Riassunto
brokeraggio elettronici (ELECTRONIC BROKING SYSTEMS) per le
negoziazioni interdealer sul segmento di mercato spot.
Il parallelismo riscontrato tra il mercato azionario ed il mercato dei cambi ci
consente di sostenere la tesi in base alla quale l’automazione dei mercati
costituisce un processo inarrestabile ed essa pone gli operatori ed i mercati di
fronte alle esigenze di una maggiore competizione.
Il processo di integrazione del mercato dei capitali europeo
L’attuale scenario finanziario internazionale è stato caratterizzato da profondi
cambiamenti strutturali quali il processo di privatizzazione e demutualizzazione
delle Borse, l’adozione di sistemi automatizzati di trading, la costituzione di
alleanze e fusioni tra Borse e la proliferazione di mercati atipici come gli ECNs.
Il progetto Euronext rappresenta il tentativo di fusione promosso dalle Borse di
Francia, Belgio ed Olanda e diventato operativo a partire dal 22 settembre 2000.
Esso è organizzato secondo il modello di mercato Network o a Rete, in base al
quale è prevista la adozione di un’unica piattaforma di negoziazione dei titoli, la
francese NSC, gestita però secondo le regole di trading del mercato francese,
belga ed olandese a seconda della nazionalità degli operatori. Nel progetto la
gestione della fase di clearing per i tre mercati viene affidata ad un’unica Stanza
di Compensazione, ovvero alla società francese Clearnet, mentre la fase di
settlement all’Istituto di Deposito Internazionale Euroclear, regolato secondo le
norme di diritto belga.
Nel progetto Euronext il ruolo ed il peso assunti dalle Borse di Francia, Belgio ed
Olanda è diverso. La Parisbourse costituisce il mercato a maggiore
capitalizzazione e con più elevati volumi di scambio, mentre le Borse di Belgio
ed Olanda rappresentano mercati di dimensioni minori. Sulla base di questi dati,
il progetto Euronext dispone che la Borsa di Parigi detenga una quota
proprietaria pari al 60% del capitale della società, mentre la Borsa di Amsterdam
e quella di Bruxelles partecipino rispettivamente per il 32% e l’8%.
Riassunto
La microstruttura del mercato di Euronext è ibrida. Esso presenta infatti sia le
caratteristiche di un mercato order-driven, per la possibilità di immettere gli
ordini in un sistema ad asta, che quelle di un mercato quote driven per la
presenza continua dello specialist.
Il mercato primario di Euronext è organizzato in base in base alla natura dei titoli
scambiati. Sono presenti infatti i segmenti delle “100 Largest Companies”, delle
“Next 150 Largest Companies”, delle “New Economy Companies” ed il “Prime
Market Segment”. Il mercato secondario prevede la possibilità di negoziare i
titoli secondo le modalità del trading continuo e del trading ad asta con la
presenza o meno dello specialist. La scelta di quale modalità di trading adottare è
basata sulla tipologia e sulla liquidità del titolo scambiato.
Il progetto Euronext ha elaborato alcuni indici significativi dell’andamento del
mercato. Possiamo ricordare l’indice Euronext 100, l’indice Euronext 150, il
Next Economy Index ed il Prime Index.
In parallelo all’elaborazione del progetto Euronext, le Borse di Londra e di
Francoforte hanno proposto di fondersi in un’unica società denominata iX-
International Exchange. Nonostante il progetto non abbia avuto un esito positivo
a causa del voto contrario emesso dagli azionisti del Lse in data 14 settembre
2000, riteniamo che l’analisi delle caratteristiche di funzionamento da questo
proposte costituisca un’occasione di confronto interessante col progetto
Euronext.
Il progetto iX è organizzato sulla base del modello Microsoft, il quale prevede la
creazione di mercati per lo scambio di titoli di diversa nazionalità, ma soggetti ad
un’unica regolamentazione. Le fasi di clearing e di settlement rimangono invece
di competenza della Cassa di Compensazione e della Monte Titoli nazionale di
Germania ed Inghilterra. Il progetto iX viene anche definito un modello di
integrazione verticale per la caratteristica strutturale di integrare la fase di trading
e di mantenere in vita i sistemi di clearing e di settlement nazionali.
