2
A questo rinnovato interesse verso l’istituto del trust non si è
accompagnato però, salve rare eccezioni, un analogo interesse verso gli istituti
omologhi o comunque similari, degli ordinamenti dei Paesi dell’area di Civil Law.
Lo studio della fiducie e degli istituti ad essa ricollegati è invece secondo
noi di fondamentale importanza ed in questa sede quello che faremo sarà di
mettere in luce l’esperienza di tre Paesi, di tradizione civilista, che hanno scelto
strade differenti per dar vita ad un proprio meccanismo fiduciario, coerente con le
loro tradizioni giuridiche ed efficace quanto il trust di Common Law.
Lo sviluppo del trust ha accelerato quello della fiducie e i Paesi di diritto
romano si sono rivolti verso l’istituto fiduciario distinguendo tra la famiglia di
Common Law e quella romano-germanica, fra trust e fiducie dunque.
Nel corso di questo ventennio la fiducie ha conosciuto uno sviluppo
rimarcabile che l’ha portata ad affermarsi un po’ in tutto il mondo, dal Quebec al
Giappone. Ciononostante, non tutti l’hanno consacrata secondo uno schema
identico, in particolare i Paesi che hanno scelto di dotarsi dello strumento
fiduciario possono essere suddivisi in due gruppi: Quelli che hanno consacrato la
fiducie tramite un testo di legge, come nel caso del Quebec e quelli che hanno
lasciato il suo sviluppo alla pratica ed alla giurisprudenza, che è stata invece la via
percorsa dall’Italia, la quale ha ratificato il testo finale della Conferenza dell’Aja
sul trust ed in cui è oramai affermata la pratica dei trusts interni.
La Francia rappresenta, all’interno di questa dicotomia, un interessante
caso di Paese in transito e può essere considerata l’anello di congiunzione fra i
due gruppi. Nello Stato transalpino infatti, nonostante gli entusiasmi seguiti alla
redazione d’un avan-progetto di legge e d’un successivo progetto di legge sulla
fiducie nel 1992, non si è mai arrivati all’approvazione d’una legge, così che
questa non è ancora entrata a far parte del Codice civile francese. Nonostante la
manifesta intenzione di consacrare la fiducie tramite un testo di legge i ritardi del
sistema legislativo stanno portando la Francia, involontariamente, all’interno di
quel folto gruppo di Stati che ha lasciato lo sviluppo della fiducie al mercato, da
una parte ed alla giurisprudenza, dall’altra.
3
Scopo di questo studio sarà mostrare, tramite la comparazione
dell’esperienza francese, quebecchese ed italiana, quanti e quali problemi
comporti la riscoperta della fiducie in un ordinamento civilista e quali soluzioni
siano state trovate in quei Paesi che hanno già affrontato e vinto questa sfida.
4
Parte I
Profili storici dei negozi fiduciari
L’analisi storica è come sempre la premessa indispensabile di qualsiasi
studio che abbia una qualche pretesa di completezza ed un approfondimento sulle
origini della fiducie ci aiuterà a capire meglio le ragioni dalle differenze che oggi
distinguono la fiducie francese da quella del Quebec (pur discendenti dalla stessa
tradizione giuridica) e tra queste e quella italiana.
La fiducie è un istituto d’origine romana che nel corso dei secoli cadde in
desuetudine (senza comunque scomparire completamente dal panorama giuridico
continentale) per essere poi riscoperto negli ultimi venti anni anche grazie alle sue
analogie con il trust anglosassone, meccanismo come vedremo molto simile alla
fiducie, che, a differenza di questa, si è andato evolvendo nel corso dei secoli fino
a divenire uno dei più conosciuti (ed imitati) negozi del diritto inglese.
In questa prima parte perciò, alla storia della fiducie e dei negozi fiduciari,
sarà affiancata anche una breve descrizione del trust e della sua storia, in modo da
poter meglio capite le ragioni di alcune delle scelte fatte dai legislatori moderni
nella reintroduzione della fiducie nei loro ordinamenti. Più precisamente vedremo
come la fiducie francese debba parte delle sue basi teoriche, prima fra tutte la
tecnica della doppia proprietà, al trust, anche se nella pratica gli istituti sono molto
diversi, mentre nella fiducie del Quebec (che nel versione inglese del Codice
civile è chiamata appunto trust) sarà più facile notare le somiglianze, soprattutto
pratiche, con il trust, segno della volontà di seguire le orme di un sistema già
rivelatosi vincente
1
, come del resto ha fatto in modo più marcato l’Italia.
