5
nella comune tensione a una profonda revisione del complessivo assetto
logico e prassico del sapere pedagogico. La ricchezza di questo dibattito
ha contribuito in modo decisivo alla messa a punto di una pedagogia
ristrutturata nel proprio dispositivo disciplinare
1
, rafforzata da autonome
procedure metodologiche, da un proprio specifici linguaggio e da
proprie organiche mappe concettuali.
Questo modello epistemico della pedagogia si è fortemente interrelato
con le strategie e la logica della ricerca scientifica. Di questa ha saputo
cogliere le caratteristiche più mature e critiche, legandole al proprio
orientamento investigativo, alla propria valenza teorica e sperimentale.
La pedagogia come <<scienza>> , animata da una forte tensione
progettuale ed emancipativi, ha finito, in tal modo, col mettere in crisi un
modello pedagogico astratto e retorico, metafisico e fondamentalista e,
conseguentemente, una pratica pedagogica estemporanea, assiomatica e
meramente trasmissiva.
In tale processo di revisione, la pedagogia ha saputo accogliere e
problematizzare istanze e sollecitazioni di diversa natura. Si è
confrontata con la contestazione studentesca e con le critiche rivolte alla
sua funzione di riproduzione sociale e culturale. Si è misurata con le
richieste di un suo maggiore coinvolgimento nelle dinamiche storiche e
1
F. Fraboni, F. Pinto Minerva, Manuale di pedagogia generale, Laterza, Bari, 1999, p.10.
6
sociali e politico-istituzionali. Si è rapportata con la flessibilità e la
relativa proposta della nuova filosofia della scienza. Si è saldata, infine,
con le istanze del cambiamento: individuando nella scienza lo strumento
della razionalizzazione del saper-agire pedagogico e nell’utopia l’idea-
limite da perseguire nel suo quotidiano bilanciamento tra contingenza e
futuro.
All’interno di questa complessa dialettica, è possibile identificare e
ritagliare tre dimensione (ideologia, scienza, utopia) interne alla struttura
concettuale del discorso pedagogico che hanno dato luce e voce al
dibattito pedagogico. Pur essendo tre dimensioni strettamente
interagenti, è possibile, attraverso un’analisi approfondita, circoscrivere i
periodi in cui ciascuna di esse ha svolto, rispetto alle altre, una funzione
egemone.
Emerge così, come:
- gli anni Sessanta-Settanta sono stati caratterizzati dal dibattito
sull’ideologia, cioè sulla funzione di riproduzione sociale e culturale
<<di parte>> svolta dalla pedagogia e dalla scuola.
In questo periodo la scuola si configura come il più incisivo e il più
potente degli apparati ideologici dello Stato: si tratta di quell’insieme di
istituzioni (religiosa, familiare, politica, giudiziaria, sindacale,
dell’informazione, culturale) che unitamente con le istituzioni repressive
7
per eccellenza (quali polizia ed esercito), sono legittimate e delegate a
garantire la sopravvivenza e l’organizzazione “naturalmente” gerarchica
del sistema. La pedagogia viene accusata di trascurare la dimensione
sociale e politica della cultura e, in questo modo, di avallare modelli
formativi funzionali a perpetuare la disuguaglianza sociale.
L’autorità della scuola si esplica non solo nel selezionare l’accesso e nel
determinare il successo culturale, ma anche e soprattutto nel convincere i
soggetti discriminati che la discriminazione da loro subita non è un fatto
sociale ma naturale, attribuendo, in tal modo, la responsabilità
dell’insuccesso scolastico al soggetto e non all’azione pedagogica.
- Gli anni Settanta-Ottanta sono stati caratterizzati dalla centralità della
scienza, dal riconoscimento del suo ruolo nella costruzione di nuovi
paradigmi di riferimento pedagogico. In questo periodo la pedagogia è
sottoposta a profonde analisi e contestazioni che mettono a nudo le
implicazioni egemoniche, occulte e falsamente neutrali della pedagogia.