Il progetto iX prevedeva la costituzione di due mercati, quello dei titoli ad alta
crescita (Growth Stocks) con sede a Francoforte e quello delle grandi Blue Chips
Riassunto
europee con sede a Londra. Il mercato delle Growth Stocks sarebbe stato
regolamentato dalla normativa tedesca, mentre il mercato delle Blue Chips da
quella inglese. Questa proposta, che avrebbe dovuto aumentare la liquidità per
determinate categorie di titoli e costituire mercati per lo scambio di titoli europei,
poneva il problema della coesistenza di regole societarie e di mercato di diversa
nazionalità.
Secondo l’elaborazione iniziale del progetto, sarebbero rimasti in vita gli esistenti
mercati nazionali di Londra e Francoforte per la negoziazione dei titoli diversi
dalle Growth Stocks e dalle Blue Chips.
La microstruttura del mercato di iX sarebbe stata ibrida, caratterizzata da
elementi di mercato order driven e quote driven. La negoziazione dei titoli
avrebbe avuto luogo comunque su un’unica piattaforma di negoziazione, la
tedesca Xetra.
Se il progetto iX avesse avuto un buon esito, esso avrebbe costituito il polo
borsistico europeo di più grandi dimensioni con livelli di capitalizzazione e
numero di società quotate pari a quasi il doppio di quelli registrati da Euronext.
La poca chiarezza sulle modalità operative di realizzazione del progetto e la
diversa struttura proprietaria delle Borse di Londra e Francoforte, caratterizzate
l’una da azionisti di piccole dimensioni e l’altra dalla presenza di grandi banche
quali la Deutsche Bank, hanno costituito fattori determinanti per il fallimento del
progetto.
Anche la Borsa italiana si è mostrata inizialmente interessata alla fusione tra i
due colossi europei, ma una certa perplessità sull’opportunità per l’Italia di
prendere parte ad un mercato di tali dimensioni è stata palesata da economisti
quali Luigi Spaventa e Mario Arcelli. Entrambi considerano il consolidamento
dei mercati finanziari a livello europeo un esito naturale del processo di
unificazione monetaria, ma si interrogano sulle modalità attraverso le quali
questo debba essere attuato. Nel caso del progetto iX, la costituzione di un unico
mercato a livello europeo per le grandi Blue Chips avrebbe comportato svantaggi
Riassunto
competitivi per l’Italia, caratterizzata da imprese di piccole e medie dimensioni e
legata ancora ad una cultura azionaria locale.
Il progetto Euronext costituisce attualmente un tentativo riuscito di fusione, ma la
sua recente costituzione rende prematuro formulare giudizi in merito.
Soluzioni integrate ai sistemi di clearing e di settlement nel mercato dei
capitali europeo
L’analisi dei progetti Euronext ed iX ha posto in evidenza la rilevanza che
rivestono le soluzioni proposte a livello europeo per la gestione della fornitura
dei servizi di back office. L’Europa si caratterizza infatti per la presenza di una
pluralità di sistemi di clearing e di settlement e questo comporta elevati costi
nello scambio di titoli tra investitori di diversa nazionalità.
La proposta di centralizzare la fornitura dei servizi di back office porterebbe ad
una notevole diminuzione dei costi di negoziazione, anche se non è facile
elaborare un modello di integrazione che si adatti al contesto dei mercati europei.
Al riguardo la letteratura economica ha formalizzato alcuni modelli per il
regolamento centralizzato degli scambi.
Il Single CSD Model prevede la costituzione di un unico Istituto di Deposito
internazionale, al quale gli investitori si rivolgono per regolare gli scambi
nazionali e cross border. Gli Istituti di Deposito nazionali perdono le loro
funzioni e vengono inglobati nell’unico Istituto di Deposito Internazionale.
