Capitolo 1
L'apertura della Cina al commercio internazionale: dal 1978
all'ingresso nella World Trade Organization
1.1 I risvolti interni ed internazionali della politica delle “Quattro
Modernizzazioni”
Nonostante i sorprendenti dati economici possano indicare il contrario, la Cina ha
sviluppato e intensificato i rapporti politico-commerciali con il mondo esterno
solamente a partire dalla seconda metà del XX secolo.
L'ostilità e la chiusura prima, così come l'apertura e una maggior fiducia nei
confronti delle nazioni straniere poi, sono senza alcun dubbio strettamente legate
alla storia stessa del Paese di Mezzo, dove, per circa un trentennio, il regime
comunista guidato da Mao Zedong ha saldamente sostenuto e inculcato il proprio
pensiero sulla base dell'ideologia marxista-leninista.
Dal 1° ottobre 1949, anno di fondazione della Repubblica Popolare Cinese, al 9
settembre 1976
1
, Mao Zedong si è fatto promotore di iniziative di successo, come la
vittoria rivoluzionaria contro il Partito Nazionalista, l'edificazione della Cina
socialista, la lotta contro il sottosviluppo e l'indipendenza nazionale. D'altro canto
però, il Grande Timoniere ha visto intrecciarsi a queste conquiste gravi insuccessi,
tra cui il fallimento del Grande Balzo in Avanti (1958-1960) e la Rivoluzione
Culturale (1966-1976)
2
, che causarono la perdita di innumerevoli vite umane.
1 Data di morte di Mao Zedong.
2 Per ulteriori approfondimenti storici cfr. G. Samarani, La Cina del Novecento. Dalla fine
dell'Impero ad oggi, Torino, 2008, pp. 223-227 e 249-281; cfr. anche J.P. Brady, Justice and
Politics in People's China, London, 1982, p. 154 ss.
1
In seguito alla morte di Mao Zedong e dopo anni di sconvolgimenti interni, tra le
fila dello stesso Partito Comunista Cinese (PCC) iniziò a delinearsi una sempre
maggiore consapevolezza del rischio che il Partito correva nel proseguire le orme
sanguinarie della Rivoluzione Culturale. Per tali ragioni si è sviluppata, in seno al
Partito, l'esigenza di sostenere in primis la stabilità politica e sociale della nazione: il
primato indiscusso tenuto dall'ideologia socialista iniziava per la prima volta a
essere surclassato dal concetto di modernizzazione.
Infatti, durante l'XI Congresso Nazionale del PCC emersero come centrali i temi
della modernizzazione e di una maggiore liberalizzazione dell'economia, da
perseguire sempre in un'ottica marxista-leninista, indirizzata questa volta verso un
orientamento più moderato e depurato degli eccessi radicali.
La politica delle "Quattro Modernizzazioni", che coinvolgeva i settori
dell'agricoltura, dell'industria, della tecnologia e della difesa prevedeva di essere
perfezionata in due fasi: la prima richiedeva l'edificazione di un sistema economico
e industriale indipendente e completo entro il 1980; la seconda auspicava l'ascesa
cinese ai vertici dell'economia mondiale entro la fine del XX secolo
3
.
Il primo rilevante fattore che permise alla Cina di intraprendere la via
dell'apertura economica e politica al mondo fu certamente il ricambio politico di cui
è stato protagonista il PCC: da una parte i leader storici della Rivoluzione Culturale
avevano raggiunto un'età che impediva loro di essere attivi politicamente, dall'altra
si andava affermando all'interno del Partito un filone moderato, il cui principale
esponente è stato senza dubbio Deng Xiaoping
4
. Principale promotore della
modernizzazione della Cina, Deng Xiaoping ha dato un impulso sostanziale e
concreto, a partire dagli anni Ottanta, a numerose riforme in diversi settori.
La branca della scienza e tecnologia si attesta come elemento chiave nella
prospettiva di una modernizzazione strutturale del paese. Nel corso del 1985, infatti,
venne promulgata la “Decisione sulla riforma strutturale in campo scientifico e
3 Cfr. Feng Chen, The new Era of Chinese Contract Law: History, Development and a Comparative
Analysis, in Brooklyn Journal of International Law, 2001, pp. 155-157.
4 Deng Xiaoping (1904–1997) è stato sia uno strenuo artefice della politica delle Quattro
Modernizzazioni sia, allo stesso tempo, uno strenuo sostenitore del ruolo centrale del PCC, come
ha bene dimostrato il sanguinoso intervento delle forze armate durante la crisi della “Primavera
del 1989”. Per tutte le vicende personali e politiche: cfr. G. Samarani, op. cit., pp. 272-361, 409.
2
tecnologico” che poneva l'accento sulle modalità di allocazione delle risorse, sulla
maggior cooperazione tra le istituzioni impegnate nell'ambito della scienza e della
tecnologia e le imprese e soprattutto sulla cooperazione a livello internazionale
5
.
