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internazionale degli strumenti musicali d’artigianato e il BonTà, il salone delle eccellenze
enogastronomiche artigianali, manifestazioni di grande prestigio.
Infine, negli ultimi due capitoli, ho parlato delle prospettive future della fiera e dei grandi
progetti, e per avere una panoramica più completa ed esaustiva ho preferito incontrare ed
intervistare personalmente il Sindaco di Cremona e il Presidente di CremonaFiere.
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Capitolo 1: Le Fiere
1.1 La storia
Tra tutte le forme di comunicazione delle aziende, le fiere sono il più antico e il più moderno
insieme.
Il più antico, perché, almeno nella forma del mercato itinerante che si svolgeva in determinate
località in determinati momenti, la loro origine risale alla notte dei tempi. Nei punti di
incontro di strade o di corsi d’acqua si svolgevano i mercati, sorgevano villaggi e si
sviluppavano nuove attività.
Nell’antichità, la difficoltà delle vie di comunicazione non consentiva un contatto permanente
tra i vari centri abitati, perciò rendeva necessario un punto di riunione dei vari popoli e così in
occasione delle feste religiose si cominciarono ad effettuare vendite. Infatti, ai suoi esordi, la
fiera era intesa come festa, mentre il forum era il luogo destinato alle vendite. Le fiere più
antiche nacquero come sedi di incontro tra domanda e offerta ed ebbero luogo presso la civiltà
orientale.
• In India: 6000 anni fa, ci sono tracce di manifestazioni
• In Cina: 3000 a.C.
• Nell’antico Egitto si tenevano manifestazioni in città favorevoli alla comunicazione ed
agli scambi
• Nell’età dell’antica Roma ebbero origine fiere, quali quella di Capua, Civitavecchia ed
Ancona, favorite dall’appoggio di grandi imperatori.
L’avvento della rivoluzione industriale e la nascita della grande industria, fece sì che le fiere
campionarie e le grandi esposizioni internazionali si sostituirono alle più antiche fiere merci e
da luogo in cui avvenivano tutti gli scambi, divennero veri e propri mezzi per la promozione
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delle produzioni industriali nazionali. La prima fiera a Londra risale al 1756, poi a Ginevra
nel 1789 e infine a Parigi nel 1798.
La fiera è il mezzo di comunicazione più moderno, perché è terreno di sperimentazione e
laboratorio di nuove forme di comunicazione e marketing. Per questo le fiere sono oggetto di
intensi investimenti, in Europa e nei mercati mondiali in maggiore espansione, in grado di
proiettarla verso nuovi scenari.
Rispetto alle forme della pubblicità tradizionale, sempre più affollate di messaggi in
competizione per l’attenzione del consumatore, le fiere mantengono il vantaggio decisivo
dell’interazione personale. Un vantaggio che resta anche nei confronti delle nuove forme
dell’on-line: conoscere i prodotti è una cosa, la conoscenza reciproca, guardandosi negli occhi
e scambiando esperienze, tra fornitori, clienti e altri soggetti che condividono la stessa platea,
è un’altra cosa.
In un’economia sempre più globalizzata, le fiere stanno cambiando volto e si integrano con i
nuovi mezzi di comunicazione e promozione. Per molte, moltissime delle aziende che vi
partecipano, esse sono la principale forma di investimento promozionale; per queste aziende,
quindi, è importante che questi siano soldi spesi bene: scegliendo bene le fiere cui si partecipa
e ottenendo il massimo della loro partecipazione.
Il mercato fieristico italiano, pertanto, è tra i più vivaci nel confronto internazionale: è il
riflesso di un’economia con una forte propensione all’export, con settori di eccellenza
soprattutto nei beni strumentali e nel B2B. Per questo, infatti, le fiere sono un’importante
carta a disposizione delle aziende medio-piccole. Il successo dipende dalla corretta
definizione degli obiettivi, da un’esperta combinazione di azioni, dal coinvolgimento dei
diversi soggetti.
