gli alunni svantaggiati. Poi si è constatato che queste classi
differenziali (che pure sotto l'aspetto scolastico e
dell'apprendimento hanno dato discreti risultati) non hanno però
consentito l'integrazione di questi soggetti con la realtà sociale
e scolastica nella sua totalità, e che anzi, spesso ne sono
scaturiti risultati opposti e negativi rispetto a quelli
prestabiliti, accentuando ancor più l'isolamento e la
discriminazione del portatore di handicap fisico nei confronti
degli altri alunni.
Il Ministero ha quindi deciso di eliminarle inserendo l’alunno
minorato nelle classi normali, affiancandogli, in certe ore
scolastiche, l'insegnante di sostegno. Questo tentativo è tuttora
in atto, e sebbene sia stato motivo di molte polemiche, è
suscettibile di ulteriori sviluppi o involuzioni; 'quest'ultima
ipotesi sarebbe certamente grave, perchè ostacolerebbe, come in
passato, la socializzazione e l'integrazione degli handicappati,
sopratutto partendo dal fatto che l'inserimento scolastico, in
Italia non è ancora in piena attuazione.
Il Ministero del Lavoro, da parte sua ha emanato una normativa di
legge per favorire l'occupazione lavorativa dei cittadini
handicappati; ciò è stato raggiunto anche per le pressioni
politiche e sociali degli ultimi anni degli stessi disabili, che,
anche se hanno incontrato molte difficoltà e diffidenze per un
giusto e doveroso inserimento lavorativo da parte di una certa
opinione pubblica, hanno però reso di pubblico dominio un'esigenza
tanto sentita e importante per la loro vita sociale.
L'individuo disabile fisicamente vuole essere, a pieno diritto,
considerato sullo stesso piano di qualsiasi altro cittadino
"normale", attra.verso tutte le capacità e potenzilità
(intellettive, fisiche anche se necessariamente limitate,
lavorative, ricreative) con cui è in grado di esprimersi.
E' quindi indispensabile nell'attuale società una maggiore presa
di coscienza educativa su questa vasta e complessa problematica,
che richiede sensibilità preparazione e una seria informazione
(psicologica, pedagogica e anche sanitaria) per affrontare ed
accettare in modo naturale, semplice e senza alcuna preclusione,
l'integrazione del portatore di handicap nel contesto sociale e
civile.
Questo processo deve partire dall'ambiente familiare del soggetto
minorato; per essere poi sostenuto fin dalla prima infanzia dalle
strutture pubbliche che permettano di iniziare e sviluppare la sua
socializzazione (scuola materna, elementare, centri ambulatoriali
per la riabilitazione fisica).
La premessa al lavoro che mi accingo a svolgere vuole essere una
descrizione generalizzata della famiglia contemporanea sotto
l'aspetto sociologico, psicologico e pedagogico. Poi descriverò
come solitamente si origina ed avviene il processo orientativo nei
nuclei familiari "normali", non aventi cioè nella loro struttura
soggetti portatori di handicap fisici, individuando le finalità
educative, culturali e sociali, cercando di capire come si
determina e si svolge l'orientamento che oggi in genere prosegue
oltre la fase adolescenziale.
Quindi, più ampiamente, descriverò la famiglia quale ente
promozionale di orientamento scolastico e professionale,
dell'individuo handicappato fisicamente, in particolare da un
punto di vista pedagogico-educativo; ovvero cosa si deve fare e
come si deve agire per indirizzare e orientare il fanciullo prima
ed il ragazzo disabile poi affinchè anche per loro la società
riservi il ruolo a cui hanno diritto, rendendoli giustamente
partecipi in maniera attiva di tutto quanto avviene nella comunità
civile.
Cercherò di evidenziare i diversi atteggiamenti che possono
instaurarsi tra i membri in un ambiente familiare "normale" e in
una famiglia avente al suo interno un soggetto svantaggiato
fisicamente.
