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CAPITOLO PRIMO
IL SOCCORSO IN MARE: LE ORIGINI DELL’ISTITUTO, LE FONTI MODERNE TRA LA
CONVENZIONE INTERNAZIONALE DI BRUXELLES 1910, IL CODICE DELLA
NAVIGAZIONE E LA CONVENZIONE UNCLOS 1980, IL PERICOLO, L’ASSISTENZA E
IL SALVATAGGIO
INTRODUZIONE
La storia del soccorso marittimo è certamente antica e riporta ad epoche lontane allorquando le navi
avevano poche possibilità di essere portate in salvo con interventi tempestivi ed efficaci e nei casi
più comuni, per richiamare questo fenomeno, si ricorreva come vedremo al termine di naufragio.
Questo istituto, che ha acquisito dignità e veste giuridica con la compilazione del Corpus Juris
Civilis, riflette le conseguenze dei limiti tecnici della navigazione a vela, tanto è vero che nelle
epoche antiche, fino all'avvento della navigazione a vapore, si poneva, pertanto, solo un problema
di recupero di beni o di resti di nave naufragata.
Minor rilievo e poche implicazioni giuridiche erano ricollegati all'aiuto delle persone coinvolte nel
naufragio, per le quali la questione era posta più in termini di dovere di ospitalità e di benevolenza,
come vedremo tra poco illustrando le origini storiche del soccorso. E’ comunque assodato che il
termine soccorso, nel suo attuale significato di organizzazione di strumenti ed attività per la comune
salvezza di persone e di beni in ambiente marittimo, appartiene ad una mentalità relativamente
recente dal momento che le fonti sulla materia in epoca antica hanno sempre fatto ricorso appunto al
termine naufragio, posto che gli sforzi effettuati non consentivano comunque di fornire un aiuto
rapido e tale da assistere tempestivamente persone e cose imbarcate sulle navi.
Pare quindi opportuno rilevare che oggi il soccorso è un istituto che presenta una serie di riflessioni
di diversa tipologia: storica, tecnica e di carattere internazionale.
Dal punto di vista storico, è evidente che con l’avvento della navigazione a vapore le navi hanno
avuto la possibilità di affrontare, con significative migliorie, avvenimenti difficili e rischiosi quali il
rimorchio, il disincaglio e la possibilità di estinguere incendi.
Pertanto appare una reale necessità quella di adattare sempre maggiormente il diritto alle realtà del
traffico marittimo che, via via, sono sempre maggiori.
Lo scopo di questa tesi è dunque quello di esaminare in modo conciso ma esaustivo l’istituto del
soccorso sin dalle origini, con particolare rifermento all’età moderna dalla Convenzione di
Bruxelles del 1910 a quella di Londra del 1989, attraverso il nostro Codice della Navigazione ed
alcuni dei più recenti atti in materia, quali il Contratto di Salvataggio dei Lloyds, LOF, del 1990-
2000 e la Clausola SCOPIC del 1999.
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§ 1 LE ORIGINI STORICHE DEL SOCCORSO
Il soccorso in mare, pur con significative differenze a seconda dei tempi, è uno degli istituti
giuridici più antichi della marineria ed ha attraversato età storiche differenti in diverse civiltà e
Paesi.
Occorre però premettere che l’assistenza ed il salvataggio alle navi in pericolo, così come statuito in
epoche più vicine alla nostra, era nell’antichità praticamente sconosciuto e diametralmente opposto
allo ius naufragii che verrà analizzato più avanti.
Si evidenzia, anzitutto, che l’esigenza di proteggere i beni presenti a bordo delle navi nel corso dei
viaggi per mare, si è incrementata nel tempo con il progressivo sviluppo del diritto marittimo.
Lo stesso però non può dirsi per quanto concerne la salvaguardia della vita delle persone in
pericolo nel corso delle traversate, trascurata per un lunghissimo periodo e che verrà presa in seria
considerazione solo all’inizio del novecento con le prime convenzioni internazionali di Bruxelles
1910 e SOLAS 1914 che si occuparono, come vedremo, in modo organico e meno sporadico del
passato, dell’assistenza e del salvataggio marittimi nonché della salvaguardia della vita umana in
mare.