Il Single CSD Model rappresenta il modello di gestione della fornitura dei servizi
di back office che il progetto Euronext si propone di realizzare nel lungo periodo
e presenta un elevato grado di consolidamento.
L’Hub and Spokes Model si struttura nella realizzazione di un Istituto di
Deposito centrale (Hub) per il regolamento delle negoziazioni cross border e nel
mantenimento dell’operatività degli Istituti di Deposito nazionali (Spokes). Gli
investitori hanno accesso sia all’Hub che agli Spokes.
Riassunto
L’Hub and Spokes Model è stato adottato come soluzione di breve periodo dal
progetto Euronext. Esso offre i vantaggi di mantenere operativi gli Istituti di
Deposito nazionali, ma di creare un Istituto di Deposito internazionale per il
regolamento di determinate tipologie di scambi. Questo modello pone in essere
una graduale transizione verso un unico ed integrato sistema di clearing e di
settlement a livello europeo.
Lo Spaghetti Link Model non prevede la costituzione di un Istituto di Deposito
internazionale. Esso progetta l’instaurazione di legami di DVP tra le Monte Titoli
nazionali in modo tale che il regolamento degli scambi cross border avvenga al
loro interno, senza alcun cambiamento per le abitudini dell’investitore.
Lo Spaghetti Link Model presenta i vantaggi di mantenere operativi gli Istituti di
Deposito nazionali, ma costituisce solo uno stadio iniziale del processo di
realizzazione di un sistema integrato di clearing e di settlement tra Stati. Questo
modello costituisce la soluzione di brevissimo periodo adottata dal progetto
Euronext e la soluzione di medio periodo elaborata dal progetto iX.
Il Multiple Access Model si presenta come il caso di massima frammentazione
della fornitura dei servizi di back office, poiché prevede l’esistenza di Istituti di
Deposito nazionali completamente indipendenti tra loro. In questo caso il
regolamento degli scambi cross border avviene ad opera degli intermediari che si
preoccupano di contattare in modo autonomo le Monte Titoli nazionali e di dare
comunicazione dello scambio.
Possiamo concludere che, a fronte dell’esistenza di diversi modelli per
l’integrazione dei sistemi di clearing e di settlement a livello europeo, anche i
progetti Euronext ed iX hanno previsto l’adozione di soluzioni differenti per la
organizzazione di questa fase del processo di scambio.
Nel breve periodo il progetto Euronext prevede la instaurazione di legami di
DVP tra gli Istituti di Deposito nazionali di Francia, Belgio ed Olanda, mentre
nel medio periodo si propone di affidare il regolamento degli scambi all’Istituto
di Deposito internazionale Euroclear, mantenendo comunque in vita i sistemi
Riassunto
Euroclear France, CIK, Necigef. Solo nel lungo periodo esso si propone di porre
in essere un unico e centralizzato servizio di back office.
Il progetto iX ha proposto di mantenere operativi i sistemi di regolamento
nazionali ed ha elaborato il metodo di funzionamento a controparte centrale per
le negoziazioni cross border. Questa soluzione propone che le società Crest e
Clearstream International agiscano rispettivamente come mandanti degli
investitori inglesi e tedeschi per regolare gli scambi da questi effettuati. In base
alla nazionalità del titolo il regolamento degli scambi avverrà all’interno della
Monte Titoli inglese Crest o dell’Istituto di Deposito nazionale tedesco
Clearstream.
I circuiti elettronici di negoziazione nel mercato azionario e nel
mercato dei cambi
Nella seconda parte del presente lavoro di ricerca abbiamo analizzato la
diffusione di circuiti elettronici privati di negoziazione sui mercati azionari
americano ed europeo e sul mercato dei cambi.
Gli ECNs od Electronic Communication Networks rappresentano circuiti
automatizzati privati per lo scambio di titoli nazionali e stranieri, quotati e non
quotati sui mercati ufficiali. Essi rappresentano veri e propri sistemi di
negoziazione alternativi alle Borse ufficiali, i quali offrono i vantaggi della
rapidità degli scambi, del mantenimento dell’anonimato delle controparti e delle
ridotte commissioni. Gli ECNs sono specializzati unicamente nell’attività di
trading e non sono soggetti alla regolamentazione dei mercati ufficiali.