1
Si tenga presenta inoltre cha la Francia ha un ordinamento giuridico di diritto romano mentre nel
Quebec l’ordinamento giuridico è di tipo misto, cioè derivante sia dai dettami della civiltà
giuridica romano-germanica che dalla tradizione anglosassone ed è dunque normale che la fiducie
di questa regione, nonostante gli spunti indipendentisti, sia largamente influenzata dal trust
anglosassone, del resto in vigore nel resto del Canada.
5
Capitolo I
Profili storici della fiducie
1.1 La fiducia nel diritto romano
2
La fiducia di diritto romano è un istituto molto antico che trova le sue
origini nella prima età repubblicana quando, su iniziativa dei privati, si
cominciarono a cercare modi nuovi ed alternativi a quelli fino ad allora usati per
governare i passaggi di proprietà, oramai non più adatti ad una città in rapida
ascesa
3
.
Limitatamente alla proprietà sui beni, la fiducia poteva essere definita
come un trasferimento volontario e solenne d’un diritto di proprietà
4
con il quale
una parte –il costituente- trasferiva all’altra –il fiduciario- la proprietà di una cosa,
mediante mancipatio
5
o in iure cessio
6
col patto che, verificatesi certe condizioni,
lo stesso bene sarebbe poi stata ritrasferito in proprietà al costituente. I due
momenti, quello dispositivo e quello obbligatorio, se pur distinti, sono dunque
collegati e bilaterali; ad una mancipatio è affiancata, in termini di previsione
obbligatoria, un’altra mancipatio con la posizione dei due soggetti invertita.
2
Nel descrivere la fiducia di diritto romano verranno tralasciati tutti gli aspetti inerenti il diritto
delle persone come la manomissio degli schiavi o la coemptio fiduciae delle donne, che, essendo
strettamente legati alla condizione delle persone nel periodo romano esulano dal campo di ricerca
di questa tesi. Per un approfondimento su questi temi vedi MARRONE M., Istituzioni di diritto
romano, 2° ed., casa editrice Palumbo, Padova, 1994, 133 e ss. e 469 e ss..
3
DIURNI G., in Digesto disc. priv., Torino 1995, voce Fiducia e negozio fiduciario, 290 e ss..
4
WITZ C., La fiducie en droit privé français, Economica, Parigi, 1981, 21 e ss..
5
La mancipatio era uno dei gesta per aes et libram (cioè compiuti con il bronzo ed una bilancia)
ed era un negozio formale del ius civile, utilizzabile cioè solo dai cittadini romani, era impiegata
per il trasferimento sulle res mancipi di una sorta di proprietà, espressa prima in termini
d’appartenenza (ex iure Quiritium) poi di diminium ed infine anche di proprietas. Era uno scambio
di cosa ( fondi, cose, animali, schiavi ecc…) contro prezzo, in pratica un atto solenne che
realizzava una vendita. Vedi per un approfondimento MARRONE M., Istituzioni di diritto
romano, op. cit., Padova, 1994, 133 e ss..
6
La iure cessio era anch’essa un atto formale e solenne appartenente allo ius civile. La iure cessio
poteva essere impiegata per il trasferimento della proprietà su res mancipi, per gli usufrutti ed in
alcuni casi anche per la cessione di eredità, avveniva davanti un magistrato (generalmente un
pretore) ed era in pratica un finto processo nel quale il cessionario affermava come già sua la
posizione giuridica che intendeva acquisire ed il magistrato prendeva atto della non opposizione
del cedente, convalidando così il passaggio. Vedi per un approfondimento MARRONE M.,
Istituzioni di diritto romano, op. cit., Padova, 1994, 138 e ss..
6
Come il suo senso etimologico indica la fiducia riposava all’origine
unicamente sulla fides del costituente, che non disponeva di nessuna sanzione
giuridica diretta contro il fiduciario in caso questi si rifiutasse di riconsegnare la
proprietà.
