I PARTE – LA DONAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI 4
INTRODUZIONE
Il progetto della mia tesi di laurea si sviluppa come risultato delle esperienze
vissute durante i tirocini e del mio personale interesse riguardo alla donazione delle
cellule staminali. Negli anni di studio ho frequentato lezioni, convegni ed incontri dei
corsi di accompagnamento alla nascita, oltre ad aver assistito alle pratiche
ospedaliere nei reparti di ostetricia e in sala parto, sia in ospedali italiani sia
all’estero, grazie al progetto Erasmus che mi ha portata in Finlandia. Nel marzo del
2010 ho avuto l’opportunità di partecipare ad un workshop di neonatologia, svoltosi
al Palazzo della Gran Guardia a Verona. È stato in quell’occasione che ho ascoltato
la relazione della dottoressa Aurora Vassanelli: La donazione del cordone
ombelicale: luci ed ombre. Dall’intervento e dai commenti che ho udito in platea, ho
potuto comprendere come circolassero molte informazioni scorrette sulla raccolta
autologa e la donazione allogenica di cellule staminali da sangue cordonale.
Un’altra questione che mi ha colpita è la speculazione delle banche private
sulla conservazione delle cellule staminali emopoietiche presenti nel sangue del
funicolo. Esse fanno leva sulla possibilità futura di ricavare dalle cellule cordonali un
elisir in grado di curare neoplasie e malattie degenerative che potrebbero colpire gli
stessi individui da cui sono state prelevate le unità conservate. Poco tempo dopo,
sfogliando una rivista divulgativa di portata nazionale, ho notato un articolo che si
faceva promotore delle banche per la conservazione autologa, sostenendo la loro
posizione e chiedendo che fossero legalizzate dal governo italiano.
A quel punto, la confusione è sorta nella mia mente, accentuata da alcune
ricerche svolte per capire a quali informazioni fossero esposte le donne interessate.
Tutto ciò mi ha fatto comprendere come sia facile per loro aderire ai progetti di
raccolta autologa. Il mio pensiero è stato avvalorato dalla pratica, poiché, nella mia
esperienza, nonostante i manifesti e gli opuscoli presenti negli ospedali, ho trovato
molte gravide interessate più alla raccolta che alla donazione allogenica. La mia
impressione si è poi rivelata coerente con i risultati statistici: stando ai dati del Sanit
2011, infatti, ad oggi, circa 60.000 unità di sangue cordonale hanno lasciato l’Italia, a
bordo di un corriere, per raggiungere le banche private presenti in altri Paesi europei,
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contro le circa 25.000 unità donate che hanno implementato le riserve della rete di
banche pubbliche.
Entrando in contatto con le donne gravide e con le ostetriche ho notato che,
spesso, entrambe le categorie non hanno ricevuto informazioni adeguate a motivarle
al dono. La presenza di ostetriche che non conoscono la materia non deve
scoraggiare o portare al disinteresse, ma la situazione va considerata come un punto
di partenza. È con questa consapevolezza che si può iniziare a fornire ai
professionisti sanitari elementi formativi che consentano di mantenersi informati ed
aggiornati con i progressi scientifici, e dar loro modo di adempiere correttamente i
compiti di assistenza, consiglio e supporto.
Ho approfondito, attraverso l’argomento, come la motivazione,
l’informazione, la percezione delle possibilità legate alla ricerca scientifica e la
volontà di mettersi a disposizione della comunità possano dare le basi per costruire
un futuro migliore con iniziative a cui tutti possono aderire. Un passo importante è
stato per me indagare la percezione che la popolazione ha delle notizie e capire come
la corretta informazione sia un’arma potente per contrastare patologie come il
cancro, un obiettivo, questo, che solo una stretta rete di collaborazione può
raggiungere. Leggere il libro di Franco Mandelli
I
ha dato un’ulteriore spinta al mio
interesse, così come vedere il bellissimo spot realizzato da AGMEN ed AVIS
II
con lo
scopo di divulgare la cultura solidaristica, mi ha aiutata a sviluppare un’attenzione
sempre maggiore.
