v
Et un monde à part : putains, meurtriers, prêtres (religion), artistes
(art).”
Sull’identità e le qualità del “maître” del naturalismo francese
sono già state elaborate molteplici opere, analisi e studi. Non vorrei
perciò aggiungere altro a quanto è già stato detto ma sono stata
travolta dalla foga e la passione che esprime in questo contesto, nel
contesto del “monde à part”, appunto, di cui, come abbiamo appreso,
fanno parte i preti, gli uomini di Chiesa.
Non è certamente un settore nuovo per i grandi prosatori del XIX
secolo, anzi da Stendhal à Huysmans l’attenzione accordata alla
religione è notevole e costituisce uno dei “traits” di differenza fra il
romanzo francese del XIX secolo e quello inglese dello stesso
periodo, ad esempio, poiché per i vittoriani la religione “allait de
soi”. L’opera presente è nata dalla constatazione del fatto che un
autore anticlericale, ateo e razionale come Zola ha dato,
icredibilmente, un grande spazio nei suoi romanzi alla figura dei
preti, e si cercherà di percorrere l’insieme della sua opera per
identificare questi personaggi, delinearne i tratti differenti e comuni
cercando così di analizzare il loro rapporto col nostro romanziere e
il motivo del fascino che esercitavano tutti, indistintamente nei suoi
confronti.
Zola che Maupassant ha descritto come: “Fils des romantiques,
romantique lui-même dans tous ses procédés” è stato attratto dal
Cattolicesimo per la sua duplice influenza sociale e spirituale e
stranamente ha subito il fascino, sebbene a molti possa apparire un
controsenso considerato il fatto che si sta parlando del naturalista
per eccellenza per il quale: “tout ce qui n’est pas exactement vrai
est déformé c’est à dire devient un mostre”, delle prediche, le
vi
omelie, i discorsi dei preti che nulla hanno di concreto razionale e
attinente alla realtà o che, peggio ancora, sono utilizzate dal
sacerdote per volgere le varie situazioni a suo profitto.
Se La Faute de l’abbé Mouret è il solo romanzo dedicato al prete
come tale, possiamo ritrovare nei Rougon-Macquart
un’impressionante galleria di religiosi, che non sono certamente
trascurabili in tutte le loro attitudini e manifestazioni.
Alludo all’abbé Faujas nella Conquête de Plassans,
,
o all’abbé
Mauduit in Pot-Bouille o ancora all’abbé Ranvier di Germinal
passando successivamente per Les Trois Villes in cui si segue
l’evoluzione di un giovane prete, l’abbé Froment, per finire poi con
i “vangeli” di Zola: Travail e Verité.
Ognuno dei rappresentanti della “religione di morte”, come la
definiva il celebre romanziere, opera in contesti diversi con
modalità differenti.
Lo analizzeremo dapprima nella sua veste di sacerdote
intrigante e dominatore in opere quali La Conquête de Plassans che
ho già menzionato per occuparci successivamente della “questione
romana” e dell’influenza politica del clero. Non è sicuramente da
trascurare il rapporto individuale del sacerdote con la devota che
molto facilmente riduce a schiavitù assoluta, creta molle nelle sue
mani, arrivando infine al “grande dilemma del prete innamorato”
ovvero la grande lotta fra natura e religione che costituisce il punto
focale di questa nostra analisi…l’argomento che più mi ha
appassionato.
Zola proporrà una “Religion Nouvelle” che rimpiazzerebbe la
“religion de mort”, quella attuale, facendo in modo che tutti i sani
vii
principi promossi e portati avanti nei suoi “évangiles” possano
infine concretarsi e portare il tanto agognato “soffio vitale”.
Capitolo primo
LA RELIGION : UN «MONDE A PART»
2
1) Anticlericalismo o paura della religione?
Lo studio della figura del prete, affascinante quanto ambigua,
da parte del romanziere, è dettato da una “appropriazione” della sua
missione: Zola predica, professa il proprio credo, la propria fede
nella ragione e nell’intelligenza umana che il dogma tenta di
“uccidere”.
Prova quindi una sorta d’attrazione per il prete cattolico,
temperata, allo stesso tempo, da una repulsione per le sue opere di
rappresentanza di una religione che porta il buio nell’anima e nello
spirito dell’uomo. Ed è proprio da questa religione oscurantista,
prepotente ma incredibilmente affascinante che la nazione francese
ha cercato di prendere le distanze imponendosi come “Repubblica
Laica” nel secolo diciannovesimo, secolo che costituisce, lo
ricordiamo, il periodo di riferimento del nostro studio.
