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INTRODUZIONE
C’era una volta una bambina che amava ascoltare le storie di un tempo lontano. Adorava
passare i pomeriggi vivendo storie e racconti di fantasia.
Seduta nel prato o davanti a una tazza di cioccolata calda ascoltava la nonna narrare fiabe
e racconti. Le parole vivevano nella sua mente e a tratti le sembrava che i personaggi di
quelle fiabe fossero lì con loro e che quelle avventure fossero un po’ anche le sue.
Gli anni passano, le storie cambiano e il ricordo delle persone ci guida per la nostra strada.
La passione per quelle storie che le avevano insegnato tanto non ha mai abbandonato quella
bambina ormai un po’ cresciuta e una volta diventata abbastanza grande per scegliere il
suo futuro non ebbe dubbi: voleva aiutare altri bambini sognatori a crescere e imparare, a
diventare grandi senza perdere la voglia di sognare.
Da questo pensiero, da questo sogno nasce il presente lavoro di tesi con l’idea di
approfondire l’importanza che, ancora oggi, la fiaba può acquisire a livello emotivo e sociale
ma anche a livello educativo e scolastico.
Ho poi deciso di applicare la fiaba nel campo della didattica della lingua inglese (LS) nella
scuola dell’infanzia.
La mia tesi si è sviluppata in tre capitoli.
Nel primo capitolo, intitolato La fiaba come strumento educativo, ho innanzitutto scelto di
compiere un excursus storico della fiaba partendo dalla loro presunta origine, che si perde
nella notte dei tempi, fino ad arrivare alle più recenti modalità di trasmissione come gli albi
illustrati o le fiabe sonore. Successivamente, ispirandomi prevalentemente al grande lavoro
svolto da Vladimir Propp, ho cercato di comprendere e analizzare le caratteristiche capaci di
rendere la fiaba uno strumento didattico così impattante e duraturo nel tempo. Nell’ultima
parte del capitolo ho citato alcune teorie contrarie al suo utilizzo, specialmente nella scuola,
e ho cercato di confutarle seguendo le orme di grandi autori, quali Bruno Bettelheim, Jerome
Bruner, Marie Von Franz… i quali si sono lungamente esposti e dibattuti per il suo impiego
e la sua utilità.
Il secondo capitolo, intitolato La lingua straniera e i testi narrativi, si apre con un’analisi
dell'importanza della lingua nell’esistenza umana a partire dalla tenera età e specialmente
nella scuola dell’infanzia. Ho poi approfondito la metodologia dello storytelling e
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dell’utilizzo della narrazione come metodo di insegnamento e approfondimento. Nel mio
progetto ho scelto di applicare le fiabe e i racconti alla didattica della lingua inglese, materia
fondamentale in questo mondo globalizzato, ma ancora troppo poco considerata nella scuola
italiana. Per questo nell’ultima parte del secondo capitolo ho analizzato il suo insegnamento
nel corso degli anni e i documenti principali che lo hanno regolamentato, sia a livello europeo
sia a livello nazionale.
Il terzo ed ultimo capitolo, intitolato A Brown Bear - Un percorso alla scuola dell'infanzia,
riporta un’esperienza attuata personalmente nella scuola dell’infanzia in cui ho potuto
effettivamente realizzare un percorso che basasse l’apprendimento di una lingua straniera
sull’uso attivo di una fiaba e di attività ad essa correlate.
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CAPITOLO 1
LA FIABA COME STRUMENTO EDUCATIVO
La caratteristica della buona fiaba è che, per quanto terribili siano gli avvenimenti,
per quanto fantastiche o spaventose le avventure, essa è in grado di provocare nel bambino
o nell’adulto che l’ascolta, un’interruzione del respiro, un sobbalzo del cuore, di portarlo
vicino al pianto o addirittura di indurre effettivamente a piangere (Tolkien 2004: 53).
In queste poche righe Tolkien rende l’idea di quanto la fiaba sia una fonte di emozioni e di
significati fondamentali che si assimilano fin da piccoli e che perdurano durante la crescita
e la vita di una persona. Le fiabe infatti sono da sempre state utilizzate come strumento di
insegnamento e di apprendimento per gli argomenti e le motivazioni più disparate. Se
all’epoca sembrava spontaneo e ovvio che queste fiabe potessero diventare il tramite per
un'educazione che partisse dal mondo del bambino per arrivare nel profondo fino a radicarsi
come insegnamento dato dagli adulti, nel corso dei secoli questa convinzione ebbe un
andamento altalenante a seconda dei periodi e degli studiosi che si affacciavano a questo
tema non poco spinoso e privo di difficoltà. Qui le domande che sorgono spontanee sono
diverse: La fiaba educa ancora? Può ancora quest'arte così antica diventare uno strumento
per educare sia dal punto di vista comportamentale che didattico? È uno strumento
applicabile nel contesto scolastico con risultati soddisfacenti? In quale misura?
