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INTRODUZIONE
Il presente lavoro ha lo scopo di analizzare la famiglia quale principale soggetto socio-
-economico di un sistema-paese, affrontando aspetti che, pur avendo effetti economici
indiretti, la riguardano, come il contesto storico, la cultura, le tradizioni e la religione.
La famiglia è un tema dominante del corrente dibattito politico europeo, in particolare
italiano. Essa, difatti, condiziona la fisionomia della società perché trasmette la prima
educazione all’individuo, contribuisce in maniera decisiva a delineare l’andamento dei
consumi e la struttura del mercato del lavoro; infine, in essa si forma la domanda di beni di
consumo e, contemporaneamente, l’offerta di lavoro.
L’attualità dell’argomento è palese: si parla sempre più di calo delle nascite,
invecchiamento della popolazione, ritardo dell’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro e
posticipazione del matrimonio, a cui consegue la prolungata permanenza degli stessi
nell’abitazione dei genitori (la quale supera la fine del ciclo di studi e l’inizio del percorso
lavorativo), le problematiche di genere che a livello macro riguardano il mercato del lavoro e
la società nel suo complesso e che a livello micro hanno forti implicazioni sulle dinamiche
familiari. La famiglia è un elemento dinamico della società poiché è mutevole nel tempo, per
le varie fasi del ciclo vitale dei suoi componenti e per il livello di crescita economica dell’area
geografica in cui vive. Vengono affrontati, dunque, i principali effetti del suo ruolo nel
contesto economico globale di un paese, con particolare attenzione alla partecipazione delle
donne alla forza lavoro, procedendo con lo studio dei modelli economici più noti
sull’economia della famiglia.
Successivamente sono esaminate le più attuali problematiche afferenti la famiglia e le
strutture familiari tipiche delle principali aree europee, focalizzando l’analisi sulle peculiarità
dell’economia della famiglia in Italia.
La famiglia tradizionale sta manifestando segni di debolezza perché il numero dei divorzi è
in aumento assieme alle convivenze more uxorio e alle nascite fuori dal matrimonio. Queste
fattispecie determinano una semplificazione strutturale della maggior parte della società
occidentale ed un aumento del numero delle persone sole, che solo in Italia sono quasi
esclusivamente donne anziane. In pratica al modello familiare “tipico” – marito, moglie e figli
– si affianca quello “atipico” ovvero quello unipersonale e monoparentale, che hanno
accresciuto la loro incidenza anche per altre cause oltre quelle già citate: fattori demografici
(calo del tasso di fertilità e invecchiamento della popolazione, almeno per l’Italia), crescita dei
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tassi di attività femminili, mutamento dei comportamenti culturali e sociali delle nuove
generazioni. In genere, a diverse forme di organizzazione dei nuclei familiari corrispondono
differenti livelli di reddito e di benessere economico che possono essere corretti
dall’intervento statale mediante azioni redistributive, scopo precipuo del Welfare State.
Nell’ultima parte, dunque, è osservata la forma di attuazione e gli effetti degli strumenti di
politica economica usati dai governi italiani ed europei, e quelli che potrebbero essere usati
come alternativa o assieme a quelli preesistenti. Lo stato deve interessarsi della condizione
della famiglia sia per far fronte alle necessità di quest’ultima e sia per assisterla ed agevolarla
in condizioni di emergenza. Questo deve accadere perché la politica delle democrazie odierne
dovrebbe essere improntata su un “sistema di Welfare” , ovvero lo Stato sociale, impianto di
norme con il quale lo Stato cerca di eliminare le disuguaglianze sociali ed economiche fra i
cittadini, aiutando in particolar modo i ceti meno abbienti, fornendo servizi e garantendo
diritti fondamentali per un tenore di vita dignitoso, come l’assistenza sanitaria, l’istruzione
pubblica, l’accesso alle risorse culturali, l’assistenza d'invalidità e di vecchiaia. La tutela della
famiglia è, inoltre, chiaramente espressa nelle fonti giuridiche supreme della maggior parte
degli ordinamenti democratici. La Costituzione italiana dedica alla famiglia tre articoli,
(29,30,31), compresi nel Titolo II “Rapporti etico-sociali" ed anche nel Codice Civile sono
presenti disposizioni specifiche (primo libro, intitolato "Delle persone e della famiglia”).