La nascita e la diffusione degli ECNs costituiscono due fenomeni tipicamente
americani. Il Nasdaq ed il Nyse rappresentano i mercati regolamentati di più
grandi dimensioni nel contesto americano. Il Nasdaq costituisce il primo mercato
telematico al mondo ed è caratterizzato da una struttura di mercato quote driven,
mentre il Nyse è un mercato ancora basato sul tradizionale sistema delle “grida”.
Riassunto
Nel 1997 la SEC ha riconosciuto ufficialmente l’esistenza degli ECNs con
l’emanazione del pacchetto di regole delle Order Handling Rules. In particolare
la Quote Rule impone ai market maker di quotare lo stesso prezzo per un’azione
sia sui mercati ufficiali che sugli ECNs, a meno che lo ECN non renda noto ed
accessibile a tutti gli attori del mercato il miglior prezzo quotato.
L’introduzione di questa regola aveva l’obiettivo di rendere il Nasdaq più
competitivo e trasparente in termini di prezzi quotati. Gli ECNs costituiscono
infatti circuiti di negoziazione esistenti già prima del 1997 (si pensi ad esempio
ad Instinet, l’attuale ECN di più grandi dimensioni ed una delle maggiori società
di brokeraggio al mondo), ma le quotazioni da questi praticate non erano
accessibili ai piccoli investitori. Si era in questo modo diffusa la pratica secondo
la quale i market maker quotavano prezzi migliori sugli ECNs per favorire gli
investitori istituzionali a discapito della clientela retail.
A partire dal 1997 questo comportamento ha avuto termine e gli investitori retail
hanno potuto accedere ai prezzi quotati sia dai market maker che dagli ECNs.
La diffusione degli ECNs è stata crescente e continua. Attualmente si contano in
America una quarantina di ECNs.
Gli Electronic Communication Networks si sono diffusi successivamente anche
in Europa. Il fenomeno registra attualmente buoni livelli di diffusione (i dati del
FESCO del mese di settembre 2000 riportano la presenza di 16 circuiti elettronici
di negoziazione nel Regno Unito e di 6 in Germania) con effetti rilevanti sulla
competitività dei mercati ufficiali.
La diffusione capillare degli ECNs in America ed in Europa ha comportato
l’elaborazione di proposte di regolamentazione del funzionamento di questi
sistemi. Nel 1998 la SEC ha emanato la “Regulation ATSs” (termine più
generale con il quale intendiamo sistemi di trading alternativi al funzionamento
ufficiale delle Borse), la quale prevede disposizioni specifiche per gli ATSs in
termini di informativa al pubblico, di standards di funzionamento sicuro ed
efficiente sulla base dei volumi intermediati.
Riassunto
Anche le autorità europee si sono interrogate se fosse opportuno regolamentare
gli ATSs ed eventualmente in che modo. Il FESCO (Forum of European
Securities Commissions) ha elaborato nel mese di settembre del 2000 un
documento informativo nel quale avanza alcune proposte per la
regolamentazione degli ATSs a livello europeo. Esso giunge alla conclusione che
l’introduzione a livello europeo di una regolamentazione uniforme e specifica per
gli ECNs non è opportuna, poiché il fenomeno non riveste ancora un’importanza
tale da giustificare un intervento di questo tipo. Il FESCO propone una parziale
revisione degli articoli 10 e 11 dell’ISD (Investment Services Directive) in modo
tale da garantire la protezione dell’investitore, il mantenimento dell’integrità del
mercato e l’allontanamento del rischio sistemico.
