3
che"lo sviluppo di pratiche commerciali leali nel mercato
interno è fondamentale per incoraggiare le attività
transfrontaliere".
L’esigenza di regolamentazione nasce, quindi, dalla
volontà di promuovere, rendendole più semplici perché
uniformi, le norme a tutela dei consumatori nel commercio
transfrontaliero, garantendo così la certezza del diritto.
Tale esigenza è già molto sentita quando la
Commissione Europea presenta, in data 02/10/2001, il
Libro Verde sulla tutela dei consumatori nel mercato unico,
Libro che si prefigge l’obiettivo di avviare una consultazione
pubblica sul futuro orientamento in materia nell’Unione
Europea, invitando i paesi membri a esporre la loro
opinione riguardo agli aspetti di maggior rilievo affrontati
nel testo. Uno di questi aspetti riguardava il come
intervenire, vale a dire, la tipologia di intervento da adottare,
se cioè un approccio specifico, caratterizzato dall’adozione
di una serie di nuove direttive, oppure un approccio misto,
caratterizzato invece da una direttiva quadro globale
corredata, se necessario, da direttive specifiche1; approccio
quest’ultimo, che è stato poi preferito, perché si è
prospettato come più efficiente soluzione al problema
dell’armonizzazione. Il vantaggio principale di un approccio
simile, come si afferma nel Libro Verde, sta nel suo carattere
globale, che rende superfluo un più dettagliato piano della
tutela dei consumatori, piano che sarebbe stato, invece,
1
P. Bartolomucci, L’attuazione della Direttiva sulle pratiche commerciali
scorrette e le modifiche al codice del consumo, in Rassegna di dir. civ., 1, 2008,
pag.267 ss.
4
necessario, qualora si fosse adottato un approccio di tipo
specifico.
Nel documento si afferma che le leggi europee a tutela
dei consumatori affrontavano un numero limitato di
pratiche commerciali, non attuando una piena
armonizzazione che permettesse di superare gli ostacoli
inevitabilmente creati da una legislazione del tutto
scoordinata negli stati membri. La diffidenza dei
consumatori ad acquistare oltre frontiera era una naturale e
inevitabile conseguenza, diffidenza con cui si ritrovavano ad
avere a che fare gli imprenditori, desiderosi di allargare i
confini della propria attività, ma frenati, oltre che da tale
atteggiamento sfiduciato dei consumatori, dalle norme
vigenti nel paese in cui il consumatore risiedeva. Per le
imprese, soprattutto per quelle piccole e medie, il diverso
trattamento, in ciascuno stato membro, di pratiche
commerciali identiche, costituiva un forte deterrente per lo
sviluppo delle vendite transfrontaliere; per i consumatori,
invece, la mancanza di chiarezza e di certezza sui propri
diritti, costituiva un freno notevole sul piano della fiducia e
dell’affidabilità. E il mercato interno, come del resto tutti i
mercati, dipende dalla fiducia dei consumatori. E’ il
movimento transfrontaliero di beni e di servizi che permette
ai consumatori di beneficiare di prodotti e servizi innovativi.
Questa domanda transfrontaliera aumenta la pressione della
concorrenza nel mercato interno e permette un’offerta di
beni e di servizi più efficiente e a prezzi più competitivi.
Si legge in un comunicato dell’11/06/2002, seguito al
Libro Verde, che la Commissione Europea intendeva
rendere più agevole il commercio transfrontaliero, facendo
5
acquistare fiducia ai cittadini nelle operazioni oltre frontiera,
al fine di apportare benefici in termini di competizione, e di
dimostrare che l’Unione Europea ha a cuore la quotidianità
dei suoi cittadini. Da un lato, con l’adozione della moneta
unica e l’avvento del commercio elettronico, è diventato più
semplice acquistare oltre frontiera, d’altro canto, però,
un’armonizzazione europea, che tutelasse al meglio i
consumatori, si rendeva necessaria, anche in virtù
dell’allargamento dell’Unione a nuovi stati membri,
allargamento che, senza una successiva armonizzazione delle
leggi a protezione del consumatore avrebbe comportato un
maggiore ampliamento delle diversità nelle leggi nazionali.
La Direttiva è il preludio di un vasto e ambizioso
programma d’azione, riguardante la politica dei consumatori,
la cui realizzazione è stata distribuita nell’arco di sei anni, dal
2007 al 2013. Per il perseguimento dell’obiettivo di tale
programma, ossia il completamento e il sostegno delle
politiche degli stati membri, la tutela della salute, della
sicurezza e degli interessi economici e giuridici dei
consumatori, nonché la promozione del diritto di questi
all’informazione, all’istruzione e all’organizzazione della
difesa dei loro interessi, l’Unione Europea ha stabilito un
quadro finanziario pari a 157 milioni di euro2.
1.2 La concorrenza sleale e il diritto
contrattuale
La Direttiva non pregiudica l’applicazione delle norme
nazionali in materia di concorrenza sleale: il campo di
2 http://europa.eu/pol/cons/overview_it.htm.
