A chi sta sognando.
A chi è ancora sveglio.
A chi non ricorda.
A chi ha già dimenticato
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PREMESSA
Dove ti trovi? Sei davanti a una pagina e credi sia inutile andare avanti con la lettura. O
forse credi che quel che si trova nelle prossime righe sia ordinaria amministrazione.
Forse sei uno di quelli che non ha immaginazione, che crede che la vita vada dalla A alla
Z e che tutto ciò che si debba fare è seguire il percorso. Se sei uno di quelli, questa lettura
non fa per te.
La vita scorre come un film. Chiunque desidera un videoregistratore per poter rivedere
quel che ha combinato nella vita. Almeno io ho sempre avuto questo sogno. Ma
immagina cosa succederebbe se invece di vivere la vita partendo dall’oggi per andare
verso il futuro, essa partisse dalla fine, dalla tua morte e andasse a ritroso fino al giorno
della tua nascita. E immagina ancora cosa capiresti di un articolo di giornale se lo
leggessi partendo non dall’inizio ma dalla fine. Prova! Non è la stessa cosa, vero? C’è
qualcosa di strano ma allo stesso tempo originale e stimolante (oltre che, naturalmente,
faticoso). E ancora: chiudi gli occhi.
Li hai chiusi?
Adesso sei un anziano, ma col tempo ringiovanirai. Lo sai, te lo senti. Le esperienze che
fai adesso ti serviranno per quando sarai più giovane e forte e solo allora capirai il perché
di certe scelte che ti hanno portato a diventare quello che sei stato. Perché ti sto parlando
di questo scenario impossibile? Perché voglio metterti nell’ottica di ciò che leggerai se
deciderai di addentrarti nelle prossime pagine. La tua memoria? Azzerata. Il tempo? Non
esiste. L’unica cosa certa è che stai leggendo e che niente va nella direzione che eri
abituato a seguire. Ha ragione il professor Keating di Dead Poets Society (L’attimo
fuggente, 1989) quando, salito coi piedi sulla cattedra, afferma
Sono salito sulla cattedra per ricordare a me stesso che dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni
diverse. E il mondo appare diverso da quassù. Non vi ho convinti? Venite a vedere voi stessi. Coraggio! È
proprio quando credi di aver capito pienamente una cosa, è quello il momento per cominciare a guardarla
da un’altra prospettiva.
Di recente ho capito che la memoria regola i rapporti tra noi e gli altri essere umani. A
volte questi rapporti sono d’amore, altre d’odio. Due fidanzati si amano per il tempo
trascorso assieme, mentre due vicini di casa si odiano per screzi passati.
La memoria ci tiene in vita.
La memoria ci uccide.
Senza memoria non esistiamo.
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Un po’ come tutte le grandi avventure della vita, anche questo progetto di tesi nasce da
un sogno, da una passione, in questo caso quella per il cinema e per il suo onirico mondo
fatto d’emozioni pure. Era una notte d’inverno (si sa, è sempre una notte d’inverno; ma
in questo caso, è vero!) quando, con un amico, vidi Memento, che mi colpì da subito per
il suo montaggio in ordine cronologico inverso. È la storia di un uomo che vuole
vendicare la moglie, stuprata e uccisa. Missione già di per sé non facile ma resa
impossibile da un piccolo inconveniente: l’uomo perde la memoria ogni quindici minuti e
non riesce a immagazzinare nuove informazioni dal giorno dell’incidente. L’unica
soluzione è scrivere tutto ciò che gli serve su pezzi di carta, meglio ancora se sul proprio
corpo.
Forse fu allora che per primo mi balenò l’idea di una tesi sul tempo e sulla memoria nel
mondo del cinema contemporaneo. Sulla sua alterazione.
Vedi anche: distorsione.
È la memoria la linfa vitale di Memento. Ed è la memoria anche l’elemento fondamentale
che sembra chiarire l’impossibilità dell’uomo moderno di ricordare; come se si stesse
perdendo il contatto con le radici della nostra esistenza, in un trampolino di lancio verso
un futuro ignoto. È come un sogno, come Waking Life o Matrix o Apri gli occhi. Forse
stiamo sognando ma non ce ne rendiamo conto. L’unica soluzione è saltare o buttarsi giù,
per vedere se si vola o se ci si sveglia. Gli uomini lo fanno continuamente.