Anche l’Italia ha preso parte a questo processo di automazione dei mercati. Nel
mese di gennaio del 2000 è stato avviato TLX, il primo ECN italiano, per
iniziativa del gruppo Unicredito. Esso ha registrato nel corso del 2000 una
performance positiva sia in termini di intermediari aderenti al sistema, che di
volumi scambiati che di titoli trattati. Esso costituisce un mercato non
regolamentato, tuttavia la Consob, in base al decreto legislativo n.58 del 1998, si
riserva il diritto di richiedere agli organizzatori, agli emittenti e agli operatori
dati, notizie e informazioni sugli “scambi organizzati” di strumenti finanziari ed
ai fini della tutela degli investitori di stabilire le modalità, i termini e le
condizioni dell’informazione del pubblico riguardante gli scambi.
La diffusione degli ECNs ha assunto caratteristiche diverse in America ed in
Europa. Questo fenomeno è legato alla diversa cultura azionaria nei due Paesi ed
alla differente struttura dei mercati borsistici. In America gli ECNs intermediano
grossi volumi di scambi (il 30% delle negoziazioni che hanno luogo sul Nasdaq),
mentre in Europa è probabile che il fenomeno non assuma tali dimensioni poiché
i mercati ufficiali europei sono caratterizzati da strutture di trading e da
microstrutture di mercato più avanzate di quelle americane.
Diversi Centri di Ricerca di mercato hanno cercato di indagare i fattori di
successo e di crisi degli ECNs. La diffusione dell’uso di Internet ha certamente
Riassunto
contribuito ad aumentare la famigliarità degli utenti nei confronti del
funzionamento del mercato azionario. I principali fattori di successo degli ECNs
sono stati individuati nelle seguenti caratteristiche:
• Possibilità di svolgere attività di trading a costi minori;
• Aumento dei volumi di trading per le categorie di titoli negoziati;
• Fornitura di servizi più finalizzati alle esigenze degli utenti (gli ECNs non
forniscono infatti servizi di listing);
• Possibilità di negoziare al di fuori dell’orario di apertura ufficiale delle Borse.
Diversi sono anche i fattori di crisi che sono stati osservati nel funzionamento
degli ECNs. L’attuale configurazione degli ECNs comporta i seguenti limiti:
• Frammentazione della liquidità per la negoziazione degli stessi titoli su
mercati diversi;
• Ridotta trasparenza degli scambi per la mancanza di una regolamentazione
ufficiale;
• Possibilità di accesso al trading a categorie di investitori poco esperti e poco
affidabili in termini di capitali posseduti;
• Possibile insorgere di conflitti di interesse tra gli investitori e gli intermediari
che gestiscono il circuito.
Abbiamo visto che tra i vantaggi offerti dagli ECNs compare la possibilità di
negoziare i titoli al di fuori dell’orario di apertura ufficiale della Borse. Questo
servizio, offerto dai circuiti elettronici alternativi di scambio, ha comportato
l’estensione dell’orario di negoziazione dei titoli in alcuni mercati ufficiali.
Il mercato dell’After Hours rappresenta il mercato di negoziazione dei titoli dopo
l’orario di chiusura ufficiale dei mercati. Questo segmento di mercato è presente
già da diversi anni in America, ma ha avuto solo di recente una certa diffusione
in Europa.
Secondo i dati riportati dalla Sec nel mese di giugno del 2000, possiamo
concludere che in USA il mercato dell’After Hours presenta dimensioni
Riassunto
contenute rispetto alla sessione di scambio diurna ed è concentrato sulla
negoziazione di un ristretto numero di titoli.
I dati rivelano che sul segmento dell’After Hours gli scambi sono concentrati nei
primi minuti successivi all’orario di chiusura ufficiale dei mercati e vedono come
controparti soprattutto gli investitori istituzionali. Gli investitori retail operano
solo dopo le 17:30 e questo è confermato dalla riduzione della dimensione media
degli scambi.
Gran parte degli scambi After Hours hanno luogo sui mercati ufficiali. Gli ECNs
assumono un peso maggiore solo dopo le 17:30 a causa della immissione degli
ordini da parte di investitori di piccole dimensioni.
