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Le quantità oggettive, però, costituiscono quasi sempre dati elementari che si inseri-
scono nelle prime fasi del processo di determinazione dei valori; esse, quindi, generalmen-
te sono strumentali all’ottenimento di quantità più complesse, rispetto alle quali rappre-
sentano un punto di partenza, essendo “numeri grezzi” da affinare successivamente.
Infatti, accanto a queste quantità di più facile misurazione, ve ne sono altre molto più
complesse e difficili da individuare in quanto con esse si cerca di esprimere fenomeni tra
loro intrecciati oppure operazioni non ancora completamente giunte a termine. Un esem-
pio di tali quantità può derivare dalla determinazione del valore da assegnare, in sede di
redazione del Bilancio d'esercizio, alle giacenze di magazzino: un’operazione in corso il cui
esito può essere solo previsto, ipotizzando le modalità ed i tempi del suo svolgimento.
Di conseguenza, la determinazione di tali quantità solleva la necessità di compiere un
processo estimativo, caratterizzato – per definizione – da ineliminabili momenti di sogget-
tività; per questa ragione, esse, derivando da valutazioni subiettive – e, talvolta, arbitrarie
– si denominano stimate. In sintesi, le quantità stimate si caratterizzano per il fatto di po-
ter essere determinate solo grazie a valutazioni, previsioni ed ipotesi; pertanto, esprimen-
do operazioni che non si sono del tutto concluse, non possono mai dirsi del tutto “vere” o
del tutto “false”, potendo solo essere riconosciute come più o meno valide ed accettabili3.
In effetti, come già è stato scritto, un giudizio definitivo circa la correttezza della de-
terminazione di queste quantità stimate non può essere espresso a priori, ma solo a po-
steriori, quando cioè il fenomeno indagato sia giunto a totale compimento e, dunque, si
possa constatarne inequivocabilmente l’esito4.
A maggior ragione, quando le quantità stimate si riferiscono ad accadimenti di futura
ed incerta manifestazione, esse costituiscono con assoluta evidenza mere approssimazio-
ni, più o meno attendibili e verosimili, alla realtà che anticipano: il processo che porta alla
3
Le quantità stimate «… non sono mai quantità “certe”: il vario grado di “incertezza” che le caratte-
rizza e la connaturale opinabilità della loro “espressione” fanno sì che possano giudicarsi, a seconda degli
aspetti di osservazione, più o meno “espressive” entro i limiti che ne definiscono il significato e la poten-
ziale efficacia segnaletica». GIOVANNI FERRERO, Le determinazioni economico-quantitative d’azienda, Giuf-
frè, Milano, 1967, pp. 147-148.
4
A questo proposito è stato scritto con molta chiarezza: «I valori stimati sono valori generati da de-
terminazioni approssimative di quantità economiche che non è possibile, o conveniente, misurare; per
essi è sempre possibile, a posteriori, accertare le validità della stima fatta; così, ad esempio, sono valori
stimati i costi e i ricavi connessi ai cicli di scambio non ancora conclusi». GIUSEPPE FRATTINI,
L’apprezzamento del grado di soggettività del reddito di esercizio, in Rivista dei dottori commercialisti,
Giuffrè, Milano, 1988, p. 1066.
3
loro determinazione, infatti, non può che fondarsi totalmente su ipotesi e proiezioni, accol-
te in quanto ritenute più probabili di altre5.
Se il processo estimativo che porta alla determinazione delle quantità stimate può
essere giudicato più o meno valido e corretto solo quando le operazioni alle quali tali
grandezze si riferiscono saranno del tutto concluse, le congetture sulle quali poggiano le
quantità astratte non permettono mai alcuna verifica, nemmeno a posteriori6.
In effetti, mediante le quantità astratte si pretende di rappresentare sinteticamente –
cioè attraverso un solo numero – fenomeni tanto complessi da poter essere determinati
solo virtualmente, in quanto riferiti a sistemi di operazioni che rappresentano solo “porzio-
ni” di più vasti e complessi fenomeni unitari7.
Questo è il caso del reddito d’esercizio, mediante il quale si vuole sintetizzare
l’andamento della gestione – attribuita, logicamente ed opportunamente, ad un preciso
periodo amministrativo – relativa ad un’impresa in condizioni di normale funzionamento
operativo.