Un adeguato e cosciente orientamento in un ambiente domestico
armonioso ed equilibrato psicologicamente innanzittutto deve
portare il figlio handicappato ad avere normali relazioni nella
famiglia e coi suoi coetanei, allo scopo, tra l'altro, di fargli
sentire il meno possibile i suoi deficit, mettendolo così allo
stesso livello sociale dei fratelli e dei compagni. In tal modo
gli si offre la possibilità di arrivare ad una certa indipendenza,
necessaria e fondamentale soprattutto quando darà adulto e
desideroso anch'egli di una vita dignitosa e possibilmente
autonoma dalla famiglia d'origine e da ogni forma assistenziale.
Avendo vissuto in un ambiente familiare con rapporti sociali sani,
stabili, aperti, la persona svantaggiata fisicamente potrà
formarsi una sua famiglia, lavorare normalmente; partecipando allo
sviluppo socio-economico della comunità vivrà serenamente e sarà
più motivato a migliorarsi, ed ancora più si potrà considerare
uguale agli altri cittadini, perchè, benchè svantaggiato, ha
potuto raggiungere scopi esistenziali ed umani come ogni altra
persona.
Pertanto, dopo avere esposto alcuni concetti di orientamento
professionale, mediante la lettura di vari autori e riferendoli,
in particolare, alla concezione economica del lavoro, mi propongo
di verificare ed analizzare le modalità di inserimento lavorativo
del portatore di handicap fisico.
Per quanto concerne il ruolo e l'importanza della famiglia
nell'orientamento scolastico posso portare anche la mia personale
esperienza di studente handicappato.
Nella seconda parte di questo lavoro, cercherò di giungere a fare
delle proposte sui nuovi metodi orientativi del nucleo familiare,
sia dal punto di vista scolastico che da quello professionale, che
possono essere elaborati e formulati, analizzando anche le
prospettive future.
Occorre prendere in esame le difficoltà culturali, politiche,
sociali, incontrate nel passato. Bisogna cercare e reperire
risorse e nuove energie mediante operatori sempre meglio preparati
e sempre più consapevoli e sensibili a tali problemi, che colle
loro esperienze e i loro suggerimenti, possano contribuire a
superare sempre meglio le notevoli difficoltà esistenti in questo
campo.
Costoro, in primo luogo, devono dare un aiuto positivo alla
famiglia soprattutto psicologicamente; senza di esso la formazione
educativa ed orientativa per la comunità domestica in avvenire
sarebbe un compito molto difficile da affrontare e da risolvere,
forse addirittura improbo. Così le possibilità pedagogiche e di
orientamento saranno veramente facilitate per i nuclei familiari
con bambini e ragazzi disabili.
La famiglia moderna, configurata come istituzione o gruppo
sociale, negli ultimi decenni è stata oggetto di studi e di
ricerche nei Paesi industrializzati occidentali, negli Stati Uniti
e anche nei Paesi dell'Est europeo.
In questo lavoro di ricerca e di analisi sono consapevole delle
difficoltà che dovrò affrontare nel tentativo di comprendere ed
esporre la vastità e complessità dei problemi che si pongono agli
educatori ed agli operatori sociali e politici che si prefiggono,
quale reale obiettivo, la piena integrazione del soggetto
handicappato, che vuole e deve essere considerato dalla comunità
civile un cittadino come tutti gli altri e con gli stessi diritti
e doveri.
1° CAPITOLO
1 LA FAMIGLIA VISTA SOTTO L'ASPETTO SOCIOLOGICO
1.1 LA FAMIGLIA MODERNA
Il nucleo familiare della società contemporanea è il risultato di
una complessa evoluzione avvenuta nel corso dei secoli sino ai
giorni nostri e tuttora in corso.
La famiglia, infatti, è una istituzione che si lega strettamente
al tipo di società. Così nella preistoria si identificava con
tutti i gruppi esistenti (clan, tribù, villaggio). Mentre in
seguito si differenziò e si restrinse in rapporto all'evolversi
della società stessa come nucleo a se, finche, come sostiene H.
Maine perse i connotati istituzionali di cellula primaria della
società per diventare una semplice aggregazione di individui,
principalmente fondata sui rapporti affettivi e primari connessi
alla riproduzione biologica.
Il nucleo familiare moderno si caratterizza, quindi, secondo
alcune teorie sociologiche, come "sfera privata" e come "gruppo
acquisitivo". La prima caratteristica riguarda l'evoluzione dei
rapporti tra famiglia e società, l'altra le specifiche funzioni
interne della famiglia attuale.
