2
Ci avvarremo, per questa ricerca, di strumenti diversi anche
per impostazione ideologica, e pertanto cercheremo di illustrarne
brevemente l'orientamento di volta in volta.
Dopo aver analizzato la fiaba nella sua veste di genere letterario
- ed averne perciò illustrato le caratteristiche, gli elementi e le funzioni
in essa individuati da diversi studiosi - il campo d'indagine verrà
a concentrarsi sull'area più specificamente pedagogica, per analizzare
il valore educativo della fiaba: se è vero che "soltanto nell'età adulta
è possibile ricavare dalle nostre esperienze in questo mondo
un'intelligente comprensione del significato della nostra esistenza
nel mondo stesso"
2
, è vero anche che una tale capacità
di comprensione si sviluppa lentamente, e a partire dall'infanzia.
Approfondiremo, a questo proposito, come le fiabe possano essere,
non solo secondo Bettelheim, lo strumento migliore per trasmettere
ai bambini proprio la capacità di trovare un significato alla propria
esistenza e alla vita, più in generale. Indagheremo come e quanto
la fiaba possa costituire un validissimo strumento educativo, grazie
alle sue caratteristiche di neutralità, apertura e creatività: "[le fiabe]
Toccano nel bambino la molla dell'immaginazione: una molla
essenziale alla formazione di un uomo completo."
3
Le fiabe
comunicano con il bambino attraverso la magia di un linguaggio
fantastico, che egli però sente come proprio, perché coglie il suo modo
2
Bruno Bettelheim, Introduzione a: Il mondo incantato - Uso, importanza e significati
psicanalitici delle fiabe, trad. it. di Andrea D'Anna, Milano, Feltrinelli, 1977.
3
Gianni Rodari, Presentazione a: Andersen, Fiabe, Torino, Einaudi, 1970, in: Crispiani, Piero,
Andar per fiabe - Alla ricerca dell'immaginario perduto, Roma, Armando, 1988.
3
di vedere il mondo; troviamo conferma, infatti, di una naturale
convergenza della mente del bambino con il magico sia nello studio
citato di Piero Crispiani, sia in quelli di altri studiosi che prenderemo
in considerazione.
Approfondendo le caratteristiche educative proprie della fiaba,
vogliamo poi spostare l'attenzione dall'infanzia all'età adulta,
per sostenere quanto ogni individuo potrebbe rispecchiare se stesso
e la propria esistenza al mondo all'interno delle fiabe che, dunque,
possono divenire anche eccellente strumento di indagine psichica;
grazie alla fiaba, poi, egli potrebbe davvero migliorare la propria
condizione di adulto riappropriandosi di quel pensiero magico perduto
con l'infanzia, "per alimentare la propria vita di innocenza
e di speranza."
4
Vedremo come la fiaba possa rappresentare inoltre, sempre
per l'adulto, un autentico metodo di cura e un validissimo strumento
di riflessione, riflessione su di sé e sulla realtà circostante;
esamineremo, a questo proposito, il metodo proposto da Maria Varano
per riscoprire se stessi e la propria identità più autentica attraverso
la trasposizione della propria vita in racconto, e considereremo come
proprio il raccontare possa rappresentare una risorsa preziosa,
sotto molteplici aspetti, per l'individuo adulto.
Non intendiamo, qui, soltanto proporre di rileggere con occhio nuovo
e più attento le fiabe tradizionali; vogliamo piuttosto invitare
4
Duccio Demetrio, Elogio dell'immaturità - Poetica dell'età irraggiungibile, Milano, Cortina,
1998, nota di copertina.
4
a considerare l'ipotesi di sperimentare la creazione di storie,
dedicandosi all'antica arte del racconto; vogliamo esplorare
le potenzialità insite nell'azione del raccontare, per gli altri e per sé.
Porremo l'attenzione su come raccontare significhi anche,
inevitabilmente, raccontarsi: narrare storie, infatti, è necessariamente
narrare anche se stessi; vedremo come tale sovrapposizione sia
non solo inevitabile, ma come possa essere anche molto costruttiva,
e persino terapeutica.
5
Illustreremo, perciò, come il recuperare brani
vissuti della nostra vita, attraverso una rielaborazione in chiave
metaforica, possa costituire un'occasione di riflessione
e di miglioramento; una tappa fondamentale del cammino
verso la maturità.
Un cammino che si rivelerà essere senza fine.