Il dono del sangue cordonale è un atto di carità nei confronti del prossimo, un
modo per migliorare la società, poiché scaturisce dalla generosità del singolo e
consente la diffusione dei principi solidaristici di aiuto reciproco. La vita è un bene
inestimabile, il cordone ombelicale la accompagna e la consente fino alla nascita, ma
il suo compito può non esaurirsi: il sangue in esso contenuto è un mezzo per far
vincere nuovamente la vita, grazie al successo di una terapia.
Un solo funicolo, legato alla generosità, consente il miracolo due volte.
Per approfondire:
I
Ho sognato un mondo senza cancro, Franco Mandelli, Sperling & Kupfer, 2010
II
http://www.agmen-fvg.org/COMMON/news.php?session=0S2515828284KT77Y8
288G73&syslng=ita&sysmen=-1&sysind=1&syssub=1&sysfnt=0&video=XDlm
d5zIpA0;518;315;0
I PARTE – LA DONAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI 6
I PARTE – LA DONAZIONE DELLE CELLULE STAMINALI
Negli ultimi anni sempre più spesso durante i colloqui prenatali e nei corsi di
preparazione alla nascita i futuri genitori pongono alle ostetriche la richiesta di
delucidazioni in merito alla pratica di donazione o conservazione delle cellule
staminali presenti nel cordone ombelicale (SCO). Le informazioni talvolta scarse e
frammentarie che circolano riguardo alla conservazione autologa e alla donazione
solidaristica delle SCO hanno originato un dibattito che pone i genitori di fronte ad
una scelta difficile a riguardo, per questo il personale sanitario ha il dovere di essere
informato correttamente sulle potenzialità e sui limiti di queste pratiche.
1. LE CELLULE STAMINALI, L’EMOPOIESI E GLI ELEMENTI
FIGURATI DEL SANGUE
In questo capitolo, intendo proporre un’analisi introduttiva delle
caratteristiche delle cellule staminali, una breve descrizione del processo
emopoietico e l’illustrazione schematica delle funzioni degli elementi figurati che
compongono il sangue.
Il corpo umano contiene migliaia di miliardi di cellule, che sono riconducibili
a circa duecento citotipi diversi; questi si combinano a formare tessuti che hanno
strutture e funzioni differenti e, agendo in sinergia, garantiscono l’omeostasi
dell’organismo.
Il sangue è un tessuto connettivo liquido composto da una matrice acquosa, il
plasma, in cui sono immerse cellule e proteine disciolte. La funzione principale del
sangue è quella del trasporto: veicola i metaboliti ai tessuti periferici e i cataboliti in
senso inverso. Nel torrente circolatorio sono compresi eritrociti, piastrine e leucociti,
che nel complesso sono detti elementi figurati. Essi hanno importanti funzioni,
presiedono rispettivamente al trasporto dell’ossigeno e dell’anidride carbonica, al
processo di coagulazione, e alla difesa dell’integrità biologica dell’organismo.
L’emopoiesi è il processo di proliferazione e differenziazione che porta allo sviluppo
di questi elementi figurati a partire da cellule progenitrici comuni: le cellule staminali
emopoietiche (CSE).
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1.1. LE CELLULE STAMINALI
La prima identificazione delle cellule staminali è avvenuta ad opera di Joseph
Altman e Gopal Das del MIT (Massachusetts Institute of Technology) nel 1960. Da
quel momento sono state oggetto di molti studi ed attualmente rappresentano una
delle frontiere più promettenti della medicina moderna. Le cellule staminali sono
citotipi presenti in ogni organismo, hanno caratteristiche che le distinguono da tutte
le altre cellule ed il loro studio ha aperto un ambito di ricerca medica che si è
sviluppato soprattutto negli ultimi decenni del secolo scorso. La cellula staminale è
una cellula indifferenziata caratterizzata da due essenziali proprietà:
l’automantenimento e la differenziazione. Con automantenimento si intende la
capacità di divisione cellulare che genera almeno una cellula figlia uguale a quella di
origine. La differenziazione è invece la capacità di generare cellule progenitrici che
si orientano lungo una specifica filiera differenziativa, dando origine a una progenie
cellulare in grado di formare tessuti o organi e di espletare specifiche attività
funzionali.
