7
La scelta è caduta sul PCI perché il partito comunista, nel
panorama politico italiano, ha percorso il cammino più lungo e
tortuoso nei confronti dei temi europeistici, cammino che lo ha
portato dal rifiuto assoluto di ogni tentativo di unificazione
europea alla partecipazione attiva e convinta alla stessa; questo
contrariamente alla DC e ai partiti laici che le sono stati
tradizionali alleati di governo (PRI, PSLI-PSDI, PLI), per i quali
l’europeismo è stato un aspetto peculiare fin dal dopoguerra, e al
PSI, la cui adesione al processo di unificazione europea risale già
al 1957 con i Trattati di Roma. Inoltre, un altra ragione ha
motivato la scelta del partito comunista: il fatto che la vicenda
dei rapporti tra PCI e processo di unificazione europea a livello
nazionale sia stata già indagata –proprio a Pavia- da Mauro
Maggiorani, nel suo studio L’Europa degli altri. Comunisti
italiani e integrazione europea (1957-1969); tale testo è alla base
del presente lavoro. L’ottimo stato dell’archivio della
Federazione pavese, conservato presso l’Istituto pavese per la
storia della Resistenza e dell’età contemporanea, e già catalogato,
ha permesso di verificare le medesime dinamiche a livello locale:
la tesi è costituita soprattutto dai risultati dell’indagine condotta
in detto archivio.
* * * * * *
Di conseguenza si è focalizzata l’attenzione sulla dimensione
locale: ciò non ha però potuto prescindere da un continuo
confronto con la dimensione nazionale, per poter seguire
l’evolvere delle posizioni del PCI riguardo all’unificazione
8
europea, e verificare il conformarsi o meno della Federazione
pavese alla strategia centrale del partito. Alla dimensione locale e
a quella nazionale è stata continuamente collegata quella
sovranazionale, per la necessità di richiamare le varie fasi del
processo di unificazione europea con le quali il PCI si è dovuto
confrontare.
Né va dimenticato che altri aspetti delle relazioni internazionali
hanno influito sulle scelte politiche dei comunisti italiani, in
particolare la guerra fredda e la divisione bipolare del mondo, a
causa del forte legame intrattenuto da PCI con l’Unione Sovietica
e il blocco orientale. Gli studi utilizzati per l’analisi del processo
di unificazione europea e delle relazioni internazionali
appartengono in gran parte al filone della storiografia federalista.
Tra di essi ho seguito in particolare il testo di Luigi Vittorio
Majocchi e Francesco Rossolillo Il Parlamento europeo.
Significato storico di un’elezione, e quello, sempre di Majocchi,
La difficile costruzione dell’unità europea.
Per ragioni di completezza mi sono talvolta avvalso anche di
studi che presentavano un punto di vista diverso da quello
federalista, come i due libri di Giuseppe Mammarella, Storia e
politica dell’Unione Europea e Storia d’Europa dal 1945 a oggi.
Nonostante la diversità di interpretazione che emerge in varie
questioni riguardanti il processo di unificazione europea, come
per esempio il ruolo svoltovi da de Gaulle, ciò non ha causato
particolari problemi.
* * * * * *
9
Per quanto riguarda la periodizzazione, il lasso di tempo preso in
esame va dal 1950 al 1979: il punto d’inizio è risultato obbligato,
in quanto le carte dell’archivio precedenti il 1950 non sono in
numero sufficiente da permettere un’indagine approfondita; la
scelta del 1979, invece, è parsa ragionevole, trattandosi dell’anno
in cui si sono svolte le prime elezioni a suffragio universale del
Parlamento europeo, quelle che hanno aperto la strada alla
clamorosa iniziativa di Spinelli, eletto nelle file del PCI.