Secondo Gaio
7
la fiducia poteva essere cum creditore o cum amico; la
prima, considerata come la prima forma di garanzia reale del diritto romano
8
, era
usata per garantire i prestiti, nella pratica il costituente trasferiva i propri beni al
fiduciario come garanzia per i crediti ottenuti, il fiduciario, da parte sua, aveva, in
ragione del pactum fiduciae, l’obbligo di ritrasferire i beni al costituente-debitore
una volta avvenuta l’estinzione del debito. Ragioni completamente diverse
spingevano invece alla realizzazione della fiducia cum amico, che poteva avere
coma causa la custodia di un bene (un po’come il nostro deposito) od anche un
semplice prestito d’uso, per il quale la parte avrebbe ritrasferito la proprietà
all’altra parte su semplice richiesta
9
.
La fiducia cum amico ha dei risvolti che ci permettono di meglio capire il
ruolo della fides nel mondo romano; questa tecnica poteva essere usata infatti
anche con l’intento di tutelare gli interessi patrimoniali del costituente in termini
di salvaguardia della proprietà e di difesa giuridica della stessa da chicchessia, si
tratta in questo caso di una fiducia “pura”
10
, perché realizzata nel preminente
interesse del costituente e con i maggiori oneri a carico del fiduciario.
Va sottolineato che la fiducia non imponeva forzatamente il passaggio nel
possesso del bene, se infatti così non avveniva la proprietà veniva riacquistata con
il semplice decorrere del tempo e senza nessuna formalità; si parla in proposito di
usureceptio
11
, una sorta di usucapione che differiva da quello ordinario per il
tempo (di solo un anno anche in caso d’immobili) e dalla iusta causa, dalla quale
si poteva trascendere.
7
“Sed fiducia contrahitur aut cum creditore pignoris iure, aut cum amico, quo tutius nostrae res
apud eum sint” GAIO, Istituzioni di Gaio e Giustiniano, ist. 2, 60. Ed. Simoni, Napoli, 1995.
8
WITZ C., La fiducie en droit privé français, Economica, Parigi, 1981, 24.
9
MARRONE M., Istituzioni di diritto romano, 2° ed., casa editrice Palumbo, Padova, 1994, 469.
10
DIURNI G., in Digesto disc. priv., Torino, 1995, voce Fiducia e negozio fiduciario, 292.
11
GAIO Istituzioni di Gaio e Giustiniano, 2, 61, nota precitata.
7
1.1.1 I mezzi di tutela
Una volta scaduti i termini di possesso il fiduciario era obbligato a
retrocedere i beni al costituente, il quale però non disponeva di mezzi legali diretti
per imporre la restituzione. Per il diritto arcaico sembra bastasse realmente la sola
fiducia, derivante direttamente dal pactum fiduciae. Alla fiducia infatti potevano
ricorrere solo i cittadini romani e la rottura della fides sarebbe stata per i Romani
un comportamento così grave e riprovevole da essere una garanzia sufficiente per
le parti
12
. Fu solo verso la metà del II sec. a.C., come ci dice Boezio
13
, che
l’obbligo della restituzione e quindi la sostanza del pactum fiduciae, si tradusse in
legge obbligatoria tramite l’actio fiduciae directa per il riacquisto della proprietà
da parte del costituente. L’azione era in personam e nella formula si faceva
riferimento a criteri di lealtà e correttezza
14
il cui apprezzamento era lasciato alla
libera valutazione del giudice mentre il fiduciario poteva far ricorso all’actio
fiduciae contraria per far valere le proprie contropretese per le spese necessarie
sostenute ed i danni; l’actio fiduciae contraria ha la stessa natura della sua
controparte ma a differenza di questa non è infamante
15
.
La fiducia vide il suo apice sul finire della Repubblica quando
l’introduzione nell’ordinamento giuridico di nuovi negozi come il pegno, il
deposito ed il comodato ne segnarono la scomparsa. Il declino della fiducia fu più
lento di quanto non ci si possa immaginare, soprattutto se si pensa che questi
nuovi negozi rispondevano alle stesse esigenze della fiducia ma disponevano di
strutture più snelle ed adeguate alle nuove necessità; la fiducia, seppur in declino,
continuò a far parte del panorama giuridico romano fino all’età post-classica,
quando la scomparsa delle forme solenni di trasferimento della proprietà
12
La fides per i Romani aveva anche un forte valore religioso e la sua violazione, anche se non
aveva ripercussioni giudiziarie, poteva portare a sanzioni religiose, oltre al biasimo della
collettività.
