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riferimento alle tre dimensioni (ambientale, economica e sociale) su cui tale
concetto poggia. Poi, nello stesso capitolo, si passa ad analizzare i processi
produttivi agricoli, evidenziandone i maggiori problemi causati da un uso
insostenibile delle risorse naturali, per concludere infine con una
presentazione dell’agricoltura biologica quale modello di sostenibilità in
agricoltura.
Il Cap.2 è dedicato alla normativa sulle produzioni biologiche, sia a
livello europeo che nazionale, e alla riforma della politica agricola
comunitaria, con ciò che di positivo e negativo tale riforma comporta per il
settore biologico.
Nel Cap.3, con l’obiettivo di evidenziare la crescita che ha interessato il
settore a partire dal 1990 in poi, si analizza l’andamento della produzione
biologica e dei relativi consumi che si è avuto sul piano internazionale.
Ancora, con riferimento alla realtà italiana, si procede ad una analisi
settoriale in termini di produzione, trasformazione e consumi e, analizzando
i punti di forza e di debolezza del settore, si cerca di delineare il suo
possibile futuro.
Nel Cap.4 si affrontano le problematiche del sistema distributivo ed il
ruolo che questo riveste nella diffusione dei prodotti biologici. Partendo da
una analisi dei differenti canali distributivi in Europa, si passa ad analizzare
il sistema distributivo italiano ed i cambiamenti che lo hanno interessato
negli ultimi dieci anni.
6
Infine, nel Cap.5, si descrivono le forme più innovative ed alternative di
vendita dei prodotti biologici, alcune delle quali, presumibilmente, possono
rappresentare dei validi strumenti commerciali per lo sviluppo del settore
biologico e per la diffusione dei relativi prodotti. Il capitolo termina con una
indagine condotta su un campione di aziende biologiche della regione
Campania, con lo scopo di analizzare la loro propensione al commercio
elettronico, uno dei canali innovativi di vendita che presenta le maggiori
potenzialità di crescita e sviluppo.
7
Capitolo I
Sviluppo sostenibile e produzione agricola
1.1 Il concetto di sostenibilità
Il concetto di sostenibilità presuppone l’assegnazione di un valore non
solo ai vari stadi del processo di lavorazione industriale e della vendita dei
beni, ma anche al primo input presente nella catena di trasformazione: le
risorse naturali. Da sempre tali risorse sono state considerate un bene
“gratuito” e disponibile per tutti; ma questo modo di pensare ha di fatto
introdotto tutta una serie di costi ambientali, sociali e gestionali che solo ora
ci troviamo a dover iniziare a pagare. Basti pensare, ad esempio, come la
qualità dell’aria impone alle autorità di prendere provvedimenti restrittivi
nei confronti della mobilità dei cittadini e delle merci, con danni anche per
l’economia in generale.
Con riferimento alla realtà aziendale, applicare una strategia di
“sviluppo sostenibile” vuol dire creare nuove fonti di valore partendo da un
migliore utilizzo delle risorse naturali. Ciò è possibile se si inizia a tener
conto e valutare per intero tutte le forme di capitale (prodotto, umano,
finanziario e naturale), migliorando il flusso dei servizi forniti, riducendo
iniquità di reddito e di benessere materiale, dando risposte ai bisogni reali
delle persone e non solo ai bisogni del mondo degli affari e dell’industria.
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A tal fine è importante individuare e analizzare a fondo gli elementi
critici e gli opportuni interventi strategici che possano sviluppare e rendere
realizzabile il concetto di sostenibilità. In via generale e semplificata,
presentiamo tali interventi.
«Aumentare la produttività delle risorse naturali». Ciò consente di
rallentare l’utilizzo di risorse all’inizio del processo produttivo e diminuire
l’emissione di inquinanti alla fine del processo. L’obiettivo è quello di
eliminare gli sprechi di energia, acqua, materie prime e di tutti gli altri input
del processo industriale. Ne risultano minori costi per il sistema produttivo e
per la collettività. In effetti tutti i danni ambientali e sociali sono il prodotto
di un uso antieconomico delle risorse umane e naturali. Aumentare la
produttività delle risorse significa ottenere lo stesso lavoro utile da un
prodotto o da un processo usando meno materiali e meno energia. Si parla di
poter migliorare l’efficacia, misurando i fattori in termini fisici, di un
“fattore dieci” (cioè una riduzione del 90% dell’intensità energetica e dei
materiali) o di un “fattore quattro” (una riduzione del 75%). Tuttavia è
necessario modificare leggi e politiche in modo da orientare tasse e sussidi
verso un uso efficiente dei materiali e dell’energia, anche in modo da
incentivare la sostituzione di vecchie tecnologie industriali con nuove
tecnologie basate su processi e materiali naturali, e dunque in modo da
promuovere l’utilizzo sistematico di tecnologie innovative che consentono
di realizzare processi industriali con un minore impatto ambientale.
