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continente, passando dalle mani della chiesa a quelle dello Stato
2
.
Parallelamente i Paesi Bassi (1829) e il Belgio (1856) hanno creato i
primi registri di popolazione.
Nei paesi del sud del mondo, invece la storia dello stato civile è
stata tutt’altra: nonostante l’obbligo della registrazione sancita
occasionalmente a partire dalla fine del sec. XIX (1884 in Brasile, 1882
in Algeria), il sistema non si è sviluppato se non a partire dagli anni ’50
o ’60: le coperture erano a volte mediocri (Africa Nera, Asia del Sud), o
più spesso incomplete.
Sui principi teorici delle inchieste, cioè le procedure di osservazione
su campioni rappresentativi della popolazione, esse, in campo
demografico, sono state utilizzate in verità come mezzi di raccolta fino al
1950, nei paesi del nord come completamento delle informazioni relative
allo stato civile, successivamente a poco a poco nei paesi del sud, come
sostituto dei dati carenti relativi allo stato civile o la posto dei
censimenti, ma anche come fonte autonoma di informazione sulle
pratiche e sulle opinioni riguardo ad alcune problematiche.
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I paesi scandinavi sono stati i primi in questo campo (Finlandia, Norvegia, Svezia e Danimarca),
perché o sistemi di rilevazione nazionali debuttarono nel 1730. Ciò avvenne in Francia nel 1792 e
negli USA nel 1841.
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In gran parte dei paesi del sud esse costituiscono attualmente la
fonte principale dei dati e della ricerca in demografia. Questo perché nel
sud pochissimi paesi hanno i mezzi necessari per assicurare attraverso
fondi economici propri le operazioni di raccolta su vasta scala; essi
dipendono infatti dai finanziatori internazionali, dai collaboratori
bilaterali o dai programmi internazionali di raccolta dei dati, quali sono il
World Fertility Survey e la Demographic and Healt Survey. Questi due
programmi introdotti rispettivamente, negli anni ’70 e negli anni ’80,
hanno come scopo la raccolta di dati inerenti alla fecondità. Il primo si
prefigge l’obiettivo della raccolta dei dati inerenti alla fecondità, mentre
il secondo mira a alla raccolta dei dati relativi allo stato di salute della
popolazione mondiale.
In generale, per quanto riguarda i sistemi di rilevazione si possono
distinguere quattro differenti tipologie, tra le più usate sia nei paesi del
nord che nei paesi del sud e sono:
a) sistemi di registrazione continua cui appartengono lo stato
civile, il registro e il laboratorio di popolazione, che elenca
istantaneamente gli eventi demografici di base come le
nascite, le morti, e qualche volta anche gli spostamenti dovuti
alle migrazioni;
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b) censimenti, il cui scopo è quello della conoscenza delle
principali strutture demografiche, sociali ed economiche,
nonostante questi includano anche delle domande relative
alle immigrazioni o come molte volte capita nel sud, delle
domande (dirette o indirette) riguardo alla fecondità e alla
mortalità. Solitamente i censimenti vengono proposti sotto
forma di questionario destinato all’intera popolazione; ci
sono comunque alcuni paesi che optano per il “micro-
censimento”, cioè un censimento fatto su un campione della
popolazione, nonché alcuni censimenti che si basano sui
registri della anagrafe, come accade in alcuni paesi
dell’Europa del nord.
c) Le inchieste che sono differenti tra di loro in relazione
all’oggetto, alla natura, al tipo di campione, alle tecniche
d’osservazione e ai costi. In base alle tecniche d’osservazione
degli eventi si distinguono sei categorie di inchieste:
l’inchiesta a un solo passaggio (osservazione basata su un
periodo di riferimento di 12 mesi); l’inchiesta retrospettiva a
senso unico (osservazione longitudinale per la ricostruzione
di vite genetiche, matrimoniali o migratorie); l’inchiesta a
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passaggi ripetuti (si prendono nell’arco di un anno tutte le
entrate e le uscite intervenute in tutti i passaggi); l’inchiesta
finalizzata a seguire le nascite o la vita di ciascun individuo
(si segna nell’arco di tanti anni il suo modo di vivere e i
cambi di comportamento); l’inchiesta ripetuta (un’inchiesta
di intervalli molto lunghi) e, in ultimo, la doppia raccolta
(confronto tra dati provenienti da due fonti diverse).
Lo stato civile, il laboratorio e il registro di popolazione, i quali
hanno in comune la raccolta degli eventi demografici più importanti e
dei relativi cambiamenti, nonché l’intervallo relativamente corto tra
l’evento e il suo annodamento presentano, nei paesi del sud, delle
difficoltà oggettive.
Infatti, per quanto riguarda lo stato civile esiste il problema del tipo
di dati raccolti, che sono molto spesso ridotti al minimo richiesto e
circoscritto a poche variabili, e anche il problema legato all’esplorazione,
alla pubblicazione e all’analisi dei dati stessi, in quanto nei paesi del sud
lo stato civile è sottoesplorato e sottoanalizzato, dando luogo, nella
migliore delle ipotesi, alla pubblicazione di qualche dato di base.