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1.2 L’evoluzione delle fiere
Per lungo tempo, per almeno due terzi del secolo scorso, quindi fino agli anni ’70, le fiere sono state
legate soprattutto al “mercato dell’offerta”: espressione di aree economiche “forti”, o comunque con
una specializzazione, riconducibile, per esempio, a specifici distretti produttivi. Le Fiere
Campionarie erano la tipica espressione di questo concetto. Un concetto che ha perso il suo appeal
strada facendo, a fronte del crescente peso dei mercati specialistici.
Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 le “campionarie - di cui tuttavia si torna ad
avvertire l’esigenza, proprio per riequilibrare la capacità di rappresentazione dei sistemi economici
di riferimento – hanno lasciato il passo alle fiere sempre più specializzate. L’ultimo quarto del
secolo, spiegano gli specialisti del marketing, è stato quello delle fiere del “mercato della
domanda”, con manifestazioni che, in altri termini, esprimevano soprattutto l’importanza e il peso
dei mercati finali. Sono nate così le fiere business e vengono considerate di maggiore importanza
perché hanno:
• Un potenziale di acquisto rappresentato dai visitatori
• Un’attrattività esercitata sotto il profilo geografico (estero)
• Un’innovatività dei prodotti presentati
• Livelli di specializzazione raggiunto.
Le Fiere Business riscuotono un grande successo perché hanno la capacità di offrire informazioni
sulle diverse alternative disponibili di un dato prodotto e hanno una straordinaria capacità
comunicativa, legata alla “fisicità” delle presentazioni, che consentono alle imprese di comunicare
le proprie competenze.
Le Fiere Consumer, invece, sono aperte al grande pubblico e i visitatori sono prevalentemente
regionali. Come le Fiere business, anche le Fiere consumer godono di un successo, in particolare i
consumatori manifestano un maggior bisogno di “essere” piuttosto che di possedere, desiderano
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sperimentare emozioni più che conoscere e infine il motivo principale è l’aggregazione sociale. Il
risultato è il marketing esperienziale, ovvero un marketing che cerca di coinvolgere sempre più
l’acquirente nel clima complessivo del prodotto e del servizio offerto, rispondendo ai suoi nuovi
bisogni di conoscenza.
Vediamo l’evoluzione delle fiere consumer nella seguente tabella:
Inserisco una tabella esplicativa:
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Non dimentichiamo che la fiera è in continuo cambiamento e in grande espansione.
A partire orientativamente dal 2000, una serie di cambiamenti tra di loro correlati hanno modificato
sensibilmente il quadro. Nel 2010, la tipica fiera internazionale (ovvero il grosso del mercato) sarà
abbastanza diversa da quella del 2000. Le aziende, non importa quale sia la loro dimensione e
organizzazione, devono anticipare o almeno seguire da vicino i nuovi scenari, per cogliere
opportunità e ottimizzare l’impiego delle risorse. La domanda su “come cambia la fiera” non è
affatto teorica.
Lo sanno bene, del resto, non solo le aziende stesse ma anche gli organizzatori fieristici, che a loro
volta stanno cambiando pelle. Diminuisce il ruolo dei piccoli operatori specializzati, spesso
identificati con una o due manifestazioni, e aumenta il ruolo degli operatori globali: operatori
paneuropei o gli stessi enti fieristici, che sono poi i proprietari dei quartieri espositivi.
Le nuove tecnologie e il web, inoltre, hanno creato un nuovo canale di informazione, soprattutto per
il mondo consumer. Chi vuol essere aggiornato sui prodotti ha quindi un canale alternativo facile ed
economico. Del resto, per una serie di prodotti di consumo di massa, una visita al sabato o alla
domenica nei centri commerciali offre un’informazione sempre più calda.
In molti casi, le fiere hanno incominciato a trasformarsi da “luoghi di visita” in “luoghi di
esperienza”. Infatti, nel settore consumer, si visita sempre più spesso una fiera per prendere contatto
con una realtà, condividere aspetti emotivi, essere parte di un gruppo con i medesimi interessi.
