2
È per questo che mi è sembrato opportuno porre dei limiti al mio lavoro e 
ho ristretto il campo d’azione allo studio della figura del drago all’interno del 
mondo germanico e, più in particolare, allo studio di tre opere della letteratura 
medievale germanica in cui compare la bestia per eccellenza: il Beowulf, 
l’Edda ed il Tristan. 
Ho scelto di seguire un iter che mi permettesse di avvicinarmi gradualmen-
te allo studio dei tre testi presi in esame. Inizialmente, infatti, ho preferito 
trattare in generale della terribile creatura, far la sua conoscenza descrivendola 
fisicamente, occupandomi dell’origine e della trasformazione del suo mito nei 
vari popoli, dei diversi significati che essa può assumere a seconda del Paese 
in cui compare e del simbolismo demoniaco che acquista in ambito cristiano. 
In seguito mi sono addentrato nel mondo germanico in genere, ho cercato di 
descrivere il ruolo che il drago assume all’interno di esso, mostrando come 
l’eroe possieda una duplice visione del favoloso mostro: da un lato spaventosa 
bestia da abbattere in quanto figlia del Caos e di Satana, dall’altro, animale 
totemico con il quale identificarsi per il suo coraggio e per la sua forza. Infine 
mi sono calato nei tre testi cercando di scoprire il significato che la terribile 
creatura assume all’interno di essi e tentando di mettere in risalto la straordina-
rietà dello scontro tra il drago e l’eroe che non di rado rende quest’ultimo, a 
sua volta, un mostro. 
 3
Questo lavoro, inoltre, vuole evidenziare la perdita ai giorni nostri, così fin 
troppo reali e frenetici, di quel mondo di draconità, di quel pizzico di fantasia 
che permetterebbe di sognare un po’ facendo rivivere nella memoria immagini 
del passato. 
 4
 
 
Capitolo 1 – IL DRAGO, I DRAGHI 
 
 
SOMMARIO: 1.1 Il drago e le sue caratteristiche - 1.2 Le origini e le trasformazioni del mito 
del drago nei vari popoli - 1.3 Vari tipi di drago: draghi neri, draghi rossi, grandi drago-
ni e idre - 1.4 Mostro devastatore in Europa, figura benefica in Asia: il drago nei due 
continenti - 1.5 “Il gran dragone, l’antico serpente, che si chiama diavolo e Satana”: il 
drago in ambito cristiano. 
 
 
1.1 Il drago e le sue caratteristiche 
 
Il Medioevo è ricco di animali, non solo nelle vaste e inospitali foreste, 
nelle quali l’uomo, in parte, iniziava a lasciare la propria impronta con faticosi 
dissodamenti, ma anche nei libri - specie nei Bestiari - nella musica, nell’arte, 
nell’araldica, nella teologia, nei trattati di gastronomia
1
.  
La fonte principale dei Bestiari fu il Fisiologo, opera d’età alessandrina 
andata perduta, ma tradotta in etiope, siriaco, armeno e poi in latino e france-
                                                 
1
 BALTRUSAITIS J., Il medioevo fantastico, trad. it., Adelphi, Milano, 1993. 
 5
se
2
. Questo libro, nel quale vengono presentati i costumi di numerosi animali 
comuni e immaginari, contiene una duplice visione simbolica della fauna 
dell’Occidente cristiano. Da esso, infatti, si ricavano due punti di vista diversi: 
“secondo il primo gli animali, creature inferiori all’uomo e a lui soggette, si 
delineano come una rappresentazione dei vizi e degli atti peccaminosi da cui 
l’uomo deve rifuggire se vuole elevarsi dalla bestialitade alla dignità del suo 
rango; secondo l’altro, sono invece gli esseri più aderenti alla norma naturale 
che governa il cosmo, e divengono quindi per l’uomo, oltre che esempi di virtù 
e di obbedienza, specchi purissimi della Volontà divina”
3
. 
Tra questa molteplice varietà di animali, la figura del drago, oggetto del 
mio studio, occupa solo una posizione marginale. 
In quest’opera nessun capitoletto è dedicato alla terribile bestia, l’autore 
(ignoto), infatti, accenna ad essa solo quando descrive le caratteristiche di 
alcune delle altre creature. Si dice così che il drago, nemico della pantera e del 
cervo, teme, tuttavia, l’albero peridexion (una specie che esisterebbe in India) 
in cui dimora la colomba, e fin che essa resta protetta dall’ombra di 
quest’albero il drago non può ucciderla
4
. Il testo fornisce subito, quindi, una 
spiegazione dei simboli: il drago rappresenta il Male delle creature nel Fisio-
                                                 
2
 Cfr. l’intr. di F. Zambon, Il Fisiologo, a cura di F. Zambon, trad. it., Adelphi, Milano, 1982, pp. 11-35. 
3 
ivi, p. 11. 
4
 ivi, p. 70. 
 