Per quanto riguarda il campo agricolo, furono abolite le comuni popolari e
sostituite dai villaggi (in cinese xiang) e borghi rurali (zhen) all'interno dei quali la
vita agricola era gestita dal cosiddetto sistema della responsabilità famigliare: in un
primo momento alle famiglie era permessa la commercializzazione di una quota
della loro produzione sul mercato, per poi determinare lo sviluppo, nel corso degli
anni successivi, di una privatizzazione agricola di fatto e della necessità di aprire il
settore, seppur in maniera cauta, alle importazioni (soprattutto cerealicole) ed
esportazioni. La “capitalizzazione” dell'agricoltura ha così portato con sé le
problematiche tipiche di tale situazione, cioè un aumento del divario tra ricchezza e
povertà non solo tra città e zone agricole, ma anche all'interno delle campagne
stesse. Questa rottura ha causato dei forti fenomeni migratori indirizzati con
particolare intensità verso i grandi centri urbani
6
, con una conseguente
ridistribuzione demografica statale.
Sono proprio le città le cartine di tornasole del fenomeno delle riforme,
soprattutto nei primi anni della loro attuazione. E' infatti con la creazione delle Zone
Economiche Speciali (ZES)
7
che il PCC ha voluto valutare l'adeguatezza della
propria condotta. Essa muoveva dalla constatazione che esistevano forti carenze e
difetti nella struttura industriale statale e poneva al centro l'esigenza di promuovere
all'interno delle imprese il concetto di responsabilità manageriale secondo cui la
dirigenza, da una parte, sarebbe stata responsabile dell'andamento dei profitti,
evitando quindi che le perdite fossero ancora sanate dal bilancio statale, dall'altra
avrebbe potuto trattenere parte dei profitti (che fino ad allora erano stati assorbiti
dallo Stato). L'impresa dunque era indirizzata a godere di una sempre maggiore
autonomia gestionale. Inoltre molte imprese statali (state owned enterprises)
5 Cfr. ivi, p. 305.
6 Ivi, pp. 302-313.
7 Si tratta prevalentemente di zone costiere, come Shenzhen, Zhuhai e Shantou nella regione del
Guangdong e Xiamen nel Fujian, in cui vengono incoraggiati investimenti esteri e l'introduzione
di tecnologie e metodi di gestione avanzati stranieri attraverso la creazione di joint-venture a
capitale cinese e straniero.
3
vennero trasformate in piccole o medie imprese private, anche se lo Stato ha
continuato a mantenere saldo il controllo su alcuni settori chiave, quali i trasporti, il
credito e le telecomunicazioni
8
.
Il rafforzarsi di tali innovazioni ha mostrato in maniera esplicita ai leader del
Partito la necessità di tessere una trama giuridica adeguata a sorreggere e
istituzionalizzare il nuovo apparato economico che andava via via delineandosi, fino
ed essere definito negli anni Novanta come un sistema economico socialista di
mercato
9
. In questa direzione hanno condotto sia il processo di ricostruzione del
sistema giudiziario delle Corti e delle Procure popolari, che erano state abolite negli
anni del Grande Balzo in Avanti, così come la reintroduzione dell'insegnamento del
diritto negli istituti superiori e nelle università. Inoltre, sono state promulgate
numerosissime leggi in campo penale e di procedura penale, relative alla protezione
ambientale e all'amministrazione, e allo stesso tempo veniva delineata nel 1982 la
nuova Costituzione in cui si affermava il principio di “legalità socialista” e
l'introduzione di importanti elementi di diritto privato e di tutela dei diritti umani
10
.
1.1.1 Le riforme interne: lineamenti essenziali
Per comprendere al meglio l'importanza storica delle riforme avviate dal PCC alla
fine degli anni Settanta, è essenziale delineare le influenze sociali, culturali e
politiche, sia interne sia esterne al paese, che hanno giocato un ruolo di rilievo nella
messa in moto di questo secolare processo riformista.
Le radicate filosofie millenarie del Confucianesimo, del Taoismo e del Legismo
8 Per approfondimenti: G. Samarani, op. cit., pp. 313-318.
9 Definizione attribuita dallo stesso PCC durante la terza sessione plenaria del Comitato centrale
eletto al XIV Congresso nazionale nel 1993. Cfr. Youngjin Jung, Qian Hao, The New Economic
Constitution in China: A Third Way for Competition Regime?, in Northwestern Journal of
International Law and Business, 2003, p. 123 ss.
10 Le recenti modifiche della Costituzione (2004) hanno portato all'introduzione dell'art. 33 in cui si
afferma che lo Stato è tenuto a rispettare e salvaguardare i diritti umani. Per ulteriori
approfondimenti: cfr. G. Samarani, op. cit., pp. 335-340.