Tale periodo è stato ripartito in tre fasi, che costituiscono
altrettanti capitoli. Il primo concerne gli anni 1950-1954: è
introdotto da un paragrafo volto a richiamare alcuni aspetti
dell’analisi comunista degli avvenimenti internazionali dal 1945
al 1950, necessario per comprendere le posizioni elaborate dal
PCI sul tema dell’unità europea negli anni seguenti. Il 1954 –
l’anno della caduta della CED- è stato scelto come elemento di
cesura in quanto interrompe per qualche tempo il processo di
unificazione, e, in ogni caso, ne conclude una fase
3
. Il secondo
capitolo riguarda il periodo 1955-1969. Particolare attenzione è
stata dedicata al 1956
4
, anno di grande importanza e
rinnovamento per il PCI sotto molti aspetti, tra cui anche la
3
Secondo Luigi Vittorio Majocchi e Francesco Rossolillo, con la CED si ebbe il primo
tentativo di fondare lo Stato europeo. Il secondo sarà quello causato dall’iniziativa di
Spinelli in seno al Parlamento europeo; cfr. LUIGI VITTORIO MAJOCCHI-
FRANCESCO ROSSOLILLO, Il Parlamento Europeo. Significato storico di un’elezione,
Napoli, Guida editori, 1979, e MAJOCCHI, La difficile costruzione dell’unità europea,
Milano, Jaca book, 1996.
4
Duroselle evidenzia il carattere straordinario dell’anno 1956, ricco di avvenimenti di
grande significato storico, tanto da rivestire un’importanza, nel periodo successivo alla
seconda guerra mondiale, pari solo a quello del 1989. E’ stato l’anno infatti del XX
Congresso del PCUS e della destalinizzazione, dei “fatti d’Ungheria” e della guerra di Suez
(simbolo della fine del colonialismo e del dominio europeo sul mondo), nonché della
nascita del grande schieramento dei Paesi non allineati, con la Conferenza di Bandung; cfr.
JEAN BAPTISTE DUROSELLE, La relance européenne 1954-57, in GROUPE DE
LIASON DES HISTORIENS AUPRES DES COMMUNAUTEES, Il rilancio dell’Europa
e i Trattati di Roma, Milano, 1988.
10
strategia nei confronti delle tematiche europee; si tratta anche di
un periodo nel corso del quale, proprio partendo da alcune
riflessioni incominciate nel ‘56, il PCI non solo, sulla scorta del
XX Congresso del PCUS, denuncia lo stalinismo, ma comincia
pure a marcare una certa distanza da Mosca. Anche sul tema
dell’unificazione europea. L’innegabile successo economico
della CEE, nel corso degli anni Sessanta provoca una lento
avvicinamento del PCI alle istituzioni comunitarie, un
avvicinamento che si conclude nel 1969 con l’ingresso di un
gruppo di comunisti nel Parlamento europeo di Strasburgo. Sotto
questo profilo anche il 1969 può considerarsi uno spartiacque
fondamentale. Nel terzo capitolo, riguardante il lasso di tempo
dal 1970 al 1979, viene analizzata la sempre maggior adesione
dei comunisti all’obiettivo dell’unificazione europea,
un’adesione che dapprima è oggetto di prese di posizioni
ufficiali, come nel convegno “I comunisti e l’Europa” (1972), in
seguito porta lo stesso Altiero Spinelli a candidarsi nelle liste del
PCI.
Per i primi due capitoli ci si è potuti avvalere di due studi basilari
per ogni indagine del rapporto tra PCI ed Europa: il libro di
Severino Galante Il partito comunista italiano e l’integrazione
europea. Il decennio del rifiuto: 1947-1957, e quello, già citato,
di Mauro Maggiorani. Il terzo capitolo risente invece
dell’assenza di uno studio analogo relativo agli anni Settanta, ed
è stato costruito con un metodo in qualche modo inverso a quello
seguito nei primi due: allora si inquadravano i fatti pavesi nel più
generale contesto delle decisioni nazionali; ora si rinvia alle
decisioni del centro muovendo dalle esperienze pavesi,
11
particolarmente significative in questa fase grazie allo stretto
contatto istituitosi tra la locale Federazione del PCI e i federalisti.
Il lavoro è completato da un’appendice in cui sono riprodotti
alcuni documenti, provenienti sia dall’archivio della Federazione
pavese sia dalle carte private del prof. Vittorio Tazzoli: si tratta
di documenti particolarmente significativi nella ricostruzione del
rapporto tra PC pavese e processo di unificazione europea.