13
BOEZIO, ad Ciceronis topica, 4, 10, 41, a cura di Christin Mohriman, 4° ed., Rizzoli, Milano,
1988.
14
“ut inter bonos bene agier oportet” dove con “inter bonos” s’intende “fra galantuomini”.
CICERONE, de officis., 3, 17, 70 a cura di Magnino D., Radam, Padova, 1968.
15
Infamante per il convenuto condannato “proprio nomine”. Infames e ingnominiosi venivano
interdetti dalle cariche pubbliche e dalla possibilità di postulare pro aliis, di proporre cioè cause
giudiziarie nell’interesse altrui. Vedi per un approfondimento MARRONE M., Istituzioni di
diritto romano, op. cit., Padova, 1994, 261 e ss..
8
(mancipatio e in jure cessio) ne decretarono il definitivo tramonto. Nel Digesto e
nelle costituzioni classiche del Codex Iustinianus furono mantenuti tuttavia molti
dei testi relativi alla fiducia ma i compilatori sostituirono alla menzione originale
di fiducia cum creditore quella di pegno ed alla menzione, meno frequente, di
fiducia cum amico quella di deposito o di comodato, così che, in prima analisi,
non rimase traccia nel Codex della fiducia romana.
Una delle istituzioni comparabili alla fiducia in materia di transizioni di
beni, ma mortis causa, il fidecommesso doveva conoscere una più lunga fortuna.
1.2 I fidecommessi nel diritto romano
16
Il fidecommesso era una raccomandazione informale che il testatore
faceva all’erede od al legatario, affinché questi compisse una prestazione
determinata in favore della persona da lui indicata e trasse certamente origine, in
età repubblicana, dal proposito di aggirare gli ostacoli ed i divieti che vigevano
nel regime dei legati
17
. Un Romano, desideroso di gratificare mortis causa un
terzo incapace di ricevere, non aveva altra scelta se non far appello alla fides di
colui che ereditava i beni affinché questi li ritrasmettesse, volontariamente, al
destinatario finale, indicato dal testatore.
All’origine perciò il fidecommesso riposava, come la fiducia, interamente
sulla buona fede di chi veniva in possesso dei beni da trasferire, anche se ciò non
deve trarre in inganno, dato che le differenze fra i due istituti non mancano,
essendo il primo studiato per la trasmissione di beni ereditari ed il secondo per
quella inter vivos. La storia di questi due istituti ha seguito un cammino
comparabile; da semplice preghiera lasciata alla coscienza dell’erede o del
legatario anche il fidecommesso, con la decadenza dei modi, fu sempre meno
rispettato finché, in periodo augusteo, non fu necessario l’intervento dell’autorità
pubblica, che rese i fidecommessi vincolanti per l’onerato, legittimando con la
16
Anche per i fidecommessi, come per la fiducia, il diritto delle persone non sarà esaminato ma ci
si atterrà solo agli aspetti inerenti il diritto di proprietà.
17
In particolar modo i peregrini ma in generale tutti i soggetti sprovvisti della testamenti factio
passiva, quindi anche le donne dopo la lex Voconia (163 a.C.) non potevano ricevere beni per via
testamentaria. Vedi MARRONE M., Istituzioni di diritto romano, 2° ed., casa editrice Palumbo,
Padova, 1994, 679 e ss..
9
petitio fidecommessi le giuste pretese dei beneficiari frodati
18
. Sempre nello stesso
periodo s’instaurò anche la giurisdizione dei consoli in materia di fidecommessi,
resa poi permanente dall’imperatore Claudio, che istituì due pretori
fidecommessi
19
.
Per ciò che riguarda la forma del fidecommesso questa era libera ed era
possibile disporre il fidecommesso sia in un testamento che in un codicillo
(confermato oppure no) come era anche possibile creare dei fidecommessi
oralmente o con un cenno d’assenso
20
. Così com’era libera la forma per creare un
fidecommesso così lo era la formula della revoca, che poteva essere espressa o
tacita; l’efficacità era legata all’accettazione dell’onerato, che aveva anche la
possibilità di trasmettere ai suoi eredi il diritto al lascito, anche se solo dopo il dies
cedens, solitamente coincidente con la morte del disponente.