Il livello di incertezza e di difficoltà connesso al processo di determinazione delle
quantità astratte si dimostra evidentemente maggiore rispetto a quello delle quantità sti-
mate; se per queste ultime è possibile esprimere, almeno a posteriori, un giudizio sulla
validità della valutazione compiuta, per le quantità astratte non ha proprio senso cercare
di stabilire se siano “vere” o ”false”.
5
«Le stime hanno essenzialmente carattere probabilistico. Esse hanno inoltre natura inevitabilmente
subbiettiva, per quanto ha rapporto con l’equazione personale dello stimatore o con l’apprezzamento -
ch’esse possono implicare - di condizioni o fattori opinabili, nella loro azione sulle grandezze formanti
oggetto di stima». PIETRO ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, Mi-
lano, 1970, pp. 20-22.
6
In effetti, secondo Masini esistono delle situazioni estimative per le quali non si tratta di calcolare un
valore “per approssimazione”, essendo il valore ricercato unitario e non scissibile; pertanto, «… per il
procedimento di scissione del valore unitario e comune a più di due esercizi, si usa la denominazione di
“congettura” e si qualifica “congetturato” il valore prescelto». CARLO MASINI, L’ipotesi e l’economia di a-
zienda, Giuffrè, Milano, 1961, p. 44.
7
Facendo riferimento alle quantità astratte, Onida scrive che esse «… esprimono grandezze che per
se stesse non esistono come realtà oggettiva e non hanno una propria definitiva e unica configurazione,
essendo determinate mediante astrazioni e processi di associazione e dissociazione, per se stessi arbitra-
ri, di altre quantità di varia natura». PIETRO ONIDA, La logica e il sistema delle rilevazioni quantitative
d’azienda, Giuffrè, Milano, 1970, p. 22.
4
Per conseguenza, non essendoci alcuna verificazione possibile, la validità della loro
determinazione non può che limitarsi ad un giudizio sulle modalità attraverso le quali si è
compiuta l’astrazione8.
Le quantità astratte, dunque, possono assumere valori e significati diversi in base al-
le modalità scelte per effettuare l’astrazione, poiché con essa si realizza l’isolamento del
fenomeno osservato da tutti gli altri ai quali risulta avvinto; in effetti, la varietà e la com-
plessità dei fenomeni che le quantità astratte vorrebbero rappresentare possono suggerire
molteplici differenti modi per separare ciò che, teoricamente, non potrebbe esserlo. Per
tale ragione, al variare delle modalità prescelte, mutano inevitabilmente non solo la misu-
ra, ma soprattutto la configurazione – cioè il significato – della quantità determinata gra-
zie all’astrazione9.
Il processo di astrazione compiuto, allora, sarà giudicabile valido solo se esso sia sta-
to svolto con rigorosa coerenza rispetto agli scopi prefissati che si è voluto perseguire10.
Ecco dunque che le quantità astratte hanno sempre la necessità di essere interpreta-
te, non essendo sufficiente conoscerne il “numero” per comprendere il fenomeno dalle
stesse sintetizzato11.
8
Secondo Onida possono essere definite quantità astratte quelle che «... non esprimono alcuna realtà
in se stessa esistente e obbiettivamente accertabile nel presente o nel futuro: quantità configurate in
funzione di date astrazioni e di date ipotesi di determinazione e che hanno senso e sono “vere” non già
in assoluto, ma in relazione solo a quelle astrazioni ed a quelle ipotesi». PIETRO ONIDA, Economia
d’azienda, Utet, Torino, 1968, p. 558.
9
«Le quantità astratte, quali, ad es., il costo di distinti prodotti o il reddito di singoli esercizi, varia-
mente isolati nel tempo e nello spazio, possono presentare configurazioni e misure diverse secondo i cri-
teri e le astrazioni che si accolgono nella loro determinazione». PIETRO ONIDA, La logica e il sistema delle
rilevazioni quantitative d’azienda, Giuffrè, Milano,1970, p. 24.