Costretta a un’autocritica riformulazione, la prima reazione della
pedagogia è stata quella di sfidare l’ideologia sotterranea che
tradizionalmente l’ha condizionata e resa culturalmente subalterna, al
fina di individuare nuove forme di teorizzazione, attente alla ragione
della storia e della prassi e, quindi, finalizzate a una radicale
trasformazione sociale e culturale. La seconda reazione, parallela alla
8
prima, va nella direzione della <<scienza>>. Si sostiene che la pedagogia
può rispondere a critiche e obbiezioni solo mettendo a punto un robusto
spessore <<scientifico>>: sia da un punto di vista metodologico (facendo
emergere e puntualizzando la sua natura empirico sperimentale), sia da
un punto di vista logico-strutturale (facendo emergere la sua
strutturazione in sistema ipotetico-deduttivo). Così formulata e
riproposta, la pedagogia ipotizza una sua natura <<oggettiva>>, rende
esterne e pubbliche le proprie tensioni metodologiche, si offre al più
allargato e critico circolo della conoscenza.
Tra queste due reazioni si insinua, infine, una terza spinta sistematico-
ricognitiva attenta a vagliare e proporre le direzioni della ricerca
pedagogica: il suo dividersi in discipline aggregate e in particolari
tipologie, il suo articolarsi in una <<famiglia di saperi pedagogici>>
all’interno di un progetto di ricerca interdisciplinare. Tutto ciò ha il
merito di esplicitare le scienze con le quali rendere contigua la propria
ricerca epistemologica e di fare emergere le scienze con le quali
intrecciare logiche di scambio e di raccordo.
- Gli anni Ottanta-Novanta sono stati caratterizzati dalla riproposta
dell’utopia, nel suo ruolo propositivo e progettuale in una fase storica
profondamente segnata da complessità, transizione e cambiamento.
9
Nell’ambito strettamente pedagogico, l’accezione dominante di utopia, è
stata quella di futuro possibile, urgenza di mondo nuovo, progetto delle
potenzialità in atto, evidenziando una pedagogia fortemente intrisa, e
bisognosa, di un ripensamento dei suoi orizzonti e delle sue prospettive.
L’autore che in campo pedagogico è stato capace di fondere le ragioni
dell’utopia con quelle della razionalità scientifica è senza dubbio
Giovanni Maria Bertin. Egli afferma che:
<<l’idea pedagogica in quanto tale è sempre inattuale: altrimenti non
sarebbe idea ma costume, prassi, ideologia. Inattuale nel senso che essa
non coincide né deve coincidere con le tendenze prevalenti nel presente,
con le motivazioni e le sollecitazioni che questo fa valere, con i suoi
problemi più urgenti e manifesti. In quanto idea essa dà evidenza in
primo luogo alle eventuali incongruenze, parzialità, unilateralità ditali
tendenze, ed eventualmente ne smonta l’enfasi e ne denuncia la retorica;
in secondo luogo fa valere istanze alternative, misconosciute, conculcate,
deformate o mistificate dall’attualità>>.
Dall’opere di Bertin emerge un nuovo modello di ragione e di
esperienza, inquieto e inappagato nelle sue nuove tensioni di ricerca; egli
censura ogni ragione ed esperienza che si costituiscono come momento
unico e univoco dell’agire umano.
10
Superati il limite dell’assolutizzazione del soggetto e il limite
dell’assolutizzazio dell’oggetto, l’esperienza si sostanzia
dell’orientamento e della direzione offerti dalla razionalità e dall’idea
<<universale>> (della<<speranza>>) proposta dall’utopia.
Osservata da quest’ottica, ogni esperienza diventa positiva, a patto di
metterla in relazione con la sua stessa universalità, di sorvegliarne
l’effettiva realizzazione, di coglierne i confini nella sua distanza
dall’idea limite, utopica e creatrice. La ricerca pedagogica si muove in
questi spazi, impegnata a raccordare il disorientamento che la realtà
provoca nel soggetto, la problematicità esistenziale con la razionalità
critica e chiarificatrice. Tutto questo contro ogni chiusura, fissità e
dogmatismo. Tali riflessioni pedagogiche hanno allontanato ogni
univocità analitica e interpretativa, hanno specificato con coerenza
l’oggetto di indagine e la metodologia indagativi della pedagogia.