La codificazione delle norme sui fidecommessi aprì una nuova fase per
questo istituto; i consoli infatti prima di accogliere le lamentele dei beneficiari
frodati avevano l’onere di verificarne la legittimità, ovvero di verificare che questi
non fossero stati creati per aggirare un’incapacità di ricevere degli eredi (scopo
primo dei fidecommessi) e quindi in frode alla legge. La stretta operata dai consoli
non fece tuttavia cadere in desuetudine la pratica dei fidecommessi, che
presentava comunque dei vantaggi di forma rispetto ai legati e soprattutto
garantivano la possibilità di gestire una trasmissione successiva dei beni
successori. In altre parole, invece di dovere consegnare i beni immediatamente
l’erede od al legatario (oppure allo scadere di una condizione precisa o di una data
certa), i fidecommessi potevano agire come una sorta di esecutori testamentari
21
e
posticipare la consegna dei beni; altro vantaggio fondamentale che il
fidecommesso permetteva era quello d’assicurare la conservazione del patrimonio
familiare, soprattutto tramite la sostituzione fidecommissaria di cui ci accingiamo
a parlare.
18
Fu questo il primo caso di cognitio extra ordinem, per cui si impegnò un processo che non era
né per legis actiones né per formulas. Vedi MARRONE M., Istituzioni di diritto romano, op. cit.,
Padova, 1994, 114 e ss…
19
WITZ C., la fiducie en droit privé français, Economica, Parigi, 1981, 28.
20
MARRONE M. Istituzioni di diritto romano, 2° ed., casa editrice Palumbo, Padova, 1994, 679
ess..
21
WITZ C., la fiducie en droit privé français, Economica, Parigi, 1981, 28.
10
Una prima ipotesi di sostituzione era quella “volgare”
22
, comune anche
all’erede, per la quale ad un primo fidecommesso se ne sostituiva un altro se il
primo decideva di non acquisire quanto disposto in suo favore. Ma in materia si
ammise anche la sostituzione fidecommissaria, per la quale il sostituto acquisiva
la proprietà dei beni non al posto della persona indicata ma dopo di lei, alla
scadenza di un termine, all’avverarsi di una condizione determinata o anche dopo
la morte del primo fidecommissario. Un caso particolare di sostituzione
fidecommissaria era poi quella c.d. “fidecommissaria di famiglia”
23
; in casi del
genere l’onerato dal fidecommesso ed eventualmente (ma frequentemente) dopo
di lui il suo sostituto, dovevano appartenente alla stessa famiglia del disponente,
ed avevano l’obbligo di ritrasmettere alla loro morte i beni oggetto del
fidecommesso ad un altro membro della stessa famiglia, evitando così che il
patrimonio venisse disperso
24
. Nel corso dell’età classica molti dei precetti in
vigore per i legati vennero estesi anche ai fidecommessi fino a che, nel Digesto, i
due istituti non vennero equiparati
25
, con una certa prevalenza delle norme sui
fidecommessi su quelle sui legati.
**** **** ****
L’opera di Giustiniano non ha soltanto marcato una tappa importante nella
storia del fidecommesso ma anche in quella della fiducie, che, come abbiamo
detto, fu sostituita dal pegno, dal mandato e dal comodato. Il silenzio del Codex
sulla fiducie ebbe gravi conseguenze, poiché, come si sa, fu seguendo questo
codice che nel XII sec. avvenne la rinascita del diritto romano ed anche la fiducie
moderna non poté far altro che ricercare le sue origine tra le sue righe ed, in
mancanza di riferimenti diretti, alle interpretazioni che di questo vennero date.
22
MARRONE M. Istituzioni di diritto romano, op. cit., Padova, 1994, 680 e ss..
23
MARRONE M. Istituzioni di diritto romano, op. cit., Padova, 1994, 680.
24
Con Giustiniano fu abolito il divieto di disporre dei lasciti per persone incerte così che, da quel
momento in poi, fu possibile giovare più generazioni . Giustiniano sembra porre come regola
generale il limite della quarta generazione. MARRONE M. Istituzioni di diritto romano, nota
precitata.
25
Possiamo leggere all’inizio del trentesimo libro “per omnia exaequata sunt legata
fideicommissis” [legati e fidecommessi sono stati del tutto equiparati]. Tratto da SANTORO L., Il
negozio fiduciario G. Giappichelli Editore, Torino, 2002, 58.
