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INTRODUZIONE
Il rapporto fra sport ed economia è diventato sempre più robusto dall’ultima metà del secolo
scorso in poi ovvero da quando la dimensione economica dello sport è divenuta una
componente dall’importanza progressivamente crescente nelle economie di quasi tutti i paesi
del mondo. Il calcio ne è senza dubbio l’esempio lampante. Generatore di un campo di affari
globale sempre più smisurato che vede organizzazioni e società sportive amministrate in
modo manageriale orientate al profitto prima che al successo sportivo e alla gloria dei propri
tifosi.
Se è vero che l’uno non esclude l’altro, anzi, come vedremo nel corso della trattazione, il
primo (il profitto) è condizione necessaria e strumentale al secondo (le vittorie), è anche vero
che il risultato conseguente all’ingresso prorompente dell’industria del calcio nelle nostre
vite è stato proprio questo: l’aspetto sociale e simbolico di questo sport è andato via via
scemando di fronte alle sempre più stringenti politiche di bilancio dei clubs volte
all’equilibrio finanziario e alla massimizzazione dei ritorni economici. Si pensi
immediatamente al solo fatto che mentre prima i matches venivano giocati tutti allo stesso
orario la domenica, adesso vengono “spalmati” nei tre giorni del fine settimana (il cd. calcio
“spezzatino”) per ovvie esigenze di mercato legate ai diritti televisivi.
La crescente importanza dell’industria del calcio si può scorgere avendo riguardo agli effetti
indiretti che questo produce sia sulla politica sportiva e sulle decisioni di politica economica
di alcuni paesi
1
.
Tuttavia, il gioco del calcio degli inizi era ben diverso da quello attuale: nel corso del primo
capitolo è apparso giusto dare giustizia alla storia di questo sport, in primis, procedendo ad
una ricostruzione storica dei giochi con la palla in uso nell’antichità che presentano strette
analogie con il nostro calcio; in seguito, esponendo brevemente la sua struttura organizzativa
a livello mondiale europeo e nazionale e infine, soffermandoci sulle varie tappe fondamentali
per il sostrato normativo del mondo calcio in quanto avvenimenti che ne hanno determinato
la trasformazione e affermazione nel mondo di oggi in business a tutti gli effetti.
Da questa evoluzione del calcio, da attività sportiva meramente ludica a vera e propria
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Si pensi a quanto sia importante per l’immagine e l’economia di una nazione ospitare una grande
manifestazione sportiva come i Mondiali e quanto, al contempo, sia importante per lo stesso paese predisporre
un buon piano di investimenti per sostenere tale avvenimento) sia sulle entrate e il progresso economico di
quei settori commerciali che ne compongono in senso lato il contesto ambientale di riferimento e che, di
riflesso, ne beneficiano (come l’abbigliamento e le attrezzature sportive, l’acquisto di giornali e pubblicazioni
sportive e il turismo sportivo, le radio e le trasmissioni tv e i siti internet dedicati).
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attività imprenditoriale dai grandi ritorni economici, si è ovviamente originata anche
una certa attenzione alle dinamiche gestionali e ai documenti contabili di quelle società
che fanno parte dell’intero settore calcio e, in particolare, a quello che è il loro
equilibrio finanziario desumibile da tali conti e prospetti di bilancio.
Nella seconda parte del lavoro si procederà ad accennare a quelle che sono le
caratteristiche di tale particolare “prodotto calcio” e a quelli che sono i principali
soggetti – i cd. stakeholders – interessati alle vicende e alla conoscenza dell’andamento
economico, finanziario e patrimoniale delle società tramite il fondamentale documento
a ciò preposto, ovvero il bilancio di esercizio; per infine focalizzare l’attenzione sulle
poste tipiche degli schemi di bilancio delle società calcistiche e a quelle regole contabili
inerenti la formazione e rilevazione di quest’ultime.
La redazione del bilancio di esercizio delle società sportive professionistiche ha subìto
notevoli cambiamenti da parte degli organismi di controllo internazionali e nazionali
soprattutto a seguito delle vicende che hanno colpito il mondo del calcio dopo la
sentenza Bosman, momento chiave dal quale la gestione delle società di calcio ha
assunto i connotati tipici dell’attività imprenditoriale.
Da quel momento il controllo e l’obbligo di rendicontazione contabile posto sulle
società calcistiche si è fatto gradualmente sempre più importante e penetrante quanto
più l’intero settore del calcio cresceva e si evolveva, sia dal punto di vista economico
con gli ingenti investimenti televisivi e la crescita dei (sempre più limitati) ricavi, sia
dal punto di vista normativo con la previsione dello scopo di lucro.