4
hanno prestato il loro contributo a questo scopo
11
. Il codice di condotta confuciano
12
,
che conferisce estrema importanza all'obbedienza, prevedeva che l'uomo fosse
guidato dal li (la virtù) piuttosto che dal fa (la legge). In questa prospettiva, quindi,
l'individuo acquisiva valore all'interno di una ben organizzata gerarchia sociale: così
come i sudditi, i figli e le donne dovevano mostrare lealtà e rispetto nei confronti dei
superiori (rispettivamente governanti, padri e uomini), allo stesso tempo questi
ultimi dovevano mostrare benevolenza. In tal modo le persone potevano vivere
pacificamente e armoniosamente senza che fosse necessario un governo della legge:
tutti i problemi e le incomprensioni sarebbero stati risolti tramite la negoziazione.
Secondo la corrente di pensiero taoista
13
l'individuo doveva opporsi a qualunque
forma di istituzione e legge morale, limitandosi a seguire ed accettare passivamente
e misticamente il Dao, cioè la propria strada, le esperienze della vita così come si
presentavano.
Infine il Legismo
14
può essere considerato la corrente opposta al Confucianesimo:
poiché l'uomo era considerato un essere malvagio, era necessario un insieme di
norme draconiane per governare la società al meglio. Il fa è l'emblema di questa
linea di pensiero e la legge diviene così strumento di punizione per il popolo e di
mantenimento di potere per i governanti.
Confucianesimo, Taoismo e Legismo, saldamente radicati nella cultura locale,
hanno giocato un ruolo molto importante nello sviluppo del sistema giuridico cinese,
il quale però sarebbe rimasto immutato se non avesse sperimentato l'importanza
economica e politica dei rapporti internazionali. Già a partire dalla fine del XIX
Secolo, Stati Uniti, Gran Bretagna, Germania e Francia domandavano affinché la
Cina riformasse il proprio sistema giuridico come condizione necessaria per
l'abolizione dei privilegi di cui godevano gli stranieri, derivanti dall'extraterritorialità
ottenuta in seguito alle vittorie nelle Guerre dell'Oppio. In seguito, terminato il
11 Cfr. J.M. Zimmerman, China Law Deskbook. A Legal Guide for Foreign-Invested Enterprises, 2
a
ed., Chicago, 2005, pp. 32-36; R. Cavalieri, La legge e il rito. Lineamenti di storia del diritto
cinese, 3
a
ed., Milano, 1999, p. 41 ss.
12 Tale filosofia prende il nome dal suo maestro fondatore Confucio (551-479 a.C.).
13 Il Taoismo si è sviluppato tra il V ed il IV sec. a.C. ad opera di due filosofi, Lao Zi e Zhuang Zi, il
cui principale motto recitava che il miglior modo per governare il mondo è di non governarlo
affatto.
14 Il Legismo affonda le proprie radici negli insegnamenti di Shang Yang (IV sec. a.C.), che è stato il
consigliere del primo imperatore della Cina Qin Shi Huang Di.
5
periodo comunista caratterizzato da un forte nichilismo giuridico, hanno ripreso
voce le richieste esplicite di riforme pronunciate dai paesi esteri (soprattutto Europa
e Stati Uniti)
15
, in nome di una maggior tutela e trasparenza degli affari commerciali
condotti in Cina. Le esigenze sottostanti alla politica delle Quattro Modernizzazioni
si sono fuse, quindi, con le continue pressioni provenienti dall'esterno, aumentate
esponenzialmente in seguito alla domanda di (ri)adesione alla World Trade
Organization presentata dalla Cina nel 1986
16
. L'obiettivo principale di questa
riforma è stato, ed è tuttora, quello di regolare e proteggere la modernizzazione
stessa, potendo usufruire di norme giuridiche conoscibili, uniformi e applicate in
modo imparziale dagli organi statali. Il punto di approdo doveva essere l'abbandono
del “governo dell'uomo” in nome del “governo della legge”
17
, attraverso la
separazione delle competenze istituzionali dello Stato da quelle politiche del Partito
Comunista
18
.
L'obiettivo di ricostruire un apparato normativo degno di questo nome fu
perseguito con grande impegno a livello centrale e locale e può essere diviso in due
fasi, il cui spartiacque si colloca nella crisi politica di Piazza Tiananmen (1989). Tra
il 1979 e il 1982, oltre a essere stata riesumata con prontezza la legislazione degli
anni Cinquanta, l'Assemblea Nazionale del Popolo ha promulgato circa venti nuove
leggi. Tra queste rivestono particolare importanza la legge penale e di procedura
penale, che pur non essendo definite come tali dal legislatore, svolgono la funzione
di veri e propri codici, brevi ma completi. Si tratta di pietre miliari, poiché fino a
quel momento la disciplina penale era regolata non da una legge, bensì da una scarna
e vacua normativa secondaria che si fondava su principi contrapposti rispetto a
quello della legalità. Nonostante il nuovo codice penale riconoscesse l'uguaglianza
formale dei cittadini, per il resto la legge riprendeva la normativa maoista,
rimarcando la lotta contro i reati controrivoluzionari, la necessità di sanzioni
detentive severe e la pena di morte per i reati più gravi, oltre a essere scritto con un