Occorre premettere che nell’antichità, soprattutto in epoca barbarica, ante e post diritto romano, la
navigazione si svolgeva in assoluta insicurezza sia per quanto concerneva le navi che le cose
presenti a bordo.
Le popolazioni costiere del Mediterraneo, infatti, raramente percepivano come di buon auspicio gli
oggetti rivenuti in mare e financo i naufraghi spesso associati alle invasioni di altri popoli che
avevano portato distruzione e malattie, in particolare peste e colera.
Nonostante queste credenze popolari che portarono addirittura e sovente all’uccisione dei naufraghi
che non veniva sanzionata dalle autorità locali, per tali popolazioni spesso assai povere, i naufragi
erano una vera e propria manna grazie ai relitti, in particolare legname e metalli, ed alle merci
ritrovate a bordo delle imbarcazioni abbandonate sui relitti o rinvenute in mare.
Fu dunque permesso uno ius naufragii ante litteram che consentiva l’appropriazione, talora un vero
e proprio saccheggio, dei beni che venivano quindi sbarcati per evitare un rovinoso affondamento
allorquando le condizioni del mare si facevano difficoltose.
Solo nell’antica Grecia, paese insulare ove la navigazione era il mezzo di trasporto più utilizzato,
nacquero i primi principii, di cui per altro poco o nulla è restato a noi, relativi al prestare soccorso
alle imbarcazioni e relative merci in pericolo di naufragio.
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J.M. PARDESSUS, in Collection de Lois Maritimes anterieures au XVIII siècle, vol. I, 35 che nel descrivere la
concezione di diritto marittimo dell’antica Grecia precisa che notizie e fonti certe si hanno solo nella Repubblica
ateniese, mentre negli altri Stati si parla solo per analogia.
Analogamente F.P. CONTUZZI, op. cit. 758
Si dovette quindi attendere il diritto romano per avere una normativa organica del soccorso in mare.
VIDALI in Saggio critico sull’accertamento del sinistro di mare nel diritto romano, in Dir. Mar. XXXVIII, 1936, pag.
244 nel quale l’autore evidenzia come la storia dell’umanità e del diritto debbano ricordare il merito del diritto romano
nel rispetto portato già all’epoca nei confronti della vita e dei beni dei naufraghi e per la libertà dei mari e la proprietà
navale quali beni comuni. Già allora il diritto di Roma contrastava il mondo barbarico e piratesco che ignorava tali
principi.
Già in epoca repubblicana, infatti, fu emesso un editto pretorile che assimilava il naufragio
all’incendio ed alla rovina con conseguente protezione prevista per i proprietari dei beni naufragati.
Successivamente, in epoca imperiale, la lex Cornelia de sicariis stabiliva severe misure punitive per
chi, allo scopo di depredare i beni naufragati, avesse impedito di portare soccorso ad una nave in
pericolo.
Inoltre il diritto romano classico prevedeva che il proprietario di un bene naufragato non perdesse il
suo diritto su tale bene qualora lo stesso fosse stato oggetto di salvataggio o recupero e non fosse
andato perduto.
Mai però si accennava di assistenza alla nave.
Alla tradizione giuridica ellenistica che consentiva una libertà maggiore nei movimenti marittimi ed
in particolare alla alla “Lex Rhodia”, si attribuisce il merito di aver interrotto la barbara usanza
dello ius naufragii.
Inoltre nel Digesto di epoca giustinianea nel libro XIV, 2 dal titolo “De lege rhodia de iactu”, si fa
riferimento a qualcosa riguardante l'abbandono in caso di necessità di merci in mare, tant'è che la
denominazione pervenutaci include la locuzione de iactu, per stabilire i criteri attraverso i quali
suddividere le spese di riparazione fra proprietari delle merci e proprietari delle navi.
