4
Introduzione
Questo studio su Rainer Maria Rilke verterà su una fase fondamentale della sua
poetica, quello che è stato chiamato dai critici e dallo stesso Rilke come il „dire
oggettivo‟, un periodo artistico di grande intensità che permetterà al poeta la
realizzazione di opere ormai riconosciute tra i capolavori della letteratura tedesca e
della letteratura tutta del novecento europeo, i Neue Gedichte (Nuove Poesie) e il
romanzo (antiromanzo) Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge (I quaderni di
Malte Laurids Brigge). La fase artistica presa in esame copre un arco di tempo che,
collocandosi indietro rispetto al traguardo e alla pubblicazione dei due risultati più
concreti sopra indicati, va dal 1902 al 1912. Non verrà menzionata pertanto alcuna
riflessione o confronto testuale che riguardi le opere successive, le Duineser Elegien
(Elegie Duinesi) e i Sonetten an Orpheus (Sonetti ad Orfeo).
Scelta discutibile ma che ha il merito di circoscrivere l‟argomento cardine di questa
tesi e cioè la flânerie del poeta a Parigi e il suo apprendistato artistico ed esistenziale
a vedere. Molto poco studiata, soprattutto in Italia risulta essere infatti la componente
nomade ed errabonda del poeta per le strade di Parigi. E anche per quel che riguarda
la consapevolezza estetica del nuovo sguardo di Rilke con il suo „dire oggettivo‟, non
sempre nella riflessione critica giuntaci fino ad oggi, si è tenuto conto del contesto
storico in cui il poeta scrisse il Malte e le Nuove Poesie; si è cercato anzi di leggere
queste opere come una sorta di preludio alla comprensione della poetica delle Elegie
Duinesi e dei Sonetti ad Orfeo, in parte oscurandone l‟importanza per la grandezza
sublime dello stile successivo, e facendo vivere soprattutto il Malte di luce riflessa.
Nell‟affrontare questo periodo della poetica rilkiana che avrà come monito guida il
5
toujour travailler di Rodin − scultore la cui opera e il cui pensiero filosofico
determinerà il primo impulso all‟apprendistato del poeta a vedere con nuovi occhi il
mondo delle cose − non si è dimenticato il modo in cui dalle prime, ancora acerbe,
esperienze poetiche, Rilke pervenga al nuovo grado di consapevolezza estetica del
„dire oggettivo‟. Si è cercato dunque, nei termini di un breve excursus cronologico,
di tracciare le linee basilari del percorso artistico attraverso cui Rilke è giunto alla
pubblicazione delle Nuove Poesie e del Malte.
Il nostro lavoro si compone quindi di due capitoli distinti, uno più breve che
riguarderà questioni estetiche e poetologiche di Rilke nel periodo 1902-1912, un
secondo più ampio ma circoscritto alla trattazione del romanzo di Rilke e la
letteratura sulla flânerie. Nel primo capitolo si ricorderanno le tappe nodali che
hanno portato Rilke alla nuova poetica e le influenze esercitate in lui dalle arti
plastiche: in primo luogo lo scultore Rodin, su cui Rilke scrisse una monografia e
presso cui il poeta lavorò come segretario dal 1905 al 1906 a Meudon, e in secondo
luogo la pittura di Cézanne per il tramite dell‟estetica baudelairiana del brutto. Verrà
presentato il tragitto compiuto da Rilke per affidare piena autonomia al mondo delle
cose, non inficiate dall‟ingerenza dell‟io, e la disciplina dello sguardo che permise al
poeta di giungere alla creazione della cosa-poesia. Verranno considerati e spiegati
alcuni concetti centrali per la riflessione estetica rilkiana come il modelé di Rodin, la
réalisation (sia di Rodin sia del pittore Cézanne) e ovviamente la cosa-poesia, quel
genere di poesia che dia voce alle cose senza il frapporsi dell‟interiorità del poeta.
Nel commentare l‟esperienza delle Lettere su Cézanne − vero e proprio laboratorio di
lavoro rilkiano, dove oltre a considerare la pittura di Cézanne Rilke sperimenterà
quel genere di scrittura nomade e discontinua che troverà il proprio vertice creativo
6
nel Malte − si è cercato di rintracciare i punti di contatto con il Malte, i passaggi in
cui il testo sembra presagire in parte l‟atmosfera e i vagabondaggi dei Quaderni.