10
Sembrano molto pertinenti, a questo riguardo, le parole di Colletti, il quale osserva che «... il nu-
mero dell’economia aziendale non è il numero della matematica, né il numero della statistica [...] né
quello di altre discipline; esso è “analisi” e “sintesi” di giudizi, ed ha significato solo in considerazione del
significato che si vuole attribuire a quei giudizi: quindi è l’espressione quantitativa di concetti economico-
aziendali, che acquistano consistenza nella relatività delle determinazioni operate nel complesso e coor-
dinato divenire aziendale». NICOLA COLLETTI, Il numero in economia aziendale, Abbaco, Palermo, 1954, p.
16.
11
«Anche in riferimento ad un particolare fenomeno economico, in una data impresa, considerata in
un determinato momento, quanti mai significati possono avere le stesse cifre, e in quante mai cifre può
trovare espressione il fenomeno? Il numero, nelle nostre discipline, non fa che restituirci sotto altra for-
ma quanto ad esso affidammo, non potrà mai dirci alcuna cosa che noi stessi in esso non avemmo rac-
chiusa». LORENZO DE MINICO, Lezioni di ragioneria. I fondamenti economici della rilevazione del reddito,
Pironti editore, Napoli, 1946, pp. 82-83.
5
A questo proposito, è importante sottolineare che l’interpretazione delle quantità a-
stratte consiste nell’apprezzamento di talune sue specifiche qualità, grazie alle quali, ap-
punto, il loro significato può essere correttamente compreso12.
Pertanto, l’effettiva utilità delle quantità astratte a supporto delle decisioni aziendali è
subordinata alla possibilità di conoscere anzitutto lo scopo per il quale si è voluto procede-
re alla loro determinazione; se quest’ultimo non è esplicitato, infatti, il valore quantificato
appare immediatamente ambiguo ed equivoco, come un contenitore opaco che non per-
mette di vederne il contenuto.
L’utilità delle quantità astratte dipende dalla possibilità di conoscerne e di compren-
derne correttamente il profondo significato13: è, quindi, irrinunciabile che l’intero processo
di astrazione, in ogni sua fase, sia esplicito e conoscibile, così da poter valutare se esso sia
stato compiuto seguendo principi e modalità congruenti allo scopo perseguito poiché, se
così non fosse, la quantità determinata sarebbe priva di coerenza e, dunque, priva di si-
gnificato.
Infine, è importante rimarcare come per un’interpretazione più efficace delle quantità
astratte sia indispensabile riuscire a rendere esplicite talune loro qualità, senza le quali il
loro significato non potrebbe essere pienamente svelato, rimanendo invece offuscato e
vago così da poter suggerire osservazioni e commenti differenti e contraddittori.
In sostanza, il processo interpretativo al quale vanno obbligatoriamente sottoposte le
quantità astratte necessita l’indispensabile conoscenza del loro grado di attendibilità, un
attributo che può assumere accezioni differenti in relazione allo scopo per il quale sono
state determinate.
12
«La conoscenza dei “valori di azienda” avviene perciò soltanto con un continuo e affinato procedi-
mento interpretativo». GILBERTO MAZZA, Problemi di assiologia aziendale, Giuffrè, Milano, 1997, p. 203.
13
Come scrive Giannessi, il numero, «… pur presentandosi uguale nel suo aspetto esteriore, può pos-
sedere una pluralità di significati e richiedere, per essere inteso, un accurato processo di interpretazione.
Il processo di conversione dei numeri in andamenti economici non può prescindere dal processo di con-
versione degli andamenti economici in numeri perché è solo intendendo il modo con cui il numero è stato
formato che si può intendere il significato in esso racchiuso. L’indagine deve mettere in luce le ragioni
per le quali il problema è stato sintetizzato in numeri e non con altri mezzi di rappresentazione; deve di-
re perché i numeri sono stati disposti in un dato modo piuttosto che in un altro; deve, infine, porre in e-
videnza il significato che i numeri assumono, singolarmente e nel loro insieme, una volta riferiti alle con-
dizioni di esistenza e alle manifestazioni di vita che essi intendono rappresentare». EGIDIO GIANNESSI, , Il
“Kreislauf“ tra costi e prezzi come elemento determinante delle condizioni di equilibrio del sistema
d’azienda, Giuffrè, Pisa, 1982, p. 3.