Fu in questo periodo storico del diritto romano che, allo scopo di porre in salvo i beni rinvenuti da
naufragi, venne riconosciuta una ricompensa ai soccorritori in proporzione al pericolo corso nelle
operazioni di recupero, pur senza concedere loro il diritto di proprietà dei beni stessi, che restava in
capo al legittimo proprietario, ma solo per gli “avanzi” che normalmente venivano ricercati e
ricuperati dal fondo del mare da corporazioni specializzate di urinatores “ urinare est mergi in
aquam” che, dietro compenso, restituivano gli oggetti a chi li avesse persi in mare.
Proseguendo nell’excursus storico concernente il soccorso in mare, si passa all’era medievale per
fornire cenni, alcuni anche importanti, di tale periodo.
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Rispetto alle norme del diritto romano, molto vicine nella tutela dei naufraghi, ritorna nel diritto
medievale il famigerato ius naufragii perché prevedeva il diritto dei feudatari di impadronirsi delle
cose e financo talvolta dei naufraghi.
Si noti in proposito che furono numerosi gli interventi della chiesa in materia, in particolare grazie
ai pontefici Alessandro III e Pio V, per abolire lo ius naufragii e rendere obbligatorio il soccorso in
mare,
Già il Concilio Lateranense I del 1110 aveva affermato l'iniquità del costume di depredare i
naufraghi: “Quicumque res naufragorum diripiunt, ut raptores et fratrum necatores ab ecclesiae liminibus
excludantur”.
La norma fondamentale di condanna del diritto di naufragio si trova, tuttavia, contenuta nella
raccolta delle decretali di Gregorio IX, e riporta il pensiero del Concilio Lateranense III del 1179.
Il testo, che nella prima parte si pone a tutela della libertà dei commerci e della navigazione
disponendo la scomunica per quanti riducessero in schiavitù i depredati ed i cristiani o ne
depredassero le loro cose, nella seconda parte contiene una condanna del diritto di naufragio.
Il divieto di occupazione dei beni dei naufraghi nei lidi del mare e nelle terre soggette alla Chiesa
romana è ripetuto anche nella bolla Romanus pontifex di Papa Giulio II del 1509 ove il Papa ribadiva
il diritto dei legittimi proprietari di rivendicare le cose gettate in mare e di recuperare quanto
perduto durante il naufragio.
Ancora, in epoca medievale, si succedettero anche norme a tutela dei naufraghi, presenti negli
statuti delle repubbliche marinare italiane ed altre leggi similari francesi, spagnole ed inglesi.
A proposito di norme in materia di naufragi emanate dalle repubbliche marinare, si menzionano le
Tavole Amalfitane, conosciute anche come Tabula Amalphitana o Tabula de Amalpha, il cui titolo
originario latino era “Capitula et ordinationes Curiae Maritimae nobilis civitatis Amalphae”
Le Tavole consistevano in un codice marittimo, redatto ad Amalfi intorno all'XI secolo che è
ritenuto il più antico statuto marittimo italiano che fu utilizzato in tutta l'area del mar Mediterraneo
fino al XVI secolo.
Tra le varie normative presenti nelle Tavole che regolamentavano i traffici, i commerci ed il
comportamento in mare dei membri dell’equipaggio, attribuendo a ciascuno di loro specifici diritti e
doveri, si ricorda in particolare una norma in materia di compenso per la perdita di beni a seguito di
naufragio che stabiliva un rimborso per i marinai che erano stati privati dei loro effetti personali.
Sempre in epoca medievale si ricorda, in Francia, l’ordinanza di Luigi IX del 1221 che assicurava la
protezione reale ai naufraghi.
Per rivedere i principii romanistici del soccorso, occorrerà però attendere i Ruoli di Oleron risalenti
al XIII secolo che prevedevano, tra le altre norme, il diritto del proprietario, già presente nel diritto
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romano, di rivendicare i beni naufragati e, novità rilevante, il dovere del signore locale di
salvaguardare la vita delle persone e dei beni presenti a bordo o rinvenuti in mare oltre al
riconoscimento della remunerazione ai soccorritori.