* * * * * *
Il punto di vista scelto in questo lavoro è quello federalista
5
: non
essendo infatti l’unificazione europea un fatto storico acquisito,
ma il risultato –oggetto di mera congettura- di un processo che è
tuttora in corso, è necessario specificare il punto di vista in base
al quale si è deciso di selezionare alcuni fatti rispetto ad altri e
interpretarli.
Il punto di vista alla base della presente tesi di laurea è, come
detto, quello federalista, secondo il quale il compimento del
processo sarà la nascita di un potere sovranazionale europeo con
forma federale. Di conseguenza sono stati considerati come passi
in avanti nella linea politica del PCI quei fatti e quelle analisi che
hanno avvicinato, di volta in volta, il partito all’accettazione
dell’unificazione europea, prima, della nascita di un potere
federale, poi.
5
Per quel che concerne la questione del punto di vista, cfr. LUIGI VITTORIO
MAJOCCHI, La difficile costruzione, cit. pp. 17-19; l’esigenza, per motivi di chiarezza e di
onestà, di specificare il proprio punto di vista è ivi ricavato da MAX WEBER,
L’”oggettività” conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in Il metodo delle
scienze storico-sociali, Torino, 1958.
12
Al tempo stesso è stata indagata e sottolineata l’importanza del
Movimento Federalista Europeo nei confronti delle posizioni
europee del PCI, in particolare proprio a Pavia, centro propulsore
del federalismo europeo, a partire dagli anni Sessanta.
13
CAPITOLO PRIMO
Guerra fredda
e
antieuropeismo
(1945-1954)
14
Il pomeriggio di domenica 7 gennaio 1951, al Teatro Fraschini,
davanti a 460 delegati e più di 800 invitati, Ruggiero Grieco
conclude con il suo discorso i lavori del VII Congresso
provinciale della Federazione pavese del partito comunista
6
.
Grieco, che al Congresso rappresenta la Direzione e il Comitato
Centrale del PCI, di cui è membro, parla per oltre due ore, e
l’impostazione del suo discorso segue un vero e proprio modello,
frequente per gli oratori comunisti, articolato secondo uno
schema che parte dai problemi internazionali, passando poi a
quelli interni, per terminare con l’analisi delle strutture e del
lavoro del partito
7
.
Tanta attenzione per i problemi internazionali può sembrare
inconsueta, soprattutto considerando come, per contro, tutti gli
interventi dei delegati al Congresso vertano su questioni locali od
organizzative; non bisogna però dimenticare tutta la tematica,
storiografica, ma già ben presente all’epoca, del PCI come partito
al tempo stesso nazionale ed internazionalista
8
. In ogni caso
Grieco, riassume le posizione dei comunisti in politica estera
cominciando dal piano Marshall. Sarà utile, impiegando come
base le parole che ascoltarono i comunisti pavesi, ripercorrere
6
“Le conclusioni del compagno Grieco”, in “Avanguardia democratica”, settimanale della
Federazione comunista pavese, 10/1/1951, n° 2.
7
Uno schema di tal genere era stato usato per la prima volta da Togliatti al V Congresso
Nazionale del PCI, ed era poi divenuto una sorta di modello, cfr. RENZO MARTINELLI,
Storia del partito comunista italiano, vol. 6, Il partito nuovo dalla Liberazione al 18 aprile,
Torino, Einaudi 1995, p. 42.
8
Sull’importanza per il PCI della dimensione internazionale, per Togliatti “Noi dobbiamo,
nel complesso della nostra azione, dare un rilievo sempre più grande alla nostra attività nel
campo della politica estera”, MARTINELLI Il partito nuovo, cit. p. 145. Sulla dinamica tra
partito nazionale ed internazionalista, cfr. GIOVANNI GOZZINI-RENZO MARTINELLI,
Storia del partito comunista italiano, vol. 7, Dall’attentato a Togliatti all’VIII Congresso,
Torino, Einaudi, 1998, Cap. III, oppure SEVERINO GALANTE, Tra nazione e
internazionalismo proletario, in L’autonomia possibile. Il PCI del dopoguerra tra politica
estera e politica interna, Firenze, Ponte alle Grazie, 1991, pp. 151-152.