Sei sveglio?
Sei morto?
Stai già volando?
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INTRODUZIONE
Il cinema è da sempre lo specchio dei tempi. Ha accompagnato le generazioni nei suoi
cambiamenti ed è stato costantemente al loro fianco come una musa ispiratrice, come
un’ideale al quale aggrapparsi, uno stile di vita da perseguire. Decennio dopo decennio, il
cinema ha raccontato i grandi avvenimenti della storia umana sintetizzando in poche ore
le emozioni e i ricordi di mesi o di anni: le guerre mondiali, l’olocausto, il Vietnam, i
tumulti degli anni Sessanta. Ma tutto ha sempre avuto una matrice comune: il tempo.
Tempo che, col suo scorrere incessante, scandisce i ritmi della vita e come essa ha un
inizio e una fine ben definiti. Ma si è fatta strada una nuova idea del tempo. Si è
immaginato cosa potesse essere della nostra vita se esso potesse essere spezzettato, se si
potesse andare avanti e indietro a piacimento e, perché no?, cambiare il nostro destino
oppure non cambiarlo affatto. Mai come oggi il senso del tempo ha visto un rifiuto così
netto. Esso, facendo tesoro della vecchia lezione di Jean-Luc Godard
1
, non va in avanti
ma all’indietro in una sorta di cinema alla rovescia in cui lo spettatore non riesce a
destreggiarsi nella storia se non con un forte ausilio della memoria.
Nel primo capitolo si parla della manipolazione, della distorsione o alterazione del tempo
e della memoria nel cinema contemporaneo. Si cerca di privilegiare i film più recenti o
per certi versi più conosciuti, anche se spesso si ricorre a titoli degli anni ottanta o perché
precursori di un genere (o di una tecnica) o perché già si intravedevano, abbozzati, quei
primi temi che si trovano con tanta frequenza nel cinema di questi ultimi anni. L’opera
che si prende ad esempio per osservare questo disorientamento è Memento di Christopher
Nolan. Narra di Leonard, un uomo che non riesce ad accumulare nuovi ricordi dal giorno
dell’incidente in cui sua moglie venne stuprata ed uccisa. Nella colluttazione con uno dei
malviventi, Leonard riporta un trauma cranico che gli consente di vivere solo nel
presente e solamente per quindici minuti. Dopodiché dimentica tutto. L’originalità di
questo film è il suo montaggio alla rovescia. Il ritmo e l’atipica scansione temporale
impediscono a qualsiasi spettatore un’immediata decifrazione delle scene. Passeranno
molti minuti prima che si riescano a raggranellare bricioli di significato. Forse anche di
più. E a quel punto sarà troppo tardi. Il film è in dirittura d’arrivo e l’unica cosa da fare è
rivedere tutto. Daccapo. Ma questo montaggio originale, seppure infrequente, non è
unico, anche se esso è di sicuro il primo che ha spezzettato il tempo in frammenti così
brevi da rendere indecifrabili i motivi di ogni singola azione del protagonista.
1
“In una storia c’è sempre un inizio, un centro ed una fine ma non necessariamente in quest’ordine” (fonte:
www.persinsala.it)
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Di questo film ne viene approfondita l’analisi nel corso del secondo capitolo, ma la sua
presenza aleggia costantemente anche nel primo, in quanto vengono presentati alcuni
film che vantano un montaggio simile all’opera di Nolan. Successivamente, l’analisi del
primo capitolo si sposta verso quei titoli in cui tempo e memoria subiscono delle forti
alterazioni dovute ai più svariati motivi: al senso di colpa, al progresso tecnologico, ad un
ipotetico cambiamento della società, ai misteri esoterici.
Per finire, in appendice, è presente il racconto breve di Jonathan Nolan che ha ispirato il
film Memento. Il Memento Mori del fratello del regista non è mai stato tradotto in
italiano e per questo, oltre al racconto in lingua madre (l’inglese), è presente anche una
mia traduzione in italiano. Si è cercato di mantenere l’impostazione originale del
racconto e per cui gli spazi, il carattere e in generale la formattazione, sono rimasti
invariati.
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Capitolo primo
TEMPO E MEMORIA NEL CINEMA CONTEMPORANEO
Come posso morire, come posso guarire
se non riesco a sentire il tempo? […] La
memoria può cambiare la curva di una
stanza, il colore di una macchina. I ricordi
possono essere distorti, sono una nostra
interpretazione, non sono la realtà, sono
irrilevanti rispetto ai fatti.
