5
La normativa della Comunità Europea si è inserita dunque in quadro
giuridico già capace di proteggere l’immenso patrimonio culturale
nazionale, imponendo alcuni cambiamenti ma contribuendo a potenziare il
sistema protettivo esistente.
La nascita di una politica comunitaria in materia di cultura è un evento
recente, giacché il Trattato che istituisce la Comunità Europea prevedeva
semplicemente un contributo per lo sviluppo delle culture nazionali e della
loro diffusione con scambi e cooperazioni interstatuali, non attribuendo alle
istituzioni comunitarie specifici poteri in particolare in tema di
salvaguardia e protezione dei patrimoni culturali nazionali. Ma l’Europa è
l’area geografica che dispone dei beni culturali con il più elevato valore, sia
artistico che economico, e l’Italia, da sola, è il Paese che possiede circa il
50% del patrimonio artistico mondiale. L’Europa era obbligata ad andare
oltre il semplice sviluppo culturale, doveva elaborare norme protettive del
patrimonio culturale europeo e capaci di arginare gli effetti negativi che il
mercato interno ha in questo specifico settore.
Le diversità legislative esistenti fra gli Stati membri sono state
composte solo negli anni novanta con l’adozione di due atti normativi, il
Regolamento CEE 3911/92 e la Direttiva CEE 93/7: sono gli strumenti con
cui disciplinare l’esportazione dei beni culturali e la restituzione di quelli
usciti illecitamente.
La terza linea d’azione in materia di protezione dei beni culturali è
quella derivante dalla normativa internazionale. Dopo la disciplina
finalizzata alla protezione dei beni culturali in tempo di guerra, il desiderio
di legalità e moralità nella circolazione internazionale di opere d’arte portò
all’elaborazione di alcune Convenzioni internazionali, fra le quali spicca
per importanza e contenuto la Convenzione UNIDROIT sul ritorno
internazionale dei beni rubati o illecitamente esportati. Firmata a Roma nel
6
1995 al termine di una conferenza diplomatica, rappresenta la tappa finale
dell’evoluzione normativa cui è andato incontro il tema della restituzione
dei beni culturali nel più ampio contesto internazionale; non si può quindi
non notare, anche solo dalla lettura del titolo, la comunanza di obiettivi,
contenuti e problemi con la disciplina comunitaria derivante dalla Direttiva
CEE 93/7.
In una realtà internazionale sempre più improntata alla libertà degli
scambi e del commercio, con le opere d’arte che sono anch’esse oggetto di
scambio, è sempre più forte l’esigenza di tutelare oggetti, i beni culturali
appunto, che, in virtù dell’essere elemento di rafforzamento dell’identità
storico - culturale di una nazione e del loro particolare legame con la realtà
locale, necessitano di protezione specie da esportazioni al di fuori dei
confini dello Stato.
La coesistenza della normativa italiana, comunitaria ed internazionale
sono la migliore garanzia che la libera circolazione internazionale dei beni
culturali non pregiudichi la protezione dei patrimoni culturali nazionali.
7
CAPITOLO 1
LA NORMATIVA COMUNITARIA IN TEMA DI
PROTEZIONE DEI PATRIMONI CULTURALI
1.1 LA NASCITA DI UNA DIMENSIONE EUROPEA DELLA CULTURA
Il Consiglio d’Europa nacque nel 1949 con la missione di sviluppare
negli europei l’idea che essi condividessero una serie di ideali, tradizioni,
problemi: si riteneva esistente dunque, una solidarietà culturale. E’
evidente però che la cultura non era la prima preoccupazione in un’Europa
disastrata dalla guerra; ben presto l’economia prese il sopravvento.
Nacquero quindi tre Comunità accomunate dalla volontà di collaborare sul
piano economico per ricostruire l’Europa: la Comunità Europea del
Carbone e dell’Acciaio (CECA), la Comunità Economica Europea (CEE),
la Comunità Europea dell’Energia Atomica (CEEA o EURATOM); oggi
tutte riunite nella Comunità Europea (CE).
Si è da allora parlato di un’Europa come tempio di mercanti e di
uomini d’affari
1
, di un’Europa burocratica, tecnocratica; in sostanza di
un’Europa poco attenta ai valori sociali e culturali, tanto che è ben visibile
1
Definizione usata da A.Mattera, La libre circulation des oeuvres d’art à
l’intérieur de la Communauté et la protection des trésors nationaux ayant une valeur
artistique, historique ou archéologique, in Revue du Marché Unique européenne, 1993,
9.