9
Tasse e sussidi sono, in pratica, una forma di comunicazione in grado di
influenzare il cambiamento nei comportamenti degli attori economici,
poiché questi si comportano in conseguenza degli andamenti dei prezzi.
Quando qualcosa viene tassato, si tende a comprarne meno, mentre se
qualcosa viene incentivato, i prezzi scendono e si tende ad acquistarne di
più.
L’introduzione di una tassa “ambientale” deve essere accompagnata da
riduzioni corrispondenti di altre imposte in modo tale che la pressione
fiscale complessiva rimanga invariata. La neutralità sul gettito del prelievo
ambientale consente di evitare che si manifestino effetti macro-economici di
natura recessiva e che il gettito dell’imposta possa essere utilizzato anche al
fine di ridurre l’impatto sui settori produttivi maggiormente colpiti
dall’imposta; al contempo, scegliendo adeguatamente le imposte da ridurre,
si possono ottenere benefici addizionali dalla manovra fiscale. Per sua
natura, l’obiettivo del prelievo ambientale non è quello di produrre gettito,
ma di modificare i comportamenti di produttori e consumatori in modo tale
da migliorare le condizioni dell’ambiente.
Una pratica che aiuterebbe a migliorare radicalmente la produttività
delle risorse sarebbe quella di spostare l’imposizione fiscale dal lavoro
all’inquinamento, allo sfruttamento di risorse e ai rifiuti, tutti attualmente
incentivati.
10
Ciò non implica ridefinire chi paga le tasse, bensì che cosa viene
tassato: si può liberare il lavoro dalla tassazione e far pagare la produzione
di rifiuti e l’estrazione di risorse, così il capitale offrirà più lavoro e cercherà
di risparmiare risorse. Ad esempio, in Danimarca la crescita della pressione
fiscale sulle discariche ha fatto crescere il riuso di macerie da costruzione
dal 12% all’82% in meno di dieci anni (la media dei paesi occidentali è del
4%)
1
.
Il problema del risparmio nell’utilizzo delle risorse e della riduzione
delle emissioni e sprechi, può essere affrontato anche con una nuova
strategia che richiede nuove idee e una nuova mentalità imprenditoriale, che
consideri i sistemi industriali nel loro complesso secondo una visione
sistemica piuttosto che come un insieme di parti. Si tratta di applicare il
“Lean Thinking”, un metodo che mira ad accrescere la flessibilità
dell’impresa attraverso strutture organizzative agili, un’attiva e intelligente
partecipazione delle persone al processo produttivo, un uso delle tecnologie
meglio integrato con l’attività umana. Il Lean Thinking non è altro che la
ricerca degli sprechi e la loro eliminazione alla scopo di produrre di più con
un minor consumo di risorse (Womack e Jones, 1997).
«Riformulare il sistema industriale secondo principi biologici», che
cambiano la natura dei processi industriali attraverso il costante riuso dei
materiali in cicli chiusi continui e l’eliminazione delle sostanze tossiche.
1
Dati riportati in Capitalismo Naturale pag. 162.
11
Dunque, il concetto principale che anima questo approccio è che lo
“spreco” (o “prodotto di scarto”) di un processo industriale può essere
materia prima di un altro processo industriale. Adottando tale metodo, ogni
output o torna nell’ecosistema come fonte di “cibo” per altri processi
naturali/organici, oppure viene inserito in un altro ciclo produttivo.
Cosicché, se più aziende collaborassero tra loro, gli scarti di un’azienda
possono diventare input per un’altra.
In conclusione, volgere l’attenzione alla imitazione dei processi
biologici ed ecosistemici consentirebbe di ridurre lo spreco nei flussi di
materiali, fino ad eliminare completamente l’idea stessa di spreco e rifiuto.
Inoltre, un management integrato di scarti e risorse può tagliare i costi di
trasporto, i costi ambientali ed i costi connessi con gli sprechi.
«Cambiare i modelli di business», promovendo un modello di servizio
che enfatizzi la soluzione dei problemi e che preveda la costruzione di
relazioni di lunga durata con i clienti, secondo i principi di una strategia di
marketing relazionale, piuttosto che semplicemente fare e vendere prodotto.
Si tratta quindi di cambiare alla base la relazione tra produttore e
consumatore, trasformando una economia di merce e acquisto in una
economia di servizio e di flusso. Dunque, una economia nella quale anziché
produrre e vendere merci venissero forniti ai consumatori dei servizi, grazie
a varie forme di noleggio e leasing.
