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INTRODUZIONE
La relazione analizza il tema delle immobilizzazioni immateriali nel bilancio di
esercizio. L’obiettivo è capire, dopo averne dettagliato il trattamento contabile e
fiscale, il peso delle immateriali nel bilancio di un campione di imprese bresciane
ed il loro effettivo contenuto, oltre al rispetto dei principi da parte delle aziende,
confrontando quanto riscontrato nella pratica con quanto esposto nei primi
capitoli teorici.
Si tratta di un argomento di risalto nella dottrina economico-aziendale attuale:
infatti, sebbene quelle tra le più determinanti per il successo d’impresa quali il
know-how, il capitale umano, la cultura aziendale, i dati immagazzinati nel tempo,
non possano essere iscritte in bilancio in forza del principio cardine della
prudenza e per la difficoltà di valutazione, appare quanto mai evidente il ruolo
centrale che le risorse immateriali assumono nella creazione del valore
dell’impresa, costituendo una delle variabili strategiche fondamentali per la sua
affermazione sul mercato.
Posto questo assunto, il lavoro di seguito illustrato è suddiviso idealmente in due
parti: la prima, sino al capitolo 4, offre una panoramica sulla dottrina in materia, il
trattamento contabile secondo i principi contabili nazionali ed il codice civile,
prima in generale e poi per le singole voci della categoria B.I dello stato
patrimoniale, oltre alle principali disposizioni fiscali in materia; la seconda, nel
capitolo 5, applica quanto scritto in precedenza ad una ricerca effettuata sui
bilanci di alcune delle maggiori imprese della provincia di Brescia.
Questo è stato possibile analizzando i bilanci di 60 imprese della provincia di
Brescia suddivisi in tre fasce da 20, rispettivamente con fatturato superiore a 100
milioni di euro, tra 50 e 100 milioni e inferiore a 50 milioni di euro, estratti
casualmente tra quelli delle maggiori 750 imprese bresciane, elencate ogni anno
dal Giornale di Brescia in un apposito approfondimento.
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1. INQUADRAMENTO TEORICO E GIURIDICO DELLE
IMMOBILIZZAZIONI IMMATERIALI
1.1 Cenni di dottrina economico-aziendale*
È indubbio che la categoria “Immobilizzazioni Immateriali” sollevi differenti e
articolate considerazioni che riguardano la natura e le possibili classificazioni.
Al pari delle immobilizzazioni materiali, anche quelle immateriali forniscono un
contributo prolungato nel tempo, “manifestando i propri benefici economici in
un arco temporale di più esercizi”
1
. Ma, a differenza delle prime,
un’immobilizzazione è classificata come immateriale quando non possiede il
carattere della tangibilità, della fisicità. Questa differenza è ben marcata nella
prassi anglosassone, che individua le immobilizzazioni immateriali come
“intangibles”.
La dottrina aziendalistica tende a suddividere le immobilizzazioni immateriali in
tre categorie:
1. immobilizzazioni immateriali in senso stretto (o beni immateriali);
2. immobilizzazioni immateriali non rappresentate da beni (o costi pluriennali);
3. avviamento.
Alla prima categoria appartengono i brevetti, i diritti di utilizzazione delle opere
dell’ingegno, i diritti di concessione, le licenze e i marchi. Questi sono i beni
immateriali veri e propri: si tratta di beni che sono oggetto di precise forme di
tutela nell’ambito dell’ordinamento giuridico. Sebbene magari posseggano un
minimo di materialità (come il supporto informatico su cui possono essere
archiviati), il loro valore economico non dipende in alcun modo dal loro
contenuto materiale, bensì risiede nell’originalità dell’idea che li individua (per i
marchi, brevetti, eccetera), o nel contributo al funzionamento ed al successo
aziendale che essi forniscono. “Il loro valore economico varia dunque in funzione
1
Definizione proposta dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti – www.cndcec.it
* Tesi di Dottorato di Anna Petruzziello, Le risorse intagibili: profili critici di determinazione e rappresentazione dei
bilanci d'impresa, Dottorato di ricerca in “Determinazione e Comunicazione del Valore nelle Aziende” Ciclo XXI,
Coordinatore: Azzali Stefano - https://core.ac.uk/download/pdf/41181128.pdf
6
della possibilità di utilizzarlo convenientemente all’interno di una determinata
combinazione economica aziendale”
2
. Questi sono suscettibili di valutazione
economica e possono essere indipendenti dagli altri beni aziendali.