8
l’assenza all’interno dell’impianto originario del Trattato CE di specifici
poteri per la protezione dei beni culturali.
Tuttavia, con il miglioramento della situazione economica e sociale, ci
si accorse che si poteva andare oltre il reddito e la produttività, si poteva
immaginare una cooperazione più politica e che investisse il campo della
cultura. E’ a questo punto che appare la prima azione comunitaria nel
settore culturale.
2
L’azione, decisa dalla Commissione nel settembre 1974 e approvata
all’unanimità dal Parlamento Europeo nel 1976, era caratterizzata da una
serie di punti
3
, analizzando i quali traspariva che al settore culturale erano
legati problemi tipicamente economici, come la libertà di circolazione e
stabilimento dei lavoratori culturali, che potevano essere affrontati
utilizzando gli articoli del Trattato CEE.
Dello stesso periodo, data infatti 1976, è il “Rapporto sull’Unione
Europea”
4
presentato da Leo Tindemans, Primo Ministro del Belgio.
Inquadrato cronologicamente in un momento foriero di speranze per
2
Significativo è quanto dice in questa occasione Robert Gregoire, Commissario
Europeo alla cultura, nell’articolo L’action communautaire dans le secteur culturel in
Diritto comunitario e degli scambi internazionali, 1976, 458: “Ieri era troppo presto,
domani poteva essere troppo tardi.”
3
L’azione è pubblicata nel Bollettino CEE, 1977, suppl. n. 6. Per un’analisi più
dettagliata degli obiettivi di quest’azione comunitaria vedi Robert Gregoire, op.cit.,
458. L’azione comportava in particolare: semplificazione delle formalità amministrative
per il libero scambio dei beni culturali nei Paesi della Comunità; libertà di circolazione
e stabilimento dei lavoratori culturali; aiuto ai giovani lavoratori culturali che
desiderano fare stage professionali in un Paese della Comunità; eliminazione degli
ostacoli fiscali per lo sviluppo delle fondazioni culturali e dei mecenati; ravvicinamento
delle legislazioni nazionali in materia di diritto d’autore e di tutti gli altri diritti
concernenti i lavoratori culturali; preparazione culturale dell’Unione Europea;
salvaguardia del patrimonio architettonico (anche attraverso il finanziamento e la
crescita di esperti restauratori); lotta contro i furti di opere d’arte.
4
Il <Rapporto Tindemans> è stato indirizzato al Consiglio il 29 dicembre 1975 e
reso pubblico il 7 gennaio 1976; è stato pubblicato in Bollettino delle Comunità
Europee, suppl. 1/76, 5. Cenni sul suo contenuto sono contenuti in N.P. Il <Rapporto
Tindemans>: una parola definitiva sull’Unione Europea?, in Diritto comunitario e
degli scambi internazionali, 1976, 158.
9
un’unità politica dell’Europa, e cioè la discussione sull’elezione a suffragio
universale e diretto del Parlamento Europeo, l’obiettivo del rapporto è
quello di prospettare i grandi temi legati ad un’Unione politica, ma
mostrando chiaramente il ruolo che la cultura può giocare in questo
momento.
Il “Rapporto” sottolinea il crescente interesse comunitario verso i temi
culturali e vede l’opinione pubblica desiderosa di una Comunità non
soltanto mercantilistica ma che si apra ad altri settori, che intervenga in
altre aree, come appunto la cultura. Immagina un ravvicinamento di popoli,
persone con tradizioni linguistiche e culturali diverse tra loro che
camminino insieme per adattare la società alle mutate condizioni
circostanti e varare un’Unione europea che salvaguardi il substrato comune
dei popoli europei. Il “Rapporto Tindemans” presenta la cultura come
necessaria per l’instaurazione progressiva dell’Unione Europea ed il
Commissario Gregoire fa una similitudine fra questa costruzione e la
prossima riforma del sistema elettivo del Parlamento Europeo
5
: persone
con caratteristiche diverse non voteranno insieme se legate solo da comuni
interessi economici. La partecipazione del popolo europeo al cammino
verso l’Unione Europea avverrà se costoro percepiranno “l’Europa come
una Comunità di cultura” e si “riconosceranno gli uni gli altri nelle loro
somiglianze e differenze”.