Leonard Shelby, Memento
1. Amarcord
“Mi ricordo…”. Ma l’uomo ricorda davvero o ricostruisce sempre? Quali sono quegli
aspetti che maggiormente ci influenzano nella scelta di ciò che ricordiamo permettendoci
di “tornare indietro nel tempo” evocando in noi la memoria? Tendiamo a manipolare ciò
che ricordiamo sulla base di ciò che sia degno tenere a mente e cosa invece sia destinato
all’oblio. Siamo abituati a comprare souvenir, a tenere biglietti della metropolitana o dei
musei perché abbiamo bisogno di dimostrare che abbiamo visitato paesi diversi, posti
diversi o più semplicemente che esistiamo, che siamo vivi. Molto più spesso invece il
nostro attaccamento a un oggetto deriva dalle emozioni che il suo ricordo ci suscita. Una
vecchia fotografia, quel biglietto d’auguri, quel vaso…tutti questi oggetti sono portatori
di memoria individuale. Il concetto di memoria è un concetto cruciale in quanto esiste la
convinzione che la memoria non sia semplicemente una funzione individuale ma
soprattutto sociale.
Esiste una memoria individuale che rappresenta la coscienza stessa dell’individuo ed esiste una memoria
collettiva, condivisa dalle persone appartenenti ad un gruppo; ma la memoria sociale è un sistema
autonomo, frutto delle tecnologie della comunicazione di ogni società, correlato alle trasformazioni della
società stessa
2
.
2
DARIO VIGANÒ, La camera oscura, vol. 1, Effatà, Cantalupa (To) 2002, p. 7.
10
Gli uomini, quando ricordano, cioè quando accedono al passato, sono influenzati dal
sistema sociale all’interno del quale sono inseriti. Questo comporta il fatto che ogni
uomo sia portato a ricordare più facilmente eventi legati alla propria comunità di
appartenenza come fossero parte del suo passato individuale. La memoria è dunque un
elemento essenziale dell’identità, individuale o collettiva. Bisogna ricordare un’ulteriore
distinzione tra memoria sociale, intesa come memoria della società indipendente dal
gruppo, e memoria collettiva ossia l’organizzazione dei ricordi da parte di un gruppo. La
memoria è dunque un elemento dinamico in cui i ricordi non si trovano in una posizione
statica ma possono essere riattivati continuamente in qualsiasi ordine cronologico. Essi
costituiscono le nostre paure o i nostri sogni e si modificano continuamente nel rapporto
con gli altri. È proprio da questa interazione che si origina la faccia nascosta della
memoria che fa in modo che alcuni elementi “turbanti” per il presente scompaiano
destinandoli all’oblio per evitare che influenzino il presente.
Bisogna inoltre ricordare che all’interno del processo della memoria si viene a costituire
la cosiddetta struttura di plausibilità, nel senso che il soggetto è in grado di distinguere se
ciò che ricorda sia verosimile o meno. Sebbene la memoria sia il legame che unisce il
presente con il passato e quindi sia necessaria all’uomo per orientarsi nella vita, non tutti
i ricordi possono appartenere alla memoria. Qui, la memoria sociale più che custodire il
passato lo costruisce, poiché di fatto, “L’uomo non ricorda nulla: ricostruisce sempre”
3
.
A tal proposito ricordiamo che Jedlowski ci dice che
Quella della memoria è una strana condizione: il passato lascia tracce, e a volte sono tracce indelebili: ma
poi è il presente che ricorda – non potrebbe essere altrimenti – e il passato si veste in buona misura come al
presente aggrada. Il testimone media tra lo ieri e l’oggi: porta il passato entro il presente, ma, altrettanto, il
presente dentro a ciò che chiamiamo il passato.
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Questa premessa mi sembrava doverosa prima di accingermi a riflettere del rapporto tra
cinema e memoria di cui si possono individuare tre forme: memoria storica, sociale e
collettiva. Per quanto riguarda la prima è sufficiente ricordare i film storici e mitologici, i
documentari o le opere neorealiste per renderci conto della funzione del cinema come
testimone del patrimonio storico di una comunità. Il suo compito non è solo raccontare
dei fatti nudi e crudi, ma anche riattualizzarli e rigenerarli. Il cinema è anche memoria
sociale in quanto permette alle varie generazioni di avere un’immagine in cui
3
Citazione attribuita a Lucien Febvre, noto storico francese.
