4
Questi particolari contratti finanziari hanno avuto tale diffusione nella prassi e
tale rilievo economico-finanziario da far concludere, nelle opinioni degli
operatori stessi, che essi costituiscono una nuova categoria giuridica. Sembra,
tuttavia, difficile elaborare una definizione unitaria poiché “la categoria dei
derivati finanziari comprende tipi contrattuali aventi caratteristiche molto diverse
fra loro, in quanto rispondenti a differenti logiche”
2
.Si può, intanto, osservare
che l’espressione si trova utilizzata in atti ufficiali di organismi istituzionali quali
la Banca d’Italia
3
.
Dal contenuto di tali atti si può evincere che siano “contratti derivati” quei
contratti il cui valore deriva (dipende) dal prezzo di una attività finanziaria
sottostante, ovvero dal valore di un parametro di riferimento (indice di borsa,
tasso d’interesse, cambio)
4
.
In senso analogo, qualche autore, richiamando anche la letteratura anglosassone,
sottolinea che la complessità di tali prodotti s’individua nella determinazione
contrattuale di “un flusso di cassa basato su un sottostante o specifico asset,
valore mobiliare, tasso o indice”
5
.
Non è dissimile l’idea di fondo di altri autori per i quali gli strumenti “derivati”
si caratterizzano per il fatto che il loro prezzo dipende sostanzialmente dalla
quotazione dell’attività finanziaria sottostante
6
.
2
Riolo Franco (a cura di), “I derivati finanziari, profili economici, giuridici, e finanziari”,
Edibank, 1993,pag. 14 “..Si annoverano, infatti, strumenti che perseguono mere finalità di
investimento finanziario o di speculazione, altri che permettono di ridurre i costi di
finanziamento delle imprese e altri ancora che si configurano come strumenti di copertura del
rischio”.
3
Regolamento Banca d’Italia del 2 Luglio 1991, art. 49, avente ad oggetto “definizioni”, alle
lettere a), b), c), d), e), g), h),; nonché circolare della Banca d’Italia del 23 Giugno 1994 (112°
aggiornamento alla circolare n. 4 del 29 Marzo 1988) art. 3 (definizioni) ove si legge “Si
definiscono…<<prodotti derivati>>, i contratti che insistono su elementi di altri schemi
negoziali, quali titoli, valute, tassi di interesse, tassi di cambio, indici di borsa ecc.. Il loro valore
deriva da quello degli elementi sottostanti. Costituiscono prodotti derivati ad esempio i futures, le
options, gli swaps, i forward rate agreements”.
4
Caputo Nassetti Francesco, “Profili civilistici dei contratti derivati finanziari”, ed. Giuffrè,
Milano 1997, pag. 2.
5
Capriglione F., “I prodotti derivati: strumenti per la copertura dei rischi o per nuove forme di
speculazione finanziaria?”, in Banca, Borsa, e Titoli di credito, 1995, I, pag. 359.
6
Demattè C., Forestieri G., Mottura P.,“Economia degli intermediari finanziari”, Collana
biblioteca dell’economia d’Azienda, EGEA, Milano 1993, pag. 378.
5
Un supporto normativo può essere colto nell’art. 1, secondo comma, L. n.
1/1991, col suo riferimento agli stessi contenuti
7
, nonché art. 1 del D.lgs. n.
415/1996 che recepisce la direttiva 93/22 CEE del 10 Maggio 1993 relativa ai
servizi di investimento, dove, all’art. 1, pur mancando una definizione degli
strumenti derivati, come è stato opportunamente rilevato
8
, è fatto un elenco delle
principali fattispecie di essi, insieme ai valori mobiliari e agli strumenti del
mercato monetario, nella complessiva nuova categoria degli “strumenti
finanziari”. Si perviene, infine, al D.lgs. n. 58/1998 il quale dopo aver definito
all’art.1, comma 2, gli strumenti finanziari, (in modo pedissequo rispetto
all’elencazione di cui al predetto art. 1, comma 1, D.lgs. n. 415/1996), definisce,
al comma 3, “strumenti finanziari derivati” gli strumenti finanziari previsti dal
comma 2, lettere f), g), h), i), j), cioè le fattispecie di cui ci si occupa
9
.