Un altro Commissario europeo alla Cultura, Joao de Deus Pinheiro,
insiste su questo nuovo approccio nella costruzione europea considerando
la cultura come un settore chiave per l’azione comunitaria e ritenendo che
gli aspetti culturali dovranno sistematicamente essere considerati durante le
azioni della Comunità, proprio come tutte le altre disposizioni del Trattato,
senza ridimensionamenti esercitati dalla politica economica. Le diversità
5
Vedi R.Gregoire, op.cit., 462
10
culturali sono viste come “ricchezza dell’Europa”, e la Comunità è
incaricata di contribuire allo “sviluppo culturale negli Stati membri,
rispettando le loro diversità ma evidenziando l’eredità culturale comune”.
6
La situazione attuale è il frutto di questo lungo percorso e l’attività
culturale della Comunità Europea poggia oggi su tre pilastri: i Trattati, il
Regolamento CEE 3911/92 del Consiglio del 09 dicembre 1992 relativo
all’esportazione dei beni culturali, la Direttiva CEE 93/7 del Consiglio del
15 marzo 1993 relativa alla restituzione dei beni culturali usciti
illecitamente dal territorio di uno Stato membro. Il regolamento e la
direttiva sono l’oggetto principale del lavoro e rimandiamo alle relative
analisi.
Per quanto riguarda i Trattati, il primo riferimento è il Trattato
sull’Unione Europea dove sono chiare frasi come “intensificare la
solidarietà tra i popoli rispettandone la storia, la cultura e le tradizioni
(premessa al Trattato), “l’Unione rispetta l’identità nazionale dei suoi Stati
membri” (articolo 6 dei Principi Comuni).
La versione consolidata del Trattato che istituisce la Comunità
Europea merita di essere citata per due articoli: il primo è il punto q
dell’articolo 3 dove si afferma che l’azione della Comunità comporta “un
contributo ad un’istruzione e ad una formazione di qualità e al pieno
sviluppo delle culture degli Stati membri”.
6
Cfr Joao de Deus Pinheiro, La Communauté Européenne et sa dimension
culturelle, in Revue du marché unique européenne, 1993, 7
11
Il secondo è l’articolo 151 (ex articolo 128) TCE
7
dalla cui lettura
emerge un ruolo della Comunità di sviluppo culturale: il Trattato conferma
il carattere nazionale delle culture e dei patrimoni culturali nazionali,
lasciando fermi i poteri dei singoli Stati per la salvaguardia di questi
patrimoni, e individua per la Comunità un ruolo non di sostituzione ma di
sostegno nei confronti delle attività degli Stati. La Comunità non ha
dunque un ruolo autonomo in tema di disciplina dei patrimoni culturali
nazionali.
8
La caratteristica peculiare è quindi il cercare di individuare
elementi in comune ma mantenendo le diversità nazionali. Ed è questa
coesistenza l’elemento portante di tutta la vita dell’Unione Europea:
mostrare e valorizzare ciò che ci unisce nel rispetto di quanto ci divide.
La nuova volontà comunitaria è, dunque, di tutelare e rispettare le
culture e le identità nazionali, di tenerne conto nelle azioni compiute ai
sensi del Trattato.
7
La versione integrale dell’articolo 151 TCE così recita: “1. La Comunità
contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro
diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune.
2. L'azione della Comunità è intesa ad incoraggiare la cooperazione tra Stati membri e,
se necessario, ad appoggiare e ad integrare l'azione di questi ultimi nei seguenti settori:
-miglioramento della conoscenza e della diffusione della cultura e della storia dei popoli
europei; -conservazione e salvaguardia del patrimonio culturale di importanza europea;
-scambi culturali non commerciali; -creazione artistica e letteraria, compreso il settore
audiovisivo. 3. La Comunità e gli Stati membri favoriscono la cooperazione con i paesi
terzi e le organizzazioni internazionali competenti in materia di cultura, in particolare
con il Consiglio d'Europa. 4. La Comunità tiene conto degli aspetti culturali nell'azione
che svolge a norma di altre disposizioni del presente trattato, in particolare ai fini di
rispettare e promuovere la diversità delle sue culture […]”
8
Cfr Andrea Roccella, Ordinamento comunitario ed esportazione di beni
culturali, in Diritto comunitario e scambi internazionali, 1993, 544
12
L’idea del Commissario Pinheiro è chiara: “La cultura, da grande
assente del Trattato di Roma” sarà la base sulla quale costruire l’unità dei
popoli europei.
9
E’ nata la dimensione europea della cultura.
9
Vedi Pinheiro, op.cit, 6