L’intervento politico per favorire stabilità, sussistenza e dignitosa partecipazione sociale
per la famiglia è necessario, al di là delle motivazioni culturali e religiose, che pure hanno
contribuito ad adottare una politica tendenzialmente assistenziale. I benefici di una “famiglia
efficiente” – non solo nel senso economico - per una collettività intera sono indubbi: così,
nell’ultima parte del presente lavoro, è osservato come nella realtà questa convinzione
potrebbe tradursi in un fattore trainante nel lungo periodo per lo sviluppo economico e per
l’evoluzione sociale di un paese.
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Capitolo 1
La famiglia in economia: principali teorie
1.1 La famiglia come soggetto economico
La famiglia è la principale organizzazione sociale ed economica di qualsiasi sistema
paese: essa è paragonabile alle sue fondamenta perchè basilare cellula produttiva e di
consumo, nonché prima educazione di ogni individuo partecipante alla società civile ed,
unitamente alle reti sociali, è l’istituzione che più di ogni altra sostiene e tutela i soggetti
deboli e/o non autonomi, come i neonati e i bambini in età prescolare, gli anziani non
autosufficienti, i disabili.
La famiglia è un fenomeno complesso perché la sua fisionomia dipende dalle scelte
operate dalle istituzioni, dalla società, dalla cultura e dalla religione, dal livello di stabilità del
mercato del lavoro e contemporaneamente è in grado di condizionare alcuni fattori da cui
dipende. Basti pensare che molti programmi elettorali dedicano ampi spazi alle politiche per
la famiglia, ma non solo: una consistente percentuale del PIL dal lato della domanda, e quindi
del consumo, è rappresentata dal contributo delle famiglie – nel 2006, secondo i dati
dell’indagine sui consumi condotta dall’Istat, la spesa media mensile per famiglia è pari, in
valori correnti, a 2.461 euro.
Sviluppare una teoria economica della famiglia può essere strumentale alla conoscenza e
al controllo di molti fenomeni dell’economia e della società: i consumi, gli investimenti e la
produzione, la formazione del capitale umano, la distribuzione della ricchezza all’interno
della stessa, gli effetti dell’imposizione sul reddito dei coniugi (differenti se congiunta o
separata) e dei trasferimenti, l’assistenza agli anziani e la cura dei bambini.
La famiglia può essere vista innanzitutto come un soggetto economico partecipante al
mercato dei beni e dei servizi come acquirente, e a quello dei fattori produttivi (lavoro e
capitale) in qualità di offerente. Tuttavia i processi decisionali tipici di una famiglia non
possono essere totalmente assimilati a quelli di un qualsiasi altro attore economico. Essa è,
infatti, una comunità, in cui i componenti si relazionano soprattutto con sentimenti e logiche
che non sono proprie degli ordinari rapporti economici. Se questi ultimi dovessero aver luogo
è molto probabile che gli schemi comportamentali dei soggetti coinvolti siano diversi e
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talvolta contraddittori dei principi di efficienza economica e di massimizzazione delle utilità
individuali. Le decisioni familiari di natura economica non sono, pertanto, la semplice somma
di ipotetiche scelte singole ed il loro meccanismo interno è solo in parte interpretato e
conosciuto. In particolare, per quanto riguarda la distribuzione delle risorse e del tempo
disponibile si verifica il passaggio da preferenze vincolate a preferenze estese, tale che il
legame interno tra i componenti si rafforza e diventa egualitario.
