Introduzione
4
differenze rispetto alla realtà italiana. In Italia fattori quali le accise ed il costo delle
licenze non sono fonte di costanti dibattiti e lamentele così come lo sono in Polonia,
inoltre il mercato nero degli alcolici non assume certo le dimensioni di quello polacco
(quantificabile nell’ordine del 30% del mercato legale). Il grafico qui di seguito
aiuterà meglio ad inquadrare l’articolazione del mercato polacco del beverage.
Figura 1: mercato delle bevande in Polonia in base al valore del venduto
vodka
37%
birra
33%
vino
5%
succhi nettari bevande
11%
bevande gassate
10%
acqua minerale
4%
Fonte Rinky A.; 2000
La vodka risulta essere al primo posto tra le bevande più vendute a valore con il 37%
del mercato, le altre bevande alcoliche occupano quote di mercato del tutto frazionali.
Il mercato della birra è in continua espansione basti dire che il consumo pro-capite è
passato dai 33 litri del 1991 ai 61 del 1999, questa tendenza all’aumento dei consumi
di birra è per altro stata riscontrata in altri paesi del blocco ex-comunista ma i tassi di
crescita che hanno contraddistinto il mercato locale qualificano lo stesso come il
mercato più interessante tra quelli appartenenti all’est Europa. Comparando i
distributori di bevande italiani e quelli polacchi si nota come i primi nascano come
distributori di bevande analcoliche mentre i secondi hanno nel loro portafoglio
prodotti esclusivamente bevande alcoliche. In Polonia la distribuzione di bevande
analcoliche è esclusiva preminente dei grossisti alimentari i quali non possono essere
qualificati come grossisti di bevande “puri” in quanto hanno in portafoglio altri
prodotti quali surgelati, latticini e carni tanto per citare alcune categorie
merceologiche. I grossisti polacchi che si occupano esclusivamente di bevande hanno
in portafoglio bevande alcoliche quali vodka birra e vino e la mia ricerca ha
dimostrato come tendano a servire diversi canali tra i quali l’horeca. Quest’ultimo
non occupa una posizione di privilegio e quindi non veicola la maggior parte dei
prodotti venduti a contrario di quanto accade in Italia dove buona parte dei soggetti
economici operanti nel settore della distribuzione bevande possono essere qualificati
come grossisti horeca (in quanto la maggior parte del loro fatturato deriva da punti
vendita appartenenti a questo canale). Quindi la mancanza di specializzazione dei
distributori di bevande polacchi accompagnata dall’assenza di bevande analcoliche
nei loro portafogli prodotti sono differenze rilevanti rispetto ai distributori italiani.
Introduzione
5
Invero una certo grado di specializzazione può essere riscontrato tra i distributori di
vini importati che si rivolgono anche (ma non solo) ai punti vendita horeca, ma il
peso sul fatturato totale delle vendite a punti on-trade non supera certo il 90% come
avviene per i distributori italiani. E’ presumibile ipotizzare che nel breve periodo i
distributori polacchi aumentino la quota di prodotti free-alcool in portafoglio, questo
perché le grandi multinazionali del settore (Coca Cola e Pepsi Cola) sentono sempre
più insostenibile il peso della gestione di propri network distributivi indipendenti. La
creazione di un sistema distributivo che non possa contare su di una ampia
collaborazione con i distributori locali pone problemi logistici di ardua soluzione
vista la vastità del paese. L’accresciuta professionalità dei distributori locali e la
riduzione del loro numero pone le premesse per una futura collaborazione tra questi e
i produttori di bevande analcoliche. In un prossimo futuro sembra impossibile la
formazione di operatori economici specializzati nella distribuzione di bevande a punti
horeca visto che manca sostanzialmente quella classe di consumatori disposta a
spendere per prodotti e servizi di qualità superiore. La mancanza di una domanda con
tali caratteristiche fa si che i gestori di punti horeca non necessitino di avere a
disposizione una gamma di prodotti ampia e variegata visto che sovente le richieste
dei loro clienti si limitano ai brand di vodka più popolari o a birre alla spina nazionali
per finire con economici vini di produttori locali. Vista la somiglianza dei pattern di
consumo, delle tradizioni e della loro comune storia recente è presumibile pensare
che a conclusioni in buona misura convergenti si potrebbe pervenire anche
analizzando i mercati di altri paesi ex-comunisti. Per ciò che concerne l’articolazione
della ricerca ho ritenuto opportuno dividere questo lavoro in 3 parti: nella prima viene
proposta una overview dei principati mercati internazionali delle bevande, nella
seconda parte (che si articola in 3 capitoli) viene presentata l’economia polacca e
vengono approfonditi i mercati delle bevande alcoliche e analcoliche locali, nella
terza ed ultima parte vengono analizzati i distributori di bevande polacchi e viene
operato un confronto con i loro omologhi nostrani. Il mio impegno poco avrebbe
potuto senza l’eccezionale disponibilità del dott. Alberto Cortese, persona che io
considero essere il mio Mentore dell’industria del beverage in Polonia, ho inoltre
molto apprezzato la fattiva collaborazione dei professori Grzegorz Karasiewic e
Krzysztof Cybulski che mi hanno fornito una serie di indicazioni e fonti
bibliografiche che hanno contribuito a dare un indirizzo deciso al mio lavoro, inoltre
impossibile dimenticare l’importanza delle indicazioni ricevute dalla dott.ssa Bozena
Nosecka la quale mi ha fornito informazioni preziose in materia di bevande
analcoliche. Sono risultate importanti anche le indicazioni ricevute dai funzionari
dell’Ice sede di Varsavia che ho incontrato nelle prime fasi del mio lavoro. A nulla
sarebbero comunque approdati i miei sforzi senza la preziosa opera di collaborazione
e assistenza della dott.ssa Katarzyna Cupryn. Una volta concluso il mio soggiorno in
Polonia ho poi incontrato il dott. Giulio Luciani, la sua collaborazione è risultata
indispensabile al fine di operare un confronto tra i distributori di bevande nostrani e
quelli polacchi.