Ma cominciamo con un excursus storico per osservare le tappe e gli autori principali di
questo genere.
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Vorrei che tutti leggessero,
non per diventare letterati o poeti,
ma perché nessuno sia più schiavo.
(Gianni Rodari)
1. La fiaba nella storia
Non c’è nessuno di noi che non abbia ascoltato o letto una fiaba almeno una volta nella vita
e che di conseguenza non ne sappia dare una definizione almeno generale. La fiaba infatti è
per i più un racconto, spesso di avventura, con personaggi talvolta umani talvolta fantastici
che riescono ad affrontare sfide avvincenti e meravigliose con un finale quasi sempre
sorprendente e positivo, almeno per i buoni. Questa descrizione può rientrare nel concetto di
“Märchen” (Thompson 1967: 24)
,
un termine tedesco che si avvicina a quello della novella
italiana. Questa definizione classica di fiaba però non può racchiudere quello che un’usanza
tra le più antiche del mondo è stata ed è per i bambini e gli adulti di ogni dove. Infatti, le sue
origini si perdono nella notte dei tempi, probabilmente come sostiene Vladimir Propp nella
sua opera Morfologia della fiaba, uno dei maggiori esperti in questo campo, le fiabe sono
nate in epoca preistorica poiché si ricollegano ai riti di iniziazione all’età adulta contenendo
elementi come l’allontanamento, il bosco e la magia (Propp 1984).
Una testimonianza dell’antichità della fiaba è data dalla grande somiglianza di contenuto fra
i racconti dei popoli in diverse parti del mondo che nei secoli probabilmente si sono
influenzati a vicenda durante esplorazioni e viaggi (Thompson 1967). Gli studiosi hanno
trovato testimonianze scritte a partire già dall’antico Egitto, luogo in cui è stata ritrovata una
delle più antiche fiabe conosciute, una storia di magia intitolata La storia dei due fratelli
risalente agli ultimi anni del XIII secolo a. C. A questo ritrovamento ovviamente ne
seguirono molti altri in Egitto come in India e in Europa, ma oltre ciò abbiamo un repertorio
vastissimo, purtroppo solo in parte ricostruito, di fiabe tramandate oralmente. Riportando le
parole di Stith Thompson:
Non sapremo mai quali storie si raccontassero attorno ai fuochi di bivacco gli assedianti di
Troia o tra i marinai che portavano la regina di Saba alla corte di Salomone. Gli schiavi che
costruirono le piramidi sottrassero certamente un po’ di tempo alla loro fatica per ascoltare
racconti, e non vi è dubbio che i preti e i sapienti dell’epoca intrattenessero i nobili e i re con
la narrazione di avventure reali o immaginarie […] Ma quasi tutta la testimonianza diretta di
questa attività è svanita nel corso dei secoli (Thompson 1967: 381)
.
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Come spiega Ermanno Detti la fiaba risulta priva di autore, a meno che non ci sia stato uno
scrittore che “se l’è fatta raccontare e poi l’ha scritta” (Detti 2005), nonostante ciò il vero e
proprio creatore della fiaba è destinato a rimanere ignoto e si possono solamente avanzare
delle ipotesi. Lo stesso Jacob Grimm in una lettera datata 1812 scriveva ad un amico:
Sono fermamente convinto che tutte le fiabe della nostra raccolta, con tutte le loro
particolarità, venivano narrate già millenni fa…in questo senso tutte le fiabe si sono
codificate come sono da lunghissimo tempo, mentre si spostano di qua e di là in infinite
variazioni… tali variazioni sono come i molteplici dialetti di una lingua e come quelli non
devono subire forzature. (Grimm 2016)
La fiaba infatti nasce proprio come racconto popolare trasmesso oralmente e per lo più
destinato ad un pubblico di adulti, ricchi o poveri che fossero, date le tematiche generalmente
scabrose ed orrifiche, che le ascoltavano riuniti nelle ricche sale o nelle povere dimore
contadine attraverso la voce dei cantastorie che viaggiavano e raccontavano per guadagnarsi
da vivere oppure da scrittori pagati appositamente per farlo. Erano apprezzate da tutti poiché
si trattava di una delle poche fonti di intrattenimento dell’epoca che permetteva di distrarsi
dal duro lavoro e dalle difficoltà della povera gente e di intrattenere sé stessi e i propri ospiti
nel caso di nobili e borghesi (D’Avino 2020). Questi racconti venivano poi tramandati di
generazione in generazione, modificati, assorbiti, variati e adattati secondo le necessità del
momento e dalla bravura, o incompetenza, di chi la riceveva e inoltre contenevano, almeno
nella maggior parte dei casi, un insegnamento.