Nel secondo capitolo, più propriamente di analisi testuale del Malte, dopo un breve
excursus storico sulla figura del flâneur, passeremo in rassegna i punti salienti e le
tematiche del romanzo, ponendo a confronto l‟esperienza letteraria dei Quaderni con
la letteratura sulla flânerie: Benjamin, Baudelaire e Poe saranno gli autori di
riferimento. Parleremo inoltre della scrittura del Malte, della sua struttura
frammentata e discontinua in relazione alla flânerie del poeta e allo spazio urbano di
Parigi. Tratteremo del ruolo del collezionista nel romanzo, figura che si affianca nel
testo a quella del flâneur di ascendenza baudelairiana e che permette di considerare il
Malte come una sorta di zibaldone. Parleremo di come vengono rappresentate nel
romanzo di Rilke le città moderne e di come esse si contrappongano al passato di
Malte in Danimarca, dei reietti della città di Parigi e della seconda parte del romanzo,
costellata da una vera e propria collezione di episodi storici e memorie culturali,
ragion per cui si può parlare in questo contesto di “scrittura del collezionista”. In
particolare si analizzeranno le figure storiche di Saffo e la parabola del figliol
prodigo. Quest‟ultima figura, rielaborata da Rilke in maniera del tutto singolare − e
che può essere considerata quasi una maschera di Malte − ribadisce ancora una volta
la natura nomade ed errabonda del romanzo di Rilke, riallacciandosi alla flânerie del
poeta nella prima parte del romanzo.
7
Capitolo I. Dal neoromanticismo al ‘dire oggettivo’ di Cézanne
Prime prove letterarie. Le opere giovanili
Nel 1894 un giovanissimo Rilke non ancora ventenne, pubblicava a Praga, il suo
primo volume di versi Leben und Lieder (Vita e Canti). E‟ estremamente difficile
oggi, riconoscere nel poeta epigono di quest‟opera acerba e priva di qualsivoglia
originalità, l‟autore delle Elegie a Duino e dei Sonetti ad Orfeo. Di certo Rilke non fu
un poeta precoce, come invece lo erano stati Hofmannsthal o Rimbaud. Il suo lavoro
è stato piuttosto frutto di una severa autodisciplina, un continuo processo di
autocritica e perfezionamento, risultato di un faticoso apprendistato artistico e
letterario. Il fatto stesso che Rilke abbia ritirato dal commercio il suo primissimo
volume di versi, quattro anni dopo la sua pubblicazione, dimostra appunto come il
Perché, vedi, io sono uno straniero e sono povero.
E svanirò come un passante; ma nelle tue mani
deve restare tutto ciò che un tempo, se fossi stato
più forte sarebbe potuto diventare la mia patria.
Rainer Maria Rilke a Lou Salomè, 18.07.1903
8
suo percorso letterario, fin dagli inizi sia stato sempre contrassegnato da una
impietosa autocritica e da una costante autoriflessione estetica.
Delle opere giovanili verrà pubblicato nel 1913 un volume, Erste Gedichte, che
riunisce le raccolte Larenopfer (1896, Sacrificio ai Lari), Traumgekrönt (1896,
Coronato di sogno) e Advent (1897), ma che esclude del tutto Leben und Lieder.
La Praga fin de siècle, “punto nevralgico di quell‟Austria prossima al crollo[…] con
la sua suggestiva e conturbante atmosfera slavo-tedesco-ebraico”
1
è protagonista
assoluta della seconda opera di Rilke Larenopfer. L‟intera raccolta infatti, che può
essere interpretata come un omaggio di Rilke nei confronti della sua città natale, è
caratterizzata dall‟evocazione di alcuni luoghi caratteristici del paesaggio boemo:
scorci di torri, cupole, palazzi, intérieurs borghesi ricorrono con insistenza insieme a
tutto ciò che potrebbe essere riconducibile ad un presunto genius loci praghese. In
essa il manierismo naturalista e il bozzetto narrativo molto spesso sfociano in scene
di genere convenzionale e in un “vuoto sentimentalismo”
2
. Tuttavia, la struttura
portante di questi versi, risulta essere quella di una trasfigurazione del dato reale, la
creazione di una atmosfera onirica armonizzante in grado di annullare la distanza tra
io e mondo, interno ed esterno.