Con riferimento a tali strumenti derivati è stato rilevato che può ritenersi
sussistente una sostanziale coincidenza tra la nozione elaborata sotto il profilo
economico e sotto il profilo giuridico, evidenziando, nel secondo caso, la
circostanza del collegamento col sottostante, a prescindere dal fatto (di interesse
soprattutto economico) che il valore dei derivati dipende da quello di altri
strumenti finanziari
10
.
Considerata, comunque, la variegata gamma dei tipi contrattuali relativi ai
derivati finanziari, si preferisce trattare la tematica della qualificazione giuridica,
nonché altre problematiche in tal senso rilevanti, in sede di esame delle singole
fattispecie.
7
L’art. 1, comma 2, L. n. 1/1991 così recita: “ai fini della presente legge i contratti a termine su
strumenti finanziari collegati a valori mobiliari, tassi di interesse e valute, ivi compresi quelli
aventi ad oggetto indici su tali valori mobiliari, tassi di interesse e valute, sono considerati valori
mobiliari”.
8
Lener R., “Strumenti finanziari e servizi d’investimento”, in Banca, Borsa eTitoli di credito,
1997, pag. 337 ss..
9
D.lgs. n. 58/1998, T.U. delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi
degli articoli 8 e 21 della L. n. 52/1996, all’art. 1, comma 3, così recita: “Per strumenti finanziari
derivati si intendono gli strumenti finanziari previsti dal comma 2, lettera f), g), h), i), e j)”.
10
Ferrarini G., “I derivati finanziari tra vendita a termine e contratto differenziale” in “I derivati
finanziari”, a cura di F. Riolo, Edibank 1993, Milano, pag. 27.
6
Concludendo, comunque, sul punto e tenendo conto di quanto di caratteristiche
comuni sussiste per le diverse fattispecie sul piano della valenza economico-
finanziaria e del collegamento ad altri strumenti sottostanti, si ritiene che la
nozione di derivato finanziario sia orientativamente bene espressa dalla
definizione che ne dà la Borsa Italiana: Strumento finanziario definito derivato in
quanto il suo profilo di costo/rendimento deriva (dipende) dai parametri di
costo/rendimento di altri strumenti principali, chiamati “sottostanti” che possono
essere materia prima, valute, tassi di interesse, titoli, indici azionari.
In altre parole, il valore di un derivato è una funzione contrattualmente prefissata
del valore di uno specifico bene reale o attività finanziaria (underlying) il cui
prezzo (prezzo spot) si forma sul relativo mercato
11
.
11
Così in www.borsaitaliana.it, glossario, voce << derivato >>.
7
2. Derivati finanziari di maggior successo: lineamenti generali.
Il trentennio decorso è stato caratterizzato, sotto il profilo economico-finanziario,
da notevole innovazione finanziaria, testimoniata dalla nascita e dallo sviluppo
dei mercati degli strumenti derivati. Tale comparto manifesta, anzi, una capacità
innovativa tale da sembrare inesauribile, considerato che si arricchisce di
strumenti sempre nuovi e di tecniche molto sofisticate. D’altronde si è trattato di
trovare i mezzi necessari e adeguati per far fronte alle necessità scaturenti dal
nuovo panorama economico-finananziario mondiale, caratterizzato da ricorrenti
cicli congiunturali avversi e perturbati, a partire dalla dichiarazione di
inconvertibilità del Dollaro in oro dell’Agosto 1971. Un panorama di notevole
instabilità continua a persistere, contrassegnato, se si vuole, da gravi ragioni
aggiuntive di ordine socio-politico, mondiale.