linguaggio vago e generico che lasciava ampio spazio alla discrezionalità
15 Cfr. J.M. Zimmerman, op. cit., pp. 37-50.
16 Infra, cap. 1, par. 2.
17 Infra, cap. 1, par. 2.2.1.
18 Così R. Cavalieri, op. cit., p. 164 ss.
6
dell'interprete. La medesima difficoltà ad abbandonare l'influenza della dicotomia
stato-partito si ritrovava nella stesura della legge di procedura penale, dove i concetti
di presunzione di innocenza e i diritti di difesa del convenuto erano fortemente
limitati. Tuttavia il semplice fatto che un cittadino potesse essere arrestato soltanto
dalle autorità della polizia e che dovesse esser sottoposto a un regolare processo
prima di procedere all'esecuzione della pena, rappresentava per la Cina un evento
pionieristico.
Oltre alle leggi in campo penale, si ricordano di quegli anni diverse leggi
organiche sulle assemblee popolari, sui consigli, sui tribunali e procure popolari
(1979-1981), oltre alla legge sul matrimonio (1980), sull'imposta sui redditi
individuali (1980), alla legge provvisoria di procedura civile (1982) e
all'approvazione della Costituzione (1982)
19
. In aggiunta, il lavoro del legislatore
nell'ottica di un perfezionamento dell'ambito economico-commerciale è stato molto
prolifico. In questo senso è opportuno ricordare l'approvazione di una legge sui
marchi di fabbrica (1982) e sui brevetti (1984), sui contratti economici interni
(1981) e con paesi esteri (1985)
20
, sulle imprese di stato, sul fallimento, sulle
imprese private (1988), sulle joint-venture sino-estere (foreign invested enterprises,
FIE, 1979) e sulle imprese a capitale e gestione interamente straniero (wholly
foreign owned enterprises, WFOE, 1986)
21
. È proprio grazie a quest'ultima legge che
il legislatore cinese ha cominciato ad utilizzare una logica e una terminologia del
tutto innovativa ed estranea a quella utilizzata dai suoi predecessori e a elaborare il
primo diritto societario cinese
22
. Accanto alla poderosa crescita economica
incentivata da queste riforme, iniziarono a farsi strada importanti problemi sociali: il
divario tra ricchezza e povertà cresceva vistosamente creando una netta linea di
demarcazione tra le città e le campagne interne, così come le classi da sempre
tutelate dal regime comunista (contadini, operai, dipendenti pubblici) venivano
sempre più private delle loro certezze quali il posto di lavoro a vita, la sicurezza
19 Infra, cap. 1, par. 2.2.1.
20 Infra, cap. 2, par. 1.
21 Cfr. S. Lubman, Looking for law in China, in Columbia Journal of Asian Law, 2006, p. 8 ss.
22 G. Crespi Reghizzi, “Commercio internazionale, investimenti e diritto nella Repubblica Popolare
Cinese”, in Studi in onore di P . Biscaretti di Ruffia, vol. I, Milano, 1987, p. 181 ss.
7
sociale, i prezzi controllati
23
.
In una Cina colpita dalla grave crisi finanziaria asiatica e in un clima di forte
instabilità sociale, il 4 giugno 1989 i principi di legalità e di maggior apertura
democratica vennero messi a dura prova dalla repressione del movimento
studentesco in Piazza Tiananmen. Nei mesi successivi, infatti, i diritti di espressione
e le già scarne libertà personali concesse dalla legge ai cittadini divennero oggetto di
ulteriori restrizioni.
Nonostante questa parentesi buia, la politica riformista non ha modificato il suo
corso
24
, anzi, a partire dal 1992 lo ha reso più saldo, a seguito di un viaggio di Deng
Xiaoping nel Guangdong e nel Fujian, roccaforti del nascente “capitalismo alla
cinese”. A dimostrazione dell'impegno della dirigenza cinese sono stati adottati atti
normativi nuovi nella forma o nel contenuto: si tratta del diritto costituzionale
25
, del
diritto amministrativo (1991) e del diritto e della procedura penale (rispettivamente
1997 e 1996) i quali hanno depurato le precedenti leggi dall'abuso del principio di
analogia e dall'eccessiva discrezionalità dei giudici, oltre ad aver introdotto norme
concernenti il diritto di difesa del convenuto. Anche in questa fase è la legislazione
commerciale
26
ad arricchirsi maggiormente, grazie alla legge sulle garanzie reali
(1991-95), sui titoli di credito (1995), sul diritto d'autore (1990-91), sulla
concorrenza sleale (1994), sull'arbitrato (1994)
27
, sulla procedura civile (1991), sui
contratti (la Uniform Contract Law, 1999
28
).
La necessità di una corretta applicazione delle nuove leggi improntate sulla
diversificazione dei soggetti economici, su una progressiva economia di mercato e
sull'apertura agli investimenti esteri, ha reso inoltre indispensabile una repentina
revisione dei fondamenti di diritto civile cinese.