La moderna famiglia occidentale è legata allo sviluppo della
società capitalistica. Durante il feudalesimo infatti, che aveva
come fondamento economico l'agricoltura, il nucleo familiare è
"patriarcale". Tale caratteristica si distingue sia col sorgere e
l'affermarsi del capitalismo in cui ha origine la famiglia
premoderna contraddistinta, secondo alcuni autori, da due modelli:
quello "borghese" e quello "proletario".
Col passaggio alla seconda fase del capitalismo moderno, dominato
dalle grandi società azionarie, connessa al modello di società
industriale avanzata, nasce e si sviluppa la famiglia moderna come
gruppo "acquisitivo". Tale definizione indica il modello familiare
prevalente, cioe quello più diffuso culturalmente e più
significativo tra la popolazione mentre non indica il modello
dominante, ovvero quello maggiormente presente nelle classi
sociali di una determinata società.
La moderna sociologia negli studi sulla famiglia fa riferimento a
due concezioni fondamentali: quella marxista e quella struttural-
funzionalista.
Per esempio: nei paesi socialisti c'è una concezione della
famiglia che si collega al pensiero ed alla filosofia di Marx ed
Engels, che considerano il nucleo familiare una sovrastruttura
rispetto ai rapporti di produzione per cui il suo futuro stà nelle
funzioni che la direzione politica della società saprà affidarle
in accordo cogli obiettivi dell'eguaglianza sociale e della
produttività economica pianificata.
In occidente, invece, ha una larga prevalenza, anche se molto
criticata, la teoria struttural-funzionalista che ha in T. Parson
(3) il suo maggior esponente. Seguendo le linee generali del
pensiero sociologico di E.Durkheim lo struttural-funzionalismo ha
messo in luce le leggi organiche evolutive della società moderna
con una sua teoria facente perno, in particolare, sulla
meritocrazia.
La famiglia si distingue secondo P.P. Donati, come istituzione e
come gruppo sociale. Come istituzione sociale è il gruppo
domestico osservato nell'ottica della integra.zione del sistema
quale è definito sia dalle istituzioni politiche (poteri
legislativo ed esecutivo) sia dagli apparati statali (giustizia,
scuola, amministrazione, etc.), sia ancora dal sistema economico
che considera la famiglie come momento o modo di riproduzione
della forza-lavoro.
Come gruppo sociale è il gruppo domestico visto partendo dal modo
vitale, vale a dire quale si dà nelle strutture intersoggettive
della vita di ogni giorno, che, generalmente, coincidono solo in
parte colle aspettative del sistema politico o colla normativa
giuridico-istituzionale della società od anche colle richieste del
sistema economico.
Quindi per la sociologia la famiglia è vista e studiata per lo più
come fenomeno sociale totale.
Ho in precedenza affermato che dalla società paleo-industriale
sono sorti due modelli di famiglia: la famiglia "borghese" e la
famiglia "proletaria" in cui vi sono due diversi tipi di
solidarietà. Nella. famiglia borghese la solidarietà è basata
sulla ricerca dell'accumulazione e del profitto economico e la
edificazione di una dinastia industriale. Nella famiglia
proletaria la solidarietà è, soprattutto, espressiva di reciproco
affetto e collaborazione contro le difficoltà di una vita
quotidiana che pone sempre più grandi problemi da risolvere.
Sono sta,te fatte altre ricerche che escono da questi due grandi
schemi (marxista e struttural-funzionalista).
Da tali studi risulta, in primo luogo, il rifiuto della famiglia a
restringere i rapporti interpersonali, ovvero a divenire sempre
più privata. Queste ricerche indicano anche come oggi ci sia
bisogno di una famiglia concepita come agenzia di orientamento per
lo sviluppo della vocazione personale dei figli. Le nuove teorie
della socializzazione mettono in evidenza l'insostituibilità del
nucleo familiare come agenzia di socializzazione primaria dove,
sia la privazione della madre che quella del padre, ha gravose
conseguenze per la formazione e lo sviluppo personale e sociale
del bambino. (Ardigò).