Non si parlava ancora di ricompensa per l’assistenza ed il salvataggio ma unicamente di soccorso in
termini generici.
I Roles o Jugements d’Olèron erano costituiti da una raccolta di decisioni giudiziali riguardanti gli
affari marittimi; in realtà non si ha notizia precisa circa la data di apparizione che però si presume
possa collocarsi nel XII secolo e però si riconosce che i “Roles” influenzarono poi numerosi Paesi.
Il documento contemplava vari precetti di condanna di azioni inique nei confronti di persone e beni
naviganti e riguardava gli avvenimenti che potevano verificarsi nel corso della navigazione, come il
naufragio.
In una prima parte i “Roles” concernevano la protezione dei beni in tale sventurata situazione non
causata da fatti addebitabili all’equipaggio o a popolazioni costiere.
Mentre nella seconda parte riguardava invece la protezione nel caso il naufragio fosse stato
cagionato da azioni dolose o intenzionali.
Sicuramente il documento fu antesignano di altri documenti successivi, come le successive Bolle
Pontificie o l’importante Ordonnance francese del 1681.
Sempre per quanto riguarda il diritto marittimo francese la situazione non muterà con l’ordinanza
francese di Luigi XII ed ugualmente in altri Stati europei come il codice Prussiano del 1620 ed i
codici svedese e danese rispettivamente del 1667 e 1688.
Per quanto concerne invece il diritto marittimo medievale spagnolo si annota, dietro iniziativa del re
Alfonso X il Saggio, la prima raccolta organica di precetti dal titolo Codigo de las siete partidas”,
risalente alla metà del XIII secolo, nel quale, oltre alla tutela dei beni derivanti da naufragi, eredità
del diritto romano, venivano previste anche severe sanzioni per scoraggiare naufragi dolosi.
E’ importante rilevare infine che nel 1370 a Barcellona nacque il Libro del Consolato del mare il
quale, tra le varie questioni legate al commercio marittimo, stabiliva principi fondamentali relativi
al naufragio, contribuendo all’abolizione definitiva dello ius naufragii, alla regolamentazione del
soccorso in mare in chiave dinamica ed infine anche al riconoscimento di un’indennità,
sorprendente per i tempi ma poi ripresa effettivamente in epoca moderna, con regole per la
remunerazione del soccorso in ottica equitativa in relazione al pericolo.
Per assistere ad un vero cambiamento in materia di soccorso e diritti di naufraghi e soccorritori
occorrerà però attendere l’Ordonnance de la Marine del 1681 che prevedeva sia l’obbligo di
soccorrere i naufraghi sia uno schema di soccorso per l’assistenza a navi naufragate ed ai beni
presenti a bordo oppure galleggianti o recuperati dal fondo del mare.
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Secondo l’Ordonnance le cose scampate al naufragio dovevano essere poste sotto la protezione del
regno e, più in particolare, dello stesso sovrano.
Ai soccorritori spettava il solo rimborso delle spese sostenute per il recupero delle cose, qualora la
nave si fosse incagliata o arenata in prossimità delle coste, mentre il recupero di beni ritrovati in
mare aperto veniva invece ricompensato con il riconoscimento di un terzo del loro valore elargito in
denaro o in natura, ossia con una parte dei beni stessi.
In buona sostanza l’Ordonnance riconosceva ricompense per il recupero delle cose salvate
esclusivamente per quanto concerneva il “sauvetage d’èpaves” vale a dire i relitti provenienti da
naufragio.
L’Ordonnance influenzò anche alcuni Stati italiani del XIX secolo, in modo più significativo il
Regno di Sardegna vicino ai principi marittimi francesi, infatti nel 1816 con il regolamento per la
marina mercantile, che al capitolo XI dei naufragii disciplina il soccorso e ricupero d’ufficio a
favore dell’autorità marittima dei beni provenienti da naufragi, arenamenti ed incagliamenti.
Le cose non reclamate dai legittimi proprietari entro un anno dall’evento venivamo poste in vendita
all’incanto ed era riconosciuto un premio soltanto per il ritrovamento ed eventuale custodia di
merci, attrezzi o altre cose.