" Le fiabe sono infatti un viaggio avventuroso in cui gli individui si
muovono, rendendo attraente l'esperienza del cambiamento ".
6
Sostenuti dai testi del Prof. Demetrio, analizzeremo i vari aspetti
che fanno del raccontare una risorsa tanto importante
per la formazione dell'identità adulta e un utile strumento
di interazione sociale e di avvicinamento all'altro da sé. Mostreremo
come il raccontare possa essere equiparato ad un processo di rinascita,
di riappropriazione di sé e della propria esperienza, giacché è recupero
di memoria, rielaborazione della propria storia e stimolo
5
Duccio Demetrio, Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé, Milano, Raffaello Cortina,
1996.
6
Maria Varano, Guarire con le fiabe - Come trasformare la propria vita in un racconto, Roma,
Meltemi, 1999, nota di copertina.
5
al cambiamento. A proposito di questo, ci avvicineremo al concetto
di esperienza narrativa come attività terapeutica: vedremo, infatti,
che raccontare è sempre un atto di trasformazione, di ri - creazione,
e illustreremo le ragioni che stanno alla base di un simile assunto.
Riscopriremo, quindi, il racconto, e ne illustreremo proprietà nuove,
nel tentativo di riavvicinare il mondo adulto alla narrazione: vogliamo
infatti sottolineare come il raccontare non sia assolutamente
una dimensione esclusivamente infantile; vorremmo eliminare
la barriera insormontabile che viene normalmente eretta tra infanzia
ed età adulta a proposito del raccontare, mostrando come esso
appartenga - per quanto, certo, in modi differenti - ad entrambe queste
fasi della vita ed evidenziando come, allo stesso modo, possa essere
utile risorsa per entrambi.
Raccontare, dunque, anche come "cosa da grandi", in un universo
concettuale, però, dove "grandi" e "bambini" non sono due entità
distanti e separate, ma fasi, espressioni di un unico continuum,
di un percorso di crescita che non è un movimento dal basso verso
l'alto, non è perdita irrimediabile di tutto ciò che non è stato,
stratificarsi di situazioni che si cancellano a vicenda e
progressivamente: è un cammino "orizzontale", un percorso fluido,
che ammette variazioni, deviazioni, avanzamenti e ritorni. Vorremmo
perciò minare il pregiudizio per cui, comunemente, si distinguono
nettamente le diverse età della vita, e particolarmente infanzia ed età
adulta, e si disapprova tutto ciò che di infantile è ancora riscontrabile
nell'individuo adulto, per dimostrare come, invece, mantenere
6
certe caratteristiche, crescere senza abbandonarsi, possa costituire
uno strumento prezioso per la propria crescita personale.
Avvicineremo, partendo da queste premesse, il concetto
di "immaturità" nel suo essere intesa come risorsa pedagogica:
ne esploreremo il significato, mettendone in evidenza il valore
e l'originalità, e analizzeremo come l'immaturità possa in realtà essere
una ricchezza da conquistare e conservare gelosamente;
illustreremo i motivi di tale affermazione e suggeriremo metodi
semplici, quanto efficaci, per fare nostra tale risorsa.
Vorremmo suscitare la riflessione attorno al fatto che le caratteristiche
positive che rendono l'immaturità una risorsa sono, in realtà,
qualità che già ci appartengono e che, generalmente, si manifestano
in modo spontaneo durante l'infanzia; qualità recuperabili
anche attraverso il riavvicinamento alla fiaba.
Suggeriremo, poi, come arricchire la nostra identità diventando
sempre più felicemente ed orgogliosamente immaturi, e presenteremo
una nostra recente "scoperta": un autore contemporaneo molto noto,
ma a nostro parere sempre sorprendente, il quale cela, dietro
la definizione di " romanzo " in evidenza sulla copertina dei suoi libri,
vere e proprie fiabe piene di poesia e di incanto.
Forse non è un caso che egli sia di nazionalità norvegese,
e quindi virtualmente erede di una tradizione secolare fatta di fiabe,
miti e leggende; egli, infatti, riesce a trasferire nei propri racconti
tutta la magia di un mondo lontano eppure presente, fiabesco ma reale.