Con tale evoluzione sociologica mutano e si differenziano pure i
rapporti tra la famiglia ed il lavoro (maggiore divisione del
lavoro, attività lavorativa per entrambi i genitori, più tempo
libero). Nella famiglia contemporanea esistono sempre vari livelli
esistenziali che aiutano a formare e sviluppare mediante rapporti
umani la solidarietà familiare (livello biologico, psicologico,
economico, sociale e culturale).
Negli ultimi trenta anni la famiglia in Italia ha subito una
profonda trasformazione che ha seguito lo sviluppo capitalistico
ed industriale della società, mutando, quest'ultima, il contesto
socio-economico-culturale del Paese.
Si è passati da un modello prevalentemente agrario della famiglia
patriarcale contadina fino agli anni '50 per giungere, negli
ultimi decenni, ad una società industriale avanzata con un modello
nucleare di classi medio-basse, passando però, nella fase
intermedia, dal modello nucleare operaio. I modelli dominanti per
i tipi di società agraria, paleo-industri8,le e industriale
avanzata, sono quelli signorile, borghese e tecnocratico.
Quest'ultimo si struttura negli anni '70 col continuo sviluppo del
settore terziario (trasporti, commerci, credito, pubblica
amministrazione, informatica, pubblicità) iniziato nei due decenni
precedenti mediante i processi di accumulazione capitalistica.
Anche in quest'ultimo tipo tecnocratico esistono delle
diseguaglianze sociali come nei due precedenti in quanto è ad essi
collegato.
Entro questa dinamica ci si sta avviando a delegare sempre più
allo Stato funzioni e problemi che un tempo erano invece compito
solo della famiglia. Esiste cioè un rapporto, riguardo ai
mutamenti dell'ambiente familiare italiano, tra il cambiamento
delle tre strutture sopra dette e la continua scomparsa di
connotati istituzionali da parte della famiglia.
La famiglia nei suoi modelli prevalenti e dominanti in ogni tipo
di società perde i caratteri istituzionali precedenti prendendone
altri, in rapporto alla nuova struttura dominante della società.
Però c'è un'altra ipotesi diversa da questa: la famiglia della
società capitalistica può diventare una unità di servizi primari;
questo significa in primo luogo che il nucleo familiare è visto
soprattutto come luogo di riproduzione primaria della vita in un
contesto di rapporti sociali aperti tra la famiglia e la
collettività.
Al suo interno la famiglia viene considerata non solo come
sostegno affettivo, ma come ambiente di aiuto e sostegno
reciproco. Dall'esterno, la famiglia viene considerata come
soggetto di servizi sociali con spese economiche rilevanti e con
disfunzioni crescenti e soprattutto come istituzionelizzazione
degli strati più deboli della popolazione (disadattati,
handicappati, malati, anziani, etc.). Quindi uno Stato moderno di
sicurezza sociale deve riconoscere e legittimare la famiglia come
struttura di reciprocità che va riorganizzata, anche sotto
l'aspetto economico, come ambito di erogazione di servizi.
1.2 L'ACQUISIVITA' DELLA FAMIGLIA
Per comprendere la genesi e la struttura della famiglia
contemporanea bisogna ritornare un poco al concetto di acquisività
familiare; spiegarlo ed analizzarlo sotto lo aspetto sociale
collegandolo e rapportandolo anche alle dinamiche e alle relazioni
interne ed esterne del nucleo familiare di oggi.
Le scienze sociali intendono l'acquisività come presenza di un
fattore umano che ha contribuito, con altri vari fattori
strutturali connessi, a fare progredire la società capitalistica
di produzione, dandole, soprattutto, una carica umana orientata
culturalmente, in base a determinati rapporti di potere
nell'ambito delle relazioni sociali.
Questo fattore umano psico-culturale avente diversi valori
simbolici e culturali, viene chiamato "acquisività" e secondo la
teoria struttural-funzionalista di T. Parson va collegata alla
famiglia perchè il nucleo familiare, è il primo fondamentale
stadio di sviluppo verso l'organizzazione della motivazione
soggettiva orientata.