11
1.3 Le origini della fiducie francese
Nell’ancien droit
26
sono presenti numerosi istituti che possono essere
comparati alla fiducia romana ma questi avevano tutti delle funzioni circoscritte,
distinguendosi così da quest’ultima proprio per la loro mancanza di flessibilità
27
e
comunque nessuno di questi ebbe un’evoluzione tale da divenire fondamento della
fiducie moderna, come invece accadde in Inghilterra
28
od in Germania
29
dove
invece si sviluppò una lunga tradizione che portò alla nascita rispettivamente del
trust e del Treuhand. Tale affermazione potrebbe sorprendere, dato che esisteva
nell’antico diritto francese un meccanismo chiamato “fiducie”, ma questo non
aveva in comune con il suo omonimo romano nulla se non il nome; anche se le
ragioni potranno sorprendere, la fiducie dell’ancien droit non deriva infatti dalla
fiducia romana ma bensì dal fidecommesso o meglio dall’evoluzione che questo
ebbe in Francia.
1.3.1 Il fidecommesso nell’ancien droit
Il fidecommesso nell’antico diritto francese aveva molte forme di cui le
poche fonti rimaste e l’imprecisione terminologica, tipica di quel periodo, non ci
permettono di descriverne compiutamente le caratteristiche. Per quel che concerne
la tecnica generale del fidecommesso nell’ultimo secolo dell’ancien régime il suo
regime era del tutto simile a quello delineato dal Codice giustineaneo
30
che, come
detto, aveva fatto del fidecommesso e del legato un istituto unico; contenuto in un
codicillo od in un testamento il fidecommesso universale dei Paesi di diritto
scritto (Francia del sud) aveva lo stesso effetto del legato universale accettato nel
26
Con il termine “ancien droit” si fa riferimento al diritto in vigore in tutti i territori amministrati
dalla Francia durante il periodo comunemente detto dell’ancien régime.
27
WITZ C., la fiducie en droit privé français, Economica, Parigi, 1981, 31.
28
Vedi infra cap. 2.1: Le origini del trust: lo use, 23.
29
Per un approfondimento sullo sviluppo del negozio fiduciario in Germania vedi GAMBARO
A., in Digesto disc. priv., Torino 1995, voce Trust, 452 e ss. e WITZ C. e BLAUROCK U., Les
opérations fiduciaires en droit allemand, in Les opérations fiduciaires, Colloqui del Lussemburgo
del 20 e 21 settembre 1984, Feducci, Parigi, 1985.
30
GEROUX M., Traité de droit romain, Didot Frère, Parigi, 1851, 44. Traduzione dell’omonima
opera di Von Savigny FK.
12
nord della Francia (che invece seguiva il diritto consuetudinario) e che permetteva
di rendere valide le disposizioni universali a causa di morte non costitutive, per
vizi di forma, d’istituire un’eredità. Tra le varie tecniche che vennero usate per
l’istituzione di fidecommessi due sono quelle che meritano maggiore attenzione:
Il fidecommesso tacito e la sostituzione fidecommissaria.
Il fidecommesso tacito è la versione francese del fidecommesso romano
prima che venisse assoggettato alle norme già previste dal legato in materia
d’incapacità di ricevere
31
, il suo utilizzo era dunque quello d’arricchire una
persona incapace di ricevere l’eredita tramite l’interposizione di un terzo che
s’impegnava a gestire i beni per poi rimetterli all’incapace. Quest’istituto,
essenzialmente caratterizzato da intenti di frode, si distingueva nettamente dalla
sostituzione fidecommissaria, che può essere considerata la versione lecita del
primo.
La sostituzione fidecommissaria era usata per assicurare, anche attraverso
il passaggio di più generazioni, la conservazione del patrimonio familiare. La
tecnica è quella consueta; al fidecommesso veniva rimessa la proprietà dei beni
ma con l’obbligo di trasferirli, in un dato momento od alla scadenza di un termine
(generalmente alla morte), ai beneficiari, che sarebbero stati sottoposti allo stesso
obbligo di dare. Grazie alla doppia obbligazione di conservare e di rendere
imposta al primo gratificato ed ai beneficiari ulteriori, il fidecommesso era il solo
modo veramente efficace per far profittare dell’oggetto della liberalità più
generazioni successive ed impedire così la dilapidazione del patrimoni familiare.