Quest’ultima ha accettato, in breve, la sfida rivoltale dai saperi plurimi e
plurali della contemporaneità: saperi differenziati perché provenienti da
altre discipline, scienze, orientamenti di ricerca, saperi differenziati in
quanto appartenenti ad altri territori e ad altre culture.
Nel nuovo millennio, la pedagogia sembra, dunque, nelle condizioni
epistemiche più favorevoli per approfondire un costruttivo rapporto con
le altre scienze.
11
1.2 L’IDENTITA’ DELLA PEDAGOGIA
<<Il sapere attuale (incerto, multiforme, tutt’altro che onnisciente, senza
fondamenti) impone anche alla pedagogia la questione del proprio senso
e statuto. In un contesto che vede il passaggio dalla fiducia nel Metodo
all’atteggiamento interpretativo, volto a rispondere a istanze diverse e
mutevoli,la pedagogia si scopre disciplina in travaglio, posta tra
esigenze pressanti di formazione concreta e riflessione epistemologica
sui propri presupposti. L’intima complessità del sapere pedagogico
incontra le esigenze di dinamicità e flessibilità formativa, e accoglie
l’istanza autoriflessiva e autocritica come compito essenziale>>
2
.
L’immagine sociale e l’identità scientifica della pedagogia in Italia
hanno subito e tuttora subiscono una radicale trasformazione. Di essa fa
fede l’ampio dibattito che caratterizza l’identità della ricerca in campo
educativo e la sua presenza a rispondere alle pressanti domande di
formazione.
Sia l’uno che l’altro versante di trasformazione, pur nel diverso grado di
riflessività e specificità, ratificano un sostanziale cambiamento della
<<cultura dell’educazione>>. <<Una cosa è diventata sempre più chiara
2
F. Cambi, G. Cives, R. Fornaca, Complessità pedagogica critica,educazione democratica, La Nuova
Italia, Firenze 1991.
12
nel corso di questi dibattiti: che l’educazione non riguarda solo problemi
scolastici tradizionali […]>>, ma che essi costituiscono <<solo una
piccola parte degli strumenti di cui una cultura dispone per iniziare i
giovani>>
3
.
La non identificazione nell’istruzione come esclusivo ambito sociale
deputato all’educazione, si accompagna alla dissoluzione degli argini
tradizionali della pedagogia. L’affermazione di uno statuto passa allora,
per una revisione della sua identità; operazione non priva di rischi e di
fraintendimenti che si presenta anche come una perdita di scientificità ed
una banalizzazione, ma anche come una sopraffazione e come invasività
da parte di altre scienze.
Si afferma ormai, un esplicito e diffuso bisogno sociale di formazione
nei confronti del quale non si può risultare indifferenti, proprio perché
questa domanda sociale costituisce uno dei più grossi e significativi
elementi di apertura ad un panorama europeo e mondiale della
formazione. Per queste ragioni la pedagogia non può identificarsi più né
con una disciplina orgogliosa del suo grado di <<purezza>> e di non
contaminazione, né con <<interventi selvaggi>> inconsapevoli ed
incapaci di identificare e ripercorrere i propri elementi costitutivi.
Inoltre, la ricerca pedagogica non può essere semplicemente la
3
J. Bruner, La cultura dell’educazione, Milano, Feltrinelli, 1997.
13
trasposizione applicativa di conoscenze prodotte al di fuori di essa ed
omologate a più solidi sistemi di comprensione del mondo ma, viene
chiamata a costruire sistemi di comprensione dell’educazione e della
formazione di prima mano, autonomamente ed epistemologicamente
consapevoli.