In Europa l’After Hours è diventato operativo solo a partire dal mese di maggio
2000. La Borsa Italiana ha infatti inaugurato per prima la Borsa serale,
anticipando in questo modo le altre Piazze finanziarie europee. La Borsa Italiana
offre la possibilità di negoziare i titoli dalle 18:00 fino alle 20:30, ma si prevede
che l’orario venga esteso fino alle 22:00.
Bisogna tenere presente che l’After Hours in Italia non costituisce una estensione
della seduta diurna, ma una sessione a se stante. Gli ordini, che rimangono
ineseguiti alla fine della sessione serale, non vengono trasmessi al mercato
ufficiale diurno, ma vengono automaticamente cancellati dal sistema. I titoli
scambiati su questo segmento di mercato sono i titoli compresi nell’indice
Mib30, nel Midex e quelli scambiati sul Nuovo Mercato.
La performance registrata dalla Borsa italiana nella seconda parte del 2000 è stata
positiva, anche se i volumi di scambio sono ancora contenuti e concentrati nella
fase immediatamente successiva alla chiusura del mercato.
Anche il mercato dei cambi ha sperimentato la diffusione di circuiti elettronici di
scambio definiti ELECTRONIC BROKING SYSTEMS. Essi costituiscono sistemi
di brokeraggio elettronici, che hanno in parte sostituito la figura
dell’intermediario fisico.
Per comprendere la rivoluzione apportata dall’introduzione degli ELECTRONIC
BROKING SYSTEMS, bisogna tenere presente la microstruttura del mercato
Riassunto
valutario. Esso costituisce un mercato OTC, non regolamentato, nel quale gli
scambi hanno luogo tramite la comunicazione diretta degli operatori.
Gli investitori si rivolgono ai dealer per dare notizia della loro volontà di
acquistare o vendere valuta. Questi ultimi hanno la possibilità di mettersi in
contatto con gli altri dealer tramite il canale diretto o quello indiretto. L’uso del
telefono consente agli operatori di trasmettere gli ordini a viva voce, altrimenti
essi possono ricorrere ad un terzo intermediario, il broker fisico, il quale si
preoccupa di reperire una potenziale controparte per dare buon esito allo scambio
e di mantenere anonima la rispettiva identità degli operatori.
I dati rivelano che l’attività svolta dal broker fisico sul mercato dei cambi ha
registrato un andamento decrescente a partire dagli anni Ottanta fino al 1998.
Questo trova giustificazione soprattutto nelle alte commissioni imposte dal
broker ad entrambe le controparti partecipanti allo scambio per la fornitura del
servizio.
La diffusione dei sistemi elettronici di intermediazione ha permesso agli
operatori di usufruire degli stessi servizi offerti dal broker fisico a costi minori e
con maggiore rapidità. L’EBS ed il Dealing 2000-2 destinano la loro attività
rispettivamente agli investitori istituzionali ed a quelli retail e si limitano agli
scambi di valuta sul segmento di mercato spot.
La diffusione degli ELECTRONIC BROKING SYSTEMS ha contribuito a
rilanciare la attività di brokeraggio sull’intero mercato dei cambi. I dati della
FED del 1998 rivelano che il 28% degli scambi valutari interdealer ha luogo
attraverso i circuiti di brokeraggio elettronici, il 21% tramite il canale dei voice
broker ed il 51% attraverso il canale diretto.
Discussioni informali con gli operatori del mercato dei cambi rivelano che le
attese sono per un aumento notevole dell’utilizzo degli ELECTRONIC
BROKING SYSTEMS per una quota di mercato pari a quasi l’80% degli scambi
sul segmento di mercato interdealer. Questo processo determinerà profondi
cambiamenti nelle modalità di funzionamento del mercato valutario, portando ad
una maggiore centralizzazione e trasparenza degli scambi.
Riassunto
Quanto esposto ci permette di concludere che i processi di integrazione dei
mercati europei e la progressiva automazione dei mercati azionari e valutari
costituiscono due fenomeni importanti dell’attuale scenario finanziario
internazionale. Sarebbe a questo punto interessante indagare le implicazioni di
tali processi in termini di equilibrio e di efficienza microstrutturali del mercato.