15
brevemente le linee guida del PCI sui problemi internazionali nel
periodo 1945-1949.
16
DALLA GRANDE ALLEANZA AL PATTO ATLANTICO
Palmiro Togliatti, già dal V Congresso nazionale del PCI (Roma,
29/12/1945), afferma l’importanza, o meglio, la necessità che
possa continuare, per il bene dell’Italia, la Grande Alleanza delle
potenze vincitrici
9
. Non si usano mezzi termini poi, nella
risoluzione del Congresso medesimo, dove si dice:
Il Partito comunista è contrario a una politica di “blocchi” di potenze,
perché tale politica non potrebbe mettere capo ad altro che all’asservimento
diretto o indiretto del nostro Paese
10
.
In questi anni, dunque, è netto il rifiuto da parte del PCI, di un
qualsiasi tipo di blocco di nazioni, europeo o con l’appoggio
USA
11
. La stessa via guida per la politica estera comunista è
ribadita nel programma per le elezioni all’Assemblea Costituente
del 2 giugno 1946
12
, e Togliatti, nel corso della campagna
elettorale, il 5 maggio, dichiara, in un importante discorso a
Roma:
Non vogliamo che l’Italia diventi parte di un blocco
13
.
Questa strategia così chiara e definita non era che la faccia, in
politica estera, di una medaglia che, in politica interna, postulava
l’alleanza tra i grandi partiti di massa che avevano guidato e
vinto la lotta antifascista, DC compresa, per arrivare a realizzare
quella “democrazia progressiva” che per Togliatti era l’obiettivo
9
Cfr. MARTINELLI, Il partito nuovo, cit. pp. 43-44.
10
Tratto da MARTINELLI, Il partito nuovo, cit. p. 134.
11
Cfr. SEVERINO GALANTE, Il partito comunista italiano e l’integrazione europea. Il
decennio del rifiuto: 1947-1957, Padova, Liviana, 1988, p. 25.
12
Cfr. MARTINELLI, Il partito nuovo, cit. p. 84.
13
Si tratta del discorso del 5/5/1946 al Teatro Adriano; cfr. MARTINELLI, Il partito
nuovo, cit. p. 88.
17
da raggiungere in Italia
14
. La difesa strenua dell’alleanza tra le
grandi potenze e dell’alleanza con la DC prosegue per tutto il
1946 e anche nel 1947 (anno in cui il PCI, ma anche i PC di
Francia e Belgio, sono esclusi dal governo) nonostante i segnali
andassero chiaramente nella direzione opposta.
Tralasciando il famosissimo discorso di Churchill a Fulton
15
,
basterebbe considerare i primi contrasti in seno alla neonata
ONU, nonché le frizioni riguardanti Iran, Turchia, Grecia
16
, per
rendersi conto di come il rapporto tra USA e URSS avesse
sviluppi inevitabili; basterebbe, tra l’altro, considerare quanto di
vero ci fosse nelle crude parole di Stalin:
Questa guerra è diversa da quelle passate. Chi occupa un territorio gli
impone il proprio sistema sociale. Ognuno impone il proprio sistema nella
misura in cui il suo esercito ha il potere di farlo. Non può essere altrimenti
17
,
per verificare le possibilità di autonomia politica nell’Europa del
dopoguerra, di un’azione, cioè, che prescindesse dall’evoluzione
14
Nel 1944 Togliatti aveva dichiarato: “Noi lottiamo per la democrazia progressiva, oggi,
perché pensiamo che essa offra, nelle condizioni attuali dello sviluppo politico italiano, il
solo terreno sul quale è possibile realizzare l’unità nazionale di tutte le forze democratiche e
progressive”, in DONALD SASSOON, Togliatti e la via italiana al socialismo: Il PCI dal
1944 al 1964, Torino, Einaudi, 1980. Troviamo una definizione di democrazia progressiva
in MARTINELLI Il partito nuovo, cit. p. 109: “La democrazia progressiva è una formula
nella quale possono essere compresi diversi contenuti: in termini generali indica senza
dubbio una strategia gradualistica, tesa a modificare progressivamente i rapporti di forza a
favore della sinistra e del PCI, concretando così in misure socialmente sempre più incisive e
radicali il mutamento che questo partito si propone”.