Questi due sono gli avvenimenti più importanti che, negli anni Novanta, hanno reso
necessario adeguare, affinare e uniformare la disciplina nazionale sui bilanci delle
società ad una realtà, quella del calcio, del tutto peculiare e che poco si presta ad essere
analizzata sotto una prospettiva prettamente economico-finanziaria
2
. Nel calcio è forte,
e forse preminente, l’aspetto sociale (i tifosi) e simbolico (il tifo): questi ne stanno alla
base, ne determinano di gran lunga le prospettive e gli stessi modi di svolgere l’attività
di un club, e lo distinguono da molti settori economici e altri mercati.
Infatti, si può dire che “il calcio è un settore anticiclico”
3
.
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Retaggio di una regolamentazione raggiunta solo nel 1996 e di una gestione economico- finanziaria
inadeguata da parte del management più orientato al prestigio e al successo sportivo che all’economicità della
gestione.
3
Prendendo in prestito l’esordio giornalistico di BELLINAZZO M., in “Ma all’estero i club macinano utili”,
in “ilSole24ore”, 25 maggio 2016.
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Per spiegare meglio tale affermazione, si può fare riferimento al contesto economico e
storico creatosi negli anni successivi allo scoppio della bolla immobiliare negli Usa con la
crisi dei mutui subprime, indiziata come essere il principale capro espiatorio dell’inizio di
una crisi finanziaria globale (“la Grande Recessione”). Mentre la conseguente crisi dei debiti
sovrani europei (tra cui il nostro Belpaese) metteva in ginocchio l’economia europea e
contraeva il Pil di tutta l’eurozona, infatti, i ricavi dei clubs crescevano a tassi di sviluppo
compresi tra il 2,8% ed il 7,3% ed il giro d’affari aggregato dell’industria calcio, in Europa,
raggiungeva quota 21,6 miliardi di euro.
Il calcio sembrava uno dei pochi settori dell’economia ancora funzionante ed in crescita
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,
tuttavia, al detto “non è sempre oro quel che luccica”, anche questo, accanto alla
movimentazione di tali considerevoli cifre di denaro, stava percorrendo una strada che lo
avrebbe presto portato alla deriva.
L’importanza della dimensione sociale ed economica dello sport, confermata più e più volte
dalla stessa Commissione Europea e dallo stesso Parlamento Europeo in occasione del Libro
Bianco sullo Sport nel 2007 e del Trattato di Lisbona nel 2009, obbligava ad una maggiore
invasività dei controlli e ad una correzione di quei meccanismi di gestione poco sana delle
società di calcio europee
5
.
Non preoccupandosi troppo di che impatto nel breve termine le disposizioni potessero avere,
ma nell’ottica di migliorare il modello europeo di sport e di incentivare all’uso di best
practices, forte dell’appoggio UE, dunque, la stessa UEFA aumentò il livello di severità
delle proprie regole e il numero di verifiche a cui assoggettare le società professionistiche
europee con le nuove “UEFA Club Licensing and Financial Fair Play Regulations”.
Nelle pagine riguardanti il terzo ed ultimo capitolo seguirà una descrizione della normativa
e una più completa possibile valutazione, mutatis mutandis, di quegli effetti (più o meno
benefici) apportati alla situazione economico-finanziaria di partenza del calcio europeo,
senza disdegnare la valutazione di possibili proposte alternative per raggiungere lo stesso
bramato fine: la sostenibilità e credibilità del calcio europeo.
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Un incremento medio dei ricavi del 5,6% dal 2010 al 2014 a fronte di un incremento medio dell’economia
europea del 2,3%. Fonte: BELLINAZZO M., op.cit.
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Nel Libro bianco sullo Sport del 2007, tali organi per la prima volta dichiaravano l’intento di impegnarsi, di
concerto con gli organismi sportivi internazionali, a promuovere, sostenere e migliorare la dimensione europea
dello sport; nel Trattato di Lisbona del 2009 il calcio invece venne espressamente menzionato come fattore che
contribuiva alla crescita sociale e educativa dei cittadini.
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CAPITOLO PRIMO
EVOLUZIONE STORICO-NORMATIVA DEL GIUOCO CALCIO: DA
SEMPLICE PRATICA SPORTIVA A BUSINESS PLURIMILIONARIO.
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1.1 Il calcio delle origini e la sua crescente popolarità.