Le cellule staminali subiscono processi di differenziazione di tipo
asimmetrico e di tipo simmetrico. Le divisioni cellulari asimmetriche producono una
cellula figlia differenziata e una cellula figlia che è ancora cellula staminale. Questo
meccanismo è dovuto ad un’ineguale distribuzione di fattori di trascrizione nelle
cellule figlie. Se tutte le divisioni cellulari fossero di questo tipo non potrebbe
sussistere alcuna amplificazione della taglia del compartimento delle cellule
staminali. Al contrario, le divisioni cellulari simmetriche producono in modo
probabilistico o due cellule progenitrici o due cellule staminali. In questo caso si può
assumere che la taglia del compartimento delle CSE può essere modificata dai fattori
che controllano la probabilità di divisioni finalizzate all’automantenimento o alla
differenziazione.
Esistono diversi tipi di cellule staminali, distinguibili per differente potenziale
differenziativo. Lo zigote, capostipite di tutte le cellule dell’organismo umano,
generato dalla fusione di oocita e spermatozoo, è una cellula staminale totipotente, è
in grado di generare tessuti embrionali ed extraembrionali. Le cellule staminali
embrionali, essendo in grado di generare tutti i tessuti che derivano dai foglietti
embrionali, sono cellule staminali pluripotenti. Infine, le cellule staminali adulte,
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isolate da tessuti di varia origine embriogenetica, sono cellule multipotenti, in quanto
dotate di un potenziale differenziativo ristretto ai tipi cellulari specifici del loro
tessuto d’origine. Tra le cellule staminali adulte, le uniche attualmente utilizzate per
l’esecuzione di trapianti di efficacia comprovata, sono le cellule staminali
emopoietiche e derivano da midollo osseo, sangue periferico o cordone ombelicale.
Funzionalmente le CSE garantiscono la produzione omeostatica di cellule
mature circolanti nel sangue periferico adeguandola in relazione a condizioni
fisiologiche, para-fisiologiche o patologiche, e rigenerano l’emopoiesi dopo
eventuali insulti patologici. L’organizzazione cellulare del sistema empoietico
prevede che le CSE diano origine a cellule progenitrici orientate multipotenti,
oligopotenti e unipotenti. Le tappe dell’emopoiesi non sono ancora state definite nel
dettaglio in tutti i passaggi differenziativi.
Le cellule staminali si distinguono dalle altre per l’assenza di antigeni di
specifiche linee differenziative e ne esprimono uno particolare: il CD34, che però
non è specifico di queste cellule, ma genericamente degli elementi immaturi. CD è
l’acronimo di “Cluster of Differentiation”, ossia “gruppo di differenziazione”. Grazie
alla classificazione introdotta nel 1982, sono stati catalogati i citotipi in relazione alle
molecole antigeniche presenti sulla superficie di cellule del sistema immunitario.
Ogni classe è indicata da un numero. La sigla CD seguita dal numero indica il
gruppo di anticorpi e l’antigene cellulare riconosciuto da quel gruppo. È ancora
aperto il dibattito sulla presenza di elementi più immaturi, però è certo che la
frazione cellulare CD34+ comprenda cellule capaci di autorigenerazione a lungo
termine, da cui derivano progenitori mieloidi e linfoidi. I vari tipi cellulari, infatti, si
possono riconoscere solo a partire dallo stadio di proeritroblasto, megacarioblasto,
monoblasto e mieloblasto.
La sede definitiva delle CSE, dopo la nascita, è il midollo osseo, ma
compaiono e svolgono la loro funzione in epoca prenatale inizialmente nel sacco
vitellino a partire dalla metà della terza settimana, poi nel fegato del feto già dalla
quinta settimana di gravidanza. Dal fegato le CSE migrano a partire dalla decima
settimana verso la milza e il midollo osseo. Le fasi prenatali dell’emopoiesi possono
quindi essere distinte in extra-embrionale, extravascolare epatica ed epatosplenica.