6CAPITOLO PRIMO
LE BEVANDE: MERCATI INTERNAZIONALI
Il mercato delle bevande è andato incontro ad importanti mutamenti negli ultimi anni,
i consumi di alcolici sono in costante contrazione mentre gli analcolici sembrano
destinati a riproporre in futuro i tassi di crescita che ne hanno contraddistinto il
cammino fino ad ora. In realtà questa presentazione risulta essere alquanto
semplicistica se non si operasse una distinzione per segmenti e zone geografiche.
Quindi adottando questa doppia chiave di lettura si può osservare come il declino
delle bevande alcoliche interessi principalmente i consumi di spirit ma non quelli di
vino mentre la birra è un prodotto il cui mercato sta crescendo a ritmi impressionanti
nei mercati dell’est Europa. Nella stessa categoria degli spirit la vodka è una bevanda
che desta sempre più interesse tra i giovani consumatori europei mentre all’est è un
prodotto che irrimediabilmente in crisi. Queste ed altre tendenze saranno
approfondite nelle pagine seguenti con particolare attenzione ad alcuni mercati
europei (Germania e Gran Bretagna) e al principale mercato del mondo, quello
statunitense.
1-1 LE BEVANDE ANALCOLICHE
In questa categoria si comprendono acqua minerale, succhi di frutta, bevande gassate
e tutta una serie di altre bevande quali energy drinks, yogurt drinks, bevande
funzionali ed altre che recentemente hanno invaso il mercato con risultati lusinghieri.
Nel 1999 i soft drinks rappresentavano il 67% dell’intero volume di bevande
consumato nella Unione Europea, questo risultato è stato accompagnato da tassi di
crescita del 17% annuo tra il 1993 e 1998. Buona parte di questi aumenti è dovuta
alla crescente attenzione che i consumatori stanno riservando a bevande che si
integrino in diete e stili di vita più salutari. La Germania è il primo mercato europeo
con 253 litri pro capite di soft drinks consumati nel 2000. Crescite sopra la media
europea sono state registrate in Gran Bretagna, Francia, Germania Italia e Spagna, va
detto che i consumi pro capite differiscono sensibilmente da stato a stato con Olanda
(153 litri) e Finlandia (130) fanalini di coda. Anche nell’est Europa i soft drinks
stanno attirando l’attenzione dei consumatori anche se per il momento il consumo
medio pro capite all’est si aggira sui 50 litri annui notevolmente inferiore ai 206
dell’Europa occidentale. Repubblica Ceca (187 litri) e Slovenia (179) sono i maggiori
consumatori all’est mentre Ucraina (21) e Russia (24) chiudono la classifica. Come
spesso accade anche in materia di soft drinks gli Stati Uniti sono visti come il
mercato di riferimento (qui hanno sede i maggiori produttori e qui si hanno i
maggiori consumi) in questo paese da tempo destano notevole interesse tra i
consumatori i drink funzionali. Nel 1999 oltre il 18% dei nuovi prodotti si
dichiaravano appartenenti a tale settore mentre nel 1996 tale percentuale raggiungeva
solo il 6,7%. Tra i mercati che si presentano più promettenti è doveroso citare la Cina
il cui mercato cresce a tassi del 30% annui, è facilmente intuibile l’interesse che
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
7
attrae questa nazione se si pensa alla sua popolazione sterminata e alla lenta ma
graduale apertura della sua economia. Venendo ora al mercato dell’acqua minerale in
bottiglia va detto che la maggioranza di questo mercato è detenuta da acqua piatta,
solo in Germania il trend è inverso, negli altri paesi europei la percentuale di acqua
addizionata ad anidride carbonica varia dal 15,8% della Francia al 33,7% della Gran
Bretagna. Il Pet ha da tempo soppiantato il vetro come materiale per confezionare il
prodotto, ancora una volta la Germania è in controtendenza con l’89,4% del totale
acqua venduta imbottigliata con vetro e solo l’8,9% in Pet e l’1,7% in lattina. In
Francia così come in Italia il Pet detiene quote superiori al 90%, in Gran Bretagna il
75% del mercato.