La sociologia che fa riferimento, invece, alle teorie di Marx e
Weber, indica l'acquisività come movente borghese del profitto e
dell'accumulazione capitalistica.
Vari studiosi, dopo Weber, affermano che l'energia di propulsione
del sistema sociale e produttivo all'inizio dell'accumulazione
capitalistica è data e sviluppata da un fattore individuale,
carismatico e di rinnovamento che, pure con vari nomi, rientra
anch'essa nell'acquisività.
Nella concezione marxista, intorno all'acquisività, sono sorti e
si sono sviluppat~ due direzioni di valutazione e di ricerca.
Da un lato, alcuni (Marx e Tawney) la considerano solo come un
movente individualistico e di appropriazione;
punto di partenza dello sfruttamento produttivo ed economico.
Dall'altro, altri (Weber, Mc.Clelland, Marshall, Schumpeter) hanno
la tendenza a separare l'orientamento utilitaristico soggettivo
dalle funzioni socio-personali che l'acquisività svolge come
energia necessaria all'evoluzione della società e della
personalità.
Secondo alcune teorie sociologiche contemporanee le varie correnti
dell'attività sociale si perdono in molti canali costituiti dagli
interessi privati individuali che fanno parte della società. La
socializzazione è oggi per lo più considerata come ricerca dei
problemi che la famiglia prima e la scuola poi incontrano come
sottosistemi di una società acquisitiva che delega ad esse
l'orientamento per i nuovi componenti della società. Partendo
dall'infanzia, sino alla realizzazione dei compiti dati dalla
divisione capitalistica del lavoro, si arriva, in tale modo, ad
acquisire delle capacità acquisitive idonee per costituire e
migliorare l'adattamento all'ambiente esterno.
Una volta inserita, come fattore essenziale, nello sviluppo della
moderna società industriale, l'acquisività è costituita da un
determinato processo di socializzazione avente nella famiglia
orientativa la prima e principale istituzione sociale, soprattutto
per l'importanza dell'educazione nella prima infanzia per la
formazione individuale del bambino.
Generalmente il sistema sociale dirige i suoi processi mediante la
canalizzazione delle motivazioni verso quei valori e ideologie
corrispondenti al suo sistema culturale e il nucleo familiare è il
primo agente di socializzazione. Due sono i macroprocessi di
relazioni tra essere umano e società, entrambi mediati dalla
famiglia: da un lato, il comportamento adulto è molto influenzato
dai modelli relazionali che i componenti di una società hanno
trovato e giudicato positivi nel loro nucleo familiare;
dall'altro, la comparsa di nuove tensioni nella società è la causa
più probabile di mutamenti dell'esperienza e delle vicissitudini
infantili.
In questo contesto, l'acquisività necessita di una certa stabilità
dei ruoli familiari, dei valori e dei modelli parentali, in modo
tale da consentire alla realtà sociale di penetrare nella famiglia
portando nuovi atteggiamenti, energie e tensioni affinchè la
socializzazione acquisitiva sia orientata nella giusta direzione.
Quindi, per giungere ad una acquisività consona alle esigenze
familiari della nostra complessa società tecnologicamente,
culturalmente e socialmente avanzata, bisogna, in primo luogo,
prendere in esame la struttura psico-sociale delle relazioni
familiari (quando, in che modo, dove, etc.) avvengono tali
rapporti e come subiscono l'influenza dell'ambiente esterno.Si
deve poi considerare il sistema culturale ed educativo
dell'acquisività esistente nella famiglia che determina i processi
di socializzazione dei figli. Infine, vanno pure considerate e
individuate le variabili propriamente sociologiche per capire come
esse possano influire sull'acquisività delle interazioni familiari
con cui il bambino è socializzato. Ad esempio, alcune variabili
possono essere la classe sociale della famiglia; le aspettative e
aspirazioni per la riuscita sociale; le opportunità di partenza
per l'acquisizione di determinati traguardi per i figli; la
riuscita sociale del capofamiglia; le diverse tecniche educative
per i figli; permissive, autorita rie o apatiche a seconda della
classe sociale della famiglia; la riuscita scolastica dei genitori
che influenza quella dei figli, determinando anche lo status
familiare e la loro socializzazione acquisitiva.