Il periodo di “costruzione” della laicità francese, vede come
fondamentale l’intervento di Napoleone Bonaparte che era riuscito,
grazie al concordato con Roma, a dare un riconoscimento ufficiale
alla pluralità di “cultes reconnus” e a favorire la tolleranza verso
“l’indifférence en matière de religion”.
Era così chiaro per tutti e per le istituzioni in primis che la
religione non era piu’ socialmente presente in ogni settore e che, se
prima del 1789, queste ultime dovevano tener conto delle sue norme
(la sfera giuridica, la medicina), o si situavano sotto la sua influenza
(la scuola), ora potevano svilupparsi e acquisire una propria
autonomia seguendo un processo di predominio dello Stato-Nazione.
3
I nuovi “chierici” saranno i medici e gli insegnanti, efficienti
rigorosi e capaci di inquadrare la popolazione e a dare un senso alle
norme sociali.
Un riconoscimento di legittimità sociale che s’inscrive però in un
quadro di frammentazione istituzionale.
La religione è, in effetti, una delle più grandi istituzioni sociali,
risponde a dei bisogni collettivi, e assicura un servizio pubblico
riconosciuto, protetto e sorvegliato dallo stato
1
. Se la legge è
agnostica la morale ha un fondamento religioso, e, anche se
frammentata, pluralizzata e rigorosamente inquadrata, è una
religione che continua ad imperare e a fare paura…
Per molti la religione è “distruttrice”, nociva alla morale
stessa. Il conte de Montlosier (1755-1838), un vecchio emigrato,
anti-rivoluzionario e anti-conformista allo stesso tempo, stima che
all’inizio del periodo della Restaurazione, “ désenivrée des folies de
la Révolution, la France était beaucoup plus religieuse qu’elle ne
l’avait été sous l’Ancien Régime” ma che le misure clericali
potevano essere pericolose e creare situazioni di questo tipo:
-Il ritorno ad una sorta d’obbligo a seguire le pratiche religiose.
-Una connivenza fra il ritorno della religione e la concessione di
privilegi per il clero, con il conseguente timore che quest’ultimo
voglia impadronirsi, attraverso il dominio religioso, del controllo di
tutti i settori pubblici e sociali.
-Lo sviluppo di una “polémique toujours inutile, souvent
dangereuse” sul dogma e la fede.
1
Riconoscenza, protezione e sorveglianza essendo, secondo i diversi regimi politici, il culmine dei rapporti di
forza tra la Chiesa cattolica e lo Stato.
4
Infine, la confusione tra “vita cristiana” e “ vita devota” che si
traduce in spettacoli proibiti, digiuni, astinenze, quaresime
rigorosamente osservate: “Les prêtres appellent cela la morale”.
2
Dietro questa denuncia d’imprudente eccesso di religione
“esteriore”, si trova a ben vedere, una paura più profonda legata alla
convinzione di una minaccia permanente della religione per la
società: “ la religion est la plus forte de toutes les institutions parce
qu’elle a ses racines dans le temps, dans les consciences, dans une
mission sainte”. Sarà quindi necessaria “la réunion de toutes [les]
volontés et de toutes [les] forces [d’une nation] pour se préserver”
3
.
2) Lotta contro il clericalismo o contro la religione?
Se la religione fa paura può anche darsi che sia a causa della
sua tendenza a prendere forma dal clericalismo. Un clericalismo,
quello francese, che si estende in tre direzioni principali:
-far sì che la religione conservi o ritrovi (seguendo i periodi e i
settori) una preponderanza istituzionale;
-professare la legittimità sociale delle sue dottrine;
-rendere insormontabile la distanza fra il riconoscimento della
dottrina cattolica con quella di altri culti.
Nella prima metà del XIX secolo, l’anticlericalismo lotta
contro queste tre tendenze, proponendosi, come obiettivo, la
diminuzione della potenza di un “parti” vero e proprio, di uno
2
Conte de Montlosier, Mémoire à consulter sur un système religieux et politique tendant à renverser la Religion,
la Société et le trône, Paris, 1826.
3
Conte de Montlosier, Dénonciations aux Cours Royales relativement au religieux et politique signalé dans le
Mémoire à consulter, Paris, 1826, p.100.
5
spirito “clericale” che era considerato fortemente nocivo e
pericoloso per la società stessa.
Nella seconda metà del secolo, l’anticlericalismo tende invece
a divenire l’inverso del clericalismo: minimizza la dimensione
“istituzionale” della religione, rifiuta di riconoscere l’utilità morale
delle religioni istituite (che possono anzi essere moralmente
nocive), e infine tende a riconoscere il diritto all’indifferenza
religiosa (o addirittura al rifiuto della religione) e a riconoscere lo
stato d’uguaglianza con altri culti.