23 Così R. Cavalieri, op. cit., p. 200.
24 A dimostrazione di ciò, è utile ricordare l'affermazione del Presidente della Corte Suprema Ren
Jianxin, a pochi mesi dalla repressione di Pechino: “Il nostro paese sta passando da un sistema
governato principalmente da politiche dello Stato e del Partito ad uno governato principalmente
tramite la legge”: v. China Daily, 3 oct. 1989.
25 Infra, cap. 1, par. 2.2.1.
26 Cfr. R. Cavalieri, Tendenze del diritto commerciale cinese dopo Tiananmen, in Mondo Cinese,
gennaio-marzo 2004; V . Behr, Development of a New Legal System in the People's Republic of
China, in Louisiana Law Review, Summer 2007, pp. 1161-1180.
27 Infra, cap. 5.
28 Infra, cap. 2.
8
1.1.2 I Principi Generali di Diritto Civile
Pur godendo di una storia giuridica millenaria spesso influenzata, come
accennato sopra, dalle correnti filosofiche prevalenti, la Cina non ha mai sentito
l'esigenza di sviluppare un vero e proprio Codice Civile finché questa necessità non
è stata imposta, ormai alla fine della dinastia Qing (1644-1912), dalle potenze estere
che si trovavano a commerciare con la Cina. Lo scarso sviluppo della materia civile
è da ricondursi all'importanza del concetto di moralità e gerarchia confuciana che
per millenni sono bastati a tutelare l'armonia sociale: proprio per tale ragione, nei
momenti in cui questa veniva lesa da conflitti interni, non vi era l'intervento di
tribunali o corti popolari, ma la situazione veniva ristabilita per mezzo della
negoziazione informale tra le parti
29
.
In aggiunta a tale caratterizzazione culturale, altri fattori hanno fortemente inciso
sul ritardo con cui la Cina ha dovuto fare i conti nella stesura di un Codice Civile
30
.
Innanzitutto la Cina, fin dall'antichità, ha saldamente mantenuto e difeso il suo
settore agricolo, essendo stata per molto tempo un paese feudale. La staticità che l'ha
così caratterizzata per anni ha portato allo sviluppo di piccole società in cui le
persone si conoscevano vicendevolmente e gli individui più rispettabili erano
incaricati di mantenere l'armonia all'interno dello stesso villaggio.
In secondo luogo, come riflesso e difesa di uno stato feudale, la Cina ha sempre
sostenuto e implementato una politica della porta chiusa per limitare i contatti con i
paesi stranieri
31
, anche perché ha preferito favorire l'agricoltura rispetto al
commercio. Tali restrizioni commerciali hanno quindi ostacolato la formazione di un
Codice Civile sistematico.
È proprio con la conquista della Cina da parte di potenze straniere che, tra il 1907
e il 1911, la dinastia Qing ha elaborato una bozza di Codice Civile largamente
influenzata dal diritto giapponese e tedesco. Tale corpus normativo non divenne mai
effettivo, in quanto nello stesso anno la dinastia Qing fu soppiantata dal Partito
29 Cfr. Fu Junwei, Modern European and Chinese Contract Law. A Comparative Study of Party
Autonomy, Alphen aan den Rijn, The Netherlands, 2011, p. 9 ss.
30 Si tratta, come vedremo in seguito, dei Principi Generali di Diritto Civile.
31 Si veda Zhang Mo, Chinese Contract Law. Theory and Practice, Leiden, 2006, p. 28.
9
Nazionalista, il Guomindang. Il nuovo governo promulgò tra il 1929 e il 1930
32
un
Codice Civile composto da cinque libri: i principi generali, le obbligazioni, i diritti
reali, la famiglia e le successioni. Questo stesso codice fu abolito nel 1949 con
l'avvento del Partito Comunista Cinese, poiché considerato l'espressione di una
mentalità borghese e capitalista. Così, in seguito alla promulgazione della
Costituzione socialista nel 1954, il governo centrale sentì l'esigenza di
regolamentare la materia civile, affinché fosse garantito il rispetto dell'ideologia
maoista. I tentativi condotti però fallirono: i lavori sulla prima bozza del 1957, che
ricalcava pedissequamente l'esperienza sovietica
33
, furono interrotti a causa della
campagna contro la destra, di stampo antisovietico; il secondo progetto degli anni
Sessanta fu invece bloccato dall'opposizione strenua della sinistra più fanatica.