Caratteristiche salienti del nuovo scenario economico-finanziario sono:
• progressiva disintermediazione
12
e cartolarizzazione dei mezzi di
finanziamento
13
, operazione da tempo diffusa in altri paesi e solo di
recente disciplinata in Italia con la legge 30-04-1999, n. 130,
“rispondente allo scopo di facilitare lo smobilizzo di masse notevoli di
crediti, anche di non agevole realizzazione, mediante l’incorporazione in
titoli di credito di massa destinati ad essere per lo più sottoscritti da
investitori professionali”
14
• Crescente partecipazione di operatori stranieri nei mercati interni dei
paesi industrializzati, con conseguente integrazione e, quindi,
superamento della segmentazione dei mercati;
12
Col termine disintermediazione si fa riferimento all’adozione di metodi di finanziamento
diretto, fondati sull’emissione e lo scambio di titoli negoziabili, tra operatori che hanno necessità
di finanziamento e operatori che hanno capacità di finanziamento, sui mercati mobiliari, primari
e secondari, a scapito di quelli bancari.
13
La cartolarizzazione o titolarizzazione o securitization è il processo mediante il quale
un’istituzione finanziaria converte in titoli obbligazionari parte del suo attivo, costituita da
prestiti, per cederli sul mercato mobiliare. Le operazioni di securitization possono essere
utilmente impiegate per la gestione dei rischi.
14
Campobasso G.F., “Diritto Commerciale” 3° vol., 3^ ed., pag. 155 e seg.
8
• Diffusione di nuove tecnologie nel campo dei sistemi informativi e delle
telecomunicazioni, per cui è possibile operare in tempo reale su tutte le
principali piazze finanziarie del mondo;
• La deregolamentazione progressiva che ha consentito l’entrata in un
contesto finanziario flessibile
15
.
Necessità aguzza l’ingegno. E’ normale che a nuove necessità si dia risposta con
nuovi mezzi. Ciò è dimostrato dal fatto, ad esempio, che la prima fase di crescita
dei nuovi contratti finanziari sia dovuta a ragioni fiscali o a restrizioni valutarie,
anche in Italia. Naturalmente una innovazione finanziaria può essere effimera se
non va oltre la contingenza o può essere, invece, “una innovazione di successo”
se questa innovazione sopravvive al mutare delle condizioni iniziali che l’hanno
generata, perché soddisfa a esigenze più vaste del mercato”
16
.
Si è già detto che l’innovazione finanziaria in Italia e nel mondo non sembra dare
segni di esaurimento e si arricchisce sempre di nuove tecniche che si strutturano
in fattispecie che possono avere caratteristiche diverse e, comunque, di notevole
flessibilità, con possibilità di accesso a mercati organizzati e regolamentati e/o a
mercati over the counter (OTC)
17
. I mercati organizzati di Borsa, pur potendo
adottare modalità di negoziazione diversificate, presentano caratteristiche
comuni, quali l’elevato grado di standardizzazione dei titoli, precise regole di
condotta, quotazione ufficiale dei prezzi, la presenza di un organismo centrale
che garantisca la compensazione centralizzata delle operazioni e annulli il rischio
di insolvenza delle controparti.
15
Gourlaouen J.P., “I nuovi strumenti finanziari”, edizione italiana a cura di Faroni M., ed. Etas
libri, 1993, p. 3 e seg.
16
Baroni – Adesi G., “L’innovazione finanziaria: rischi e opportunità” in “I derivati finanziari” a
cura di Riolo F., Edibank, Milano 1993, p.21 ss., ove riportando anche il pensiero di Merton H.
Miller, a proposito del motivo fiscale si dice che la prima fase della crescita dei nuovi strumenti
finanziari è stata motivata dalla divergenza tra le autorità fiscali che tassano in modo diverso
forme diverse di reddito e la teoria finanziaria moderna che insegna a trasformare forme di
reddito fiscalmente svantaggiose in altre meno soggette a tassazione.