Figura 2: consumi pro capite di acqua minerale in Europa, dati in litri
116
160,5
104
130,6
100
124
53
104,7
79
102
73,1
97,4
71
77,1
0
50
100
150
200
italia francia belgio spagna germania svizzera austria
1991
2000
Fonte Przemysl Fermetacyjny i Owocowo-Warzywny
Chiara la leadership dell’Italia con la Francia al secondo posto, i margini di crescita
di questi mercati risultano poca cosa se paragonati ai prodigiosi risultati dei paesi
dell’ex blocco sovietico, i quali contano si consumi in valore assoluto minori del 70-
80% ma sfoggiano tassi di incremento nel periodo 1991-2000 che vanno dal 688%
dell’Ungheria al 326% della Romania e 251% della Polonia. Indubbiamente ci sono
ancora ampi margini di crescita per questi paesi. I maggiori produttori di acqua in
bottiglia sono le multinazionali Nestlè e Danone, la prima ha acquisito nel 1997
l’italiana San Pellegrino, a livello mondiale i brand più noti sono Evian, Perrie,
Volcic. Il brand più venduto negli Stati Uniti è Poland Spring che vanta l’8% del
mercato altri brand importanti appartengono a Coca Cola (Dasani, 1,5% del mercato
ed 8° posto tra i brand più noti) e Pepsi Cola (Aquafina, 5,8% di market share e 5°
posto). La mancanza di interesse del consumatore americano è giustificata
dall’elevato consumo annuo di bevande gassate (oltre 200 litri annui), i big players
non sono interessati allo sviluppo di questo segmento di mercato piuttosto sono attivi
nel nuovo segmento delle acque funzionali i cui prodotti più conosciuti sono Reebok
Fitness Water (evidente il connubio con il noto brand di abbigliamento sportivo) e
Clearly Canadian, queste contengono vitamine e sostanze energetiche e si pongono in
chiara concorrenza con le bevande funzionali per offrire un pronto ristoro dopo una
intensa attività fisica. Nel tentativo di segmentare il mercato alla ricerca di nuovi
consumatori i produttori si spingono a creare prodotti che a ben vedere poco hanno in
comune con l’acqua, basti citare la Beer Water, dubbia risulta l’utilità della creazione
di questa categoria visto che si viene palesemente a negare la caratteristica
fondamentale che ogni acqua dovrebbe avere cioè il suo contenuto prettamente
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
8
analcolico. Più comprensibile risulta essere la creazione di una categoria di prodotti
aromatizzati con gusti alla frutta, questi vennero introdotti all’inizio degli anni ’90 in
Europa ma tutt’ora vantano quote di mercato marginali e solo in Gran Bretagna
arrivano al 5% del mercato.
1-2 LE BEVANDE ALCOLICHE
Qui comprendiamo vino birra e superalcolici. Va detto che questi 3 segmenti hanno
performance completamente diverse e se la tendenza di fondo è improntata ad un
minore consumo di alcolici è anche vero che il vino attira sempre più le simpatie dei
consumatori in mercati chiave quali Stati Uniti e Gran Bretagna. Il consumo in
Francia è sceso da 11,4 a 10,8 litri di alcool 100 °C nel 1998, è sorprendente
constatare che i giovani francesi stanno preferendo la birra al vino e la legge Evin
coronamento di una serie di iniziative miranti a combattere alcolismo e tabagismo in
Francia non aiuta ad invertire il trend. In Germania il consumo è sceso da 11,2 a 10,6
litri mentre stabile a circa 23 litri pro capite il consumo di vino. Tra i pochi paesi in
controtendenza la Spagna ha stabilizzato i suoi consumi (10 litri nel 1998) con un
leggero incremento dei consumi di vino (da 30 litri nel 1996 a 35 nel 1998). Negli
Stati Uniti tra il 1980 ed il 1998 abbiamo assistito ad una caduta dei consumi di vino
del 12,3%, i litri di birra pro capite consumati sono scesi da 92 ad 82 e quelli di spirit
da 3 a meno di 2. In Gran Bretagna il vino ha riscosso un crescente successo negli
ultimi anni con le preferenze dei consumatori attratte dai prodotti di buona qualità
così come da spirit importati di livello superiore. Va detto comunque che la crescita è
avvenuta partendo da consumi pro capite modesti di vino (ora di 14,4 litri) mentre in
Francia tale valore è di 58 litri, in Italia di 43. La necessità di segmentare
ulteriormente il mercato alla ricerca di nuovi clienti ha portato alla creazione di
prodotti alcolici a bassa gradazione (quali Bacardi Freezer per esempio) i quali stanno
riscotendo un buon successo tra i consumatori più giovani. In Giappone il consumo di
vino si aggira attorno a 1,84 litri suggerendo importanti spazi di crescita per gli anni a
venire. In futuro sono previsti in crescita i consumi di birra e vino grazie al crescente
successo che queste bevande registrano nei paesi emergenti quali Russia ed est
Europa mentre sembra inarrestabile il declino nei consumi di superalcolici. Tra i
fattori che hanno portato ad un maggiore consumo di bevande analcoliche oltre alla
già citata aumentata richiesta di prodotti più salutari vanno ricordati anche la scarsa
qualità delle acque fornite dal servizio pubblico, una maggiore attenzione per la cura
del corpo, l’eccessiva incidenza delle accise sui prodotti alcolici e il diffondersi di
campagne contro l’alcolismo, in particolar modo quelle aventi ad oggetto i giovani ed
i loro consumi nel week–end.