3
L‟esordio rilkiano è pertanto da collocarsi in un
contesto che molto genericamente potremmo definire come neoromanticismo,
debitore di alcune influenze simboliste e impressioniste
4
. In contrasto con la
consapevolezza della crisi, operativa a partire dagli scritti di Nietzsche fino alle
considerazioni di Hofmannsthal
5
sulla impotenza della parola nei confronti
1
Ladislao Mittner, Letteratura tedesca del Novecento e altri saggi, Torino, Einaudi, 1960, p.177.
2
Italo Maione, Trittico Neoromantico (George- Hofmannstahal- Rilke), Messina-Firenze, G. D‟Anna,
1950, p. 117.
3
Cfr. Andreina Lavagetto in Rilke, Poesie 1907-1926, Torino, Einaudi, 2000, p. 573.
4
Ibidem.
5
Mi riferisco in particolare all‟opera in prosa La Lettera di Lord Chandos, pubblicata nel 1902.
9
dell‟alterità del dato reale, Rilke invece, nei Larenopfer, così come in buona parte
delle prime opere giovanili, non sembra porsi il problema fondamentale di gran parte
della letteratura moderna, questione questa, che all'opposto affronterà con grande
consapevolezza nel suo unico romanzo I quaderni di Malte Laurids Brigge.
Ma al di là di questo è assai significativo il fatto che fin dalla prima giovinezza Rilke
si sia sentito uno straniero nella sua stessa città natale, profondamente estranea per
lingua e cultura, così che l‟isolamento linguistico determinò in lui una propensione al
vagabondaggio e la consapevolezza di non aver mai avuto un luogo che potesse
chiamare casa. Prima ancora di questa spinta al viaggio, il tentativo disperato di
aderire ad una comunità culturale a lui estranea verrà alla luce nella raccolta
Larenopfer: qui il poeta vaga per la città quasi come uno straniero che apprenda per
la prima volta i luoghi caratteristici e la storia di Praga, per cui a ragione si può
parlare dell‟opera come una sorta di guida turistica
6
. Una svolta decisiva per la
formazione estetica del poeta, sarà la “fuga” dal provincialismo della città boema: nel
1896 Rilke lascerà Praga per trasferirsi a Monaco e appena un anno dopo, nella
stessa città, avverrà l‟incontro fondamentale con la scrittrice russa Lou Andreas-
Salomé.
Per Rilke sarà l‟inizio di un periodo estremamente positivo: frequenterà salotti
letterari, collaborerà con riviste, pubblicherà la raccolta di poesie Traumgekrönt e
scriverà alcune poesie che poi confluiranno nella raccolta Advent. Come accennato in
precedenza, le due opere stilisticamente non si discostano molto da Larenopfer. In
Traumgekrönt, però, Rilke abbandona la vena naturalista e il confronto con il dato
reale per ripiegarsi nella pura interiorità, attraverso alcuni clichés del decadentismo
6
Cfr. Charlie Louth, Early poems, in The Cambridge Companion to Rilke, a cura di Karen Leeder e
Robert Vilain, Cambridge University Press, 2010, p. 42.
10
(giardini, salici piangenti, cigni, fanciulle). Advent in un certo senso accentua la
tendenza intimista presente in tutte le poesie giovanili, in parte, anche a causa della
iniziale ricezione da parte del poeta dello Jugendstil, ma si compone in una sezione
della raccolta, di alcune poesie di viaggio dedicate alle città visitate. E‟ interessante
notare come a partire da queste prime prove letterarie fino alla Parigi del Malte e la
Città-dolore presente nelle Elegie, il corpo città in Rilke desti sempre un grande
interesse e una attrazione irresistibile sul piano compositivo: più in generale è senza
dubbio centrale in Rilke l‟attenzione posta sul piano estetico e letterario nei confronti
del luogo, sia esso una città, un paesaggio o uno „spazio interiore del
mondo‟(Weltinnenraum).
7
Una netta evoluzione rispetto alle prime opere giovanili, è segnata dalla raccolta
Stundenbuch (Libro d‟ore, 1905), scritta in tre cicli e momenti diversi tra loro: in
essa sono evidenti le tracce dell‟enorme influsso e suggestione che la cultura russa
esercitò nei confronti del poeta, in seguito al viaggio, condotto in Russia insieme a
Lou (in un primo tempo nel 1899 e in seguito nel 1900). Sarà anche in questo caso,
un luogo, il paesaggio sconfinato russo ad ispirare nell‟animo del poeta la visione di
Dio, un Dio questo, presente nella molteplicità di tutte le cose concrete, molto
7
Della nostra stessa opinione sembra essere Moira Paleari che nelle parole introduttive al saggio I
luoghi della riflessione poetica nella Elegie Duinesi (presente nel volume Alla ricerca dello“spazio
interiore del mondo” tra arti figurative, musica e poesia, a cura di Alberto Frigerio, Milano, Cives
Universi Centro Internazionale di Cultura, 2008) afferma : “La scrittura di Rilke è costellata di luoghi.