17
Il mercato OTC non necessita di un luogo fisico destinato all’accentramento delle negoziazioni
o di modalità di contrattazione standardizzata. Si caratterizza anche per l’assenza di prezzi
ufficiali e di un organismo centrale di compensazione, con i conseguenti rischi di insolvenza.
D’altro canto la bilateralità dei contratti consente facilmente un loro taglio personalizzato.
9
Il più antico e importante mercato mobiliare regolamentato italiano è la Borsa
Valori
18
. Nell’ambito della borsa valori, è stato istituito nel 1994, con
regolamento della Consob, il mercato dei derivati (Idem). Il volume dei derivati
finanziari trattati sui principali mercati mondiali, sia organizzati e regolamentati
sia over-the-counter, è significativamente elevato e tende complessivamente a
crescere, anche se questo ultimo profilo sembra più modesto relativamente ai
contratti innovativi su tassi di cambio, specie nell’area euro, probabilmente
proprio a causa dell’introduzione della moneta unica.
E’ stato sostenuto che le motivazioni alla base del fenomeno sembrano
riconducibili essenzialmente al bisogno di disporre di strumenti che facilitino la
riallocazione dei rischi di mercato e quello di poter contare su accresciute
condizioni di liquidità dei mercati in valori mobiliari. Infatti “i prodotti derivati
rappresentano un modo nuovo e alternativo alle operazioni cash di trasferire su
altri soggetti i rischi di mercato”, senza contare un importante effetto leverage
finanziario (es. un future negoziato su un mercato regolamentato richiede mezzi
finanziari solo sufficienti alla costituzione del margine di garanzia, mentre il
regolamento può essere limitato allo scambio del differenziale tra prezzo di
esercizio e prezzo di mercato.
Gli swaps su tassi d’interesse consentono lo scambio di flussi di interessi senza
che si dia luogo a scambio di capitali di riferimento).
19
Non vanno, altresì,
sottaciuti i vantaggi quanto ad aumento di liquidità sui mercati regolamentati,
collateralmente favoriti dalle opportunità del mercato OTC, anche sotto il profilo
dell’adattamento degli strumenti alle esigenze personali.
18
L’originaria disciplina della borsa valori, dettata dalla legge n. 272/1913, è stata più volte
modificata, ultimamente con d.lgs. n. 58/1998, il cui art. 61, comma 1, dispone: “L’attività di
organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari ha carattere d’impresa
ed è esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro (società di gestione)”. E’ stata
perciò costituita la Borsa Italiana s.p.a., con scopo di lucro, che gestisce la Borsa valori, articolata
in diversi comparti, il mercato ristretto, l’Idem e il nuovo mercato. La Borsa Italiana s.p.a.
detiene inoltre la titolarità delle azioni della MIF s.p.a. che gestisce il mercato dei contratti
uniformi a termine su titoli di Stato. Una società autonoma, la MTS s.p.a, gestisce il mercato
all’ingrosso dei titoli di Stato.
19
Soda P.A. “I derivati finanziari nella vigilanza prudenziale” in “I derivati finanziari” a cura di
Riolo F., Edibank, Milano 1993, p. 43 ss.
10
Va, inoltre, tenuto presente che la consistenza di mercati a pronti e futures può
stimolare attività di arbitraggio, senza notevole aggravio delle esposizioni al
rischio, al fine di trarre vantaggio dalle imperfezioni del sistema.
Non possono essere neppure escluse motivazioni più propriamente speculative,
certamente più rischiose, nell’intento di trarre vantaggio dalla capacità di
anticipare la direzione e l’entità dei movimenti di mercato.
Concludendo si può dire che “i derivati finanziari sono contratti a termine
fondamentalmente riconducibili a tre ampie categorie nell’ambito delle quali
possono essere annoverate numerose varianti: i futures, gli swaps, le options; essi
si iscrivono a pieno titolo nel libro dell’innovazione in quanto capaci di dare una
risposta più efficiente alla domanda di taluni fondamentali servizi finanziari in
alternativa alle tradizionali operazioni del mercato cash”
20
.