Per compiere tale missione il fidecommesso fu presto designato con il
termine, improprio, di sostituzione fidecommissaria ed esteso non solo ai lasciti
mortis causa ma anche a quelli inter vivos. Il meccanismo, così costituito, si
apriva normalmente con il decesso del primo gratificato e si estendeva per un
numero non limitato di generazioni successive
32
. Fu studiando gli effetti e gli
inconvenienti della sostituzione fidecommissaria che la dottrina stimò necessario
dar vita ad un nuovo istituto, che venne chiamato fiducie.
31
Vedi infra cap. 1.2: il fidecommesso nel diritto romano, 7 e ss..
32
Anche se varie ordinanze successive, di cui l’ultima fu quella del Chancelier d’Aguesseau del
1747, tentarono di limitare in vario modo il numero delle generazioni alle quali si poteva estendere
la sostituzione fidecommissaria. WITZ C., la fiducie en droit privé français, Economica, Parigi,
1981, 36.
13
1.3.2 Le origini della fiducie dell’ancien droit
Sebbene il fidecommesso si fosse rivelato una tecnica efficace per la
conservazione del patrimonio delle grandi casate di Francia alcuni degli effetti che
questi produceva non sempre corrispondevano alla volontà del disponente. Gli
effetti tradizionali del fidecommissario infatti (come il diritto di questi di godere
dei frutti della liberalità od il suo diritto di mantenere il possesso dei beni se il
beneficiario veniva meno prima dell’apertura del suo diritto) se non creavano
difficoltà quando il fidecommesso stesso era beneficiario dell’atto si rivelavano
invece estremamente dannosi quando il suo ruolo era solo quello
dell’intermediario o dell’amministratore dei beni, in attesa che i beneficiari
potessero entrarne in possesso. L’assenza della volontà di beneficiarie anche il
fidecommissario metteva in dubbio molti dei principali effetti dell’istituto e per
questo la dottrina dell’epoca fu spinta nella ricerca di un nuovo istituto, del tutto
simile al primo, ma che non prevedesse per il fidecommissario alcun beneficio
derivante della liberalità operata dal costituente; questo “nuovo” istituto fu la
fiducie.
A dare una legittimazione storica della fiducie (assolutamente essenziale in
quel periodo) venne chiamato il diritto romano o meglio il Codice Giustinianeo, il
quale però aveva commesso il grave peccato d’aver emendato tutti i riferimenti
che le fonti posteriori avevano fatto alla fiducie. Anche se può sorprendere la
dottrina francese dell’epoca non si curò di tale mancanza e collegò la legge 46, D.
ad senatus-consultum Trebellianum (che permetteva di non applicare alcune
effetti del fidecommesso in caso non fosse presente un’intenzione liberale nei
confronti del gravato) con i riferimenti del Codice in materia e con alcuni scritti
contemporanei
33
. In particolare la legge usava l’espressione “heres fiduciarius” e
“hereditas fiudiciaria” da cui la dottrina dedusse la possibilità d’usare la fiducie
anche per delle transizioni mortis causa, cosa che invece sappiamo non possibile
per la fiducia romana, che veniva usata solo per traslazioni inter vivos. Così la
33
Di particolare importanza furono gli scritti di Peregrinus (autore italiano dei primi del seicento
che scrisse in latino una voluminosa opera sulla sostituzione fidecommissaria), che ebbe molta
presa sulla dottrina francese dell’epoca che lo cita abbondantemente. WITZ C., la fiducie en droit
privé français, Economica, Parigi, 1981, 38 e ss..
14
fiducie dell’ancien droit divenne una variante del fidecommesso romano o meglio
della sostituzione fidecommissaria di famiglia, da applicare quando il costituente
non aveva intenzione di beneficiare il fidecommesso, ormai fiduciario, con i beni
facenti oggetto della fiducie.
1.3.3 I caratteri della fiducie sotto l’ancien droit
Una delle maggiori controversie riguardanti la fiducie dell’ancien régime è
quella sui limiti del suo campo d’intervento; in particolare sono due le scuole di
pensiero dominanti: La prima, con una visione estensiva della fiducie e, l’atra,
non meno forte, con una visione più ristretta
34
.