La pedagogia non può essere costruita per prestiti più o meno
consapevoli di modelli altrui, ma posta in grado di sapere ciò che fa, di
costruire, cioè, azioni cognitive che generino cognizioni e nuove azioni e
che siano capaci di retroagire sulle azioni e sulle conoscenze dalle quali
era stata prodotta. La ricerca pedagogica è allora una riflessione
regolativa sulla teoria e sulla pratica dei processi formativi
4
e deve
perciò soprattutto costruire la capacità di generare consapevoli
programmi di azione. Questa idea di pedagogia generale si iscrive
all’interno della <<sua radicale storicità e anche pragmaticità, lavora con
una teorizzazione capace di aderire ai, e illuminare i, contesti storici in
cui si colloca l’accadere educativo>>.
Per cogliere il senso di questa revisione è indispensabile, non tanto porsi
il problema di cosa sia oggi la pedagogia e se essa possa presentarsi
come una disciplina unitaria e compatta, ma che punto di vista
consapevole possa assumere il ricercatore, ovvero l’educatore,
4
F. Cambi, P. Orefice, Fondamenti teorici del processo formativo, Liguori, Napoli, 1996.
14
l’insegnante, l’operatore sociale, nei confronti di essa e che prospettiva
ne derivi. Per cogliere il senso, cioè, è indispensabile collocarsi,
dichiarare un punto di vista, scegliere tra quadri di riferimento, esprimere
un opzione non implicita per una specifica <<versione del mondo>>, ma
anche agire all’interno della consapevolezza che il significato che la
ricerca pedagogica assume non è univoco né assoluto ed esprime modelli
e teorie legittimamente differenziate, ma che possiamo non condividere.
Comprendere una cosa in un certo modo è <<giusto>> o <<sbagliato>>
solo dalla particolare prospettiva da cui la si considera, ma
l’<<esattezza>> di una particolare interpretazione, pur dipendendo dalle
prospettive, <<implica anche il rispetto di regole>>. Ogni modello ed
ogni conoscenza operano <<per selezione di dati significativi e scarto di
dati non significativi: separano (distinguono e disgiungono), uniscono
(associano, identificano, gerarchizzano: il principale, il secondario) e
centralizzano (in funzione di un nucleo di nozioni essenziali)>>
5
.
L’identità della pedagogia si può ricostruire utilizzando più sentieri e
delineando orizzonti molto diversi, con strumenti che evidenziano gli
aspetti macroscopici (il suo impatto sociale e/o la sua assenza dalle
decisioni significative nel campo dell’educazione e della formazione) o
micro (le relazioni comunicative che si attivano all’interno dei contesti
5
E. Morin, Introduzione al pensiero complesso, Sperling e Kupfer, Milano, 1990.
15
educativi); oppure la sua identità è costruita nel contatto più o meno
strumentale con patrimoni disciplinari affini o attraverso i suoi
<<incontri mancati>>.
La trasformazione della pedagogia da concezione deontologica e da
apparato esclusivamente ideologico a sapere autoriflessivo, regolativo e
maturo in grado di esprimere professionalità altrettanto mature, si
identifica con la sfida costituita dalla capacità di darsi un’epistemologia.
La scientificità costituisce sia un criterio interno alla ricerca – i criteri
teorici, referenziali e protocollari, le regole di controllo intersoggettivo
gli accordi d’uso, etc. – sia la condizione al contorno che configura il
profilo attuale del sapere pedagogico. Tale conoscenza non si presenta
oggi come un sapere univoco e compatto, riconoscibile secondo criteri
uniformi o procedurali, ma sempre più come un sapere composito e non
lineare, che riguarda la capacità della pedagogia di assumere un habitus
di riflessione regolativa sulla teoria e sulla prassi del processo
formativo
6
.
Questo <<slittamento terminologico>>, perciò, è già la presa d’atto di
quanto l’identità del sapere pedagogico (o dei saperi dell’educazione)
non sia più riconducibile ad un'unica tradizione di ricerca che identifichi
l’educazione nello studio <<dimostrativo>> di processi connessi
6
F. Cambi, P. Orefice, Fondamenti teorici del processo formativo. Contributi per un’interpretazione,
Liguori, Napoli, 1996.
16
all’infanzia o alla dimensione scolastica e formale, ma propone di
configurare l’educazione a partire dai criteri interpretativi e regolativi
che vengono utilizzati per studiarla.