20
Soda P.A., “I derivati finanziari nella vigilanza prudenziale”, in “I derivati finanziari”, cit., p.
45.
11
3. Contratti futures.
3.1 Definizione, origini, funzioni.
Deducendo anche dall’art. 1, comma2, lett f) del D.lgs. n. 58/1998, il contratto
future in generale può essere definito come lo strumento derivato costituito da un
contratto a termine standardizzato, relativo ad un’operazione di acquisto/vendita
di una merce o attività finanziaria (underlying) in una data futura, ad un prezzo
fissato al momento della stipula del contratto anche quando l’esecuzione
avvenga attraverso il pagamento di differenziali in contanti
21
. E’ bene subito
distinguere tra commodity futures e financial futures la cui storia ha evoluzione
diversa.
Il commodity future ha una storia ultrasecolare e una struttura abbastanza
semplice. Esso, infatti, è nato come future su merci, nel secolo scorso, a seguito
dello sviluppo del processo di standardizzazione delle più antiche compravendite
ad esecuzione differita “quando le difficoltà connesse al trasporto, lo stoccaggio
e la distribuzione delle derrate agricole o delle materie prime favorirono la
definizione di prezzi borsistici per consegna differita, in modo da proteggere
acquirenti e venditori dalle violente fluttuazioni cui erano soggetti, nel tempo, i
mercati a pronti”
22
. La standardizzazione, comportando la predeterminazione di
condizioni uniformi, anche per la quantità e la qualità delle merci, con l’unica
variabile del prezzo, favoriva la fungibilità dei contratti e consentiva agli
operatori di modificare agevolmente la propria posizione attraverso la
stipulazione di un contratto di segno opposto a quello in essere, perseguendo, in
tal modo, uno scopo di tipo assicurativo o, più esattamente, di gestione flessibile
del rischio
23
.
21
Così in www.borsaitaliana.it, glossario, voce << future >>.
22
Gourlaouen J.P., “I nuovi strumenti finananziari”, ed. italiana a cura di Faraoni M., Etaslibri,
1993, p. 14.
23
“I contratti futures” a cura del Comitato direttivo degli agenti di cambio della Borsa valori di
Milano, Milano 1988, p. 35 ss., ove viene anche indicato l’anno 1882 come anno di nascita del
commodity future, quando fu costituita, presso la Borsa merci a termine di Le Havre, la prima
clearing house in senso proprio, p. 17-18.
12
Si può, però, dire che il passaggio da un semplice mercato a termine a fini di
copertura, si è passati ad un vero mercato futures quando, superando i perduranti
rischi di inadempimento delle controparti, dovuti ad un imperfetto sistema di
esecuzione dei contratti e di garanzie
24
, si provvide alla costituzione di una vera
e propria Cassa di compensazione e garanzia che si poneva come controparte in
tutte le contrattazioni, con tutto vantaggio per la sicurezza di adempimento,
l’abbassamento dei costi e la liquidità del mercato.
Dopo iniziali pregiudizi, la legittimità dei contratti futures fu ufficialmente
sancita con il Grain Futures Act statunitense del 1922 con cui si disponeva che le
contrattazioni futures dovevano svolgersi in specifiche borse organizzate e
autorizzate dalle autorità federali, sotto il controllo Grain Futures
Administration, un organismo appositamente costituito. Il Grain Futures Act fu
revisionato il 1936 con il Commodity Exchange Act a sua volta riformulato con
il Commodity Futures Trading Commission Act del 1974 che istituì un
organismo cui veniva assegnata la supervisione dell’intero mercato, la
Commodity Futures Trading Commission
25
. Le merci trattate sono prodotti
diversi: prodotti agricoli (grano, caffè, zucchero, cacao, ecc.), metalli (oro,
platino, rame, zinco, ecc.), fonti di energia (petrolio e derivati, gas naturale), altri
prodotti (succo d’arancia, carne e derivati, legno, compensato, ecc.).