Questo ha portato a una più marcata distinzione tra manifestazioni consumer e business. Proprio
nelle fiere business, di cui si è parlato sopra, si torna a considerare sotto nuova veste l’aspetto
relazionale, basato sull’interazione, e l’aspetto-esperienza.
Come sarà quindi la fiera di domani? Se si pone la domanda a Jochen Witt1, presidente nel 2007
dell’UFI, l’organizzazione mondiale delle fiere, egli vi risponderà che il “futuro è fatto di fiere in
cui lo spazio espositivo sarà probabilmente più piccolo, a fronte però di una maggiore frequenza e
1 Intervento al convegno “L’Economia dell’Esperienza – Le Fiere alla prova del Mercato Globale”, Fiera Milano, Rho-Pero, in occasione
dell’apertura dell’anno fieristico 2008, 10 Settembre 2007.
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vicinanza ai diversi mercati”. Manifestazioni, dice ancora Witt, “in cui sarà sempre maggiore lo
spazio dei servizi e in cui le nuove forme di comunicazione e il web saranno degli elementi
complementari e non sostitutivi”. Risultato: nuovi mercati attireranno nuove fiere e protagonisti. Gli
impegni per gli espositori che vogliono operare su scala globale aumenteranno. Di conseguenza, ci
sarà un processo contemporaneo di espansione-selezione delle manifestazioni fieristiche con
formule che comportino minori costi per gli espositori. La strada perché questo avvenga passerà
allora per stand meno impegnativi, durata in alcuni casi più contenuta delle manifestazioni, così da
ridurre i costi di stand e personale. Fiere forse più “leggere”, ma più intensive, per sfruttare meglio
le opportunità: meglio preparate dal punto di vista dei contenuti. Si può prevedere l’emergere di
fiere sempre più ricche di “servizi”: promozione su clienti-visitatori, iniziative che favoriscano gli
incontri di business, database che aiutino la conoscenza reciproca espositori-visitatori, presenza sul
web con lo scopo di “scaldare le acque” (prima della manifestazione) e “tenerle calde” (con il
follow-up dopo la manifestazione).
1.3 Le funzioni
Le funzioni principali delle Fiere sono 3:
Economico – sociali
Di marketing
Di informazione
La funzione economico – sociale riguarda le funzioni connesse allo sviluppo e al miglioramento
dei sistemi economici come:
• L’incentivo alla concorrenzialità dei mercati;
• La più rapida diffusione delle innovazioni;
• L’incremento della cooperazione;
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• Il sostegno delle produzioni locali;
• La diffusione delle conoscenze presso la popolazione;
• L’indotto
La funzione di marketing interessa più specificatamente i singoli partecipanti alle manifestazioni e
sono individuabili in quelle di commercializzazione e di comunicazione.
Tuttavia, gli esperti aziendali parlano di marketing mix e identificano quattro “assi” nella
proposizione commerciale di un’azienda e nel successo commerciale di uno o più prodotti. Sono
quattro punti cardinali per determinare il successo o l’insuccesso, si tratta perciò di rispondere a
quattro domande:
1) Che cosa voglio vendere (prodotto)
2) A che prezzo (costo)
3) Con quali canali (politiche distributive)
4) Con quali forme di promozione (strumenti di marketing)
Una delle conseguenze è che è possibile intervenire su ciascuno di questi “assi” per ottenere il
miglior posizionamento. Posso anche avere un ottimo prodotto e un prezzo interessante, ma se non
dispongo dei canali commerciali utili rischio l’insuccesso.
Punto primo: la presenza fieristica è un’autentica sfida per la politica di prodotto di un’azienda.
Perciò bisogna domandarsi: quali prodotti si intende esporre? A quali obiettivi essi devono
rispondere: completezza del catalogo, novità, diversificazione, dimostrazione di miglioramento
qualità, nuovo design?
Contemporaneamente occorre chiedersi quale sia la capacità di sostenere la concorrenza dei prodotti
esposti. In che posizione del loro ciclo di vita si trovano? Il loro design è attuale? Nel caso in cui sia
prevista una confezione, essa è adeguata e vincente (design & packaging)?