Facendo un confronto tra logica di impresa e logica familiare nell’allocazione delle
risorse al proprio interno, si desume che la prima è governata dal criterio del merito (le
remunerazioni variano a secondo del ruolo svolto: il manager si presume abbia uno stipendio
più elevato di un ragioniere) e dalla necessità di specifici fattori per i diversi settori di
produzione (ad esempio, in un’industria conserviera le etichette saranno destinate alla fase di
confezionamento, le bottiglie nella precedente sequenza di imbottigliamento); la seconda si
caratterizza per la solidarietà: in una famiglia la distribuzione del cibo o gli acquisti per il
vestiario o altre spese prescindono dalle competenze dei componenti. Se nel mercato c’è
l’efficienza, nel nucleo familiare c’è l’equità, oltre a una minor rilevanza di asimmetrie
informative e di comportamenti opportunistici (almeno per famiglie con legami forti), che è
ovvia conseguenza dell’intensità e della frequenza dei rapporti personali. La chiarezza e
l’equità dei rapporti familiari, assieme alla condivisione delle informazioni, motiva l’esistenza
della fiducia che sostituisce gli incentivi positivi e negativi indispensabili nell’impresa.
La famiglia è un importante soggetto generatore di esternalità positive, definita da
Zamagni come <<produttrice di welfare […] che “rende” alla società effetti positivi per
l’intera collettività e che vengono internalizzati dal meccanismo dei prezzi. Sfuggendo alle
usuali rilevazioni statistiche, tali effetti finiscono con il non esistere, dal momento che,
secondo la contabilità nazionale, esiste solo ciò che è quantificabile e misurabile con il metro
monetario. Eppure, si tratta di effetti la cui rilevanza ai fini della definizione della nozione di
benessere di un paese non può certo essere ignorata>>
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Zamagni cita una serie di fattori sociali su cui incide la famiglia. In primo luogo la
riproduzione della società dipende dalla decisione privata di una coppia di mettere al mondo
un figlio, ma che produce conseguenze fondamentali sul piano collettivo. La composizione
per età della popolazione, che dipende dal tasso di natalità di un paese, è connessa al
dinamismo imprenditoriale di un paese. Nello stesso saggio è fatta la seguente considerazione
<<Una società che invecchia, come è appunto la nostra, è una società che per ovvie ragioni
non è in grado di sostenere stabilmente nel tempo quel tasso di imprenditorialità che è
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Stefano Zamagni, “La famiglia come soggetto economico: argomenti per una politica della famiglia”
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necessario a rendere vitale il sistema economico. Eppure, l’atteggiamento ancora oggi diffuso
è che i costi della procreazione debbano essere sostenuti dalla famiglia proprio come se la
decisione di fare figli fosse assimilabile ad una usuale scelta di consumo>>.
Una seconda esternalità positiva è la capacità della famiglia di riequilibrare la
distribuzione personale dei redditi, più egualitaria quando si passa da quella personale a quella
familiare. La famiglia si configura come un potente ammortizzatore sociale poiché diviene
punto di smistamento e raccolta dei redditi dei propri membri svolgendo una efficace funzione
perequatrice. Questo comporta maggiore coesione sociale favorita da una più equa
distribuzione dei redditi che è essenziale per qualsiasi forma di progresso nella società.
La flessibilizzazione della partecipazione lavorativa delle donne e dei giovani è un’altra
esternalità osservata. Occorre ricordare anche la già citata capacità di assistenza a soggetti
inabili o a parziale o totale mancanza di autonomia è così importante, tanto che si è accertato
che se non fossero svolte tali funzioni, almeno nel nostro paese, l’Italia non potrebbe occupare
il posto (è il secondo) nella graduatoria mondiale che l’Organizzazione Mondiale della Sanità
gli assegna per gli indici di morbilità e di mortalità..
Sempre dall’ambito familiare, si genera un altro vantaggio: la creazione di capitale
umano degli individui, che non dipende solamente dall’investimento in istruzione e
formazione da parte degli interessati e dall’ambiente sociale, ma anche dall’ambiente
familiare, ove il passaggio di informazioni e conoscenze è favorito dall’intensità e numerosità
delle relazioni, permettendo una crescita dello stock di capitale umano.