Il commodity future, quindi, è uno strumento derivato di tipo future, costituito da
un contratto a termine standardizzato, per l’acquisto o la vendita di merci da
consegnare in una data futura, ad un prezzo (strike price) e in quantità predefinite
dal contratto. I commodity futures sono tuttora ampiamente trattati sui mercati
internazionali delle materie prime, tornando specialmente utili a soddisfare
esigenze di copertura dal rischio di prezzo. In Italia, dopo la chiusura, nel 1964,
di quello funzionante a Milano, presso la borsa merci, non esiste un apposito
mercato futures su merci. Con sua circolare del Luglio 1994 la Consob ha
ritenuto che le SIM di cui all’art. 2, L. n. 1/1991 non possono effettuare
24
Valle Laura, “Il contratto future”, CEDAM, 1996, p.16, nota 40, per la descrizione della
tecnica c.d. della filière e quella della ricerca dei rings.
25
Valle L., “Il contratto future”,cit., p. 17 ss. E, ivi, nota 42.
13
operazioni relative a futures su merci in quanto tali contratti, avendo ad oggetto,
appunto, merci e non titoli o valute, non sarebbero valori mobiliari
26
. Tuttavia,
alla luce delle successive diverse disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lettera f)
e comma 3, nonché art. 2 del D,lgs. N. 415/1996 e ancora art. 1, comma2, lett.
F), comma 3 e comma 5, nonché art. 18 del D.lgs n 58/1998, ove la materia
viene diversamente configurata in strumenti finanziari, servizi d’investimento e
soggetti autorizzati, i contratti “futures” su merci devono essere considerati
“strumenti finanziari derivati” e quindi possibile oggetto di operazioni da parte
delle SIM
27
.
Il financial future può essere definito come “contratto uniforme a termine su
strumenti finanziari con il quale le parti si obbligano a scambiarsi alla scadenza
un certo quantitativo di determinate attività finanziarie ad un prezzo stabilito;
ovvero, nel caso di future su indici, a liquidarsi una somma di denaro pari alla
differenza fra il valore dell’indice di riferimento alla stipula del contratto ed il
valore dello stesso indice nel giorno di scadenza”
28
. In particolare, il financial
future di cui si ci vuole occupare si caratterizza per avere ad oggetto strumenti
finanziari quali titoli, divise, indici di borsa. Il suo avvento sulla scena mondiale
è abbastanza recente ma ha avuto uno sviluppo straordinario per volumi di
negoziazioni ed estensione geografica. Il primo financial future si è avuto nel
1970 presso l’International Commercial Exchange di Chicago ed ebbe ad oggetto
divise estere
29
, ma il primo mercato specializzato in financial futures su valute fu
l’International Monetary Market Division (IMM) del 1972, nell’ambito del
Chicago Mercantile Exchange. Financial futures sulle divise vennero introdotti
nel 1974 sul New York Mercantile Exchange. Il primo future sui tassi di
interesse vide la luce nel 1975 presso il Chicago Board of trade (CBT).
26
D’Ecclesia R., “Futures e Options”, Milano, 1992, p. 20, a proposito del mercato di Milano,
pensa che “la fine di tale contrattazione a termine è stata causata, con molte probabilità, dalle
scarse dimensioni degli affari, dall’incapacità dell’uso di questo tipico contratto di borsa e, senza
dubbio, dall’elevata stabilità dei prezzi nel periodo considerato.
27
Lener R., “Strumenti finanziari e servizi di investimento. Profili generali”, in Banca Borsa e
Titoli di credito, I, p. 326.
28
Campobasso G.F., “Diritto commerciale”, 3, UTET, 3^ edizione, p. 204.
29
Caputo Nassetti F., “Profili civilistici dei contratti <<derivat >> finanziari”, Giuffrè editore,
Milano 1997, p. 176 ss.
14
Nel 1982 venne introdotto presso il New York Financial Exchange un contratto
future su indice azionario. In Europa, il primo mercato dei futures si è avuto il
30-09-1982 con l’apertura del London International Futures Exchange (LIFFE).