Successivamente il neonato Regno d’Italia, nel suo codice per la marina mercantile del 25 giugno
1865, presenta una normativa maggiormente organica e completa dell’istituto del soccorso in mare
e più precisamente soccorso a navi, affermando tra l’altro che al soccorritore veniva attribuito un
premio di assistenza che però non doveva essere superiore ad un decimo del valore dei beni salvati
in prossimità delle coste.
In tale normativa il codice per la marina mercantile non includeva però il ricupero di cose
provenienti da naufragio, che prevedeva unicamente il riconoscimento delle spese d’assistenza ed
una mercede non meglio precisata.
Per la cronaca, il codice del 1865 restò in vigore anche nel successivo codice della marina
mercantile del 1877.
Veniva dunque ribadita la differenziazione, che pare ragionevole, già instaurata in Francia, tra
l’assistenza alle navi e l’assistenza nonché il salvataggio di relitti che verrà disciplinata in modo
esaustivo ed organico solo dalla convenzione di Bruxelles del 1910.
Occorre anche precisare che in Italia, sia nel codice di commercio del 1865 che in quello del 1882,
il libro II destinato al diritto marittimo, non includeva una regolamentazione degli istituti
dell’assistenza e del salvataggio in senso lato ma, come visto nelle righe precedenti, si disquisiva
principalmente di compenso ai soccorritori.
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In mancanza di una pianificazione precisa sul soccorso marittimo le controversie venivano trattate
sulla base di principi giurisprudenziali regolamentati, caso per caso, dai giudici.
E’ interessante comunque rilevare che le prime vere fonti concernenti l’assistenza ed il salvataggio
si ritrovano in sentenze inglesi dell’800 basate più sull’equità che sul diritto.
Il documento principale in materia di assistenza e salvataggio marittimi è il Merchant Shipping Act
del 1854, poi ripreso nel 1894 con il quale fu istituita la figura del wreck receiver un funzionario
pubblico incaricato da un giudice locale o da un rappresentante della Corona di coordinare le
operazioni di soccorso in mare.
Nel Merchant Shipping Act, inoltre, viene sancito il diritto alla remunerazione a favore dei
soccorritori tramite un atto che veniva determinato dal “wreck receiver” o dal giudice.
Come si vedrà dettagliatamente nel paragrafo successivo fu però la convenzione Internazionale di
Bruxelles del 1910 che finalmente diede una svolta decisiva per quanto concerne il soccorso in
mare e in particolare gli istituti dell’assistenza e del salvataggio marittimi e la loro unificazione in
un unico istituto, il soccorso in mare, equiparato al “salvage” anglosassone.
ANDRICH: in Naufragio, Naufragio (Voce), Digesto italiano, XV, Torino, 1909, 1303.
G. BERLINGIERI Assistenza e salvataggio nella navigazione marittima (estratto da Il diritto Marittimo, 1967-1968)
G. CAMARDA il soccorso in mare ed. Giuffré 2006 pags. 7-8
ERODOTO in Historiae,II, 115, 179 ripreso da PARDESSUS in Collection de Lois maritime anterieures au XVIII°
siècle Paris 1828, vol. I, 34
S. FERRARINI il soccorso in mare ed. Giuffré 1970 pags. 1-5
S. FERRARINI Naufragio
IL GANDOLFO: La nave nel diritto romano, Genova 1882, pag.195
J.P. MARCQ: Chambre arbitrale maritime de Paris, Histoire du sauvetage en mer
LE CLERE: L’Assistance aux navires et le sauvetage des epaves
J.P. PARDESSUS
G. RIGHETTI trattato di diritto marittimo parte III, capitolo LIII, il soccorso in mare pagg. 426-440 ed. Giuffrè 1994
RIPERT: Droit maritime III 1953
C. SEVERONI La remunerazione del soccorso, premesse storiche Giuffrè 2005
SOLDEVILA: El salvamento maritimo en el derecho espanol in l’Osservatorio di diritto dei trasporti ed. Giuffré 2005