Infine è utile ricordare la capacità di condizionamento del mercato dei beni e dei servizi
da parte della famiglia: essendo il principale consumatore della società riesce ad influire sulle
scelte di produzione delle imprese, e decide il proprio consumo per comportamenti e
preferenze variabili per le tendenze, la storia, le esigenze, ecc..
Il ruolo sociale del gruppo familiare è cambiato molto durante il ‘900, anche per i
mutamenti radicali che hanno caratterizzato la società di questo secolo, in primis il ruolo della
donna, l’evoluzione dello stato di welfare e le variazioni degli andamenti demografici
osservati dal secondo dopoguerra in poi. Come nota Barbara Bergmann
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<<Il tradizionale
modello di famiglia – un’alleanza tra un uomo e una donna che dura per tutta la vita –
costituiva in passato l’istituzione che mobilitava le risorse economiche, morali ed emotive
necessarie per l’allevamento dei figli. Quel modello sembra oggi essere in crisi per due
motivi. In molti paesi del mondo sviluppato una parte sempre crescente di figli sono
sprovvisti del supporto di una famiglia bi-parentelare. In molti dei paesi meno sviluppati
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B.Bergmann, “La Nuova Economia della Famiglia: dalla teoria alla politica economica”
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stiamo assistendo ad una crescita della popolazione incontrollata ed ai problemi da essa
provocati>>.
Collegare gli studi demografici all’economia della famiglia è, dunque, indispensabile.
La teoria economica della famiglia è l’analisi dei comportamenti umani relativi alla
formazione e disgregazione di unità familiari e alla distribuzione dei beni disponibili,
derivanti soprattutto da un’attività lavorativa, all’interno delle stesse. Un’attività della
famiglia è considerata pure la produzione di figli: è per questo che da tale teoria deriva quella
economica della popolazione.
Il fatto che una famiglia non può comporsi di soli beni fisici ma anche delle specifiche
abilità dei suoi membri è spesso stato un fondamento di modelli economici usati per spiegare
differenze sia di comportamento riproduttivo tra famiglie e società con diverse caratteristiche
socio-economiche, sia di variazioni nel tempo del tasso di fecondità. Tale modo di ragionare è
stato utile per spiegare il fenomeno della transizione demografica, cioè l’osservazione che a
una prima fase di sviluppo di un paese - in cui il reddito pro-capite e il saggio di crescita della
popolazione si muovono nella stessa direzione - suole seguirne un’altra in cui queste due
variabili si muovono in direzioni opposte. Si è rivelato anche utile a spiegare perché l’offerta
di lavoro sia generalmente più sensibile a variazioni del saggio salariale delle donne che degli
uomini, e perché il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro sia aumentato
così vistosamente sin dalla fine della seconda guerra mondiale in tutti i paesi industrializzati e
perché in questi stessi paesi si facciano così pochi figli.
Formulare un modello interpretativo dell’economia familiare serve anche per elaborare o
suggerire politiche economiche per una idonea assistenza alla famiglia da parte delle
istituzioni.
Uomini e donne hanno comportamenti diversi sia nel mercato del lavoro sia nella scelta
di entrare o meno nel medesimo mercato. Tale differenza non è rilevata dal modello classico
rappresentativo del mercato del lavoro: è stato questo fenomeno ha richiamare l’attenzione
degli economisti verso l’economia della famiglia.
La decisione di lavorare o meno è tradizionalmente associata al trade-off tra tempo libero
e tempo destinato al lavoro, a cui si relaziona rispettivamente un mancato reddito ed un
maggiore reddito.
Per rappresentare la scelta tra consumo e tempo libero si ricorre al seguente grafico, che è
una curva di indifferenza rappresentativa delle possibili combinazioni di consumo e tempo
libero che danno lo stesso livello di utilità. La scelta dell’individuo in tal caso è tra tempo
libero e lavoro, ed il costo opportunità di ogni ora destinata a tempo libero corrisponde al