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
9
Tabella 1: brand di alcolici più venduti al mondo, nell’ultima colonna è indicato lo status dei brand, I-internazionale
R-regionale
POS NOME CATEGORIA GRUPPO VENDITE 99 VENDITE 00 VAR %
1 STOLICHNAYA vodka SOJUZPLODIMPORT 53,25 53,95 1,31% I
2 JINRO SOJU soju JINRO LIMITED 46,76 52,26 11,76% R
3 PIRASSUNUNGA 51 cachaca INDUSTRIAS MILLER 26,1 24 -8,05% R
4 GINEBRA SAN MIGUEL gin LA TONDENA 25,5 27,3 7,06% R
5 BACARDI rhum BACARDI- MARTINI 19,57 18,39 -6,03% I
6 SMIRNOFF vodka DIAGEO 16,3 15,9 -2,45% I
7 MOSKOVSKAYA vodka SOJUZPLODIMPORT 14,05 14,2 1,07% I
8 TANDUAY rhum TANDUAY DISTILLERY 13,77 15,16 10,09% R
9 RICARD aperitivo PERNOD RICARD 7,5 6,45 -14,00% R
10 JOHNNIE WALKER RED vodka DIAGEO 6,9 6,8 -1,45% I
11 ABSOLUT vodka ABSOLUT/VIN & SPIRIT 6,45 7,3 13,18% I
12 J & B RARE scotch whisky DIAGEO 6 6,8 13,33% I
CAMPARI aperitivo CAMPARI 2,9 2,9 I
FERNET BRANCA aperitivo FRATELLI BRANCA 2,1 I
DISARONNO AMARETTO liquore ILLVA 1,71 I
STOCK brandy ECKES AG 1,1 I
CYNAR aperitivo CAMPARI 1 R
Fonte Drinks International, 2001
Le vendite sono espresse in milioni di cartoni 9 litri, l’ultima colonna descrive il
livello di diffusione del brand, la vodka russa Stolichnaya fa registrare imponenti
volumi di vendita ma la sua diffusione risulta alquanto limitata quindi si può
affermare con buona approssimazione che il rhum Bacardi risulta essere il brand più
diffuso al mondo. Se si elabora la classifica sopra citata in base al tipo di alcolici
venduti la vodka risulta la bevanda alcolica più venduta al mondo, questo grazie
soprattutto agli enormi volumi di vendita realizzati nell’est Europa. Va comunque
detto che questo white spirit è uno tra i pochi che stanno riscuotendo un certo
successo tra il pubblico dei giovani consumatori a livello mondiale e quindi riesce a
sfuggire al trend negativo che avvolge tutto il settore.
Figura 3: tipologie di alcolici più vendute al mondo
GIN
8,94%
COGNAC E
BRANDY
6,36%
LIQUORI
5,44%
BITTER/APERITIVI
1,98%
VODKA
25,18%
RHUM
9,55%
SCOTCH WHISKY
9,57%
ALTRI WHISKY
11,66%
ALTRO
21,32%
Fonte Drinks International, 2001
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
10
Seguono ora una serie di report aventi ad oggetto alcuni dei principali paesi europei e
una overview generale del principale mercato del mondo, quello statunitense.
1-3 IL MERCATO DEL VINO IN ITALIA
Il 20% della produzione mondiale di vino proviene dall’Italia, ciò la pone in seconda
posizione su scala mondiale preceduta dalla sola Francia. Il volume prodotto ha
raggiunto i 51,6 milioni di ettolitri nel 2000 (+3% rispetto all’anno precedente), il
vino è prodotto indistintamente in tutte le regioni anche se circa il 48% proviene da
Puglia Sicilia e Veneto. L’export continua a crescere, nel 2000 è stato quantificato in
2,4 miliardi di euro (+4% rispetto al 1999). Il vino italiano è esportato in 164 nazioni
con Germania, Francia, Stati Uniti, UK ad occupare ruoli chiave tra le nazioni clienti.
L’Italia importa piccole quantità di vino per lo più francese ma anche californiano e
cileno, per un volume che non supera i 100000 ettolitri. Il trend in atto porta il
consumatore ad acquistare meno vino in volume ma di migliore qualità rispetto agli
anni passati, negli ultimi 20 anni il consumo pro capite si è dimezzato arrivando a
54,15 litri nel 1999. In Italia si contano 800000 produttori che alimentano un mercato
formato da 150000 brand. I vini italiani possono essere divisi in base all’area di
provenienza ed alla qualità, ecco che quindi abbiamo la categoria DOC
(denominazione di origine controllata) forte di 314 unità, la categoria DOCG
(denominazione di origine controllata e garantita) con 21 esemplari ed infine IGT
(indicazione geografico territoriale con 120 unità). L’invecchiamento della
popolazione è un fattore che presumibilmente avrà un impatto positivo sul consumo
di vino, con meno figli i consumatori avranno una maggior quota del reddito
familiare da destinare a questo tipo di prodotto.
Figura 4: Consumi di vino pro capite in Italia
104
93
75
62,5
55,7 54
53,5 52 51,5 51
47,5
0
20
40
60
80
100
120
1975 1980 1985 1990 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001
Fonte Mintel, dato 2001 stimato
Diversi anni addietro il vino accompagnava ogni pasto di qualsiasi famiglia italiana,
ora tale tradizione è mantenuta viva solo in zone rurali. Mentre i consumi sono scesi
inesorabilmente così sono aumentate le vendite a valore a testimonianza della
predilezione del consumatore italiano di prodotti di buona qualità. In materia di canali
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
11
distributivi circa il 40% del prodotto è veicolato dalla distribuzione alimentare con la
GDO che vanta una quota del 15%, i dettaglianti 8% e gli hard discount il 18%.