Che sia la Praga cui il poeta rende omaggio in Larenopfer (Offerta ai Lari, 1895), città personificata
da un io lirico che sembra perdersi nell‟atmosfera del mondo che descrive, la Russia dello
Stundenburch (Libro d‟ore, 1899-1905), luogo della meditazione artistica di un io poetico alla ricerca
della propria strada, o ancora la Parigi dei NeuGedichte (Nuove poesie, 1907-1908) e del Malte (1904-
1910), che rappresenta per il poeta un „Gegenüber‟, un oggetto con cui confrontarsi e da scoprire, con
lo sguardo plastico dello scultore, nella sua prospettiva di unicità, il luogo costituisce un tratto
specifico della poetica rilkiana. Ne diventa, anzi, a partire dall‟esperienza parigina, uno dei fulcri
poetologici: esso non è solamente uno stimolo per l‟ispirazione, ma si fa spazio della riflessione
poetica, equivalente esteriore delle esperienze interiori dello scrittore.”
11
distante dalla tradizione spirituale cristiana
8
. Già nel Libro d‟ore quindi, comincia a
venire alla luce nella poetica rilkiana quel paziente lavoro dello sguardo per ricavare
la vera essenza delle cose, monito che sarà di fondamentale importanza in opere
come i Neue Gedichte e il Malte:
E deve imparare dalle cose,
iniziare da capo come un bimbo
perché esse care a Dio
non l‟hanno mai abbandonato
deve imparare nuovamente a cadere,
riposare paziente nel suo peso
chi osò sfidare gli uccelli al volo.
9
Qui, tuttavia, l‟apprendistato di Rilke presso le cose è solo un astratto proposito:
nello Stundenbuch, la lirica del poeta è ancora dominata da una soggettività
ingombrante che impedisce alla voce delle cose di manifestarsi. Le cose sono ancora
specchio dell‟interiorità del soggetto.
Immaginata come un corpus di versi che un monaco russo, pittore di icone rivolge a
Dio, l‟opera si compone di tre parti distinte, scritte in periodi diversi: la prima parte,
Il libro della vita monastica fu scritta a Berlino tra il 20 settembre e 14 ottobre del
1899, la seconda, Il libro del pellegrinaggio a Westerwede fra il 18 e il 25 settembre
1901 e la terza Il libro della povertà e della morte, a Viareggio fra il 13 e il 20 aprile
1903.
8
Si vedano in proposito versi esemplari come questi: “Ti ritrovo in tutte quelle cose/ che amo
fraternamente:/ nelle piccole sei un seme al sole/ e nelle grandi grande.// E‟ lo strano gioco delle forze/
che servendo penetrano tutto:/ crescono nelle radici, scemano nei tronchi/ e risorgono nelle fronde
(Rilke: Vita, poetica, opere scelte, Milano, Il Sole 24 ore, 2008, p. 187).”
9
Cit. in Andreina Lavagetto, Commento a R. M. Rilke, Poesie 1907-1926, Torino, Einaudi,
2000, p. 592.
12
La Russia, motore ispiratore soprattutto della prima parte e della seconda, è
comunque presente in tutta la trilogia; essa rappresenta una contro-immagine
dell‟Occidente in decadenza
10
, una tradizione spirituale conservatasi intatta ed
incorrotta, dell‟Oriente, non ancora contaminato dalla società capitalistica: ciò che
Rilke vede nella Russia è una mistica e una religiosità tutta terrestre in cui ogni
giorno presente sul suolo russo rappresenta in certo senso il primo giorno della
creazione. L‟arretratezza economica e sociale della Russia è quindi ribaltata come
elemento estremamente positivo di una civiltà in parte ancora legata all‟agricoltura,
di contadini poverissimi ma capaci di conservare dentro di sé una „spiritualità ricca‟ e
semplice nello stesso tempo, una fratellanza universale “nel liquido amniotico
dell‟umanità”
11
. In quest‟opera, una delle più riuscite del primo Rilke, ritroviamo
molti temi che poi verranno ripresi in particolar modo nel Malte e un po‟ in tutta la
produzione della maturità. In primo luogo la “grande morte che ognuno ha in sé”
12
,
intesa come un frutto intorno a cui ruota ogni cosa, diretta conseguenza e
maturazione di quanto è stato realizzato in vita e quindi metafora dell‟autenticità, del
senso, ma anche altro lato terribile dell‟esistenza che viene invece occultato, nascosto
nelle metropoli occidentali, troppo occupate ad inseguire una vita che si dimostra
essere una misera fuga nell‟effimero, attraverso la cecità del possesso. L‟opera
pertanto tematizza l‟inscindibilità di morte e vita, considerate come due facce di una
medesima medaglia.