Oltre a queste difficoltà oggettive, si registra anche un ulteriore
limite: il fatto che nelle aree sottosviluppate non c’è un’amministrazione
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territoriale forte ed organizzata, e nemmeno obblighi o sanzioni
giuridiche. Non c’è neanche una presa di coscienza della popolazione
circa l’importanza dell’acquisizione di dati certi, elemento basilare di un
corretto funzionamento dello stato civile.
Sul fronte del registro di popolazione si nota una certa difficoltà
legata alla natura dei dati, perché non sono facilmente reperibili dati
economici o culturali, limitando le indagini demografiche; esiste anche
una difficoltà legata alla qualità dei dati per via dell’impossibilità da
parte degli operatori di registrare tutti i movimenti della popolazione.
Riguardo ai laboratori di popolazione, che si svolgono generalmente
in un arco di tempo ben definito (3 anni, 10 anni o anche 15 anni) su
campioni che vanno dalle 3000 a 8000 unità, esistono delle difficoltà e
degli inconvenienti legati alla durata, al costo, alla necessità di
enumerare gli abbinamenti tra le inchieste, la lunghezza circa la raccolta
dei dati, il limite del numero degli eventi e infine la non rappresentatività
dei risultati a livello regionale o nazionale. E ciò porta a delle raccolte e
a delle analisi piuttosto complesse, lunghe e che richiedono un enorme
dispendio di risorse, raramente approfondite fino in fondo.
Simili difficoltà oggettive incontra nei paesi del sud il censimento,
legate per lo più a errori d’osservazione, cioè ad errori che riguardano le
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risposte alle domande poste nel questionario, e ad errori di copertura cioè
legati o all’omissione delle unità e degli individui censiti, o alle
dimenticanze pure e semplici, riferite a popolazioni senza residenza fissa
o legale (gli immigrati clandestini, e senza tetto e i nomadi).
Il primo tipo di errori può essere risolto attraverso delle inchieste di
controllo post-censitario, mentre non c’è soluzione pratica per gli errori
di secondo tipo se non la propria registrazione delle unità in questione.
Questo genere di difficoltà e più o meno evidente a seconda delle
regioni interessate; tuttavia il censimento rappresenta ancora oggi un
elemento “collante” delle grandi realtà odierne e perciò, nelle regioni del
sud, che statisticamente sono le più povere è necessario non abolirlo,
bensì accelerarne il ritmo, diminuire gli intervalli d’indagine e di
pubblicazione, migliorare le analisi e la diffusione dei risultati.
Per quanto riguarda le inchieste, esse possono essere affette da
errori di campionamento, tanto più importante è l’entità dell’errore
quanto più piccolo è il campione.
Tra le regioni del sud del mondo, quella maggiormente vessata da
difficoltà di reperimento dei dati tramite indagini statistiche è
sicuramente l’Africa, un’area geografica da anni costretta a fare i conti
anche con problemi contingenti, come le difficoltà economiche interne e
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l’indebitamento estero, paradossalmente dimenticata dai più importanti
organi di informazione mondiale, ad esclusione di qualche isolata
iniziativa promossa da alcuni dei più importanti esponenti del mondo
della cultura e dello spettacolo. Proprio per questo il continente africano
sarà oggetto della mia analisi, incentrata soprattutto sulle più importanti
variabili demografiche (la fecondità e la mortalità infantile) e sulle
relative cause, che in alcuni casi sono legate non tanto a elementi
demografici in senso stretto ma anche a componenti culturali.
Nel primo capitolo illustrerò le principali determinanti:
demografiche e non; le prime legate alle nascite, le seconde riguardanti
le componenti culturali, storiche e istituzionali della fecondità. Inoltre
traccerò un quadro riguardante le più importanti ricerche sulle stime di
questa variabile, includendo anche degli indicatori aggiornati.
Il secondo capitolo tratterà della mortalità infantile, incentrando
l’analisi sulla relazione tra la malnutrizione e la mortalità infantile, e si
soffermerà in particolar modo sul collegamento tra la malnutrizione e la
morbilità, sulle ipotesi che possono confondere e sugli effetti della
malnutrizione riguardo alle cause di morte, analizzando i risultati di
alcune ricerche effettuate nello scorso decennio. Verrà anche fatto un
cenno sulla pandemia dell’AIDS, ancora oggi principale causa di
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mortalità nel continente africano e che tende a colpire soprattutto i
bambini; chiuderà il capitolo una panoramica sulle stime della mortalità
infantile basate su dati tratti da indagini campionarie effettuate negli anni
scorsi, oltre che un rapido sguardo sulla mortalità infantile distinta per
sesso e sugli indicatori principali della mortalità.