La Rivoluzione Culturale portò con sé la scomparsa di ogni traccia di certezza del
diritto, con l'abolizione delle istituzioni e la chiusura di tutte le università di
giurisprudenza. Dopo questo decennio di orrori e persecuzioni, il bisogno del
ripristino della legalità socialista fece rivivere i lavori per la stesura del Codice. Nel
frattempo, però, la riforma economica procedeva spedita e la creazione di un Codice
Civile unico e completo avrebbe impiegato troppo tempo e non sarebbe stato adatto
all'esigenza di continuo cambiamento richiesto a gran voce dalla nuova esperienza
del socialismo di mercato
34
. Per tali plausibili ragioni, il governo aveva promulgato,
a partire dal 1979, numerose riforme in ambito patrimoniale e commerciale
35
: la
modernizzazione economica richiedeva una costruzione ex novo dell'apparato
legislativo cinese. La Commissione legislativa dell'Assemblea Nazionale del Popolo
(ANP) decise così che sarebbe stato molto più conveniente abbandonare l'idea di un
Codice unitario, emanando al suo posto una legge quadro sul diritto civile, per
continuare a dedicarsi alle singole materie specifiche
36
. Il 12 aprile 1986 l'ANP
approvò il codice con il nome di Minfa Tongze (Principi Generali di Diritto Civile,
32 Così Wang Chenguang, Zhang Xianchu, Introduction to Chinese Law, Hong Kong-Singapore,
1997, p. 171; H. Pazzaglini, La recezione del diritto civile nella Cina del nostro secolo, in Mondo
Cinese, dicembre 1991, pp. 50-55; Fu Junwei, op. cit., p. 15 ss.
33 J.H. Berman, Soviet Perspectives on Chinese Law, in J.A. Cohen (ed.), Contemporary Chinese
Law, Cambridge Mass. (Harvard Univ. Press), 1970, p. 318.
34 Cfr. Wang Liming, Xu Chuanxi, Fundamental Principles of Chinese Contract Law, in Columbia
Journal of Asian Law, 1999, pp. 8-9.
35 Supra, cap. 1. par. 1.1.
36 Cfr. Wang Chenguang, Zhang Xianchu, op. cit., p. 172; R. Cavalieri, op. cit., pp. 184-187.
10
PGDC)
37
e solamente due anni dopo la Corte Suprema del Popolo approvò una
direttiva volta a dettare alcune regole interpretative e a legiferare limitatamente ad
alcune materie (affitto, mutuo, dian
38
e donazioni).
Composto da soli 156 articoli, questo “mini-codice”
39
è diviso in nove capitoli:
principi fondamentali; persone fisiche (impresa individuale e società di persone);
persone giuridiche (uffici, unità di servizio, organizzazioni sociali, imprese ad
impronta pubblicistica); negozi giuridici; diritti civili (proprietà obbligazioni,
proprietà intellettuale e diritti della persona); responsabilità civile; prescrizione;
applicabilità della legge al cittadino straniero
40
; articoli supplementari a scopo
chiarificatore ovvero a carattere esecutivo
41
.
Il primo capitolo, relativo ai principi generali (artt.1-8 PGDC), precisa le finalità
del codice, tra cui la modernizzazione socialista, e alcuni principi: la parità di grado,
la volontarietà, l'equo compenso, la giustizia e la buona fede e l'inviolabilità dei
diritti. Questi principi rispecchiano chiaramente la tradizione continentale europea,
tuttavia i diritti così concessi restano imbrigliati in disposizioni di carattere
prettamente dirigistico. Oltre a riconfermare la politica di partito come fonte
42
sussidiaria del diritto civile in caso di assenza di atti normativi applicabili al caso in
esame, i PGDC sottolineano la necessaria conformità della materia civile alla
moralità sociale e all'ordine pubblico (art. 7 PGDC).
La funzione di questa attività non è dunque quella di sistematizzare tutta la
materia civile, bensì di creare una connessione, una base comune, a tutte le leggi
organiche promulgate dalla fine degli anni Settanta. Per tale motivo molti studiosi la
considerano una legge fondamentale, ponendola al di sotto solamente delle leggi
costituzionali, nonostante l'art. 151 ne permetta la deroga ad opera delle Assemblee
37 L'entrata in vigore era stata prevista per il 1° gennaio 1987: H. Pazzaglini, op. cit., p. 57.
38 Si tratta della tradizionale vendita con patto di riscatto.
39 Così R. Cavalieri, op. cit., p. 184.
40 Oggi sostituita dalla Legge della Repubblica Popolare Cinese sul diritto applicabile ai rapporti
privatistici con elementi di internazionalità, adottata il 28 ottobre 2010 nell’ambito della 17
a
sessione del Comitato Permanente dell’11
a
Assemblea Nazionale del Popolo. Cfr. infra, cap. 4,
par. 2.
41 Per approfondimenti: Wang Chenguang, Zhang Xianchu, op. cit., pp. 177-231.
42 Le fonti, così schematicamente individuate da Guodong Xu (Guodong Xu, Le fonti del diritto
civile nel sistema cinese, in Diritto e storia, 2005) sono: la legge, la politica statale, l'etica sociale,
il piano economico. Per un approfondimento sul problema delle fonti: cfr. infra, cap. 1, par. 2.2.1.