15
Nel famoso discorso di inizio 1946 a Fulton, Missouri, alla presenza del Presidente
Truman, Churchill dice tra l’altro: “Da Stettino sul Baltico a Trieste sull’Adriatico una
cortina di ferro è calata sul continente. Al di là di questa linea vi sono tutte le capitali dei
vecchi stati dell’Europa centrale e orientale. Varsavia, Berlino, Praga, Vienna, Budapest,
Belgrado, Bucarest, e Sofia, tutte queste città così famose e le popolazioni che vivono in
esse si trovano nella sfera sovietica e sono soggette, in vario modo, non solo all’influenza
sovietica ma anche a un grado assai elevato di influenza e di controllo da parte di Mosca”,
in ENNIO DI NOLFO, Storia delle relazioni internazionali 1918-1992, Laterza, Roma-
Bari, 1994, p. 658.
16
Sulle prime frizioni tra le due superpotenze, cfr. GIUSEPPE MAMMARELLA, Storia
d’Europa dal 1945 a oggi, Laterza, Roma-Bari, 1995, cap. IV.
17
Le parole di Stalin sono in SASSOON, Togliatti e la via italiana, cit. p. 25.
18
della situazione internazionale (o meglio: dal comportamento
delle due superpotenze)
18
.
Togliatti e il gruppo dirigente del PCI non avevano cioè
compreso, ancora ad inizio 1947, ciò che invece Altiero Spinelli
aveva già ben presente nel 1945: l’impossibilità di tale autonomia
politica, il che per Spinelli significava l’impossibilità di lottare
nell’immediato per l’unificazione europea (ed infatti abbandona
il MFE)
19
, per il PCI di mantenere i due capisaldi della sua
politica (persistere della Grande Alleanza e, in Italia,
dell’accordo tra i partiti antifascisti). E anche se, con la fine del
1946, comincia a parlare di imperialismo americano
20
, Togliatti
continua a rifiutare la prospettiva della creazione di due blocchi
contrapposti in Europa, arrivando a sostenere che accettare tale
idea avrebbe significato fare il gioco di chi puntava alla loro
formazione
21
. L’atteggiamento del PCI di fronte al Piano
Marshall è paradigmatico di questi convincimenti. Grieco, il 7
gennaio 1951 a Pavia, afferma che furono i comunisti
[…] i soli denunciatori del piano Marshall come strumento di
subordinazione della nazione alle esigenze economiche degli Stati Uniti e
del programma espansionista dell’imperialismo americano
22
.
18
Sull’origine della guerra fredda e sulle relative responsabilità vi sono molte teorie ed una
vasta bibliografia. E’ utile ricordare, però, la metafora dei due scorpioni nella bottiglia,
usata per spiegare la genesi della guerra fredda da MELVYN LEFFLER in A
preponderance of power. National security, the Truman administration and the cold war,
Stanford, University Press, 1992 in cui si sostiene che ciascuna mossa difensiva di una delle
due potenze fosse percepita dall’altra come aggressiva, generando così una contromossa ed
una medesima percezione. Un altro testo di grande interesse per la ricostruzione delle
vicende della guerra fredda è: ANDRE FONTAINE, Histoire de la guerre froide, Paris,
Fayard, 1983, 2 voll.
19
Cfr. SERGIO PISTONE, La lotta del Movimento Federalista Europeo dalla Resistenza
alla caduta della Comunità Europea di difesa nel 1954, in AA.VV. I movimenti per l’unità
europea 1945-1954, Milano, Jaca book, p.24.
20
Cfr. MARTINELLI, Il patito nuovo, cit. p. 203.
21
“Accettare la definizione di blocchi in lotta vuol dire già in un certo senso mettersi sul
terreno di un avversario, di un nemico”, così Togliatti al CC del 18-19 settembre 1946, in
MARTINELLI, IL partito nuovo, cit. p. 202.