1-4 IL MERCATO DEL VINO IN GRAN BRETAGNA
Le vendite di vino in questo paese hanno raggiunto i 12,9 miliardi di euro nel 2000,
in volume hanno fatto segnare un incremento del 18,3% nel 2000. In Gran Bretagna
sono stati bevuti 1023 milioni di litri nel 2000 (solo 865 nel 1997). Le ragioni di
questa crescita vanno ricercate nell’aumento del consumo di vino rosso, le vendite di
vino rosso e rosé sono più che raddoppiate in valore tra il 1996 e il 2000. Va
osservato che il vino rosso/rosé tende ad avere un prezzo per litro superiore al bianco
(13,22 euro/litro per il primo contro 10,9euro/litro per il bianco). La produzione
locale è molto bassa e nel 2000 ha raggiunto quota 14.125 ettolitri, vale a dire 0,3%
del mercato del vino da tavola in questo paese. L’import gioca un ruolo determinante
in questo mercato e nel 2000 ha raggiunto i 910 milioni di litri nel 2000, cioè –6%
rispetto al 1999 tale perdita va imputata all’esaurirsi del millennium effect (le
celebrazioni per il nuovo millennio). Impossibile scorporare questo effetto ed ottenere
un valore di vendite depurato quindi meglio confrontare il dato dell’anno 2000 con il
1997, in tal caso l’incremento risulta essere del 4,7%. Nel 2000 il mercato del vino
importato è stato valutato in 1,7 miliardi di euro. Tra i paesi che qui esportano
maggiormente al primo posto la Francia ed al 2° sorprendentemente l’Australia, la
quale ha quasi raddoppiato la sua quota nell’ultimo quinquennio. Questo risultato è
frutto di abili campagne pubblicitarie che hanno conquistato i giovani consumatori
inglesi i quali nulla sanno delle tradizioni di questa bevanda ma sono abilissimi nel
riconoscere una bottiglia di Jacob’s Creek red o di Rosemount white, entrambi
australiani.
Figura 5: principali paesi esportatori di vino in UK
0
5
10
15
20
25
30
35
francia australia italia spagna germania cile sud africa
volume
valore
Fonte Mintel, 2000
Il brand che riscuote il maggiore successo è l’americano E & J Gallo le cui vendite
sono arrivate a 145,3 milioni di euro nel 2000 (2,4% di market share) seguito da
Jacobs Creek (122 milioni di euro, 2% del mercato). Venendo ora ai canali
distributivi il canale on trade raggiunge il 17% a volume ma ben il 43% a valore,
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
12
questo anche grazie alla proliferazione recente di locali quali wine bars ed alla
maggiore disponibilità di vino nei tipici pub inglesi, un tempo feudo esclusivo della
birra.
1-5 IL MERCATO DEL VINO IN GERMANIA
Il vino rimane l’unico prodotto alcolico il cui mercato può vantare tassi di crescita
incoraggianti. Tra il 1996 e il 2000 le vendite di vino rosso in volume sono aumentate
del 25% in volume e del 23% a valore mentre quelle di vino bianco sono scese del
10% a valore ed 11% a volume. I viticultori locali stanno modificando di
conseguenza la loro produzione ma questo passaggio richiede tempo, questa
situazione va a vantaggio dei paesi esportatori che hanno conseguentemente ampliato
le loro quote di mercato. La situazione nel mercato a volume è parzialmente diversa
in quanto i produttori domestici tendono a fornire un prodotto di prezzo elevato e
buona qualità. Va detto che la Germania è il più grande importatore al mondo di vini
con un mercato quantificato nel 2000 in volume 13 milioni di ettolitri e a valore 2
miliardi di euro.
Figura 6: principali paesi esportatori di vino in Germania
44
33
22
32
12
15
4
1
2
1
0
10
20
30
40
50
italia francia spagna macedonia austria
volume
valore
Fonte Mintel, 2000
Il totale del volume del vino importato raggiunge i 12101000 ettolitri per un
controvalore di 3,585 miliardi di marchi. Difficile non notare come la Francia sia il
secondo esportatore con volumi dimezzati rispetto all’Italia ma a valore le 2 nazioni
raggiungano la stessa quota di mercato, sintomo evidente del fatto che i francesi
esportano prodotti più costosi. La Germania, pur rimanendo importatore netto,
esporta buoni volumi di vino (nell’anno 2000 225 milioni di litri, +14% rispetto al
1999 per un totale a valore di 330 milioni di euro) ed i suoi principali clienti sono
Gran Bretagna con il 44% del mercato a volume e 31% a valore e Olanda (12% a
volume e 9% a valore). Il 79% del vino in Germania è consumato a casa mentre il
restante 21% viene ripartito tra ristoranti (60%) hotel (10%) bar e pub (20%) e il
restante 10% in altri punti horeca.
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
13
1-6 IL MERCATO DELLA BIRRA IN GRAN BRETAGNA
Il consumo di birra è in leggero declino da parecchi anni, così come per gli altri
prodotti alcolici la crescita del mercato dipende dalla capacità del prodotto di attrarre
nuovi consumatori, in questo senso la birra ha dovuto subire a partire dagli anni ’90
una intensa competizione da parte di vino e white spirits oltre a nuovi prodotti quali
bevande alcoliche aromatizzate che hanno riscosso grande successo nei punti horeca.
Il mercato è valutato in 5,6 miliardi di litri o 26,2 miliardi di euro. I gusti dei
consumatori nel corso degli ultimi 30 anni si sono evoluti a tal punto che la tipica
bitter ale (tipo di birra esclusivamente inglese) ha dovuto cedere il trono di regina di
mercato alla più continentale lager una volta vista come una pura aberrazione. Il
ruolo stesso dei tipici pub inglesi è mutato sensibilmente passando da luoghi di
ritrovo maschili dove si consumava solo birra a punti in cui è possibile consumare un
pasto con la propria famiglia. Il 49% della spesa in alcolici delle famiglie inglesi è
riservata alla birra, il consumatore locale occupa il settimo posto nell’EU con 95,4
litri pro capite.