7
Accanto al mondo reale e quotidiano, nei suoi racconti si avverte
fortissima l'esistenza di una seconda dimensione, astratta eppure
estremamente presente; una dimensione di assoluta libertà, di sogno,
di poesia. Sembra di potere in ogni momento, con un semplice gesto o
con un breve passo, penetrare e immergersi in un mondo incantato
e fantastico, ricco di tutti gli interrogativi che rendono la vita
dell'uomo così speciale e appassionante; uno spazio in cui
non necessariamente si troveranno le risposte a questi interrogativi,
ma in cui non si avrà paura di domandare, e in cui ci si sentirà
assolutamente liberi di esprimersi e di essere se stessi; un mondo
in cui non essere per forza assolutamente sicuri, "grandi" e "maturi",
un mondo magico in cui poter, anche, sognare.
E' magico lo sguardo che, attraverso i propri personaggi,
egli spinge oltre l'apparire delle cose, per esplorarne l'essenza,
e arrivando a toccare, con semplicità tanto disarmante quanto
affascinante, temi e interrogativi capitali della storia del pensiero:
"Hai mai pensato a cosa c'è dietro le stelle? Altre stelle, naturalmente.
Ma dietro a quelle? Cosa c'è al di là di tutto?"
7
Sorprende la capacità di trattare tali temi con tanta naturalezza
e levità, all'interno di romanzi - fiaba, senza essere mai superficiale
né banale.
Seguendo i protagonisti di una di queste storie nei loro viaggi
e nelle loro esplorazioni, saremo coinvolti in un percorso
che è anche interiore, non solo materiale, ma di pensiero.
7
Jostein Gaarder, Cosa c'è dietro le stelle?, Salani, 1999.
8
Ci faremo, così, accompagnare da questi personaggi - non a caso
quasi sempre bambini - alla scoperta dello sguardo "incantato"
del loro creatore; ricercheremo le tracce di "immaturità" e i modi
in cui essa costituisca una risorsa, e non un impedimento,
per la crescita dell'individuo.
9
CAPITOLO 1: LA FIABA. ALLA RICERCA DELLE ORIGINI.
Paragrafo 1: La fiaba, il rito, il mito.
"Il fatto che oggi, in Occidente, i bambini costituiscano il vero
pubblico della fiaba, rende probabile per il suo insorgere una data
molto antica. […] Non ne consegue, tuttavia, che in origine le fiabe
siano state create per i bambini, ma al massimo che la fiaba
corrisponda evidentemente a un remoto stadio dell'evoluzione
umana."
8
Questo pensiero di Max Lüthi ci sembra introduca in modo
sintetico ma esauriente la questione circa le origini della fiaba.
Gli studi sulla fiaba da noi presi in esame, che comprendono nelle loro
trattazioni anche il problema delle origini, testimoniano come non sia
possibile definire in maniera certa ed esatta modalità e tempi
di sviluppo della fiaba stessa, ma sono comunque tutti concordi
nel farne risalire la nascita ad un'epoca molto remota.
Max Lüthi, autorevole studioso di fiabe contemporaneo, analizza
in modo rigoroso la fiaba in quanto genere letterario, ricercando
in essa le caratteristiche formali costanti, piuttosto che
le testimonianze di un passato arcaico.
Circa le origini di questo genere, comunque, egli stabilisce
un parallelismo tra evoluzione dell'uomo ed evoluzione della civiltà:
se oggi, infatti, la fiaba è, per così dire, "a misura di bambino",
8
Max Lüthi, La fiaba popolare europea - forma e natura, Milano, Mursia, 1982.
10
evidentemente risale ad un'epoca in cui anche il genere umano era
all'inizio del suo percorso evolutivo, esattamente come lo è
un bambino. Non per questo, però, si deve pensare che la fiaba
sia una creazione di menti elementari e poco evolute, anzi: sempre
secondo Lüthi, essa nasce "da un'autentica contemplazione poetica"
9
,
è opera di altissimi ingegni, "dono al popolo da parte di poeti
veggenti"
10
. Frutto di una cultura raffinata, la fiaba è opera di veri
artisti, solo successivamente diffusa tra il popolo.
Non è il popolo, dunque, a creare la fiaba: esso la riceve in dono
e ne è fruitore e depositario.
Lüthi ci presenta due diverse ipotesi circa l'origine della fiaba
e il rapporto tra creatore della fiaba, popolo e fiaba stessa:
1. Il popolo avrebbe ricevuto una forma poetica corrispondente
alle proprie necessità e capacità narrative.
2. Il popolo avrebbe adattato le composizioni poetiche offertegli
alle proprie esigenze interiori.