12
In questa prospettiva, i produttori cessano di considerarsi venditori di
prodotti e diventano fornitori di servizi. Il noleggio e il ritorno del prodotto
significano che il prodotto rimane patrimonio dell’impresa. A questo punto
chi offre i servizi sarebbe incentivato a mantenere in funzione al meglio i
propri mezzi di produzione, anziché immettere prodotti che devono
rompersi per essere poi rimpiazzati.
Inoltre, lo spostamento verso un modello di business basato sui servizi
consente dei vantaggi non solo per coloro i quali partecipano al business, ma
in generale per tutta l’economia. Infatti un’economia basata sul flusso di
servizi potrebbe servire a stabilizzare i cicli commerciali, riducendo la
volatilità e la ciclicità proprie dei mercati di beni, in quanto i consumatori
acquisterebbero in modo continuo un servizio, sulla base di contratti anche
pluriennali di fornitura di servizi, anziché in modo discontinuo beni
durevoli.
«Investire negli stock di capitale naturale», affinché la biosfera ci
fornisca il maggior numero di servizi e risorse.
In realtà non esiste alcuna netta separazione tra vita economica e vita
ecologica: come il fondamento del capitalismo tradizionale è il prudente re-
investimento dei guadagni in capitale produttivo, così la nuova idea di
capitalismo basato su un “approccio sostenibile” deve basarsi sulla necessità
di re-investire nel capitale naturale.
13
Per cui, se si vuole mantenere il flusso di servizi proveniente dal
sistema industriale per una popolazione che continua a crescere, è
assolutamente necessario restaurare, sostenere ed espandere la più
importante forma di capitale, cioè la risorsa biologica di base.
1.1.1 Un approccio per combattere lo spreco
Come sopra riportato, il Lean Thinking è un metodo che mira ad
individuare gli sprechi con lo scopo di eliminarli, in modo da poter produrre
di più con un minor consumo di risorse. Gli autori di tale approccio,
Womack e Jones, individuano cinque elementi base per effettuare una
efficace lotta allo spreco.
Innanzitutto, fondamentale è il concetto di valore. Questo può essere
definito esclusivamente dal cliente finale. Assume significato solo nel
momento in cui lo si esprime in termini di uno specifico prodotto in grado di
soddisfare le esigenze del cliente ad un dato prezzo e in un dato momento.
Invece, la definizione di valore è ovunque distorta dal potere di
organizzazioni, tecnologie e impianti non ammortizzati preesistenti,
ragionamenti sulle economie di scala. La definizione accurata del valore
rappresenta il primo passo del “pensiero snello”. Il consumo di risorse è
14
giustificato solo per produrre valore, altrimenti è muda, e fornire il prodotto
o il servizio sbagliato nel modo giusto è ancora un muda
2
.
Il secondo principio è l’identificazione del flusso di valore. Non basta
ottimizzare i meccanismi di creazione del valore all’interno della propria
azienda, ma bisogna avere la capacità di guardare all’intero sistema di
produzione e di distribuzione del valore. Di qui la necessità di andare oltre
la singola unità aziendale e di attivare rapporti di partnership con tutti i
propri fornitori, in modo da favorire un incontro continuativo di tutte le parti
coinvolte per creare un canale all’interno del quale far scorrere l’intero
flusso di valore e dal quale eliminare tutto il muda.
Il terzo principio consiste nel far scorrere il flusso di valore individuato
per un dato prodotto. Per far sì che le attività creatrici di valore fluiscano, è
necessario modificare la convinzione che le attività dovessero essere
raggruppate per tipologia per poter essere eseguite in modo più efficiente e
gestite più facilmente. Questo modo di pensare determina una situazione di
“lotti e code”, che significa sempre lunghi tempi di attesa durante i quali il
prodotto aspetta pazientemente che l’”ufficio” addetto si attrezzi per il tipo
di attività di cui esso ha bisogno.
2
“Muda” è un termine giapponese che indica il concetto di spreco. Tuttavia, nella cultura
giapponese questo termine si carica anche di un significato sociale ed etico, e “può essere
paragonato al concetto di peccato nella cultura cattolica” (G. Volpato, Università Ca’
Foscari di Venezia).
15
In realtà i compiti possono quasi sempre essere eseguiti in modo più
accurato ed efficiente se il prodotto viene lavorato ininterrottamente dalla
materia prima al prodotto finito, in modo che tutte le attività richieste per
progettare, ordinare e fornire il prodotto avvengano in un flusso continuo.