L’11-09-1992 prese l’avvio il mercato italiano dei futures su titoli di Stato
(MIF). A partire dal 1972 si può assistere all’esplosione dei mercati futures,
incentivati dalle necessità di copertura dai rischi che si delineavano a seguito dei
fenomeni di grave instabilità derivanti dalla crisi del sistema monetario
internazionale
30
. Tutti i contratti futures hanno continuato a svolgere in modo
prevalente, senza escludere in contemporanea altre finalità, una funzione di
copertura delle posizioni (hedging) poiché la finalità principale della
negoziazione di questi strumenti è costituita proprio dalla gestione del rischio,
apprestando protezione al valore dell’underlying da variazioni indesiderate nei
prezzi di mercato. L’utilizzo dello strumento derivato consente di neutralizzare
l’andamento avverso del mercato, bilanciando le perdite/guadagni sull’attività
sottostante con i guadagni/perdite sul mercato dei derivati e ciò sia rispetto alle
variazioni delle quotazioni di attività reali (commodity futures) sia rispetto a
quelle di attività finanziarie (financial futures).
I contratti futures, maggiormente i financial futures, possono essere impiegati a
fini di speculazione per realizzare strategie di investimento,
acquistando/vendendo un future per poi rivenderlo/riacquistarlo ad un prezzo
sperabilmente più vantaggioso. E’ chiaro che si tratta di attività rischiosa in cui
molto dipende dalla capacità di esatta previsione degli operatori circa
l’andamento delle quotazioni.
A volte i financial futures sono rivolti a realizzare un obiettivo di arbitraggio,
possibile in caso di momentaneo disallineamento tra l’andamento del mercato
futures e quello sottostante (destinati a coincidere all’atto della scadenza del
contratto), vendendo uno strumento e acquistando l’altro, ottenendo, così, un
profitto certo.
30
D’Ecclesia R., “Futures e options”, cit., p. 145 ss., opportunamente ricorda che la nuova
situazione di instabilità, riguardante non solo il tasso di cambio, ma anche i tassi di inflazione e i
15
3.2 I mercati e le operazioni.
I financial futures, aventi tutti ad oggetto un’attività finanziaria, possono essere
distinti in: interest rate futures, currency futures e stock index futures. “Gli
interest rate futures (IRFs) possono essere definiti come inpegni reciproci per la
cessione o l’acquisto a termine di titoli a reddito fisso o di eurodepositi.
I currency futures (CFs) hanno per oggetto valute, mentre gli stock index futures
(SIFs) sono impegni reciproci a consegnare o a ricevere a scadenza una somma
in denaro equivalente al valore pattuito del portafoglio sottostante, moltiplicato
per un coefficiente di valutazione costante”
31
.
Poiché nelle prime due fattispecie si ha riguardo a financial assets (valori
mobiliari o valute), alla scadenza del termine la liquidazione del contratto potrà
comportare la consegna dei beni. Nella terza fattispecie, invece, oggetto di
scambio sono flussi finanziari; l’investitore acquista o vende un indice di borsa
(ad es., lo Standard and Poor 500).
Dunque, la liquidazione del contratto potrà solo avvenire mediante il pagamento
di una somma di denaro (cash settlement contracts)
32
. Caratteristica
fondamentale dei contratti futures è che gli scambi avvengono in un mercato
organizzato e le condizioni contrattuali sono standardizzate
33
.
tassi di interesse, si era generata a seguito dell’abbandono, nel 1971, del sistema di parità del
dollaro con l’oro, che era stato stabilito con l’accordo di Bretton Woods del 1944.
31
Masera F., “Rischio di credito e derivati creditizi per le istituzioni finanziarie”, Futura 2000
editrice, Roma 2000, p. 20.