Correlato a questo stesso concetto, si inserisce l‟altro tema di cui dibatte l‟opera,
ossia la povertà. Soltanto i veri poveri, i mendicanti russi contrapposti ai poveri delle
10
Cfr. Charlie Louth, op. cit. p. 49.
11
Laura Gozzini, Una lontananza che chiama:la Russia di Rilke, in Alla ricerca dello“spazio
interiore del mondo” tra arti figurative, musica e poesia, a cura di Alberto Frigerio, Milano, Cives
Universi Centro Internazionale di Cultura, 2008, p. 225.
12
Rilke: Vita, poetica, opere scelte, Milano, Il Sole 24 ore, 2008, p. 233.
13
metropoli occidentali, possono aspirare alla “grande morte”, per tutti gli altri ci sarà
solo “una piccola morte”, la morte di massa delle metropoli, impersonale che
ritroveremo nuovamente nel Malte. Per raggiungere la maturità della propria morte è
necessario il rifiuto del possesso dei beni materiali ma oltre a questo, occorre anche
l‟umiltà e la consapevolezza che vede nella povertà non una abiezione ma una
ricchezza: questo è possibile solo in una società come quella russa di fine
ottocento/inizio novecento, dove il sistema capitalistico non ha ancora massificato i
comportamenti umani a tal punto da rendere le persone delle semplici copie, dove
“gli uomini si rapportano fra loro fraternamente”
13
, partecipando insieme alla
costruzione di Dio. Il Dio russo infatti è un Dio perennemente in fieri, anzi si può
dire che non esiste ancora ma sarà: è un Dio futuro, costruito dalla pazienza dei
poveri, dei santi, degli artisti che lo ricreano continuamente. In maniera del tutto
speculare al soggetto che si rivolge a Dio, Dio stesso è pazienza cosicché “il tempo
delle cose terrene è il tempo della pazienza di Dio"
14
.
Strettamente collegato al concetto di Dio è poi l‟atto della lenta maturazione;
attributo principale di Dio è infatti la pazienza. Ed anche se nessuno più contribuisse
a costruire Dio, questi tuttavia continuerebbe a crescere e a maturare ugualmente.
Michele Cometa distingue nella letteratura tedesca due tradizioni letterarie riguardo
la “metaforica della pazienza/impazienza”: una prima, risalente al classicismo di
Goethe cui apparterrebbe lo stesso Rilke, riconducibile alla tradizione cristiana della
pazienza, e una seconda, in parte debitrice degli esiti nichilistici del Romanticismo e
in special modo della lezione anticristiana di Nietzsche, che avrebbe prodotto una
13
Cfr. Serena Bellinello, Vita e opere, in Rilke: Vita, poetica, opere scelte, Milano, Il Sole 24 ore,
2008, p. 32.
14
Michele Cometa, L‟improvviso e L‟attesa, in Gli dei della lentezza: metaforiche della pazienza
nella letteratura tedesca, Milano, Guerini e Associati, 1990, p. 67.
14
letteratura dell‟impazienza. Anche se la distinzione ci porta ad una semplificazione
troppo drastica, senza dubbio la metaforica della pazienza e dell‟ascolto è molto utile
per capire alcune questioni chiave della poetica rilkiana, che sono comuni anche ad
altre opere fondamentali come il Malte, i Sonetti ad Orfeo e le Elegie. Il possesso per
Rilke “è il vero atto d‟impazienza moderno, il peccato capitale”
15
cui sono
prigioniere le metropoli occidentali.