Alla seconda fanno invece riferimento i costi capitalizzati, come le spese di
impianto e ampliamento, le spese di studio e di ricerca, di progettazione, di
pubblicità e propaganda, di rappresentanza, eccetera. Essi comportano un
investimento da parte dell’impresa che non può essere ricondotto all’acquisto di
beni; si tratta cioè di costi correlabili economicamente con i ricavi di più esercizi,
per il fatto che la loro utilità si sviluppa su più periodi. Hanno uno spiccato
carattere di indeterminatezza.
Vi è poi la terza categoria, costituita dall’avviamento, che è trattato distintamente
dalla dottrina, non essendo assimilabile alle due precedenti. Tra le varie
definizioni possibili, una delle formulazioni più condivisibili è quella di Onida
3
che lo definisce come un complesso di condizioni proprie dell’azienda, quali la
sua ubicazione, le competenze tecniche e le qualità morali del personale, la nomea
che la stessa si è creata nell’ambiente esterno e tra la clientela, l’esperienza e la sua
tradizione produttiva, che fanno sì che dalla sua gestione si crei una redditività per
mezzo della quale è possibile attribuire al capitale economico un valore superiore
rispetto al “capitale di gestione” o di “liquidazione”, ovvero il capitale che si
ottiene in base all’analisi di bilancio sommando analiticamente i vari componenti
del patrimonio.
L’avviamento può insomma essere definito, riassumendo, come l’attitudine
dell’azienda a produrre redditi in maniera superiore a quella ordinaria, derivante
da fattori specifici che non hanno un valore autonomo in bilancio (ad esempio la
posizione del locale, o la clientela acquisita) ovvero dal maggior valore che il
complesso aziendale ha rispetto alla somma del valore dei singoli beni, grazie
2
L’iter formativo del bilancio d’esercizio III edizione, Renato Camodeca, 2011, Casa Editrice Dott. Antonio
Milani (CEDAM)
3
Economia d’azienda, Onida P., 1960, UTET
7
all’efficace organizzazione. Benché presente in tutte le imprese di successo,
l’avviamento può essere iscritto a bilancio solo se acquistato a titolo oneroso, nel
rispetto del principio della prudenza (sarebbe infatti di difficile valutazione
economica).
Più in dettaglio, trattando solo delle immobilizzazioni immateriali in senso stretto
in quanto queste sono le più significative, e trattate, dalla dottrina, è possibile
operare un’ulteriore distinzione nell’ambito della categoria, individuando risorse
immateriali strutturali e non strutturali. Secondo tale approccio, le prime sono
valutabili autonomamente, a prescindere dalla metodologia valutativa adottata. È
il caso del capitale umano, delle tecnologie e delle licenze, marchi e brevetti.
Viceversa, gli intangibles non strutturali dipendono in stretta misura dal settore
economico nel quale opera l’azienda e non invece dalle capacità interne
all’azienda stessa. Si tratta di risorse quali la reputazione e l’immagine. Oltre che
l’aspetto utilitaristico degli intangibles, ciò che rileva come fondamentale nel
considerare una risorsa come immateriale è la sua attitudine alla trasferibilità,
nell’ipotesi in cui l’intero complesso aziendale sia oggetto di cessione. Una risorsa
intangibile, in altri termini, deve poter essere trasferibile anche separatamente,
sempre che tale risorsa possa correttamente essere misurabile e valutabile o, in
altre parole, distintamente identificabile. Un’ulteriore classificazione è quella che
distingue tra risorse di competenza e risorse di fiducia. Le prime sono quelle
risorse che “appartengono al sapere proprio dell’organizzazione”, mentre le
risorse di fiducia riguardano aspetti inerenti ai rapporti interni all’azienda
(dipendenti, manager, azionisti) o esterni alla stessa (clienti e fornitori). Su questa
stessa linea di condotta si situa il pensiero di altri autori che individuano le
immobilizzazioni immateriali come risorse basate sull’informazione o, ancora,
sulla conoscenza.