32
Ferrarini G.. “I derivati finanziari tra vendita a termine e contratto differenziale” in “I derivati
finanziari”, a cura di Riolo F., Edibank, Milano, 1993, p. 28 ss. L’autore chiarisce bene la
situazione col seguente esempio: “Un investitore compra un contratto futures su indice Standard
and Poor 500 quando quest’ultimo è a 310 dollari USA (Usd); al momento della liquidazione
l’indice quota Usd 350; posto che il valore del contratto si ottiene moltiplicando il valore
dell’indice per 500, l’investitore, in sede di liquidazione, ha diritto alla differenza tra il prezzo da
lui dovuto (310x500=Usd 155000) e il valore del contratto al momento della liquidazione
(359x500Usd=Usd 175000 coiè a Usd 20.000 (175000-155000).
33
Masera F., “Rischio di credito e derivati creditizi per le istituzioni finanziarie”, cit. La
standardizzazione delle condizioni contrattuali e l’obbligo di scambio all’interno di borse
organizzate costituiscono l’elemento di differenziazione tra questi contratti e i contratti forward, i
classici contratti a termine, che sono, invece, accordi privati tra due intermediari bancari o tra un
intermediario bancario ed un suo
cliente.
16
In Italia esistono appositi mercati regolamentati per la negoziazione degli
strumenti finanziari derivati: l’IDEM e il MIF
34
. L’IDEM ( Italian Derivatives
Market) è un mercato regolamentato gestito dalla Borsa Italiana S.p.a., in cui
vengono negoziati contratti futures e contratti d’opzione aventi come attività
sottostante indici e singoli titoli azionari. L’IDEM è nato il 28 Novembre 1994
con l’avvio delle negoziazioni telematiche sul FIB30 (future sull’indice MIB30).
Nel Novembre 1995 è iniziata la negoziazione del MIBO30 (opzioni sul
MIB30). Nel Febbraio 1996 sono stati introdotti i primi contratti d’opzione iso-
alfa
35
. A partire dal 1998 fa il suo ingresso anche il FIDEX (future sul MIDEX).
Dal 3 Luglio 2000 è stato introdotto anche il contratto future MiniFIB 30 (future
sull’indice MIB30). Dal Luglio 2002 sono negoziati sull’IDEM contratti futures
su azioni. Le negoziazioni si svolgono in un’unica fase di negoziazione continua,
all’interno della quale si procede anche alla conclusione dei contratti. Le
proposte di negoziazione sono immesse nel book in forma anonima e devono
contenere informazioni relative allo strumento da negoziare, alla quantità, al tipo
di operazione, al tipo di conto e alle condizioni offerte
36
. Ogni proposta di
negoziazione immessa esprime la volontà negoziale degli operatori. Gli scambi
possono essere effettuati attraverso la presenza di operatori market makers, al
fine di garantire la liquidità degli strumenti negoziati
37
. I market makers sono
distinti in Primary Market Maker (assoggettati all’obbligo di quotazione
continuativa) e Market Maker (soggetti all’obbligo di rispondere alle richieste di
quotazione).
34
Per una panoramica complessiva sulla disciplina dei mercati finanziari regolamentati, in Italia,
si veda Campobasso G.F. in “Diritto commerciale” 3° Vol., UTET, 3^ edizione, p. 194-205, con
note.
35
Si tratta di opzioni su singole azioni ammesse alla quotazione ufficiale in Borsa o nel Nuovo
Mercato.
36
Il sistema telematico visualizza le proposte di negoziazione all’interno di un book che compare
sui terminali degli operatori autorizzati. Nel book le proposte sono ordinate in base al prezzo
(decrescente se in acquisto e crescente se in vendita) e, a parità di prezzo, in base all’orario di
immissione della proposta. Le proposte possono essere immesse nel book con diverse modalità di
esecuzione, suddivise in base alle condizioni di prezzo, quantità e tempo.
37
Il ruolo di market maker può essere assunto da operatori iscritti nell’apposito albo. L’elenco
dei market maker è diviso in sezioni corrispondenti ai contratti negoziati e in sottosezioni relative
alla tipologia di obblighi a loro carico.