Le origini del gioco calcio sono antichissime
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. Per risalire alla nascita di questo sport bisogna
effettuare un viaggio molto a ritroso nel tempo che porta ad affermare che la sua patria natale
è stata originariamente l’Asia. Volendo procedere cronologicamente, fu nell’antica Cina che
attorno al XXV secolo a.C. si ebbero i primi segnali di nascita del gioco del calcio e la sua
più remota manifestazione. Lo “tsu-chu” (letteralmente ‘palla calciata con il piede’) era
utilizzato dall’impero cinese per addestrare l’esercito e migliorare la resistenza fisica delle
proprie milizie e si sostanziava nell’infilare coi piedi una palla rudimentalmente realizzata
con vesciche di animali gonfiate e riempita di piume o capelli femminili, dentro una porta
consistente in due alberi o due canne da bambù.
Successivamente fu il Giappone ad importare, alcuni secoli dopo, tale pratica sportiva: il
“kemari”. Ancora oggi in voga tra i monaci shintoisti, questa variante giapponese prevedeva
che i giocatori potessero passarsi la palla anche con l’ausilio delle mani, prefigurando il
primo antenato del rugby, ed era privilegio esclusivo delle classi nobili.
Altro predecessore del gioco con la palla era praticato in America Centrale dove rivestiva un
ruolo sacro e religioso: esso veniva praticato prime delle guerre per avvicinarsi alle divinità
in segno di buono auspicio; l’ullamaliztli Azteco e il pok-ta-pok Maya si giocavano con una
palla costruita con la resina di alcuni alberi e vedevano gli sfidanti battersi per farla entrare
in un anello posto su un muro al centro del campo senza l’utilizzo delle mani e dei piedi
bensì a colpi di natiche e fianchi
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.
Per la diffusione del calcio in Occidente bisogna attendere un millennio.
È intorno al 1000 a.C. che si affermò in Grecia l’antenato europeo del calcio: ”episkyros”,
derivante da “sk’yros”, parola utilizzata per intendere la linea che divideva il campo in due
parti. Se in Oriente il già concetto di ‘gol’ era finalizzato all’addestramento militare e al
gentil diletto dei ricchi e nelle Americhe si era innalzato a culto religioso, nella culla della
civiltà occidentale tale gioco cominciò ad assumere dei connotati violenti tanto da non essere
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Sulla storia del calcio si vedano: BORTOLOTTI A., LEALI G., VALITUTTI M., PESCIAROLI A., FINI F.,
BRUNELLI M., LO PRESTI S., VECCHIET S., GATTESCHI L., RUBENNI M.G., ORDINE F., PALOMBO
R., GARANZINI G., La storia del calcio, in Treccani – Enciclopedia dello Sport, 2002; il contributo “Storia
del calcio” di Wikipedia; CARRARO A., “La storia del calcio”, in www.venividivici.us; BLACKMORE E.,
“Nel calcio dei Maya chi perdeva veniva decapitato”, in www.nationalgeographic.it, 20 giugno 2018.
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Un film di animazione della Dreamworks Animation degli anni 2000 di nome “The Road to Eldorado” (“La
strada per El Dorado”) ambientato nel nuovo continente contiene riferimenti alla pratica di questo primordiale
gioco con la palla in voga tra le culture Sudamericane, in particolare. Era un gioco con la posta in palio molto
alta dove chi perdeva veniva decapitato e sacrificato in nome degli dei.
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inserito tra le discipline dei primi Giochi Olimpici che si sarebbero disputati nel 776 a.C. Da
lì i confini del calcio nel vecchio continente si fecero sempre più estesi grazie alle campagne
di conquista delle forze militari romane in territorio ellenico nel II secolo a.C.
Denominato “harpastum”, anche nell’antica Roma il gioco vedeva affrontarsi due squadre
con lo scopo di “rubare” la palla agli avversari ed appoggiarla sulla linea di fondo avversaria,
ma assunse una connotazione decisamente più agonistica e brutale del già manesco parente
greco. L’harpastum (che significava “strappare con forza”) divenne infatti il passatempo
preferito da gladiatori e legionari, che con grande soddisfazione lo praticarono per circa 700
anni diffondendolo in tutto il territorio Romano.
Dopo questa prima fase di prima espansione lo sviluppo del calcio vide una battuta d’arresto
nel Medioevo, periodo storico in cui le attività ludiche vennero viste di cattivo grado. Del
gioco del calcio in quel periodo si hanno notizie intorno all’XI secolo d.C. in Inghilterra ove
però venne proibito con un editto del Re Enrico V nel 1338 per la sua indole violenta.
