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INTRODUZIONE
Dolo eventuale o colpa con previsione? Tra teorie dottrinali ed evoluzione
giurisprudenziale per meglio comprendere il nuovo reato di omicidio stradale.
Quando ci si appresta ad analizzare il dibattito sul discrimen tra dolo eventuale e
colpa con previsione, si deve essere coscienti del fatto che si va incontro alla questione
“più difficile e […] più discussa del diritto penale”
1
. Le fonti da cui poter trarre
ispirazione sono davvero numerose e di notevole spessore, ma la questione non può essere
meramente teorica, in quanto l’applicazione ai fini pratici della distinzione tra questi due
distinti elementi soggettivi del reato non è di poca importanza.
Pur essendo praticamente da sempre che in questo ambito i penalisti trovano
materiale di discussione, la questione risulta alquanto attuale. Recenti casi
giurisprudenziali hanno costretto i giudici, sia di merito che di legittimità, a confrontarsi
con questa problematica, ossia proprio la ricerca di una linea di confine tra dolo eventuale
e colpa con previsione, e soprattutto con la prova in giudizio sia dell’uno che dell’altro.
La discussione viene alla luce spesso, seppur ovviamente non soltanto, nei casi di
circolazione stradale, dove il confine tra gli elementi in oggetto risulta essere
particolarmente labile, e dove, fino a qualche tempo fa, i giudici erano più inclini a
rimproverare gli automobilisti rei di omicidio a titolo di colpa (aggravata dalla previsione
dell’evento). In tempi più recenti si era sviluppato un ritorno quasi preponderante alla
condanna a titolo di dolo eventuale, ma ciò non è risultato sufficiente ad ampia parte della
comunità e della classe politica, i quali hanno spinto per l’approvazione di una riforma
dell’omicidio stradale, che proprio nel 2016 ha introdotto i nuovi reati di “omicidio
stradale” e “lesioni stradali”. Questi ultimi seppur definiti “colposi” dalla lettera della
legge, portano a pene più elevate rispetto ad un “normale” omicidio colposo, creando, tra
l’altro, problematiche di razionalità e ragionevolezza, al limite della costituzionalità.
1
CANESTRARI, Dolo eventuale e colpa cosciente, Ai confini tra dolo e colpa nella struttura delle
tipologie delittuose, 1999, Bologna, 2. L’autore cita a sua volta WELZEL, Das deutsche Strafrecht. Eine
systematische Darstellung, Undicesima edizione, Berlin, 1969, 69.
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Nel corso della presente Tesi verranno dunque analizzate le varie teorie dottrinali
che hanno caratterizzato i manuali di diritto penale a riguardo della distinzione tra dolo
eventuale e colpa con previsione, per poi concentrarsi su come la giurisprudenza applichi
e tenga in considerazione queste teorie in alcuni principali e importanti casi concreti, i
quali hanno avuto particolare spessore sia nell’ambito del diritto penale, sia in quello
mediatico. Ci si concentrerà maggiormente sui casi in materia di circolazione stradale,
per poter poi meglio comprendere e analizzare la nuova disciplina dei reati di omicidio
colposo stradale e lesioni colpose stradali.
Ma procediamo con ordine introducendo sinteticamente la questione. Il dolo,
come noto, nel codice viene sempre definito soltanto come “dolo”, ma sono poi la dottrina
e la giurisprudenza che ci ha insegnato a distinguere questo elemento in vari gradi, ossia,
in quest’ordine di “gravità”: dolo intenzionale, dolo diritto e dolo eventuale. Per la colpa,
il discorso cambia leggermente, in quanto nel codice penale, all’art. 63 c.p. viene
individuata un’aggravante comune a tutti i reati e cioè la “colpa con previsione”, l’avere
dunque agito nonostante la previsione dell’evento.
Essendo la colpa con previsione un aggravante della colpa, è facile intuire che il
grado più alto della colpa e il grado più basso del dolo confinino. Utilizzando una banale
metafora,
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immaginiamo il dolo come una scala, sulla quale, al gradino più alto, troviamo
il dolo cosiddetto intenzionale. Se scendiamo di un gradino troveremo il dolo diretto sarà
poi al terzo gradino più basso che si incontrerà il dolo eventuale. Giunti a questo punto si
potrebbe immaginare che scendendo di un gradino si trovi la colpa con previsione, ma
questo, a mio avviso, non è del tutto vero. Non può metaforicamente, esserci solamente
un gradino di differenza tra dolo eventuale e colpa con previsione, poiché la differenza
tra i due elementi è notevole. Essere condannati per omicidio doloso o per omicidio
colposo non è per nulla la medesima cosa: la differenza è tra una pena di ventuno anni di
reclusione nel primo caso, rispetto a cinque anni del secondo, ovvero ancora, la
carcerazione preventiva nell’uno, e il non dovere aspettare in vinculis per l’imputato nel
secondo caso. Quindi, sempre volendo giocare con la nostra metafora, la colpa con
previsione è il gradino più alto di una scala completamente diversa da quella del dolo.
Sembrerebbe essere questa una pesante contraddizione con quanto detto nelle prime righe
2
Tratta da RUSCICA, Dolo eventuale e colpa cosciente. Convegno in sala atti parlamentari del Senato
della Repubblica, 19 marzo 2015, in https://www.youtube.com/watch?v=EHnuIxgzRVs.