Da entrambe le ipotesi comprendiamo che, pur non essendo creatore
della fiaba, il popolo, in quanto destinatario, ha un ruolo importante
per la conservazione e diffusione della fiaba stessa; essa, infatti,
dipende fortemente dalla propria diffusione orale, e questa
le è garantita proprio dal popolo.
La trasmissione orale, inoltre, offre alla fiaba l'opportunità
di modificarsi e di correggersi nel passare di voce in voce,
9
Max Lüthi, La fiaba popolare europea - forma e natura, Milano, Mursia, 1982.
10
Ibidem.
11
in conformità con le esigenze dei narratori e degli ascoltatori;
vedremo, infatti, che molte delle caratteristiche formali che Lüthi
ci presenta come intrinseche alla fiaba, si sono secondo lui sviluppate
proprio in risposta all'esigenza di tramandarsi oralmente.
Quanto al contenuto, Lüthi rintraccia un legame indubbio tra fiaba
e antichi riti di iniziazione: il passaggio attraverso la morte, questa
resurrezione simbolica cui sono ritualmente sottoposti i fanciulli
delle popolazioni più primitive, rivive nelle vicende dell'eroe fiabesco,
nelle prove che egli deve superare lungo il suo cammino.
Si tratta di un viaggio simbolico attraverso il tempo, di un passaggio
metaforico dalla non conoscenza, dall'immaturità, all'età adulta.
La drammaticità originaria di tale rituale è dalla fiaba trasposta
in fantasia, sublimata, e così utilizzabile ancor oggi dall'uomo
moderno. Egli può ritrovare, infatti, nelle fiabe, le proprie origini
più remote, l'esistenza di un sostrato primigenio alla base di un genere
che, per semplicità, chiarezza e trasparenza di stile, rende
di immediata assimilazione anche contenuti così profondi.
Ritroviamo il legame fiaba - antichi riti di iniziazione anche nei testi
dedicati alla fiaba da Vladimir Jakovlevič Propp.
Illustre studioso di folklore di area marxista, Propp trae da questo
orientamento ideologico un'impostazione rigorosamente analitica
dei propri studi e, circa le origini della fiaba, adotta una prospettiva
di ricerca "genetica"
11
: egli "cerca di stabilire […] a quali epoche
11
Alberto M. Cirese, Introduzione a: Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti
di fate, trad. it. di Clara Coïsson, Torino, Boringhieri, 1979.
12
o fasi e a quali istituti specifici dell'evoluzione storico-sociale debbano
farsi risalire i contenuti concreti dei singoli elementi costitutivi
e la loro organizzazione in sequenze complessive uniformi."
12
Secondo tale prospettiva, né i soggetti né i motivi delle fiabe possono
essere studiati a sé, dissociandoli dal contesto in cui si producono
e sviluppano: la fiaba, infatti, è posta in stretta relazione
con la struttura economica e sociale in cui si è sviluppata,
ed è necessariamente condizionata dal modo di produzione che regola
la vita materiale e che, secondo un principio marxista, influenza tutta
l'organizzazione sociale, politica e spirituale di un popolo. Traendo
le premesse del proprio studio da tale principio - "Il metodo
di produzione della vita materiale condiziona il processo sociale,
politico e spirituale della vita in genere"
13
- Propp afferma: "Noi
dobbiamo trovare nel passato il metodo di produzione che ha reso
possibile la fiaba."
14
Non è però la tecnica di produzione che conta, quanto il regime
sociale che si accompagna ad una determinata base economica, e che
si identifica nei propri specifici istituti quali i riti, i miti, le usanze:
Propp ricerca dunque analiticamente tutti gli elementi della fiaba
che possono essere fatti risalire a tali istituti, e da questi procede
la sua analisi, identificando il modo di produzione specifico di cui essi
12
Alberto M. Cirese, Introduzione a: Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti
di fate, trad. it. di Clara Coïsson, Torino, Boringhieri, 1979.
13
Marx - Engels, Opere, in Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti di fate,
trad. it. di Clara Coïsson, Torino, Boringhieri, 1979.
14
Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti di fate, trad. it. di Clara Coïsson,
Torino, Boringhieri, 1979.
13
sono indicatori, e a partire dal quale la fiaba stessa avrebbe dunque
avuto origine.