La prima scuola considerava come atti di fiducie tutti i fidecommessi che
non prevedessero di beneficiarie il fiduciario (in buona sostanza tutti i casi citati
nel paragrafo precedente) mentre, l’atra, considerava atti di fiducie solo i
fidecommessi che avevano per beneficiari ultimi i figli minori del testatore e come
fidecommissario un parente od un amico del costituente, che si impegnava a
gestire i beni finché il minore non avesse raggiunto l’età per poter gestire
l’eredità. Secondo questa tecnica il fiduciario godeva di tutti i requisiti necessari
per amministrare i beni ma non del diritto di proprietà di questi, che passava
direttamente dal de cuius al beneficiario. La fiducie non era comunque una tecnica
di simulazione poiché, sebbene il fiduciario fosse solo un “erede per pura
forma”
35
, il suo diritto ad amministrare i beni come ne fosse proprietario non era
per nulla contestato ed era considerato pienamente legittimo.
Può essere sorprendente ma nessuna delle fattispecie di fiducie dell’ancien
droit, per quanto vaghe esse fossero, prevedeva quelle valide invece nel diritto
romano, al quale teoricamente si rifaceva ed al quale figure ibridi come l’erede di
pura forma erano del tutto estranee. Ciononostante, questa tecnica prese piede e si
adattò sia nella Francia di diritto scritto che in quella di diritto consuetudinario (e
34
Le ragioni di tanta incertezza derivano dallo studio, sostanzialmente marginale, che fu dedicato
a questa tecnica, considerata non più d’una variante della sostituzione fidecommissaria (che già di
per sé aveva dei contorni quantomeno incerti). Vedi in merito alle differenti teorie GEROUX M.,
Traité de droit romain, op. cit, Parigi, 1851, 50 e ss..
35
WITZ C., nota precitata.
15
quindi anche nelle colonie che seguivano le leggi imposte dalla Coutume de
Paris) in modo tanto solido da resistere per un lungo periodo anche agli
sconvolgimenti che seguirono la Rivoluzione del 1789 e la caduta della
monarchia.
1.3.4 La fiducie nel diritto moderno francese
Caduto l’ancien régime e le sue leggi la Repubblica si affrettò a dar vita ad
un nuovo Codice civile, questa volta basato sui principi della Rivoluzione.
Tralasciando le innovazioni, anche molto importanti ma secondarie ai fini della
nostra analisi, in merito alla fiducie i redattori del nuovo Codice decisero
semplicemente d’ignorarla, così come fecero per il fidecommesso ed imposero in
tutta la Francia il legato universale come unico mezzo per le disposizioni mortis
causa
36
.
Per quel che riguarda la sostituzione fidecommissaria questa veniva
espressamente proibita
37
e con essa anche la fiducie, che come abbiamo visto era
una disposizione particolare della prima, anche se in realtà quest’ultima non sparì
completamente dal panorama giuridico francese e fu mantenuta in vita (anche se
per un breve tempo) dalla dottrina e dalla giurisprudenza.
La realtà fu che giudice e studiosi, che si erano formati sotto l’ancien
droit, continuarono a seguire gli schemi mentali che avevano sempre adottato,
cercando per quanto possibile di adattarli alla nuova realtà giuridica francese. La
conseguenza di una tale posizione fu che la fiducie moderna rimase esattamente la
stessa di quella dell’ancien régime e cioè un legato sui generis che permetteva al
legatario apparente di mantenere la gestione della proprietà fino alla scadenza di
un termine, dopo il quale avrebbe dovuto rimettere i beni al vero legatario (che
comunque disponeva del diritto di proprietà sul legato già dalla morte del
36
Art. 1002 Code civil (C.c.) “Le disposizioni testamentarie sono o universali o particolari, o a
titolo universale o a titolo particolare. Ognuna di queste disposizioni, sia che sia stata fatta sotto
la denominazione d’istituzione ereditaria, sia che sia stata fatta sotto la denominazione di legato,
produrrà i suoi effetti seguendo le regole qui stabilite per i legati universali, per i legati a titolo
universale e per i legati a titolo particolare” [traduzione mia].
37
Art. 896 C.c. “Le sostituzioni sono proibite. Tutte le disposizioni per le quale il donatore,
l’erede od il legatario sono incaricati di conservare e di rendere ad un terzo, saranno nulle, anche
nei confronti del donatore, dell’erede o del legatario” [traduzione mia].