Al contrario del novelliere moderno che ricerca l’originalità, la bravura di un cantastorie si
misurava nella capacità di saper trasmettere bene ciò che aveva ricevuto da altri. Infatti la
tradizione di queste novelle era così importante che, almeno sino al Medioevo, scrittori come
Chaucer si preoccupavano di citare le fonti esatte da cui derivava quello che stavano
raccontando, arrivando anche ad inventarle per dissipare ogni dubbio che stessero
raccontando storie nuove e non garantite ma che anzi derivassero dal repertorio di grandi
novellieri oppure che fossero state raccolte dalle labbra di anziani, al quale erano giunte da
tempi lontani (D’Avino 2020).
Come detto precedentemente la fiaba era indirizzata prevalentemente agli adulti ma, in
particolare modo nella quotidianità domestica, era utilizzata come strumento educativo
anche e soprattutto per i bambini. Il principale intento per il quale si utilizzavano era quello
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di mettere paura e scoraggiare i bambini a compiere determinate azioni pericolose
raccontando storie di mostri e di insidie.
Mio padre mi ha spesso raccontato di quando, tornando al paese dai nonni per le vacanze
estive, quest’ultimi non perdessero tempo a raccontare di un mostro terribile e temibile
chiamato Scirobbio che abitava nelle profondità di un pozzo molto pericoloso a cui nessun
bambino doveva avvicinarsi. In questo modo gli anziani raggiungevano il loro obiettivo
dando un divieto, parlando la lingua dei bambini e dunque essendo molto più efficaci.
Questo utilizzo della fiaba si poteva trovare prevalentemente in un contesto domestico e
quotidiano che attribuiva un valore subitaneo ed effimero relegato a quel preciso scopo e
momento. Una sorte simile avevano i racconti che, creati per intrattenere, potevano essere
narrati da cantastorie o fra conoscenti per riempire momenti di pausa dal lavoro. Anche se
in quest’ultimo caso poteva essere presente una maggiore ripetibilità non era neanche
lontanamente presa in considerazione la possibilità di mettere per iscritto queste narrazioni
che erano spesso mutevoli e destinata a decadere.
Queste sono alcune delle motivazioni che hanno portato Stith Thompson a parlare di
“testimonianza diretta svanita nel corso dei secoli” e che hanno precluso a noi la possibilità
di poter usufruire di un “bagaglio culturale e storico immenso e inestimabile” (Thompson
1967). Per nostra fortuna non è sempre stato così e nei secoli questa volontà e necessità di
riportare per iscritto ciò che veniva ascoltato emerse.
1.1 La fiaba nel mondo
Nonostante ci siano testimonianze che danno il merito di avere per primi messo per iscritto
il loro patrimonio fiabesco agli abitanti della penisola indiana tra il II e il III secolo d.C.
come sostiene lo studioso Theodor Benfey, bisognerà attendere fino al 1600 affinché la fiaba
possa diventare un genere letterario autonomo grazie alla volontà di raccogliere e trascrivere
ciò che fino ad allora era solo stato raccontato. In particolare, facciamo risalire la prima
raccolta di fiabe tratte dalla tradizione popolare europea a Charles Perrault, ritenuto per
questo il fondatore del genere fiaba. Proprio lui scrisse in tarda età la raccolta Storie e
racconti dei tempi passati, con la morale divenute maggiormente note con il titolo di
Racconti di mamma Oca tra cui possiamo trovare alcune delle fiabe per bambini più
conosciute come La bella addormentata, Cappuccetto Rosso, Pollicino e molte altre. Si tratta
di una serie di racconti in versi e in prosa con una morale, costruiti in modo tale da divertire