11
del Popolo delle province autonome (per garantire una certa apertura alle diverse
esigenze locali)
43
. Proprio per perseguire lo scopo di delineare dei criteri guida, le
disposizioni contenute al suo interno risultano piuttosto generiche: la disciplina
contrattuale, ad esempio, è regolata da una semplice manciata di articoli (artt. 84-91
e artt. 111-116) e lo stesso vale per il diritto d'impresa e d'autore, tutte materie
disciplinate anche da leggi speciali
44
. Infine questo mini-codice presenta un'elevata
tecnicità sia per quanto riguarda il vocabolario sia per l'apparato concettuale
utilizzato: la Cina popolare, come abbiamo visto, non possiede culturalmente i
concetti civilistici del mondo occidentale, per questo è rimasto un codice per esperti,
a discapito dei cittadini.
Tuttavia, pur essendo sfumato il progetto originario di un Codice Civile completo
e unitario e pur muovendo i primi insicuri passi all'interno di una legalità fino ad
allora sconosciuta, lo sforzo compiuto dalla Cina in quegli anni è certamente stato
un elemento rilevante nel suo cammino verso la conquista di una posizione politica
di rispetto ed economicamente sempre più rilevante all'interno della comunità
internazionale.
1.2 L'adesione della Cina alla World Trade Organization
Come si è visto fino ad ora, negli ultimi trent'anni la Repubblica Popolare Cinese
ha portato avanti, parallelamente al grande programma di sviluppo economico, la
sua strategia di apertura verso il mondo esterno migliorando da una parte le proprie
relazioni internazionali, dall'altra aderendo a organizzazioni e convenzioni
internazionali
45
. L'apertura della Cina verso le relazioni internazionali è iniziata nel
43 Cfr. H. Pazzaglini, op. cit., p. 58.
44 Supra, cap. 1, par. 1.1.
45 Si vuole qui ricordare che per circa venti anni, dal 1949 al 1971, molti Stati e organizzazioni
internazionali si rifiutarono di riconoscere la RPC.
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1971, quando, per effetto della risoluzione nr. 2758 (XXVI) dell'Assemblea
Generale, entrò a far parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in qualità
di membro permanente al posto di Taiwan
46
. L'anno successivo, l'allora presidente
americano Nixon, firmò a Pechino lo storico “Comunicato di Shanghai”, all'interno
del quale si affermava l'esistenza di una sola Cina
47
e si auspicava per ambo le parti
di evitare qualunque atteggiamento egemonico nell'area del Pacifico. Così, tra il
1971 e il 1979 il numero di paesi che stabilirono relazioni diplomatiche con la Cina
raddoppiò, superando i cento
48
. Inoltre, per risolvere pacificamente i problemi di
confine con il Laos, il Vietnam e l'India, la RPC decise di utilizzare, per lo
svolgimento dei negoziati, il diritto internazionale: fu così approvato un codice di
condotta con l'Asean (Association of South East Asia Nations) nel 2002.
Oggi la Cina è tra i primi dieci paesi al mondo per partecipazione a
organizzazioni internazionali
49
, da quelle regionali come l'Asian Development Bank
o l'Asia Pacific Economic Cooperation (Apec), a quelle internazionali, come il
Fondo Monetario Internazionale (1980) e la World Trade Organization.
Ci sono voluti quindici anni di intense negoziazioni e riforme, per permettere alla
RPC di diventare, l'11 dicembre 2001, il 143
o
membro della WTO. Questo evento è
stato descritto come una pietra miliare nella storia del commercio internazionale, sia
per la Cina sia per la WTO stessa: solo con l'adesione del Paese di Mezzo questa
avrebbe potuto acquistare a tutti gli effetti lo status di organizzazione di carattere
mondiale
50
.
In realtà, le radici storiche di questo evento senza pari risalgono a più di mezzo
secolo fa, giacché la Cina era stata una delle nazioni fondatrici del sistema
multilaterale di regolamentazione degli scambi internazionali facente capo al GATT
46 Cfr. G. Samarani, op. cit., pp. 293-298.
47 Questa affermazione è senza dubbio un punto di svolta per la Cina poiché nell'ambito della guerra
fredda gli Stati Uniti avevano riconosciuto come legittimo il governo nazionalista di Taiwan.
48 Nel 1970 con l'Italia, nel 1975 con l'allora Comunità Europea, nel 1964 con la Francia.
49 Cfr. G. Samarani, op. cit., p. 354.
50 La Cina aveva infatti raggiunto la posizione di settimo esportatore e ottavo importatore al mondo.
Cfr. P. Farah, Five Years of China's WTO Membership. EU and US Perspectives on China's
Compliance with Transparency Commitments and the Transitional Review Mechanism, in Legal
Issues of Economic Integration, 2006, p. 264; P. Farah, L'accession de la Chine à l'Organisation
Mondiale du Commerce: les règles internationales et les barrières culturelles internes, in Lettre
de l’Antenne franco-chinoise, 2006, p. 2.