Lo scarto epistemologico è dato, non già dalla definizione riduttiva ad
oggetto dell’educazione come evento osservabile nella sua
trasformazione e nel suo cambiamento, ma è lo sguardo di chi osserva ad
investire, con propri tagli e specificità, il discorso educativo,
valorizzando spaccati e profili e, contemporaneamente, attuandone altri.
L’idea di una pedagogia <<critica>> viene ad identificarsi con un sapere
che costruisce una propria identità scientifico-teorica nella quale la
riflessione è costantemente posta in relazione con la dimensione teorico-
pratica che le è propria; il tentativo è quello di muoversi nella
complessità della ricerca pedagogica e non già di ripercorrere un ordine
costituito e dogmaticamente posto da una concezione di scenata
egemone, ma dichiarare piuttosto il proprio punto di vista. Vuol dire
muoversi all’interno di una realtà in continuo movimento, dove non sia
possibile definire un inizio per prevedere una fine. Tutto ciò, permette di
muoversi in maniera consapevole all’interno del panorama differenziato
ed articolato che caratterizza oggi la pedagogia come sapere plurale che,
accoglie consapevolmente la difficoltà di identificare un proprio oggetto
unitario, ma non nega la necessità di conservare una propria specificità.
17
La pedagogia <<è stata per molto tempo un saper univoco e compatto,
strutturata intorno alla funzione e alla guida esercita dalla filosofia. […]
si è trattato di un sapere dotato di forte riflessività, capace di assegnare
fondamenti rigorosi ai discorsi sull’educazione […], ma si è trattato
anche di un sapere totalizzante ed imperialista che ha soffocato la nascita
di specializzazioni interne al conoscere pedagogico e la reso subalterno
alla sola riflessione filosofica, spiazzandolo a lungo anche rispetto alla
scienza moderna>>
7
. Ma è attraverso il suo rapporto con la scienza che
la pedagogia incomincia a costruire una propria identità non più asservita
alla riflessione filosofica ed è per questa ragione che il passaggio
necessario è costituito proprio da i suoi rapporti con la scienza.
Scienza intesa come complesso generale di operazioni regolate, ma
anche come dibattito interno e conflittuale delle scienze al loro interno e
delle scienze umane in particolare. Cioè, è attraverso il suo rapporto con
la scienza che si fa strada l’idea che sia possibile affrontare la riflessione
pedagogica e il discorso educativo come un <<rapporto sensato>> e
coerente tra un sapere epistemologicamente organizzato ed un intervento
operativamente efficace.
È, probabilmente, nel percorso dalla presenza forte e significativa di un
apparato filosofico, deontologico, normativo, ad una riflessione
7
F. Cambi, P. Orefice, I saperi dell’educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1996.
18
epistemologica che si costruisce l’identità della pedagogia. Dalla fine del
‘700 e poi nel primo ‘800 inizia una profonda e radicale conversione
della pedagogia in scienza. In scienza dell’educazione, collegandosi non
più al saper metafisico, ma ai saperi scientifici, in particolare alle scienze
dell’uomo (dalla filosofia all’antropologia, alla sociologia, alla
psicologia, etc.), si è trattato di una conversione lenta, arrivata solo di
recente a piena maturazione, alla coscienza pedagogica contemporanea.
Pur con le differenze proprie della specificità della sua riflessione, la
pedagogia procede in una direzione di ridefinizione e riscrittura del
proprio statuto attraverso <<l’incontro>> con la <<scienza>> e con la
sua teoria. <<L’avvicinamento della pedagogia al modello scientifico del
sapere è avvenuto attraverso un itinerario complesso e niente affatto
omogeneo e lineare […] contraddistinto da un andamento schizoide che
tende a realizzare una adesione ai principi della scienza tout court,
invocando un adeguamento a forme più illustri del sapere (le scienze
naturali), ma anche fa agire un ricorrente sospetto verso la riduzione del
sapere pedagogico a sapere scientifico, a indagine sperimentale con
finalità nomologiche atte ad inferire previsioni>>8.
8
F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico. Metateoria, ermeneutica e modernità, Clueb,
Bologna, 1986.