Altro principio si basa sulla necessità di subordinare la produzione
all’effettivo manifestarsi della domanda (pull). In passato la domanda si è
presentata per lunghi periodi in modo linearmente crescente, pertanto era
opportuno giocare d’anticipo con la realizzazione di forti stock di prodotti.
Invece oggi la domanda appare sempre più instabile sia sotto il profilo
quantitativo che sul piano della volatilità delle preferenze, cosicché produrre
per il magazzino significa produrre quantità esuberanti di prodotti non
desiderati che dovranno essere smaltiti a prezzi di saldo. Dunque, riuscire a
lanciare un’operazione produttiva solo quando essa si rende necessaria
consentirebbe di eliminare una grande quantità di sprechi. Infatti, dire che il
flusso è “tirato” (pull) continuamente dal cliente significa che niente viene
prodotto a monte se a valle qualcuno non lo richiede. È l’opposto
dell’approccio “push”, seguendo il quale si producono grandi quantità di
beni in anticipo basandosi sulle previsioni di domanda, cosa che appunto è
sempre più difficile. Inoltre la subordinazione della produzione all’effettivo
manifestarsi di una domanda specifica è grandemente agevolata dalle
potenzialità delle tecnologie dell’informazione, che permettono di contrarre
i tempi di trasmissione degli ordini e di effettuazione delle singole
16
operazioni, e consentono di sviluppare tutte le opportune strategie di
marketing relazionale. Ultimo principio del Lean Thinking è la ricerca
costante della “perfezione”, che altro non è che l’eliminazione dello spreco
(di risorse e di energia) attraverso un continuo e sistematico processo di
miglioramento.
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1.2 Riferimento teorico per il concetto di sostenibilità
La definizione più nota di sviluppo sostenibile è sicuramente quella
contenuta nel rapporto Brundtland
3
, che definisce sostenibile lo sviluppo
che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza
compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare
i propri. Quando si parla di sostenibilità non bisogna mai dimenticare che
essa si compone di tre dimensioni, connesse e inscindibili: la dimensione
ecologica (o ambientale), economica e sociale.
La prima non è riconducibile alla pur necessaria conservazione degli
ecosistemi e della biodiversità, distinti e separati dalla storia umana, ma è
fondamento della connessione fra natura e cultura. La dimensione ecologica
della sostenibilità si presenta, dunque, come una più generale dimensione
culturale che implica e richiede coscienza dei limiti e capacità di
regolazione.
La dimensione economica obbliga a ripensare l’economia: a fondare
una vera e propria nuova economia-ecologica, un nuovo campo di studi
interdisciplinare che riguarda le relazioni fra ecosistemi e sistemi
economici
4
.
3
Rapporto della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo 1987, nota anche
come “Commissione Brundtland” dal nome della presidente, la norvegese Gro Harlem
Brundtland.
4
Molti economisti ambientali, idealmente capitanati da Nicholas Georgescu-Roegen, hanno
condotto un’analisi critica e profonda dell’economia classica, approfondendo notevolmente
la concezione economica strettamente legata alla crescita, evidenziandone i limiti e
l’infondatezza degli assiomi su cui essa poggia, sviluppando al tempo stesso modelli
alternativi di economia che tengano conto, appunto, delle relazioni economia-ecosistemi.
18
Un primo filone di economia ecologica può essere fatto risalire a N.
Georgescu-Roegen che, analizzando l’economia anche dal punto di vista
delle leggi della fisica (in particolare della termodinamica), propone di
riformulare la rappresentazione neoclassica del processo economico come di
un meccanismo circolare e reversibile, con una visione che integri i principi
della termodinamica, in particolare il fatto che i processi non sono
reversibili.
Infine abbiamo la dimensione sociale, che è la più complessa ed anche
la meno studiata. Ad essa possono essere ricondotti alcuni principi (di equità
fra generazioni, di non discriminazione, di prevenzione e precauzione, ecc.)
che poi ispirano scelte politiche come la cooperazione multilaterale, la lotta
alla povertà, politiche demografiche responsabili, ecc.
La società, l’economia e l’ambiente sono interdipendenti; quindi
l’alterazione di uno di essi si ripercuote sugli altri. Ogni processo produttivo
determina alterazioni ambientali che, a loro volta, si ripercuotono
sull’economia e, quindi, sui sistemi sociali.
La sostenibilità non significa un’economia statica o stagnante, ma
bisogna distinguere fra “crescita” e “sviluppo”. La crescita economica, che è
una crescita in quantità, non può essere indefinita in un pianeta finito. Lo
sviluppo economico, che è un miglioramento nella qualità della vita, senza
necessariamente causare un incremento della quantità di risorse consumate,
può essere sostenibile.