6
applicazione concerne i rapporti tra professionisti e
consumatori. Indirettamente, però, i professionisti,
nell’esercizio delle loro legittime attività, sono tutelati da
eventuali concorrenti che non si attengano alle nuove
disposizioni: vi è, quindi, un’implicita tutela della
concorrenza leale3.
Sono, altresì, impregiudicate le norme concernenti il
diritto contrattuale. Certamente a una pratica commerciale
può succedere la stipulazione di un contratto, qualora la
scorrettezza fosse estrapolata dopo la stipulazione, il silenzio
normativo riguardo al trattamento di tali contratti, che
riflette la scelta comunitaria di demandare la decisione al
legislatore degli stati membri, lascia aperte diverse strade: la
nullità, l’annullabilità per dolo o violenza, il recesso del
consumatore ed eventuale richiesta di risarcimento, saranno
rimedi da adottare a discrezione degli stati membri, tenendo
conto, ovviamente, delle disposizioni vigenti in materia di
responsabilità precontrattuale, extracontrattuale e
contrattuale4.
1.3 La regolamentazione delle pratiche
commerciali scorrette
La Direttiva 2005/29/CE prescrive un divieto
generale di attuare pratiche commerciali scorrette
3 L. Di Nella, Cinque voi sulla Direttiva comunitaria 2005/29/CE in
tema di pratiche commerciali sleali, in Contratto e impresa Europa, 1, 2007,
pag.1 ss.
4 G. De Cristofaro, Le pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra
professionisti e consumatori: il d. legisl. n. 146 del 2 agosto 2007, attuativo della
Direttiva 2005/29/CE, in Studium Iuris, 11, 2007, pag 1181 ss.
7
nell’ambito dei rapporti tra professionisti e consumatori, sia
che questi precedano o susseguano la stipulazione un
contratto, sia che siano contestuali al suo svolgimento.
La regolamentazione, quindi, attiene a tutte le fasi
contrattuali, anzi, si verifica uno sconfinamento, poiché
sono disciplinate anche la fase antecedente e quella
successiva alla stipulazione: si tratta di una Direttiva che
tutela il consumatore, da semplice destinatario di un invito
all’acquisto, fino all’assistenza post-vendita; per invito
all’acquisto si intende una qualsiasi comunicazione
commerciale che indichi le caratteristiche e il prezzo del
prodotto in forme appropriate rispetto al mezzo impiegato
per la comunicazione commerciale. L’oggetto del divieto è
limitato alle sole pratiche il cui obiettivo è plagiare i
consumatori nelle loro decisioni di natura commerciale.
Il concetto di pratica commerciale è molto ampio:
esso comprende qualunque atteggiamento rivolto a
promuovere la stipulazione di un contratto o anche solo a
esso connesso5.
La Direttiva definisce pratica commerciale qualsiasi
azione, omissione, atteggiamento, dichiarazione,
comunicazione commerciale, attuata da un professionista
relativa alla promozione, all’alienazione di un prodotto. Il
prodotto è un qualsiasi bene o servizio, sono espressamente
inclusi i beni immobili, i diritti e le obbligazioni.
Essa applica il principio di proporzionalità: i
consumatori sono protetti dalle pratiche commerciali sleali
5 L. Di Nella, Cinque voi sulla Direttiva comunitaria 2005/29/CE in
tema di pratiche commerciali sleali, in Contratto e impresa Europa, 1, 2007,
pag.1 ss.
8
quando la slealtà sia rilevante, si vuole escludere dalla tutela,
quindi, le pratiche commerciali sleali i cui effetti siano
minimi.
Quello di proporzionalità è un principio generale del
diritto comunitario: esso rappresenta un termine di raffronto
per la valutazione dell’effettiva corrispondenza degli atti
comunitari agli obiettivi che l'azione comunitaria è tenuta a
realizzare6.
L’articolo 2 della Direttiva definisce alcune
enunciazioni dalla stessa statuite: consumatore è una
qualsiasi persona fisica che agisca per fini non rientranti
nell’ambito della sua attività, specularmente, professionista è
una qualsiasi persona fisica o giuridica che agisca nell’ambito
della sua attività commerciale.
Enunciare una clausola generale che vieta di porre in
essere pratiche commerciali scorrette, si colloca in una
dimensione di onnicomprensività, nel tentativo di accorpare
un vaglio di fattispecie il più ampio possibile.
Sembra una strada di sicuro successo, anche se si
propone come obiettivo di voler disciplinare una materia
complessa, quale è quella sulle pratiche commerciali
scorrette, fenomeno che, seppur facilmente individuabile
come categoria unitaria a livello economico, rappresenta,
invece, un concetto più sfuggente dal punto di vista
giuridico7.
6 S. Pietrini, Il principio di proporzionalità nel diritto comunitario in
http://www.giuffre.it/age_files/dir_tutti/archivio/dizionariob_0306.html.
7 P. Bartolomucci, L’attuazione della Direttiva sulle pratiche commerciali
scorrette e le modifiche al Codice del consumo, in Rassegna di dir. civ., 1, 2008,
pag.267 ss.