Fonti di questa ricerca "genetica" sulla fiaba sono perciò i riti, i miti,
e le usanze delle società primitive, che hanno influenzato lo sviluppo
della fiaba stessa e che hanno lasciato, infatti, tracce più o meno
evidenti al suo interno; a loro volta, essi sono stati senza dubbio
condizionati dalla mentalità e dal patrimonio di rappresentazioni
propri della società stessa, sui quali agisce fortemente anche
il momento storico. Nel caso della mentalità primitiva, siamo di fronte
ad un patrimonio di rappresentazioni che Propp ci indica strettamente
legate alle attività concrete e quotidiane, lontanissime dal grado di
astrazione cui noi oggi siamo avvezzi. E' importante, perciò,
annoverare anche la mentalità primitiva tra le fonti di cui tenere conto
nell'analisi dei racconti di fate.
L'evoluzione storica di qualunque formazione sociale, infatti,
determina inevitabilmente mutamenti anche nelle sue espressioni
culturali, e dunque la fiaba e i suoi elementi si modificano
con il variare del contesto in cui sono inseriti, come del resto mutano
il senso e la pratica delle usanze e dei riti cui la fiaba stessa è legata.
Propp sottolinea come, nell'analisi di tali elementi, sia importante
non farsi sviare dalle apparenze più immediate, in quanto "[…] le
forme arcaiche si incontrano assai di rado e sono state soppiantate
da nuove forme che ebbero una diffusione universale."
15
15
Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti di fate, trad. it. di Clara Coïsson,
Torino, Boringhieri, 1979.
14
Se, infatti, la fiaba ha effettivamente conservato in sé le tracce
di antichi riti e usanze, ed è quindi legata alla religione e al patrimonio
di culti e credenze propri di un certo gruppo sociale, è anche vero
che molto raramente incontriamo nella fiaba una coincidenza
completa tra rito e racconto. Più spesso, avvengono fenomeni che
Propp definisce "trasposizione del senso del rito"
16
e "inversione
del rito"
17
, e che consistono, il primo, nella sostituzione
o trasformazione di elementi divenuti desueti e, quindi, non più
comprensibili; il secondo, nell'aggiunta alle forme originarie del rito,
tutte conservate nel racconto, di un senso opposto, spesso espressione
di negazione nei confronti di una realtà storica divenuta ormai
antitetica.
Circa il mito, invece, esso contiene, frequentemente in versione
integrale e originale, forme e soggetti che nelle fiabe si sono
trasformati, "invertiti" o "trasposti" come illustrato più sopra;
per questo esso può rivelarsi una fonte veramente utile
per comprendere i racconti di fate. È naturalmente necessario tenere
presente che, come tutti gli istituti sociali, anche il mito dipende dalla
propria evoluzione storica, dal luogo e dal grado di cultura della
popolazione presso la quale si sviluppa, ed è quindi mutevole.
Propp, nell'assumere i miti come fonti, li distingue in due diverse
categorie: i miti anteriori alle caste sarebbero fonti dirette poiché
provengono a noi direttamente da chi li ha creati, il popolo;
16
Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti di fate, trad. it. di Clara Coïsson,
Torino, Boringhieri, 1979.
17
Ibidem.
15
i miti successivi, invece, sono classificati fonti indirette, giacché,
prima di entrare a far parte della tradizione, sono stati trasferiti
dal patrimonio popolare a quello delle classi dominanti, che li hanno
poi trasmessi.
Nello studio dei racconti di fate Propp terrà conto di entrambe queste
categorie, raffrontando con attenzione i materiali fiabeschi
sia con le fonti dirette, sia con quelle indirette.
I singoli elementi della fiaba, e la forma in cui essi si presentano
al lettore, sono, dunque, attentamente analizzati da Propp, alla ricerca
della loro forma originaria che, come abbiamo detto, egli poi correla
ai corrispondenti istituti sociali, al modo di produzione di cui questi
sono indicatori, e al relativo momento storico; gli sarà così possibile
collocare storicamente la fiaba che contiene quei singoli elementi.
Prima di procedere con la sua analisi, Propp delimita accuratamente
il campo d'indagine, definendo il proprio oggetto di studio:
il "racconto di fate"
18
; materiale della sua ricerca è una raccolta
di fiabe russe. Questo insieme di racconti, specifica lo stesso Propp,
è soltanto un punto di partenza da cui egli trae conclusioni che ritiene
poi valide per la fiaba in generale, e non solo per le fiabe russe
esaminate.
18
Propp, Vladimir Jakovlevič, Le radici storiche dei racconti di fate, trad. it. di Clara Coïsson,
Torino, Boringhieri, 1979.