Per la fortuna di questo sport, il grigiore del Medioevo terminò con l’avvento della cultura
Rinascimentale. Fu nel Seicento che il calcio ebbe a Firenze una rinascita sotto alla famiglia
De’Medici che si era accorta di quanto questo fungesse da ottima valvola di sfogo per il
malcontento popolare; in particolare grazie al Piero De’Medici, che da bravo mecenate
calcistico chiamò sotto la sua corte i più abili giocatori del tempo, dando vita al ‘calcio in
livrea’ (sfarzoso abito che indossavano i giocatori del tempo) che ancora oggi, nel periodo
di Carnevale e Ognissanti, attrae i più curiosi turisti.
Tuttavia, la popolarità di questo gioco cominciò a calare circa cento anni più tardi fino alla
sua lenta e totale scomparsa. Come già accennato, il calcio praticato dai legionari si diffuse
in tutto il territorio Romano, e quindi persino in Britannia dove a seguito dell’invasione
dell’isola fu praticato per poi venire bandito nel Trecento.
Ebbene, l’esportazione oltremanica può essere considerata la tappa fondamentale di quella
che è stata l’evoluzione del gioco del calcio, perchè è proprio nel Regno Unito che si
sarebbero gettate le fondamenta del calcio moderno. Depenalizzato con l’Highway Act nel
1835, il gioco del calcio (il football) ritornò praticabile come sport d’élite nei college e nelle
università inglesi le cui classi si sfidavano tra loro. Ogni college seguì delle regole proprie
ma una regola li accomunava tutti ossia il numero di giocatori per squadra che era di undici
in totale: dieci, il numero di studenti di cui prima era formata una classe, più il loro maestro,
7
che nel ruolo di portiere dirigeva e dava le indicazioni di gioco ai suoi ragazzi
8
. Tra i vari
college, i più importanti erano quelli di Harrow, Charterhouse (conosciuto per il dribbling
game, una variante più individualista consistente nel dribblare più avversari possibili),
Rugby (che diede il nome all’omonimo sport in quanto unico college dove si continuò a
usare la palla anche con le mani) e Cambridge, dove nel 1848 vennero abbozzate delle prime
regole calcistiche. Tuttavia, è la cittadina di Sheffield ad avere il merito di essere la prima
città della storia a dotarsi di un club calcistico: lo Sheffield F.C. fondato nel 1857. Da lì in
poi fu un susseguirsi di nascite di società calcistiche: nella stessa Sheffield nacquero i cugini
dell’Hallam City F.C. (1860), in un sobborgo di Londra nacque la prima squadra londinese
del Cray Wanderers F.C. (1860), a Nottingham nacquero ben tre società, il Worksop Town
F.C. (1861), il Notts County (1862) ed il Nottingham Forest (1865), mentre nella città di
Stoke-on-Tent nacque lo Stoke City (1863), solo per citare alcune delle squadre più antiche
del mondo.
Proprio a seguito del proliferare di sempre più clubs, gli stessi sentirono l’esigenza di dotarsi
di una struttura organizzativa con il compito di coordinare e codificare in modo organico
tutti i regolamenti vigenti fino a quel tempo. È il 26 ottobre 1863 la data storica di riferimento
per la nascita del calcio moderno: in quel giorno infatti, in una taverna nel rione Holborn di
Londra ospitante i rappresentanti dei più potenti clubs e associazioni sportive londinesi,
nasce la più antica federazione calcistica nazionale la Football Association (da qui in poi:
FA). I primi obiettivi della federazione furono chiari: redigere un regolamento valevole per
tutti i clubs che di lì in poi ne avrebbero voluto fare parte e dare al calcio una sua ben distinta
fisionomia rispetto alle altre correnti minori
9
.
Ciò determinò ufficialmente la divisione tra due impostazioni, con gli esponenti della
matrice rugbistica che si dissociarono e ne fondarono una a sé stante con le proprie regole,
la Rugby Football Association. Con l’adozione del nuovo regolamento, la neocostituita F.A.
consentì infatti solo al portiere di toccare il pallone con le mani esclusivamente nei casi in
cui la palla fosse diretta verso la porta onde evitare un gol certo, e non anche agli altri
giocatori.
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Ecco spiegata la consuetudine di giocare in squadre da undici giocatori e la figura del ‘capitano’ rimasta
intatta fino al giorno d’oggi.
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Dalla lettura di BORTOLOTTI A., LEALI G., VALITUTTI M., PESCIAROLI A., FINI F., BRUNELLI M.,
LO PRESTI S., VECCHIET L., GATTESCHI L., G. RUBENNI M. G., ORDINE F., PALOMBO R.,
GARANZINI G., op.cit., si evince come già da tempo, di fatti, si erano affermate due impostazioni e modalità
di gioco del calcio: alcune scuole utilizzavano anche le mani e proponevano un gioco più violento, fisico e di
contatto, altre invece prevedevano che il pallone venisse calciato solamente coi piedi.