4
P. JEDLOWSKI – M. RAMPAZI, Il senso del passato, Angeli, Milano 1991, p. 27.
11
riconoscersi dotandole un’identità generazionale. A volte riesce nell’impresa di veicolare
una cultura alternativa e nuovi ideali. Infine cinema è memoria collettiva, e cioè una sorta
di sublimazione della memoria sociale e individuale che rende possibile il
riconoscimento di valori sentiti non solo propri di un individuo ma anche appartenenti a
un gruppo sociale. Si pensi ad esempio tutti i film di mafia “made in Italy” in cui si cerca
spesso di riconciliare due realtà complesse come possono essere la malavita e il potere
politico, oltre alle proteste e all’indignazione della gente comune.
2. Cosa succederà prima?
A chi non è mai capitato, guardando un film, di chiedersi “cosa accadrà?, che farà il
protagonista?, come finirà?”. In alcuni film questa domanda è rovesciata, e questo perché
la scansione temporale, il montaggio in altre parole, è alterato dal fatto che il film parte
dalla fine e corre verso l’inizio. Qui la domanda più giusta sarebbe: “cosa succederà
prima?”.
Il racconto cinematografico ha un inizio e una fine dati che corrispondono all’inizio e alla fine della
pellicola e la finalità narrativa del film deve realizzarsi necessariamente all’interno di questa durata.
5
Si affronterà in dettaglio l’analisi di Memento nel prossimo capitolo; qui è utile un cenno
ad opere che presentano una struttura temporale simile.
2.1. Le caramelle della memoria
Peppermint Candy
Bakha Satang (Peppermint Candy, 1999) di Lee Chang-dong è un viaggio a ritroso nel
tempo che parte dalla morte del protagonista e torna indietro di vent’anni nel luogo in cui
ha avuto inizio l’intreccio diegetico.
Il procedimento è stato utilizzato da Gaspar Noé (Irréversible), ma soprattutto da Lee Chang-Dong in
Peppermint Candy, caso estremo poiché metafora sulla storia – e l’amnesia volontaria – di un paese
intero
6
.
5
ANDREA BELLAVITA, Il cerchio infinito, in “Segnocinema” n. 106, Novembre-Dicembre 2000, p. 3.
6
LAURENT AKNIN, À propòs de Cortex de Nicolas Boukhrief, in Avant Scène Cinema n. 567, 2007, p.
89, trad. mia. “Le procédé a été utilisé avec plus de gratuité ar Gaspar Noé (Irréversible), mais surtout par
Lee Chang-dong dans Peppermint Candy, cas extrême puisque métaphore sur l’histoire et l’amnésie
volontarire – d’un pays tout entier”.
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La scena iniziale e quella finale coincidono nel luogo (un pic-nic tra amici) e
nell’inquadratura, cioè un primo piano di Kim (Sol Kyung-gu). Nella sequenza
d’apertura Kim è morto dopo essersi fatto travolgere da un treno e giace su delle rocce. In
quella finale, invece, il suo sguardo ringiovanito guarda in alto verso quella ferrovia
sopraelevata su cui vent’anni dopo morirà. In lontananza si avverte l’incedere d’un treno
che si avvicina mentre una lacrima sgorga sul volto del protagonista che ha la
consapevolezza di essere all’interno del proprio déjà vu in un nietzschiano “eterno
ritorno dell’uguale”.
Un tempo intasato, coatto, costretto ripetersi, condannato all’eterno remake dell’identico […]. Spogliato
dalle valenze cosmiche e pacificanti attribuitegli dall’anima arcaica, e che ancora il Nietzsche dello
Zarathustra avrebbe voluto assegnargli, l’Eterno Ritorno delle cose è la formula in cui meglio può
riassumersi l’ingorgo dell’epoca postmoderna.