Figura 7: evoluzione della spesa per alcolici in UK
0
10
20
30
40
50
60
birra vino spirit sidro
1996
2000
Fonte Mintel, 2000
La Gran Bretagna ha prodotto nel 2000 5528 ettolitri di birra, questo risultato la
colloca al secondo posto in Europa seconda sola alla Germania, dal 1996 la
produzione è scesa del 5%. Il paese è importatore netto di birra ma recentemente ha
ridotto il suo deficit portandolo da 193,7 milioni di litri del 1996 ai 180 del 2000 per
un totale di 544 milioni di litri di prodotto importato nel 2000 (9,7% delle vendite al
dettaglio). I maggiori esportatori sono Irlanda e Germania con quote di mercato del
32,5% e 19,8% mentre tra i paesi non EU al primo posto la Repubblica Ceca con il
9,7% del mercato delle birre importate seguita dagli Stati Uniti (3,4%). Il 19,2% della
birra esportata si dirige in Francia, leader tra i paesi UE, e il 47,4% in USA. I 6
produttori nazionali (Allied Breweries, Bass, Courage, Grand Met, Scottish
&Newcastle, Whitbread) dominano il mercato anche grazie al controllo delle
omologhe catene di pub di loro proprietà, Guinness occupa un ruolo di tutto rispetto
ma al contrario degli altri big players non ha mai posseduto proprie catene di pub.
Nell’on trade Carling è il brand più popolare con il 10,3% del mercato nel 2000
mentre nell’off trade il primato spetta a Stella Artois (10,6% la sua quota). Passando
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
14
ai canali distributivi va detto che nel 1997 la quota dell’on trade a volume era del
71% contro il 66% registrato nel 2000. Tra le ragioni che spiegano la flessione di 5
punti percentuali la minore frequentazione dei pub da parte di consumatori inglesi, le
campagne pubblicitarie contro la guida in stato di ebbrezza, il maggior costo del
prodotto nei punti horeca.
1-7 IL MERCATO DELLA BIRRA IN GERMANIA
Durante gli ultimi 25 anni il consumo pro capite è sceso di 25 litri attestandosi a 125
litri nel 2000. Nel periodo 1997-2001 si stima che le vendite nell’horeca abbiano
fatto registrare risultati peggiori delle vendite nell’on trade. A prezzi costanti (anno di
riferimento 1997) le vendite nell’on trade sono scese del 14% contro l’8% dell’off
trade. Ciò è dovuto sia alle severe leggi che impediscono agli automobilisti di
consumare alcolici sia allo scarso interesse che i giovani consumatori (i principali
frequentatori di punti horeca) riservano alla birra. Il volume veicolano dall’horeca
nel 2000 è stato di 27,5 milioni di ettolitri contro i 75,5 milioni dell’off trade per un
controvalore di 16,7 miliardi di euro nel primo settore contro i 7,67 dell’off trade. Tra
i segmenti che si sono più distinti recentemente va segnalato quello delle birre
miscelate con altre bevande quali limonata, cola, tequila e vino. Questo segmento era
quantificato in 600000 ettolitri nel 1996, nel 2000 è passato a 1,9 milioni. La birra al
gusto limone è la più venduta (64% del mercato) ma anche quella a gusto cola è
apprezzata (28%). Il leader di questo segmento è Karlsberg con Mixery (0,5 milioni
di hl annui). La produzione nazionale nel 2000 è stata di 110 milioni di ettolitri e nel
2001 si stima sia scesa di un punto percentuale, l’import da paesi esteri è poco
significativo e si aggira sui 3 milioni di ettolitri quindi si può affermare che i tedeschi
rimangono fedeli alle birre nazionali. Il primo paese esportatore di birra in Germania
è la Danimarca con 1321000 ettolitri seguita dal Belgio (504000 hl, +41,6%
nell’ultimo quinquennio). Il primo importatore di birra tedesca è l’Italia con 1711000
hl nel 2000 seguita dagli Stati Uniti con 1486000 hl. In volume l’export totale del
paese raggiunge i 10747000 hl (+16,3% rispetto al 1997). In Germania ci sono 1270
produttori vale a dire solo 20 in meno rispetto al 1992 ma ben 737 di questi
producono meno di 500000 litri annui. I ¾ dei produttori di birra della UE sono
localizzati in Germania, il 53% dei produttori locali in Bavaria.