Nel secolo in questione si viene a creare quindi una sorta di
“continuum” tra lotta al clero e lotta alla religione. In modo tale
che, quando si attacca la confessione, è l’anticlericalismo che
interviene nella misura in cui viene presa in considerazione un
elemento essenziale del dominio (reale o supposto) del prete sul
laico. Ma d’altro canto, la confessione costituisce anche un
elemento essenziale della pratica cattolica di quest’epoca. La stessa
cosa i dogmi fondamentali del Cristianesimo nel suo insieme e del
Cattolicesimo in particolare.
Succede spesso che si consideri “biasimevole” l’adesione a
delle credenze che di scientifico e reale non hanno sicuramente
granché. Un esempio può essere la credenza cattolica alla
transustanziazione, che è stata particolarmente contestata. Difatti,
non solamente secondo l’avviso di molti, si scontrerebbe con la
ragione, ma mostrerebbe ugualmente che i cattolici hanno, come “gli
uomini non civilizzati”, delle pratiche primitive derivanti
direttamente dall’antropologia.
Non è dunque solo la pretesa “clericale” di un certo tipo di
cattolicesimo a far paura, ma la religione stessa considerata come
6
“une importante fabrique de mensonges, dont le but est d’asservir
les hommes à son profit”
4
.
3) Il prete o la formazione degli stereotipi:
La paura della religione tocca diversi settori e il cattolicesimo
è particolarmente colpito in colui che lo professa, il suo più grande
rappresentante: il prete.
Alla descrizione tradizionale del prete grasso e godereccio che
approfitta pienamente e a fondo della vita, si sovrappone un’altra
figura più minacciosa: il prete magro, verdastro, bilioso o la
religiosa “rinsecchita” con lo sterno incavato, prettamente
mascolina.
La magrezza è simbolo di fanatismo, squilibrio. Secondo la
mentalità dell’epoca, il prete diviene così un essere “differente” e
inferiore: ha la testa meno grossa di quella di un “libre penseur”,
cammina con “les genoux flechis”, ha infine“ très peu de mollets”,
cosa che lo avvicina ai “nègres”. La sua voce è acuta “telle celle des
femmes et des eunuques”.
5
Il celibato dei preti, i voti di castità di religiosi e religiose che
incutevano generalmente un profondo rispetto presso le masse, sono
interpretati differentemente, come degli obblighi “anti-naturelles”,
“anti-physiologiques”, che, portati alle estreme conseguenze a causa
dei loro desideri inappagati, portano i religiosi a sedurre o
4
“Les Dieux que l’on mange”, citato da J.Lalouette, La libre pensée en France (1848-1890), Paris, Albin
Michel, 1997, p.186.
5
G. Delaunay, Histoire naturelle du Dévot, Paris, 1880 citato da J.Lalouette, ibidem, 223 ss.
7
addirittura indurre con la forza giovani donne, fanciulle o bambini
di entrambi i sessi al rapporto sessuale. Il Grand Dictionnaire
Universel di Pierre Larousse, dedica diversi articoli al prete violento
e assassino. L’idea di base è che uno stupratore ordinario può porre
riparo alla sua colpa sposando la vittima. Un prete non ha altra
scelta che ucciderla…
6
Con la “guérite obscure” del confessionale, il prete capta l’anima
ma anche talvolta il corpo di coloro che vengono a cercare il
sacramento di penitenza.
La scuola congreganista rappresenta un luogo pericoloso,
propizio ad un “inquinamento” morale e talvolta anche fisico dei
bambini. E dato che il silenzio è disseminato di colpe, “les affaires
d’outrage à la pudeur sur la persone d’enfants ont souvent meublè
les colonnes(..)des journaux républicains à la sensibilité libre-
penseuse marquée qui leur réservaient une rubrique spéciale sous
des titres divers («Les Actes des Apôtres», «Satyres en Soutanes»,
«Les salisseurs»).
7
Persino quando non sono accusati d’abusi sessuali, confessori
e congreganisti appaiono estremamente pericolosi perché dominano,
se così si può dire, lo spirito “d’êtres faibles” come le donne e i
bambini, e impediscono loro di pensare liberamente. Il socialista
Jean Jaurès dichiara, ad esempio:
6
P.Larousse, Grand Dictionnaire Universel, 20 vol., Paris, 1886-1874.
7
J.Lalouette, La Libre-pensée en France (1848-1940) Paris, Albin Michel, 1997, p.233.