22
“Avanguardia democratica”, 10/1/1951, n°2.
19
Idee di questo tipo, esposte a posteriori con le tipiche parole
dell’antiamericanismo, bagaglio di ogni comunista degli anni
’50, esprimono però solo una parte della verità. La proposta di
Marshall (che il governo italiano accettò immediatamente)
coglieva infatti il PCI, come osserva Galante,
[…] in un momento particolarmente delicato della sua vita: all’indomani
dell’espulsione dal governo; nell’incertezza più totale sulle sorti della
grande alleanza, cioè dell’asse strategico internazionale che fin dal 1944
aveva guidato i comunisti italiani; quando non si era ancora concluso il
consolidamento organizzativo della tumultuosa crescita del partito negli
ultimi anni. In una situazione così fluida la proposta statunitense complicava
ulteriormente i problemi che stavano di fronte ai dirigenti comunisti, e ne
creava inoltre di nuovi: in primo luogo quello di come atteggiarsi nei
confronti di un progetto che, prevedendo la creazione di una struttura
multilaterale permanente per la distribuzione degli aiuti e per il
coordinamento dei piani nazionali dava vita a un embrione di integrazione
europea
23
.
Contrariamente a quanto dichiarava qualche anno più tardi
Grieco a Pavia, l’iniziale atteggiamento del PCI non è totalmente
di chiusura od opposizione
24
. Queste verranno solo col mese di
agosto, e si intensificheranno con la fondazione del Cominform.
Nel mese di giugno, benché destino già perplessità le possibili
implicazioni politiche del piano, il PCI, conformemente alla sua
ricerca di autonomia politica legata alla specifica situazione
nazionale, non considera un bene respingere in toto l’idea di aiuti
statunitensi all’Italia, anche a causa della mancanza di altre strade
23
GALANTE, Il partito comunista italiano e l’integrazione, cit. p. 24.
24
Lo stesso Longo, ancora alla conferenza costitutiva del Cominform, sosterrà nuovamente
l’impraticabilità di un rifiuto aprioristico di aiuti americani all’Italia, cfr. GALANTE, La
fondazione del Cominform, in L’autonomia possibile, cit. pp. 112-113.
20
praticabili per la ricostruzione
25
.
Siamo di fronte al dilemma, ben presente per il PCI in quegli
anni, tra dimensione internazionale (cioè legame con l’URSS) e
dimensione nazionale (la via italiana al socialismo) nella natura
del partito
26
.
Sta di fatto che il momento del possibilismo finisce ben presto: la
delegazione sovietica (tra l’altro guidata da un personaggio di
primissimo piano come Molotov) abbandona la conferenza di
Parigi, in cui il piano era negoziato; la “Pravda” definisce il
piano Marshall come una nuova manifestazione
dell’imperialismo americano con lo scopo di asservire
politicamente ed economicamente l’Europa; viene di
conseguenza la denuncia, che si trova su “Rinascita”,
dell’obiettivo di creare un blocco antisovietico mediante la
divisione permanente dell’Europa
27
.
Troviamo qui il concetto che il PCI userà per opporsi anche alle
iniziative europeistiche, viste solo in chiave di ulteriore divisione
dell’Europa in funzione antisovietica. Nello stesso senso può
essere letto il discorso di Togliatti sul piano Marshall
all’Assemblea Costituente, il 29 luglio 1947, quando ormai il
partito aveva imboccato la strada della denuncia dell’iniziativa
statunitense
28
.
25
La stessa Unione Sovietica, del resto, aveva inviato suoi rappresentanti a Parigi, alla
conferenza in cui il piano Marshall veniva negoziato; cfr. MAMMARELLA, Storia
d’Europa, cit. p. 133.
26
Vedi nota 3.
27
Sul comportamento della delegazione sovietica e sugli articoli della “Pravda” e di
“Rinascita”, cfr. GALANTE, Il partito comunista italiano e l’integrazione, cit. p. 24.
28
I contenuti del discorso di Togliatti sono in GALANTE, Il partito comunista italiano e
l’integrazione, cit. pp. 27-28.