Il terzo libro dello Stundenbuch, il Libro della Povertà e della morte, che trae
ispirazione dal soggiorno parigino effettuato dal poeta nel 1902, pone in netta
evidenzia il contrasto della realtà occidentale con l‟Oriente, esemplificato come
abbiamo visto in precedenza dalla Russia: qui l‟esperienza della metropoli francese è
vista come esempio negativo di quella civiltà occidentale prossima alla decadenza, in
cui la morte avviene “in serie”, dove i poveri non possono raggiungere la “grande
morte”, ma solo una “piccola morte”, immatura e impersonale. In questa parte della
raccolta, Rilke porta a compimento sul piano compositivo le stesse esperienze che
nel Malte verranno riprese e in qualche modo approfondite. Le riflessioni critiche
sulla povertà e la metropoli occidentale però sono già tutte in nuce nel Libro della
Povertà e della morte.
La Parigi di queste opere − il Malte e il Libro della Povertà e della morte presente
nella raccolta dello Stundenbuch − così legate tra loro è, tuttavia, in parte una Parigi
letteraria: le immagini letterarie di Baudelaire, Verlaine e Mallarmé contribuiranno a
costruire attraverso la smisurata sensibilità del poeta, propria del Rilke giovanile,
quello che Giuliano Baioni ha definito un “luogo letterario”.
16
L‟estrema sensibilità,
musicale del Rilke giovanile si scontra con la violenza del mondo metropolitano di
15
Ibidem.
16
Cfr. Giuliano Baioni, Rainer Maria Rilke: la musica e la geometria, in Poesie vol. I, a cura di G.
Baioni e A. Lavagetto, Torino, Einaudi-Gallimard, 1994, p. 24.
15
Parigi, una città dove la folla degli ammalati sembra ricordare al poeta l‟immagine di
un esercito:
Parigi è davvero una grande città estranea, a me molto, molto estranea. Mi
angosciano i molti ospedali sparsi dappertutto. Capisco perché ritornino di
continuo in Verlaine, Baudelaire e Mallarmé. Per tutte le strade si vedono
ammalati che vanno all‟ospedale, a piedi o in vettura. Li si vede alle finestre
dell‟Hôtel-Dieu nelle loro singolari divise, le tristi pallide uniformi della
malattia. Lo si avverte d‟improvviso, che in questa morti.
17
La città è percepita come un luogo terribile di angoscia e paura, dove la gente non
può né vivere né morire la “propria morte”. Nella metropoli occidentale la morte
onnipresente è un frutto acerbo, incapace di maturare e i poveri che la popolano sono
soltanto dei non-ricchi, condannati a un infimo destino di sporcizia e abiezione
18
.
Non è la povertà ad essere condannata quindi, come abbiamo visto in precedenza, ma
la decadente cultura occidentale che ha allontanato la povertà dalla sua originaria
purezza. E questa purezza è propria dei “veri poveri”, gli unici che sono davvero
vicini a Dio. Ciò che viene ritenuto colpevole del trionfo della “piccola morte” è
invece l‟affannosa ricerca per il progresso e la ricchezza nelle metropoli moderne,
tanto che gli stessi poveri delle grandi città sono contaminati da questa febbrile ansia
per il progresso, rimanendo così soltanto dei non-ricchi.
17
Lettera a Clara del 31 agosto 1902, cit. in Andreina Lavagetto, Commento a R. M. Rilke, Poesie
1907-1926, Torino, Einaudi, 2000, p. 594.
18
Si vedano i seguenti versi: “Vi abitano uomini pallidi, sbiancati/ che muoiono stupiti del peso del
mondo./ E nessuno vede il ghigno squarciato/ in cui il sorriso d‟una dolce razza/ si sforma in notti
senza nome.//Se ne vanno attorno sviliti dalla pena/pavidi a servire insensatezze,/e l‟abito s‟avvizzisce
loro addosso/ e le belle mani subito invecchiano.// La folla preme e non vuole salvarli/ anche se sono
fiacchi ed esitanti- / soltanto timidi cani randagi/ li seguono per un attimo, piano.// Devono patire
cento tormenti/ e aggrediti dal tocco d‟ogni ora/vagano soli attorno agli ospedali/ in attesa impauriti
del giorno per entrarvi.// E là c‟è la morte, non quella che li salutò/ accarezzandoli stranamente
nell‟infanzia-/ la piccola morte, come si diceva;/ la loro, verde e senza succo, gli pende dentro/ come
un frutto che non matura (Rilke: Vita, poetica, opere scelte, Milano, Il Sole 24 ore, 2008, p. 229).”