Con il terzo capitolo aprirò una finestra sulle conseguenze di questi
fenomeni sia nell’universo microdemografico, riprendendo alcune
indagini sulla fisionomia delle famiglie africane effettuate negli anni
passati, sia nell’universo macrodemografico, tracciando delle possibili
previsioni sulla consistenza della popolazione africana nei prossimi
cinquant’anni, attraverso la descrizione del processo di transizione
demografica del continente.
Concluderò la mia analisi, con il quarto capitolo, trattando le
decisioni scaturite dalla Conferenza Internazionale sulla popolazione e lo
sviluppo del Cairo del 1994, la quale ebbe come scopo principale quello
di indirizzare la politica degli Stati africani per arginare la mortalità
infantile attraverso le migliorie delle infrastrutture sanitarie locali e alla
sensibilizzazione delle giovani donne alla consapevolezza di sé, delle
proprie capacità intellettive e del proprio corpo attraverso la
scolarizzazione di massa incentrata soprattutto sulla diffusione della
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pianificazione familiare per messo della propaganda sui metodi
contraccettivi per enfatizzare l’importanza della salute riproduttiva,
indispensabile ai fini di scelte matrimoniali e familiari più consapevoli.
Sarà portato, circa la pianificazione familiare, come esempio, ciò che
avvenuto nello Zimbabwe, dove tale progetto ha e sta riportando esiti
positivi. Questo capitolo terminerà con uno sguardo sulle attuali
iniziative delle organizzazioni internazionali, in particolare sarà
argomentato l’operato dell’UNFPA.
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CAPITOLO I
DETERMINANTI DELLA FECONDITÁ IN AFRICA:
UN’ANALISI APPROFONDITA
Premessa
Nel 2003, la popolazione del continente Africano è stata stimata
intorno ai 850,6 milioni, vale a dire quasi il 16,7% della popolazione
mondiale. Se si considera che l’Africa occupa soltanto un quarto
dell’area geografica del globo questa cifra di per sé non desta
preoccupazioni.
Tuttavia, se si considera che il tasso medio annuo di crescita è
stimato per il periodo 2000 – 2005 intorno al 22,2%, bisogna analizzare
con attenzione il dato appena enunciato.
L’Africa, infatti, supera in espansione demografica non solo gli altri
continenti del terzo mondo (l’Asia ha un tasso medio annuo di crescita
stimato intorno all’1,3% mentre l’America latina e i Caraibi sono
attestati intorno all’1,4%), ma anche la popolazione mondiale, che cresce
in media dell’1,2% all’anno. Senza contare che in Europa e nell’America
settentrionale, i tassi medi annui sono rispettivamente del –0,1% e
dell’1%.
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Se questo trend dovesse continuare, la popolazione africana, sarà
destinata ad arrivare a circa 1.803.000.000 nel 2050
3
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Sul versante economico, il continente africano, ad eccezione di
alcuni Stati (Botswana, Mauritius, Zimbabwe, Kenya) versa in
condizioni non ottimali (Banca Mondiale, 2002). Stando alle ultime
indagini, infatti, il tasso di crescita economico dell’Africa è di appena
un’unità sopra il tasso di crescita della popolazione. E gli effetti della
povertà di questo sistema economico sono esacerbati da numerosi altri
problemi come la desertificazione, la deforestazione, il fenomeno
dell’urbanizzazione, la carenza di infrastrutture, condizioni di vita non
rispettose dei normali standard sanitari e la mancanza di acqua pulita.
La riduzione dei tassi di fecondità potrebbe contribuire ad un
avanzamento, seppure lento, verso lo sviluppo economico da parte degli
Stati; e proprio in tal senso sono concepite le cosiddette politiche di
pianificazione familiare di cui parleremo in maniera dettagliata più
avanti. Tuttavia, queste politiche di pianificazione trovano difficile
attuazione da parte delle popolazioni africane, non ancora libere da quei
condizionamenti di carattere demografico, culturale, politico, militare ed
economico che esamineremo nelle prossime pagine.
3
UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione), “Lo stato della popolazione mondiale
2003: un miliardo che conta”, Editrice United Nations, 2003.
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1.1 Variabili demografiche
In generale, i fattori che i demografi definiscono come determinanti
della fecondità sono i seguenti:
a) fecondità (intesa come capacità fisica di avere figli da parte
delle donne);
b) amenorrea post-partum (ovvero il periodo successivo al parto
durante il quale la donna è incapace di concepire; questo
periodo può essere prolungato in qualche modo attraverso la
pratica dell’allattamento);
c) frequenza del coito;
d) contraccezione (sebbene l’allattamento abbia un temporaneo
effetto contraccettivo dopo la nascita è raro che venga usato
per questo scopo; l’intenzione è quella di nutrire il bambino);
le pratiche contraccettive adottate prima dello sviluppo dei
metodi scientifici durante gli ultimi cinquant’anni includono
la ritrazione o coitus interruptus, metodi barriera come il
preservativo e il diaframma e il programmare rapporti
sessuali in modo da evitare il periodo fertile del ciclo mensile
della donna.
e) Interruzione volontaria di gravidanza (IVG).