1-8 IL MERCATO DEGLI SPIRIT IN GERMANIA
La produzione di spirit e liquori in Germania ha avuto un picco di 801 milioni di
bottiglie da 0,7 litri nel 1994 per poi crollare negli anni seguenti a 575 milioni nel
1998 e 534 nel 1999. Il numero delle distillerie continua a diminuire, nel 2000 non
erano più di 90 in maggioranza piccole medie aziende a gestione familiare. Questo
paese è importatore netto di spirit e il prodotto importato ha una quota pari ad un
terzo del mercato, tale quota è destinata a salire in quanto i giovani consumatori locali
prediligono questo tipo di bevande. Nel 1999 il mercato degli spirit importati è
cresciuto del 10% (284 milioni di bottiglie da 0,7 litri), i principali fornitori sono i
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
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paesi UE (66% di tutto il mercato) con in testa Francia (18%) e UK (17 %). L’export
di spirit tedeschi dopo un periodo di crescita modesta tra il 1991 e 1994 (fenomeno
dovuto agli ordinativi provenienti dall’est Europa) anno nel quale raggiunse il valore
di 231 milioni di bottiglie è andato progressivamente perdendo vigore fino a far
registrare un dato di 84 milioni nel 1999. E’ comunque sbagliato ritenere che tutto il
mercato degli spirit sia in crisi, se da un lato i black spirits sono innegabilmente in
difficoltà (con brandy e cognac in testa) i white spirits stanno registrando buoni
incrementi. Tra questi nel 1999 la grappa è stata il segmento con il maggiore tasso di
crescita, ma anche la vodka (che vanta volumi ben maggiori ed è forte di un buon
credito tra il pubblico giovanile che le deriva dal suo respiro internazionale e dalla
sua versatilità come prodotto facile da miscelare) è innegabilmente un prodotto di
successo in Germania. Nonostante sia ben al di sopra della media europea il consumo
pro capite di spirit è sceso sotto i 6 litri ben lontano dal valore di 8 che poteva vantare
la Germania Ovest nel 1980. Il tipico consumatore tedesco di spirit è di mezza età e
risiede al nord ed a est del paese ora è indubbio che tale profilo debba cambiare a
seconda del tipo di spirit considerato, per esempio per la vodka i maggiori
consumatori si trovano nella fascia di età compresa dai 14 ai 29 anni. Il 56% degli
spirit in Germania viene venduto dal produttore o importatore ai grossisti mentre il
restante viene venduto direttamente alle varie catene distributive. Il 15% del prodotto
nel 1999 è stato veicolato dal canale horeca, tale valore era del 17% nel 1993. Le
previsioni sono tutt’altro che rosee visto che i consumi sono previsti in calo ulteriore
anche a cause di ulteriori probabili restrizioni in materia di pubblicità di alcolici,
abbassamento del livello di alcool permesso alla guida e a campagne salutiste miranti
a deprimere i consumi di alcool. Ci saranno fusioni ed acquisizioni tra i produttori
locali e non è escluso qualche take over da parte di produttori esteri. Le distillerie
minori saranno costrette a crearsi proprie nicchie di mercato pena la loro scomparsa.
Inoltre si prevede una ulteriore contrazione dei consumi horeca a favore dei consumi
domestici.
1-9 IL MERCATO DELLE BEVANDE ALCOLICHE NEGLI U.S.A.
Il mercato statunitense delle bevande alcoliche é valutato circa 160 miliardi di $ di
questi il 52% proviene dalla vendita di birra, il 31% da vino e 17% da spirit. Delle 3
categorie sopra menzionate il vino è quello che promette di avere la più forte crescita
(tassi di incremento del 5% annui) ed in particolare il vino rosso forte dei commenti
positivi di report medici è quello che vanta le prospettive migliori. Il mercato della
birra sarà interessato nei prossimi anni da una modesta crescita, forza trainante di
questa è l’atteso incremento del numero dei consumatori tra i 20 e 25 anni. Il settore
spirit è da tempo in declino, a ciò ha contribuito in maniera determinate l’accresciuta
consapevolezza dei consumatori della scarsa salubrità di questi prodotti. Si muovono
in controtendenza gli spirit di alta qualità (effetto diretto del maggior potere
d’acquisto dei consumatori) e tra questi i prodotti importati stanno godendo di
eccezionali tassi di crescita (nel 1998 +14%). Anche il vino importato (nel 1998
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
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+17,7%) e birra (+10,7%) vantano molto credito tra i consumatori. Passiamo ora in
rassegna la situazione nei diversi segmenti del mercato.
Birra: il consumo pro-capite è di 84 litri ed il mercato in volume si aggira sui 22,8
milioni di litri (entrambi i dati si riferiscono al 1998). Alla stagnazione dei consumi
sfuggono le birre chiare e i prodotti delle micro-breweries. Questi sono produttori che
occupano segmenti di nicchia grazie a birre di alta qualità prodotte in modica quantità
e distribuite tramite i canali tradizionali. Ancora più interessante è il fenomeno dei
restaurant brewers i quali offrono i loro prodotti esclusivamente ai loro clienti (la
catena Marriott Hotels si comporta in maniera analoga). Il 30% del consumo totale
avviene in 4 stati (California, Texas, Florida, New York) con la California quale
leader con il 10,8%. Tra le birre chiare Bud Light è al primo posto con un terzo di
tutte le vendite del segmento e vanta la seconda posizione tra le birre più acquistate .
Altre birre chiare in questa classifica sono Coors Light (4° posto tra i brand più
popolari) Anheuser-Busch Natural Light (nona) e Busch Light (decima). La crescente
popolarità delle birre chiare è effetto diretto dell’aumentata domanda di prodotti più
salutari. Il mercato delle birre importate è senz’altro quello che presenta le dinamiche
più interessanti, nel 1999 era valutato nell’ordine dei 2800 milioni di $ contro i 2100
del 1997. Corona è il leader del mercato con una quota del 25% seguita da Heineken
con il 18%, terza è Labatts Blue con il 5,5%. Sul mercato statunitense sono presenti
oltre 2800 prodotti a base malto (solo una decade prima erano un terzo) e tali numero
sembra destinato a crescere visto che le brewer internazionali continuano a produrre
una grande varietà di prodotti di nicchia. Il numero dei produttori locali si aggira sulle
1800 unità ed impiegano 40000 persone, questi constatata la saturazione del mercato
locale hanno iniziato ad aggredire i mercati esteri grazie a strumenti quali
esportazioni dirette accordi di licenza ed investimenti esteri. Questo li a portati a
produrre i loro prodotti in un centinaio di paesi esteri. I grossisti che trattano birra
sono circa 2800 con 93000 addetti. Per ciò che attiene all’ambiente competitivo
locale il mercato è dominato da 3 produttori: Anheuse-Busch Inc, Miller Brewing,
Adolph Coors. Assieme vantano i quattro quinti delle vendite. Anheuser–Busch è non
solo il primo produttore locale ma anche il primo su scala mondiale, 5 dei primi 10
brand più popolari appartengono al suo portafoglio prodotti per un totale del 48%
delle vendite dell’intero settore. I suoi prodotti più noti sono Budweiser e Bud Light.