Nella prima fase, in cui la produzione di cellule ematiche e delle cellule del sistema
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vascolare precede l’organogenesi, le CSE sono dette emangioblasti e presiedono ad
una filiera produttiva di tipo principalmente eritroide. L’emopoiesi extraembrionale
cessa intorno alla quindicesima settimana. Con l’emopoiesi epatica, che rappresenta
la principale sede di produzione delle cellule ematiche del feto dalla dodicesima alla
ventisettesima settimana, si ha una produzione più ampia di cellule. In questa sede,
oltre alla filiera eritroide, ha inizio tra la decima e la dodicesima settimana anche la
mielopoiesi. Per quanto riguarda l’attività linfopoietica, essa non è significativa nel
fegato fetale, infatti le cellule linfoidi rintracciabili oltre ad essere in numero esiguo,
si dimostrano anche inerti dal punto di vista immunologico, poiché necessitano di un
processo differenziativo e maturativo che avviene a livello del timo per poter
divenire linfociti T immunologicamente competenti. Questo processo è possibile solo
grazie alla migrazione linfocitaria che avviene già dalla dodicesima settimana e che
continua poi per alcuni anni di vita postnatale.
1.2. IL SANGUE E GLI ELEMENTI CHE LO COMPONGONO
Analizzando gli elementi figurati del sangue, si possono identificare
numerose funzioni e se ne comprende la grande importanza per il funzionamento
complessivo dell’intero organismo. Gli eritrociti sono elementi di forma discoide
biconcava, privi di nucleo ed organelli e contenti un’elevata concentrazione di
emoglobina disciolta nel citoplasma, che rappresenta infatti il 98% delle proteine
totali della cellula. I globuli rossi hanno una vita media di 120 giorni, al termine della
quale la perdita della deformabilità della membrana plasmatica impedisce loro di
attraversare i vasi sanguigni più piccoli. Per questo si realizza l’emocateresi, ossia il
processo per cui i frammenti cellulari rimangono intrappolati nei vasi, in particolare
nei capillari sinusoidi della milza, e in seguito vengono distrutti da parte di cellule
fagocitarie residenti. Il conteggio dei globuli rossi permette di identificare situazioni
patologiche di policitemia, poliglobulia, emoconcentrazione oppure anemia. Un
parametro correlato molto importante è il conteggio dei reticolociti, diretti precursori
dei globuli rossi nella filiera eritrocitaria. Grazie alla conta reticolocitaria si può
avere un indice dell’attività emopoietica midollare.
I leucociti sono un citotipo più complesso, poiché comprendono popolazioni
cellulari assai eterogenee tra loro per forma e modalità d’azione. Essi esplicano la
loro funzione di difesa dell’organismo contro agenti patogeni di varia natura e contro
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corpi estranei che abbiano superato le barriere epiteliali costituite da cute o mucose. I
leucociti possiedono peculiari caratteristiche di mobilità e motilità. Grazie al
processo di diapedesi, che risponde a stimoli chimici, infatti, sono in grado di
fuoriuscire dal torrente ematico e diffondere nei tessuti. La chemiotassi permette
quindi ai leucociti di essere indirizzati in modo specifico in base al gradiente di
concentrazione di una molecola e di raggiungere le sedi interessate dall’attacco
biologico. Nel profilo leucocitario di un campione sanguigno, possono essere distinti
e quantificati i diversi tipi di leucociti: granulociti neutrofili, granulociti eosinofili,
granulociti basofili, linfociti e monociti. I granulociti neutrofili hanno la funzione
primaria di fagocitare i batteri che penetrano nell’organismo. Sono ripartiti in un pool
circolante, costituito da circa la metà delle cellule, e un pool marginato,
comprendente le restanti cellule che in parte sono adese alle pareti dei vasi e in parte
si trovano all’interno dei tessuti connettivi lassi dei vari distretti corporei. I neutrofili
possiedono meccanismi battericidi molto potenti, che portando alla distruzione dei
patogeni, comportano anche danni irreversibili per il metabolismo cellulare. Pertanto
i neutrofili solitamente degenerano durante la loro attività demolitrice ed insieme ai
residui cellulari e al materiale estraneo fagocitato danno origine al pus. I granulociti
eosinofili hanno funzione meno chiara: sebbene siano cellule fagocitiche, sono meno
efficienti dei neutrofili nell’azione verso i batteri intracellulari e, anche se non è stata
dimostrata la loro capacità di uccidere parassiti in vivo, essi risultano tossici contro
gli elminti in vitro ed è assodato che l’eosinofilia sia comunemente associata alle
infestazioni elmintiche. Gli eosinofili sono probabili modulatori della reazione di
ipersensibilità immediata. I granulociti basofili hanno un ruolo primario nelle
reazioni allergiche, questa funzione li accomuna ai monociti, i quali contengono
sostanze molto simili, che consentono l’instaurarsi dei fenomeni legati alle reazioni
allergiche. I monociti sono fisiologicamente presenti nel sangue periferico e vengono
reclutati nei tessuti dove si differenziano in macrofagi. Data la formazione non
omogenea dei macrofagi, il sistema monolitico-macrofagico viene suddiviso in
resting cells (monociti circolanti o macrofagi residenti), recruited cells (cellule
reclutate da stimoli infiammatori) e immunologically activated cells (cellule
immunologicamente attive). Le funzioni di endocitosi, fagocitosi e secrezione di
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proteine regolatrici, esplicate dal sistema monolitico-macrofagico sono regolate da
meccanismi di ordine fisico, enzimatico e immunologico.