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(General Agreement on Tariffs and Trade)
51
. Pochi anni dopo, nel 1950, il governo
nazionalista, ormai insediato a Taiwan, decise di recedere dall'accordo per evitare
che la RPC potesse godere dei benefici derivanti dall'adesione all'accordo stesso.
Grazie alla c.d. “politica di apertura” (kaifang zhengzhi) promossa da Deng
Xiaoping, la Cina ha acquistato nel 1984 lo status di membro osservatore del GATT
e nel 1986 ha presentato la domanda di riadesione all'accordo. L'anno successivo
venne prontamente istituito un gruppo di lavoro (il working party) per la redazione
del Protocollo di adesione
52
. Inoltre, trentasette membri hanno chiesto lo
svolgimento di negoziati diretti e bilaterali con la Cina
53
, che si svilupparono di pari
passo con l'andamento delle relazioni internazionali cinesi e dell'evoluzione della
riforma socio-economica. Tuttavia, dopo i fatti di Piazza Tiananmen, i negoziati si
bloccarono per oltre due anni.
Nel corso degli anni Novanta il working party produsse due bozze di protocollo:
la prima, del 1994, presentava ancora troppi punti di disaccordo tra le parti
54
; la
seconda, elaborata in seno ad un rinnovato gruppo di lavoro e nell'intento di aderire
alla WTO, venne redatta nel 1997 e, pur presentando ancora delle divergenze,
determinava un forte avvicinamento delle posizioni, definitivamente appianato dal
perfezionamento di una serie di intese bilaterali. Tra queste hanno assunto
particolare importanza le intese con gli Stati Uniti (1999), in materia di proprietà
intellettuale e di accesso al mercato, e con l'Unione Europea (2000): i testi di tali
accordi sono riportati nel Protocollo di adesione, per cui si applicano a tutti gli Stati
membri della WTO grazie alla clausola della nazione più favorita
55
.
Le conseguenze di questo processo di adesione furono numerose. In particolare,
se è certo che si sono aperte per le imprese esportatrici enormi opportunità, è
51 La Cina aveva sottoscritto il GATT nel 1947 e ne era divenuta parte contraente nel 1948. Cfr. R.
Cavalieri, L'adesione della Cina alla WTO. Implicazioni giuridiche, Lecce, 2003, p. 9; P. Picone,
A. Ligustro, Diritto dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, Padova, 2002, pp. 57-59.
52 Cfr. F. Spadi, L'evoluzione del protocollo di accessione della Repubblica Popolare Cinese alla
Organizzazione Mondiale del Commercio, in Dir. com. int., 1998, p. 249 ss.
53 Cfr. R. Orlandi, L'adesione della Cina al WTO, in Mondo Cinese, 2001.
54 Gli argomenti contestati erano relativi a: dazi e tariffe, non-discriminazione, barriere non-
tariffarie, licenze per import ed export, controlli sui prezzi, l'agricoltura, le misure sanitarie e
fitosanitarie, ecc.: v. F. Spadi, op. cit., p. 166.
55 Cfr. P . Farah, Five Years, cit., p. 267; R. Cavalieri, L'adesione, cit., p. 11; P. Picone, A. Ligustro,
op. cit., p. 59; S. Lubman, Bird in a Cage: Chinese Law Reform After Twenty Years, in
Northwestern Journal of International Law and Business, 2000, p. 415 ss.
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altrettanto vero che potrebbero esservi dei risvolti negativi per i settori arretrati quali
l'agricoltura
56
, l'industria (es. automobilistica) e il terziario, dimostrando che i timori
delle frange più conservatrici del PCC erano fondati. Tuttavia i dati economici
odierni mostrano il contrario: la Cina si trova ai vertici dell'economia mondiale con
un PIL che continua a crescere a tassi elevatissimi.
Tralasciando comunque il mero aspetto economico, in questa sede è di notevole
interesse considerare le conseguenze giuridiche derivanti dagli impegni assunti dalla
RPC in capo alla WTO.
1.2.1 Gli impegni assunti
Gli impegni di cui la Cina si prende carico sono numerosi e di carattere
eterogeneo, poiché spaziano dalla riduzione dei dazi all'eliminazione delle barriere
non tariffarie, dalla liberalizzazione di diversi settori a una rigorosa tutela della
proprietà intellettuale e all'adozione di norme e regole uniformi.
Analiticamente possono essere individuate otto categorie di impegni assunti
relativi
57
:
(a) alla generale regolamentazione del commercio;
(b) alla regolamentazione delle importazioni;
(c) alla regolamentazione delle esportazioni;
(d) alla liberalizzazione del commercio e alle politiche commerciali;
(e) all'agricoltura;
(f) ai servizi;
(g) alla disciplina della proprietà intellettuale;
(h) ai meccanismi di controllo della conformità giuridica della Cina con i
precetti della WTO e di risoluzione delle controversie.
56 Cfr. R. Orlandi, op. cit.
57 Così R. Cavalieri, L'adesione, cit., p. 18 ss.
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