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Introduzione
Il progetto di tesi che andrò ad approfondire e formulare nelle pagine che seguono, è orientato
ad una breve definizione di quello che è stato lo sviluppo del mezzo televisivo a partire dalla
sua origine, negli anni Cinquanta, concentrandomi in particolar modo sulle peculiarità che
hanno caratterizzato il suo complesso ed articolato rapporto con le molteplici manifestazioni
artistico-culturali antiche e moderne.
Nello specifico, il primo capitolo è dedicato ad una presentazione generale del piccolo
schermo ed alle dinamiche sociali, politiche ed economiche che hanno permesso, nel corso
del tempo, la sua repentina affermazione come strumento privilegiato per la comunicazione di
massa, rispetto ai suoi antenati quali la radio ed il cinema.
Il secondo capitolo, d’altro canto, descrive in modo quanto più dettagliato le origini e le
evoluzioni della contraddittoria e reciproca relazione intercorsa, a partire dagli anni
Cinquanta, tra arte e schermo televisivo. A partire da un rapido excursus in merito alle
molteplici modalità di approccio che gli uomini di cultura del tempo riservarono al tubo
catodico, seguito dalle numerose ricerche ed indagini critico-teoriche volte alla scoperta di un
linguaggio espressivo e comunicativo innovativo e caratterizzante il piccolo schermo, ho
intrapreso una breve analisi circa uno dei principali generi televisivi, dalle più antiche origini
e dalle inedite possibilità divulgative: il documentario d’arte. Al riguardo, inoltre, mi è parso
d’obbligo citare due titani in campo artistico, quali furono Carlo Ludovico Ragghianti e
Roberto Longhi, che per primi hanno osato in questo senso, dando vita ad una serie di
eccellenti connubi tra arte e mondo mediatico che sicuramente hanno conferito un’impronta
risolutiva alla storia della divulgazione artistica e culturale in televisione.
Il terzo ed ultimo capitolo, infine, è interamente dedicato alla presentazione ed al lieto ricordo
di una delle più celebri trasmissioni televisive di ambito artistico, dal titolo Io e… La serie,
andata in onda dal 1972 al 1974 sul secondo canale Rai si componeva di ben trentacinque
episodi diretti e prodotti da Anna Zanoli e Luciano Emmer (alla regia delle prime quattordici
puntate). Una rubrica appositamente ideata e finalizzata all’educazione visiva ed
all’insegnamento dell’arte al pubblico medio italiano, nel tentativo di accendere
quell’interesse da tempo assopito nei riguardi delle antiche e contemporanee manifestazioni
artistiche ed una più sentita consapevolezza per la conservazione e la tutela del patrimonio
culturale italiano.
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Capitolo uno
CHE COS’E’ LA TELEVISIONE?
Prima di affrontare questo lungo e complesso percorso alla scoperta di quello che è stato, nel
corso degli anni, lo sviluppo del medium televisivo, mi sembra opportuno chiarire ed esporre
alcuni concetti fondamentali che ci permetteranno di comprendere meglio le importanti e
talvolta radicali trasformazioni che la televisione ha apportato al contesto politico, sociale e
culturale del mondo moderno. Nello specifico: le qualità intrinseche del piccolo schermo, che
lo hanno ben differenziato dagli altri mezzi di comunicazione di massa; i numerosi studi che
sin dalle sue origini si sono susseguiti nel tentativo di fornirne un quadro più completo
possibile e in grado di indagarne le sue possibilità tecniche, divulgative e persino artistiche; i
cambiamenti che hanno coinvolto il mezzo stesso, in particolare in relazione al largo impiego
che ne è stato fatto in campo sociale e culturale e che negli ultimi anni soprattutto, per merito
dell’evoluzione tecnologica, hanno permesso inedite possibilità di visione ed intrattenimento.
1.1.Definizione e primi studi sul medium televisivo
Se qualcuno ci domandasse “Che cos’è la televisione?”, saremmo in grado di rispondere?
Sarebbe così semplice per noi definire in modo chiaro e preciso questa entità fisica ma anche
immateriale che ormai ci accompagna ad ogni ora della giornata, quasi come se fosse
un’amica fedele sulla quale sappiamo di poter sempre contare per trascorrere quel momento di
pausa dalla frenesia della quotidianità?
Un valido aiuto a cui possiamo ricorrere nell’arduo tentativo di rispondere a questo
interrogativo è il libro “Che cos’è la televisione” pubblicato nel 2003 ad opera di Aldo
Grasso
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e Massimo Scaglioni, orientato alla definizione di un’immagine a tutto tondo del
mezzo televisivo, con l’obbiettivo di indagarne quegli aspetti che da sempre erano risultati i
più controversi e dibattuti. «E’ davvero un compito arduo provare a dire ‘che cos’è la tv’, oggi
che questo medium elettronico, con un cinquantennio alle spalle, pare sempre più
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Aldo Grasso è un giornalista, critico televisivo e docente di Storia della radio e della televisione presso
l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel corso della sua carriera si è dedicato allo studio attento dei mezzi
di comunicazione di massa, e nello specifico del medium televisivo, dando vita ad una serie di libri che
rappresentano un valido strumento di approccio e di analisi delle tematiche in questione.