I linfociti rappresentano l’ultima categoria in cui sono suddivisi i leucociti. I
linfociti comprendono a loro volta diversi sottotipi, i principali sono B,T e natural
killer (NK). Queste sottopopolazioni hanno origine e prerogative funzionali diverse. I
linfociti B hanno il compito di intervenire nei processi dell’immunità umorale, sono
incaricati della produzione di immunoglobuline e quindi forniscono all’organismo
umano uno dei presidi fondamentali contro gli antigeni virali e batterici. I linfociti T
sono principalmente coinvolti nell’immunità di tipo cellulare, hanno origine timica e
sono suddivisi in alcuni sottotipi funzionali: linfociti T helper (TH), linfociti T
citotossici e linfociti T soppressori, identificabili in base a specifici recettori di
superficie e a molecole accessorie. I primi hanno funzione regolatoria, che esplicano,
ad esempio, secernendo citochine. Il secondo gruppo comprende cellule effettrici,
che necessitano dell’interazione con i TH per aggredire e scomporre le cellule
maligne o infettate da virus. Gli ultimi sono invece responsabili della cessazione
della risposta immunitaria quando viene rimosso l’antigene, e dell’inibizione della
risposta immunitaria contro autoantigeni. Da tutte le sottoclassi di linfociti T hanno
origine i linfociti T memory, che presiedono all’avvio di una reazione rapida in
seguito a un eventuale successivo contatto con l’antigene che ha innescato il
meccanismo che li ha generati. Infine, i linfociti T oltre a svolgere un ruolo
essenziale nel riconoscimento di cellule estranee all’organismo, sovrintendono alla
risposta antitumorale e al meccanismo di rigetto nei trapianti. I linfociti NK svolgono
la loro funzione coordinando l’immunità innata. Essi agiscono nella prima linea di
difesa contro cellule tumorali o infettate mentre l’organismo costruisce la risposta
immunitaria adattiva antigene-specifica. Il loro meccanismo d’azione si basa sul
riconoscimento e la distruzione di cellule opsonizzate da anticorpi, ma possiedono
anche la capacità di lisare cellule in modo diretto, senza necessità di precedenti
riconoscimenti o sensibilizzazioni.
Le piastrine sono cellule anucleate e, allo stato di riposo, hanno forma
discoidale. La superficie delle piastrine è delimitata da una membrana rivestita e
connessa con il citoscheletro. La complessa organizzazione dei sistemi endocellulari
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piastrinici permette a queste cellule di adempiere alle proprie funzioni di adesione,
aggregazione, stabilizzazione e retrazione dei coaguli.
L’esame emocromocitometrico è una ricerca di laboratorio che si effettua su
un campione sanguigno. È tra le indagini più comuni che si possono compiere in
seguito ad un prelievo di sangue. La valutazione dei valori dell’esame
emocromocitometrico è fondamentale nell’iter diagnostico di numerose forme
patologiche a carico del sistema emopoietico.