Miller, la seconda brewer sul mercato, è una controllata di Philip Morris, ha tentato di
conquistare quote di mercato con una politica di bassi prezzi ma ciò a semplicemente
portato ad un ribasso generale del livello dei prezzi sul mercato, recentemente ha
cambiato tattica e si è dedicata ad acquisizioni importanti (Stroh Brewery Co.) e ha
focalizzato gli investimenti sui propri top selling brands cioè Miller Lite, Miller Beer,
Miller Genuine Draft. La terza brewer (Adolph Coors) detiene il 9% del mercato, tale
valore è generato principalmente dalla vendita di Coors Light. Passando in esame i
canali distributivi che veicolano il prodotto và detto che a differenza di spirit e vino la
birra viene distribuita direttamente dalle brewer al dettaglio quindi la funzione dei
grossisti in questo settore è marginale. Il canale horeca è il primo in quanto a vendite
con il 26%, il mercato off–trade si divide in convenience stores e gas stations (20%)
supermarket (19%) e dettaglianti specializzati (17%). Il primo canale off–trade
Capitolo primo – Le bevande: mercati internazionali
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risultano quindi essere i convenience stores, questi a causa del limitato spazio
espositivo possono offrire una selezione ridotta dei principali brand. Il contrario
accade nella GDO dove viene offerta una gamma ampia e dove la birra è il decimo
articolo più acquistato. La massima ampiezza dell’offerta viene raggiunta nei negozi
specialistici che risultano quindi essere il miglior punto di partenza per nuovi prodotti
che vogliano approcciare il mercato locale.
Vino: questa è la bevanda alcolica che negli ultimi anni ha sperimentato i più forti
tassi di crescita. Nel periodo 1994-1998 il mercato locale è aumentato in volume del
21% e a valore del 60%, ora è quantificato in 26,9 miliardi di $. La crescita maggiore
del mercato a valore rispetto a quello a volume testimonia l’interesse crescente dei
consumatori per prodotti di alta qualità e maggior prezzo. Gli Stati Uniti sono il
quarto maggior produttore mondiale di vino ma sono solo al 30° posto in quanto a
consumo pro capite con 8 litri pro capite contro i 60 dei francesi. Dalla California
proviene il 90% del volume della produzione nazionale ed il 72% dei vini venduti è
qui prodotto. I consumatori statunitensi tendono ad apprezzare di più le bevande dolci
quindi non sorprende sapere che il vino bianco vanta la maggiore quota del mercato
38% del mercato nel 1998) seguito dal vino rosso e rosato (rispettivamente 26% e
20% del mercato). I vini importati hanno beneficiato della tendenza che porta i
consumatori ad acquistare prodotti di alta qualità e prezzo elevato, tendenza che
interessa tutto il mondo degli alcolici. Nel 1999 il mercato dei vini importati era
quantificato in 3,3 miliardi di $ contro i 2,4 del 1997. Francia ed Italia detengono
assieme il 62% del mercato ma Australia (3° posto) e Portogallo (6°) sono le nazioni
che negli ultimi anni hanno fatto registrare i tassi di incremento maggiori. Per il
mercato del vino negli Stati Uniti sono previsti nei prossimi anni tassi di crescita del
5% con il vino rosso maggiore protagonista. Parte del merito di questi incrementi va
anche a studi medici che hanno dimostrato che un modesto consumo di vino ha
influssi benefici sulla salute, diminuzione del rischio di malattie cardiache e senili tra
gli altri. In controtendenza sono visti i vini frizzanti e vermouth. Una migliore
conoscenza e consapevolezza del prodotto faranno da traino alle vendite, oggi molti
consumatori preferiscono birra a vino in quanto pensano che sia minore la possibilità
di acquistare una cattiva birra rispetto a quella di acquistare un cattivo vino. Inoltre il
vino è visto come una bevande più formale rispetto alla birra, quindi un acquisto che
richiede maggiore meditazione. In California sono concentrati 750 produttori anche
se solo una piccola parte di questi produce quantità significative, 20 produttori
californiani contribuiscono al 90% della produzione domestica, il che equivale a dire
che quasi tutto il vino statunitense proviene da quello stato. Ernest & Julio Gallo è il
primo produttore mondiale nonché locale con una quota del 25% del mercato, nel
1998 ha registrato vendite per 2600 milioni di $. Il suo concorrente principale sul
mercato è Canandaigua Wine Company con una quota del 13%, al contrario del
leader che ha costruito le sue fortune tramite la qualità dei suoi prodotti il competitor
ha raggiunto la seconda posizione sul mercato tramite una politica di acquisizioni
aggressiva. Nel 1998 il totale delle sue vendite ammontava a 1800 milioni di $. I vini
locali godono di una buona reputazione all’estero come si può facilmente dedurre
osservando il grafico qui di seguito.