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indistinguibile da altre sfere un tempo distinte: la politica, la sfera pubblica e quella privata
(…) Più facile procedere per esclusioni, rintracciare dimensioni intatte, dire che cosa ha
ancora l’ardire o l’illusione di collocarsi fuori dallo schermo»
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. Fin dal principio appare
dunque chiaro come si tratti, in realtà, di un’operazione complessa definire la televisione
come elemento a sè stante, senza coinvolgere in questo vortice di concetti, tutti quegli aspetti
legati al mondo politico, sociale e culturale che sin dalle origini hanno contribuito alla sua
esistenza, conferendole una posizione privilegiata, rispetto agli altri mass media, nelle attività
di informazione, divulgazione ed intrattenimento.
Nell’intraprendere quest’analisi, è risultato necessario risalire alle radici del mezzo televisivo,
liberandolo di tutti quegli orpelli che hanno spesso offuscato la sua vera essenza, e ripartire da
alcune premesse fondamentali. Prima fra tutte, il rapporto di “fratellanza” e contiguità che
possiamo riscontrare tra la televisione e gli altri mezzi di comunicazione di massa: in
particolare il cinema e la radio. Infatti, i due elementi cardine già affermati da tempo in campo
divulgativo per merito dei precedenti mezzi di comunicazione, si sono congiunti all’interno
del tubo catodico divenendone presupposto primario e vitale: ossia l’immagine e la parola. È
evidente come numerosi e riconoscibili retaggi provengano dal mondo delle arti visuali,
all’interno del quale possiamo ricondurre anche la fotografia e il cinema: tutte e tre queste
forme di espressione sono infatti accomunate dalla possibilità di riprodurre la realtà nelle sue
fattezze. Ma già dall’etimologia stessa della parola “televisione” (che significa appunto
“visione a distanza”) possiamo notare come avvenga uno scarto rispetto alle altre due
tecniche, riconducibile alla peculiarità per eccellenza del mezzo televisivo: la “possibilità
dell’istantanea riproduzione e dell’istantanea trasmissione e ricezione”
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. Ecco così che la
diretta viene a diventare il carattere distintivo del medium televisivo, un qualcosa in grado di
aprire nuovi orizzonti alle modalità di comunicazione e diffusione di informazioni e, ancora di
più, capace di creare un legame sinergico tra le immagini proposte dal piccolo schermo e lo
spettatore, quasi come se queste potessero, di volta in volta, accompagnarlo in innumerevoli
viaggi virtuali con un solo click. La televisione, inoltre, come vedremo più avanti, era entrata
nelle case degli italiani e aveva stretto con loro un legame molto più affabile e familiare di
quello che poteva esistere con l’ambiente cinematografico: allora come oggi, scandiva le loro
giornate, li intratteneva nei momenti di noia e li teneva informati sulle principali notizie dal
mondo.
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A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos'è la televisione, Garzanti, Milano 2003
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A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos'è la televisione, Garzanti, Milano 2003
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Un valido complice in questa battaglia volta all’affermazione del piccolo schermo nella
società moderna, è identificabile nella parola. La parola, che fin dagli anni Venti era stata la
protagonista della comunicazione radiofonica in quello che rappresentava, al tempo, uno dei
primi tentativi di creare un fronte comune di informazione attivo a livello nazionale e che
potesse raggiungere indistintamente tutte le persone: la vecchia Radio infatti non aveva svolto
un compito poi così diverso da quello che sarà in seguito, a partire dagli anni Cinquanta,
assunto dalla Televisione. Sicuramente non c’è alcun dubbio riguardo la consistente novità
apportata dal mezzo televisivo, il quale permetteva che le parole potessero avere da ora un
riscontro visivo, aumentando di conseguenza anche gli effetti di percezione e partecipazione
emotiva da parte del pubblico. Tuttavia, non è da sottovalutare l’importanza e la portata che
comunque può assumere la parola, in quanto «Sebbene le sue varie opportunità di produzione
e combinazione d’immagine costituiscano il modo più diretto con cui la televisione occupa e
attrae il suo pubblico, è attraverso la parola che la televisione si rivolge ai suoi spettatori e
costruisce particolari legami con programmi e canali. La parola, perciò, genera la sfera socio-
comunicativa entro la quale l’immagine televisiva opera»
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. Alcune trasmissioni a carattere
artistico e divulgativo era già presenti, infatti, prima ancora che in campo televisivo,
all’interno della programmazione radiofonica, nella quale era possibile ritrovare le medesime