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Diversamente, Airoldi, Brunetti e Coda
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hanno sviluppato il tema del patrimonio
analizzando le condizioni critiche in ordine alla conduzione dell’impresa. Nella
classificazione delle qualità critiche del patrimonio, gli Autori individuano le
condizioni immateriali come «elementi patrimoniali che non operano sotto forma
fisica, ma che possono avere una rilevanza strategica pari o superiore a quella
delle condizioni materiali». Nonostante i suddetti Autori non parlino
esplicitamente di risorse intangibili, elaborano una suddivisione in classi delle
condizioni immateriali che conferma ed esemplifica quanto finora osservato in
merito ai beni invisibili. Nello specifico, le distinzioni relative alla componente
patrimoniale immateriale sono le seguenti: le conoscenze e le capacità di fare (il
Know-how), la rete di relazioni esterne, la reputazione e l’immagine, la coesione
interna.
Vediamo ora i caratteri distintivi delle risorse immateriali. Come già scritto, la
presenza di risorse immateriali rappresenta una fonte di successo per l’impresa, in
quanto solitamente si tratta di componenti difficilmente acquisibili e difficilmente
replicabili. Sono risorse di norma realizzate nel tempo e difficili da acquistare
esternamente con il solo ausilio di mezzi finanziari. Queste riescono a
differenziare in modo sostanziale l’impresa dai propri competitori, in quanto
presentano il carattere di originalità (unicità); raramente si riscontrano, in differenti
realtà imprenditoriali, risorse intangibili con le stesse peculiarità. Si assiste, quindi,
aduna crescita rilevante di “barriere all’ingresso” legate sempre più alla
disponibilità di beni immateriali, piuttosto che alla possibilità di impiego di
elementi materiali. Ad esempio, con riferimento alle strategie di leadership di
costo, viene spesso ricordato il ruolo assunto dalle economie di scala; tuttavia
l’impresa, per riuscire a realizzare il prodotto ad un costo più basso rispetto ai
propri concorrenti, deve far leva non solo sullo sfruttamento di immobilizzazioni
4
Corso di economia aziendale, di Airoldi Giuseppe, Brunetti Giorgio e Coda Vittorio, 2005, Il Mulino editore
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tecnologicamente avanzate ma anche incentivare lo sviluppo di variabili intangibili
legate al fattore umano impiegato nell’impresa, quali economie di apprendimento,
capacità, competenze, esperienza, dedizione al lavoro
5
.
Inoltre, le risorse intangibili sono elementi che hanno il pregio di essere polivalenti
(molteplicità d’uso) ossia di poter essere utilizzate contemporaneamente per
funzioni diverse; il loro contributo, quindi, può essere molteplice, in quanto
possono essere sfruttate simultaneamente in diverse attività aziendali apportando
benefici plurimi all’impresa.
Benché le risorse in questione presentino il carattere dell’immaterialità, ciò non
toglie che si prestino ad essere conservate nella “memoria organizzativa”, nel
personale dell’impresa e negli organismi esterni all’azienda (sedimentabilità).
Ulteriore aspetto distintivo delle risorse immateriali è la possibile trasferibilità senza
la perdita della disponibilità da parte del trasferente. Ciò non significa che tali beni
siano sempre trasferibili, al pari di quelli materiali ma che, qualora ciò accada, sia
possibile il loro utilizzo da parte di più entità economiche. La conoscenza
codificata e formalizzata è facilmente cedibile in quanto idonea ad essere
comunicata a terzi, mentre le abilità della persona che lavora nell’impresa sono
difficilmente trasferibili in quanto non trovano formalizzazione in regole o codici.
Tuttavia, una modalità di trasmissione delle capacità umane può essere quella
dell’apprendimento, seppur richieda molto tempo perché dia risultati.
Ai fini del mantenimento del vantaggio competitivo è necessario che l’azienda
alimenti nel tempo la disponibilità delle risorse intangibili. L’ambiente e il mercato
sono soggetti a rapidi mutamenti, che possono comportare la deteriorabilità dei
beni immateriali. Questi ultimi sono, infatti, strettamente legati al contesto
territoriale ed economico in cui vengono prodotti e utilizzati, i cui cambiamenti
possono determinare la perdita di utilità delle risorse di cui dispone l’azienda.
5
Sull’argomento differenziazione e barriere all’ingresso si veda L’Impresa. Economia e gestione, a cura di M. Martellini,
2006, Giappichelli editore