di interagire con le persone dell’altro sesso, con la
conseguente frustrazione e rabbia: l’assassino seriale non ha avuto normali
rapporti eterosessuali, praticando invece la masturbazione compulsiva e
rapporti omosessuali o contro natura (bestialismo). Durante l’adolescenza
ha manifestato comportamenti antisociali (furti, violenza, abuso di alcool e
droghe). In età adulta talvolta riesce a costruirsi una famiglia, che gli
consente una facciata di normalità, dietro la quale si cela il problema
dell’indefinita identità psicosessuale
8
. Le sue vittime sono per il 65%
donne
9
o in ogni caso persone deboli e vulnerabili come bambini, anziani,
omosessuali, prostitute, vagabondi e tutti coloro che vivono ai margini della
società. Predilige utilizzare coltelli o armi bianche; infatti, rispetto al
delinquente comune, che normalmente usa un’arma da fuoco, il serial killer
preferisce il contatto con la vittima: accoltella, strangola, colpisce con un
oggetto (vedi Tabella 1.2, p. 35).
Secondo John Douglas, capo del Dipartimento di Analisi Criminale
dell’FBI, più l’omicida opererà sul luogo del delitto e maggiori saranno le
possibilità di individuare il tipo di persona che può aver commesso quel
determinato crimine.
10
Per fare questo, viene utilizzata la tecnica
investigativa del “profilo psicologico”
11
definito come l’analisi delle
principali caratteristiche comportamentali e di personalità di un individuo,
desumibili dall’analisi dei crimini che questi ha commesso: ogni indizio,
ogni costante nella scelta delle vittime o nelle modalità d’esecuzione serve a
disegnare un identikit psicologico dell’assassino.
8
AA.VV., Vivere per uccidere, Calusca ed., Padova, 1997.
9
Bourgoin S., op. cit.
10
Douglas J., con Olshaker M., op. cit.
11
Ibidem
12
Secondo la definizione ufficiale dell’F.B.I., gli assassini seriali si
dividono in due grandi categorie: serial killer organizzati e disorganizzati;
una categoria di passaggio fra questi può essere definita come semi-
organizzati.
1.1.1. Serial killer organizzati
Si tratta di soggetti che tendono ad organizzare il loro comportamento
delittuoso in modo finalizzato. Lo scopo è compiere un omicidio dai risvolti
sessuali attraverso la scelta di una vittima non conosciuta precedentemente
con la quale difficilmente l’assassino si lascia andare a rapporti sessuali veri
e propri nei momenti precedenti o successivi al delitto.
12
I serial killer organizzati sono persone apparentemente comuni,
socialmente inseriti, spesso coniugati, che non presentano segni espliciti di
patologia o di confusione mentale e il più delle volte hanno una doppia
personalità. Essi si limitano all’uccisione della vittima e non si trattengono
a lungo sul luogo del delitto, il quale è scelto accuratamente in modo da
sviare i sospetti. Utilizzano un’arma propria e non lasciano tracce. Il
presupposto dei serial killer organizzati è non farsi catturare e in effetti,
riescono quasi sempre a sfuggire alla cattura perché posseggono un alto
quoziente intellettivo. Amano seguire le proprie imprese attraverso i media
e spesso sfidano le autorità, inviando messaggi denigratori di sfida. Sono
capaci di intendere e di volere, pur presentando disturbi della personalità o
di carattere sessuale.
12
De Luca R., Terlizzi F., Zurli G., Mostri d’Italia e serial killer, in Detective & Crime, 2, 7/8,
1995
13
Il serial killer organizzato più famoso del mondo è quello passato alla
storia con il nome di Jack lo Squartatore: egli, dopo aver compiuto cinque
efferati delitti, dal 1888 è rimasto senza identità, proprio perché il suo
comportamento è stato sapientemente pianificato e organizzato.
13
1.1.2. Serial killer disorganizzati
Sono l’opposto dei precedenti, in quanto commettono l’omicidio
prevalentemente per un impulso improvviso.
La maggior parte delle volte uccidono persone legate a loro, come
vicini di casa, individui con un qualche grado di parentela o in quanto si
trovano in contatto di amicizia: si tratta quindi, di vittime facilmente
vulnerabili.
14
Il serial killer disorganizzato perde molto tempo sul luogo del delitto
senza evitare di lasciare tracce ed utilizzando un’arma casuale, spesso
trovata sul posto.
Il luogo del delitto, che solitamente si trova nei pressi della sua
abitazione, è disordinato e riflette il suo disordine mentale.
15
Questo tipo di assassino usa un’estrema violenza e si lascia andare ad
atti di sadismo gratuito, o ad atti sessuali propriamente detti con le vittime.
Il livello di eccitazione legato a questo tipo di delitto è così forte che lo
spinge a commettere errori. In genere si tratta di individui psicotici,
13
Ibidem
14
Ibidem
15
Burgoin S., op. cit.
14
incapaci di programmare un piano di fuga, perciò possono essere catturati
facilmente, dopo i primi delitti.
16
Attualmente la definizione del serial killer e la distinzione in
organizzato/disorganizzato effettuata dall’F.B.I. è riconosciuta dalla
maggior parte della comunità scientifica, tuttavia di recente sono emerse
nuove descrizioni del comportamento seriale che nascono dall’esigenza di
una maggiore rispondenza alla realtà clinica e alla complessità del
fenomeno.
16
In questo senso è emblematico il caso di Luigi Chiatti, il quale nel suo secondo delitto uccise la
sua giovane vittima nella sua stessa casa, facendosi prendere da una incontenibile eccitazione e un
tale impulso sanguinario, che finì per trascurare le più elementari norme per non lasciare tracce
(come ad esempio il sangue della vittima).