 6
logo. Ed è questo che più interessa: il significato cristiano che le figure degli 
animali assumono. Questo libro dimostra infatti “in diverse maniere come gli 
uni eccelgano per la loro analogia con gli esseri celesti, e come gli altri siano 
degradati per la loro somiglianza con gli spiriti infernali”
5
. 
Semplice a questo punto capire l’aspetto allegorico che il drago acquista 
all’interno della fauna del Fisiologo: essendo nemico delle creature sopra 
citate, considerate nel testo figure divine o per vari motivi vicine a Dio, esso 
diventa rappresentante animale del Male, di Satana (ma di questo ci occupere-
mo in 1.5). 
Il drago è una delle creature che più hanno affascinato l’uomo; il suo mito è 
presente in moltissime culture, dall’Occidente all’Oriente, seppure con sfuma-
ture diverse. Molte fonti provano la sua esistenza anche nelle civiltà precolom-
biane del centro-america, popolazioni che non sono mai entrate in contatto con 
culture europee (se non al momento della loro estinzione). I draghi nascono 
quindi quando nasce l’uomo 
6
.  
L’immagine di questa terribile creatura, che ha avuto una grande evoluzio-
ne durante il periodo medievale (epoca che, secondo la leggenda, ha visto 
                                                 
5
 ivi p. 18. 
6
 CARDINI F., Magia, stregoneria, superstizioni nell’Occidente medievale, la Nuova Italia Editrice, Firen-
ze, 1979. 
 7
anche la sua estinzione per mano di coraggiosi cavalieri in cerca di gloria), è 
giunta sino a noi. 
In linea generale, il drago è raffigurato come una bestia molto somigliante 
ad un grande coccodrillo verde - ma con varianti e iridescenze tra le squame e 
sotto la pancia - con una lunga linea di scaglie ossee o cartilaginee che percor-
rono tutto il dorso, quattro corte zampe dotate di possenti artigli da aquila, 
coda appuntita e molto spesso a punta di freccia; il più delle volte lo troviamo 
rappresentato con delle piccole ma forti ali membranose simili a quelle di un 
pipistrello, e raramente in Occidente - mentre questa è quasi la regola in Cina - 
porta delle corna; la lingua è ovviamente biforcuta, ed emana fuoco dalle 
enormi e terribili fauci
7
. 
Queste caratteristiche, unite in un solo animale fantastico, sottolineano in-
dubbiamente l’unicità della spaventosa creatura nel mondo simbolico. Essa, fra 
l’altro, è la sola “a presentarsi in contatto con tutti i quattro elementi empedo-
clei - terra, le zampe; acqua, la coda-timone; aria, le ali; fuoco, le fiamme 
uscenti dalle fauci”
8
.  
Proprio per questo motivo, nel Medioevo, il drago sarà una delle figure più 
ricorrenti nel campo dell’alchimia: quella “pretesa scienza per mezzo della 
                                                 
7
 CARDINI F., Il Drago, in “Abstracta”, n.9/1986. 
8
 CARDINI F., Nella gola del drago ardono bene e male, in “Luoghi dell’infinito”, inserto dell’ “Avveni-
re”, n.6/2004, p. 82. 
 8
quale gli uomini pensavano di poter convertire i metalli vili in nobili e di 
creare medicamenti atti a guarire ogni malattia e a prolungare la vita oltre i 
suoi termini naturali”
9
. 
Gli alchimisti lo raffiguravano spesso (a volte sotto le sembianze di un ser-
pente) nell’atto di mordersi la coda, inscritto 
in una circonferenza e di solito accompagna-
to dall’iscrizione έν τò παν (il tutto è uno): è 
il serpente Kerkourobos (od anche Ourobo-
ros) che sta ad indicare l’unità della materia, 
il suo continuo evolversi e trasformarsi
10
. 
Essi utilizzavano, inoltre, la figura del 
drago per rappresentare il Mercurio (ritenuto principio volatile femmina) e la 
contrapponevano a quella del serpente che simboleggiava lo Zolfo (ritenuto 
principio fisso maschio) ed uno dei motivi per cui questi due elementi chimici 
venivano raffigurati in tal modo era perché si pensava che “il loro fetore fosse 
grande come quello dei draghi”
11
. Ma valevano anche altri simbolismi: “un 
drago nelle fiamme, per esempio, rappresentava il fuoco, parecchi draghi che 
si combattono indicavano la putrefazione”
12
, un drago a tre teste era simbolo 
                                                 