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Tutto il film è diviso in scene, spezzoni della vita di Kim che sono intervallati da un treno
che viaggia all’indietro, come una macchina del tempo mentale che lo (e ci) riporta
all’inizio della storia, del suo amore per Sunim (Moon So-ri). Accompagnano il film
anche quelle caramelle alla menta (peppermint candy) che sono i dolci che Sunim
regalava a Kim e che scandiscono gli attimi fatti di sofferenza e di vecchie ferite forse
mai rimarginate. Caramelle alla menta che richiamano alla mente quella Proustiana
Madeleine
8
che permette un tuffo nel triste passato. Il tempo scorre mentre una macchina
fotografica non ha mai immortalato un’immagine come a sottolineare la consapevolezza
che nulla si può fermare perché l’uomo corre sui binari delle proprie scelte, giuste o
sbagliate che siano. Indietro si torna solo per ricordare ma non per cambiare le cose. Quel
Tornerò!
urlato da Kim un attimo prima di morire e su cui la mano del regista blocca il tempo,
sembra significare il rimpianto per qualcosa che è stato e non potrà tornare mai. Una
7
PAOLO LAGAZZI, Vertigo. L’ansia moderna del tempo, Archinto, Milano 2002, p. 54.
8
MARCEL PROUST, Alla ricerca del tempo perduto (1913-1927), Mondadori, Milano 2005. Mi riferisco
al celeberrimo episodio in cui il protagonista, dopo aver imbevuto nel tè la madeleine, una piccola focaccia
che soleva mangiare da piccolo la domenica mattina, riesce a riappropriarsi di tutto il mondo della sua
infanzia, di tutto il tempo vissuto a Combray quand’era bambino.
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sceneggiatura legata ai ritmi di un passato sempre pronto a ritornare attuale quando si
lasciano scorrere i fiumi della memoria.
Peppermint Candy ha visto la luce pochi mesi prima dell’opera di Christopher Nolan,
Memento. Pur essendo costruito in maniera molto simile, il film di Lee Chang-dong ha
ritmi più dilatati, è più poetico, è quindi più distante dal thriller psicologico del regista
britannico. La durata della storia si articola su di un piano temporale più lungo: vent’anni
contro pochi giorni. Inoltre la scansione temporale è palesata dai titoli che il regista
coreano attribuisce alle varie scene del suo film. Nulla di tutto ciò si ritrova in Memento
in cui lo spettatore è disorientato dal non avere una scansione temporale, quasi perdesse,
come il suo protagonista, la memoria ogni quindici minuti. Nel film di Lee Chang-dong i
salti indietro nel tempo sono anche di parecchi anni e scavano in modo molto profondo
nell’animo del protagonista, nei suoi sogni e nei suoi amori. Quel treno che corre
all’indietro non è solo il treno del tempo, è anche la locomotiva della memoria che apre
una transizione da una scena all’altra ritornando prepotentemente in ogni sequenza. Ad
un certo punto il binario sul quale il treno sta correndo, si sdoppia. C’è la possibilità di
andare da una parte o dall’altra. Due possibili scelte, una sola difficile scelta. Ma in quel
viaggio a ritroso la scelta è già stata compiuta. A noi interessa solo sapere i motivi che
l’hanno consentita. Cos’è che non ricordiamo? O meglio, cosa non vogliamo ricordare?
Cosa ci spinge a tornare indietro e a prendere il treno dei ricordi? Probabilmente la voglia
di cancellare i nostri errori e di cambiare il nostro passato. Ma quella scena finale, il
pianto di Kim, ci dimostra che tutto è già scritto e niente potrà cambiare l’immutabile
destino. E quella canzone cantata da Kim proprio a metà racconto, ci mostra il filo
conduttore del film. È il ricordo, la memoria labile e che può essere solo nostra e di
nessun altro, perché nessuno può vivere ciò che è stato, meglio di chi ricorda a modo suo.
L’etere è affollato dai ricordi preziosi, un giorno anche io verrò dimenticato con la stessa facilità della
rugiada che bagna il prato. Persino il più grande amore diverrà un vecchio ricordo […]
2.2. Il tempo distrugge ogni cosa
Irréversible
Presentato al festival di Cannes 2002 e sotto i riflettori per la tanto annunciata scena di
stupro con Monica Bellucci, Irréversible (id., 2002) di Gaspar Noè si presenta come un
film che va al di là della semplice narrazione di atti di violenza. Due le caratteristiche
principali dell’opera di Gaspar Noè. La prima è quella di essere girata attraverso un
ridotto numero di piani sequenza raccordati tra loro in modo tale da dare un effetto di
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