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di questa introduzione, ma in realtà non lo è; la difficoltà di riscontrare il labile confine,
il discrimen tra i due elementi soggettivi oggetto di questa Tesi, è ben presente e, sempre
volendo giocare con la nostra metafora, si rintraccia nella difficoltà di quale scala
prendere, se salire al gradino più basso della “scala del dolo” o se salire al gradino più
alto della “scala della colpa”. I metodi per scegliere quale via intraprendere sono
molteplici e molto interessanti e l’obiettivo di questo elaborato non è altro che mettere in
luce punti di forza e critiche di queste varie teorie, osservando come la giurisprudenza si
ingegna per applicarli.
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CAPITOLO I
L’ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO
1. Il dolo. Problematicità - 2. (Segue) Il dolo. Definizione - 3. La colpa - 4. Il dolo
eventuale. Definizione - 5. La colpa con previsione. Definizione
1. IL DOLO. PROBLEMATICITA’
Se un quivis de populo aprendo il codice penale, si aspettasse di trovare una
definizione di dolo, vedrebbe le sue aspettative sfumare particolarmente in fretta. La
definizione di cosa sia “dolo” non viene data expressis verbis nel codice, ma è lasciata
all’interprete, il quale troverà nell’articolo 43 c.p. la base di partenza per il suo studio.
L’articolo 43 c.p. al comma 1 parte prima stabilisce che: “Il delitto è doloso, o
secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione
od omissione da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto è dall’agente preveduto e
voluto come conseguenza della propria azione od omissione.” L’articolo permette
agevolmente all’interprete di trovare le due principali caratteristiche del dolo, le quali
risultano essere la “previsione” e la “volontà”; ma al di là di questo, nulla più. Le vari
distinzioni dottrinali e giurisprudenziali tra dolo intenzionale, dolo diretto e dolo
eventuale, non hanno nel codice un fondamento normativo, ma risultano essere importanti
nei casi concreti allo studio del nostro ipotetico interprete. Si potrà già notare, per ciò che
riguarda più specificatamente l’oggetto di analisi di questa tesi, come di dolo eventuale
non si prospetti neanche l’ombra di una definizione espressa.
Secondo questa descrizione legislativa, la nozione di dolo è incentrata inoltre su
un terzo elemento: cioè l'evento dannoso e pericoloso; quest'ultimo però non è elemento
di natura strutturale, come lo sono “previsione” e “volontà”, in quanto si riferisce
solamente all’ “oggetto” della rappresentazione e della volizione.
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Per capire come si è giunti a questa definizione normativa, bisogna quindi
anzitutto analizzare brevemente le due principali teorie della “rappresentazione”, una, e
della “volontà”, l’altra, che hanno animato la discussione scientifica fino all'emanazione
del codice Rocco
3
. Alcuni autori
4
ritengono essere tre le teorie su cui si base la
definizione odierna di dolo: accanto alle due sopracitate, si aggiunge la teoria
dell’intenzione.
La teoria della rappresentazione concepiva cioè la volontà e la rappresentazione
quali fenomeni psichici distinti, come tali riferibili ad atti diversi
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: il risultato della
condotta poteva essere oggetto solo di rappresentazione, in quanto la volontà poteva
riguardare solamente i movimenti corporei dell’uomo. Per meglio chiarire si può così
esemplificare: premere il grilletto al fine di uccidere è oggetto di volontà, l'evento morte
è invece non il prodotto della volontà, ma bensì della condotta quindi oggetto di
rappresentazione.
I sostenitori della teoria della volontà invece ritenevano che anche i risultati della
condotta potessero costituire oggetto della volontà la quale quindi abbraccia non solo il
mero movimento muscolare ma anche i risultati dell’azione, cioè l’evento
6
. Questa
seconda teoria comunque non rinuncia al requisito della rappresentazione mentale del
fatto ma la considera un presupposto implicito e indefettibile della volontà
7
.
Per la terza teoria sopra richiamata, il dolo ha come punto focale proprio
l’intenzione, cioè la volontà diretta verso il compimento di quel determinato fine ultimo,
cioè il “cagionare l’evento”, o comunque il commettere un fatto come mezzo per un fine
ultimo.
Come si diceva, l’odierna definizione normativa del dolo, nasce come
compromesso tra queste tre scuole di pensiero, ma ciò che maggiormente interessa ai fini
dell’obiettivo finale di questa tesi, sono le critiche ed i limiti che queste teorie portano
seco. Partendo dall’ultima teoria analizzata, viene in evidenza come questa si trovi in
difficoltà nei casi classificabili nella categoria del dolo eventuale, in quanto caratterizzati
3
Per una ricostruzione storica di lungo periodo si veda DEMURO, Il dolo, Svolgimento storico del concetto,
Milano, 2007.
4
Su tutti MANTOVANI, Diritto penale, Parte generale, Padova 2001, 324.
5
FIANDACA-MUSCO, Diritto penale Parte Generale, Settima Edizione, Zanichelli, 2014, 365.
6
FRANCESCHETTI, Voce Dolo, in AltalexPedie, agg. all’11/04/2016.
7
FIANDACA-MUSCO, Diritto penale, cit., 365.