I valori normali della conta eritrocitaria, leucocitaria e piastrinica sono:
Valore
Unità
Valore
Maschi Femmine
Eritrociti 4,6-5,5 3,9-4,9 mln/µl
Reticolociti 26-130 u/ml
Adulti Bambini Neonati
0,8-2,5% 0,5-3,1% 2,5-6,5%
Del totale degli eritrociti
Leucociti 4000-10.800 u/mm
3
Granulociti neutrofili 2.500-7.500 u/mm
3
40-75%*
Granulociti eosinofili 50-400 u/mm
3
1-5%*
Granulociti basofili Max 100 u/mm
3
0-1%*
Monociti 200-600 u/mm
3
3-7%*
Linfociti 1.500-3.500 u/mm
3
20-45%*
*Del totale dei leucociti
Piastine 150.000-400.000 u/µl
1.3. L’EMOPOIESI
I processi di formazione degli elementi figurati del sangue possono essere
presi in esame singolarmente, sebbene discendano tutti da una popolazione
omogenea di CSE. Durante le varie fasi di maturazione, la cellula staminale
emopoietica dà origine a cellule di tipo mieloide e cellule di tipo linfoide: da queste
si differenzieranno successivamente i globuli rossi o eritrociti, le piastrine e i globuli
bianchi. In base alla popolazione cellulare che ne deriva l’emopoiesi si differenzia in
eritrocitopoiesi, granulocitopoiesi, linfocitopoiesi, piastrinopoiesi e monocitopoiesi.
L’eritropoiesi è il processo che porta alla formazione dell’eritrocita maturo a partire
dalla cellula staminale che si differenzia in cellule formanti colonie eritroidi e
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prosegue con la modificazione in pro-eritroblasto che rappresenta il precursore
eritroide più precoce riconoscibile nel midollo osseo. Nel processo di maturazione il
nucleo del pro-eritroblasto diviene denso e piccolo ed è infine espulso dalla cellula, il
cui citoplasma diviene progressivamente eosinofilo. Con l’estrusione del nucleo, la
cellula diventa un reticolocita, e raggiunge la fase terminale della maturazione, cui
segue solo la forma eritrocitaria matura. In condizioni fisiologiche la filiera
costituisce circa un quarto della cellularità totale presente nel midollo.
Per quanto riguarda la granulocitopoiesi, la cellula staminale a indirizzo
mieloide si differenzia in tre tipi di cellule granulocitarie: neutrofile, basofile ed
eosinofile, che hanno stadi di maturazione simili. La cellula mieloide più precoce
riconoscibile nel midollo osseo è il mieoblasto. Essa matura progressivamente in
mielocita, metamielocita e granulocita maturo. Alcuni granulociti rimangono adesi
all’endotelio vasale formando il compartimento marginato, altri formano il pool
tissutale ed i rimanenti, ubicati nel midollo costituiscono il pool di scorta. Le cellule
mieloidi rappresentano circa il 40-80% della cellularità midollare.
Le piastrine discendono da cellule midollari dette megacariociti, le quali
derivano da un precursore di tipo mieloide. La maturazione dei megacariociti segue
tre stadi: il megacarioblasto, lo stadio granulare di pro-megacariocita e la fase
piastrinopoietica, in cui il megacariocita è maturo. I megacariociti possono
aumentare di numero all’interno del midollo osseo in base alle necessità
dell’organismo, ad esempio in seguito a un consumo periferico di piastrine, che
fisiologicamente hanno un’emivita di 8-10 giorni una volta dismesse nel circolo
periferico. La piastrinopoiesi midollare è un processo che richiede circa una decina
di giorni in condizioni fisiologiche.
I monociti sono prodotti nel midollo osseo da precursori staminali comuni
anche alla linea granulocitaria. Le fasi maturative che si riconoscono nel midollo
comprendono monoblasti, pro-monociti e monociti maturi. La maturazione richiede
circa due giorni e mezzo in condizioni fisiologiche e l’emivita dei monociti circolanti
è di circa 8-9 ore, mentre i macrofagi possono rimanere nei tessuti periferici anche
per mesi
I linfociti derivano da una linea staminale indirizzata verso la linea linfoide
che ha origine dalla cellula staminale pluripotente. Da questa filiera si sviluppano le