modalità di comunicazione artistica e organizzazione del palinsesto
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che ora vengono a
identificare il piccolo schermo. In questi programmi, che possono comprensibilmente apparire
come un ossimoro
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(in quanto l’opera d’arte per sua natura richiede un contatto visivo, che
invece viene meno nella comunicazione radiofonica), la componente artistica era tutta
ricondotta a parole, suoni, rumori, che, uniti insieme dalle capacità del conduttore o
interlocutore, avevano il compito di evocare l’opera d’arte, di descriverla attraverso le
emozioni che questa suscitava nel personaggio di volta in volta interpellato. Si trattava
dunque di sperimentazioni particolari e complesse che richiedevano un’acuta abilità da parte
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A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos'è la televisione, Garzanti, Milano 2003, cit. pag. 70
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Il palinsesto rappresenta un elemento fondamentale nella costruzione della programmazione televisiva. Il
termine è utilizzato nel linguaggio televisivo per indicare l’organizzazione di una rete in un preciso periodo
temporale (giorno, settimana, mese, anno), fornendone informazioni circa gli orari di messa in onda dei
programmi, la durata e i generi televisivi. Sarebbe interessante, dunque, un approccio storico allo studio dei vari
palinsesti televisivi che hanno caratterizzato la televisione italiana, in modo tale da comprendere i meccanismi di
divulgazione, di fruizione ed intrattenimento, che hanno accompagnato il popolo del Belpaese nel corso di questi
anni.
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L. Bolla, F. Cardini, Le avventure dell'arte in tv, VQPT/NUOVA ERI, Torino 1994, pag. 97
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dell’esperto nel tradurre in parole le sue sensazioni, nella speranza che queste andassero ad
incuriosire l’ascoltatore, lo esortassero e invogliassero ad entrare direttamente in contatto con
quell’opera che tanto lo aveva intrigato. Interno giorno rappresenta in questo senso uno dei
tentativi meglio riusciti di programmazione radiofonica sull’arte: la protagonista era
un’affermata storica dell’arte e regista, Anna Zanoli, che ogni giorno, per venti minuti,
accompagnava gli ascoltatori della trasmissione in questo viaggio immaginario alla scoperta
di gallerie e piccoli borghi italiani. Con il solo strumento verbale, la Zanoli, era in grado di
trasportare figurativamente il pubblico in magiche esperienze sensoriali volte ad avvicinare il
popolo italiano alle meraviglie del suo Paese. «Non vedere» infatti «permette di perdersi nei
meandri del racconto, nelle pieghe dei particolari di un quadro, nel ricordo e nell’esperienza
emozionale del visitatore».
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Da queste prime considerazioni è dunque possibile notare come in realtà la televisione non sia
un organismo unico nel suo genere, frutto del caso e padre di tutte le moderne tecnologie e
pratiche in campo divulgativo: esso ha sì, portato ingenti cambiamenti nelle modalità di
informazione, divulgazione ed intrattenimento, ma i suoi debiti nei riguardi dei mezzi di
comunicazione di più antica origine, sono più considerevoli di quanto si pensi.
Studi sulla televisione in grado di fornirne un quadro complessivo e autonomo, purtroppo
ancora oggi non sono così soddisfacenti. Abbiamo già visto come in realtà analisi più o meno
precise sul piccolo schermo vennero intraprese a partire dalla sua origine, negli anni
Cinquanta; ma anche che tali primi approcci al medium televisivo erano guidati da una
visione frammentaria del mezzo, indagato esclusivamente nelle sue distinte componenti
(tecnologica, sociologica, culturale, politica), e senza mai superarne, dunque, i confini
dottrinali. A partire degli anni Settanta del secolo scorso, le modalità di studio del
mezzo presero però una nuova direzione, e si andarono a definire in modo deciso le due
principali tipologie di approccio alla televisione ad opera degli studiosi, che
contraddistinguono ancora oggi la critica moderna: “quello della ricerca empirica, di
derivazione sociologica, e quello critico-testualista, di derivazione umanistico-letteraria”
8
. In
altre parole, il primo campo di ricerca si occupava del cosiddetto contesto
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, ossia delle
questioni relative agli effetti della comunicazione di massa e al significativo ruolo del piccolo
schermo nel processo di formazione dell’opinione pubblica; mentre l’approccio critico-
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L. Bolla, F. Cardini, Le avventure dell'arte in tv, VQPT/NUOVA ERI, Torino 1994, pag. 98
8
A. Grasso, M. Scaglioni, Che cos'è la televisione, Garzanti, Milano 2003, pag. 11
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Ibidem