9
  DEVOTO G. - OLI G.C., Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, 1985, p. 71. 
10
 FACCA G. C., L’alchimia e gli alchimisti, Ulrico Hoepli Editore, Milano, 1934, p. 79. 
11
 POISSON A., Teorie e simboli dell’alchimia, trad. it., Moizzi Editore, Milano, 1976, p. 88. 
12
 Ivi, p. 153. 
Figura 1: Il serpente Ouroboros raffigu-
rato in un manoscritto greco 
 9
dei tre principi dei metalli (Zolfo, Mercurio e Sale). Come si può notare, 
quindi, la figura del mostro alato era molto sfruttata all’interno del mondo 
alchemico e, senza dubbio, ciò diede un notevole contributo a far circolare in 
quel tempo la conoscenza del favoloso essere. 
Chiusa questa breve parentesi, ritorniamo all’aspetto fisico del drago. Da 
quanto detto in precedenza risulta evidente, dunque, che lo si debba includere 
nella famiglia dei rettili; difatti, è fornito di un corpo lungo e sinuoso che 
ricorda la sua stretta parentela con il serpente. Come tale lo raffiguravano gli 
occidentali in età romana anche se veniva rappresentato senza (o con due, o 
con quattro) zampe, dotato di corpo spesso simile più a quello di un uccello 
che di un rettile, ma anche di una coda lunga e potente: molto importante, 
quest’ultima, perché “da Plinio in poi era risaputo che la forza del draco stava 
anzitutto nella coda, con la quale egli poteva stritolare il suo avversario per 
eccellenza, l’elefante”
13
.  
Lo scrittore latino, nella sua Naturalis Historia, infatti, assicura che d’estate 
il drago è alla continua ricerca dell’elefante: il suo scopo è quello di nutrirsi 
del freddo sangue della bestia per ottenere un po’ di refrigerio. Trovato 
l’animale, lo attacca con inaudita violenza, gli s’arrotola intorno, e lo trafigge 
coi denti. Il pachiderma, ormai privo di sangue, stramazza a terra e muore, 
                                                 
13 
CARDINI F., Il Drago, art. cit., p. 42. 
 10
causando però anche la morte del drago che 
viene sfracellato dal peso del suo avversa-
rio
14
.  
Nel bestiario della Westminster Abbey 
Library, scritto attorno alla fine del Duecen-
to, viene riportato che il drago infesta le 
regioni dell’India e dell’Etiopia e che è, 
senza dubbio, il più grande di tutti i serpen-
ti
15
. Ciò era ribadito anche da Isidoro di Siviglia, il quale, nelle sue Ethymolo-
giae, oltre a descrivere la lotta tra il drago e l’elefante asserisce che la forza del 
mostro sta “non in dentibus sed in cauda”
16
. In quest’opera vediamo raffigurata 
la terribile bestia con cresta e ali d’uccello e viene messa in evidenza la paura 
che tutti gli esseri viventi nutrono nei suoi confronti. 
 In molti altri manoscritti medievali, invece, si fa riferimento ai medica-
menti che si ricavano dal drago. Si ritiene che le ossa, così come il suo sangue, 
possano avere elevate proprietà curative: “i suoi occhi, disseccati e mescolati 
con miele, forniscono un linimento efficace contro gl’incubi. Il grasso del 
                                                 
14
 GAIO PLINIO SECONDO, Storia Naturale, vol. 2, libro 8, Einaudi, Torino, 1982, prgrf. XI-XII. 
15
 Bestiari medievali, a cura di L. Morini, Einaudi, Torino, 1996. 
16
 “non nei denti bensì nella coda”, citato da LIONARONS J. T., The medieval dragon, Hisarlik Press, 
Enfield Lock, 1998, p. 13. 
 
 
Figura 2: Miniatura del XIII secolo raf-
figurante la lotta tra il drago e l'elefante