4
Nel secondo capitolo, si delinea la storia della società
europea, la sua evoluzione dalle prime preposte del 1949, il suo
fondamento giuridico e gli elementi che la caratterizzano.
Nel terzo capitolo si analizza il regolamento approvato
dalla Commissione nell’ottobre del 2001 relativo allo statuto
della società europea in tutti i suoi aspetti più importanti.
Nel quarto capitolo si fa riferimento alla direttiva che
completa lo statuto della società europea, costituendone il suo
completamento indissociabile. La società europea rappresenta
<<qualcosa>> di molto evoluto non solo sul piano economico ma
anche sotto il profilo sociale, dal momento che già gli ideatori dei
primi progetti di società europea avevano previsto l’introduzione
dell’istituto della partecipazione dei lavoratori alla vigilanza e
allo sviluppo delle strategie dell’impresa.
Nel quinto e ultimo capitolo è affrontato il problema fiscale
societario che costituisce un ostacolo importante per il successo
della società europea, vengono esplicati problemi e differenze
nell’ambito delle discipline degli stati membri evidenziando
proposte che potrebbero assicurare notevoli vantaggi a quelle
società che vorranno adottare la nuova formula societaria.
5
Capitolo 1
Il diritto societario europeo
1.1 Le società nell'ambito del diritto comunitario
Il legislatore comunitario ha equiparato le società alle
persone fisiche, cittadine degli Stati membri, per assicurare loro
la stessa libertà di circolazione garantita dal Trattato di Roma alle
persone ed ai capitali (art.48).
La nozione di società è strettamente correlata a quella
d'impresa, infatti è una delle forme organizzative di tipo
associativo disponibili per un'impresa, anche quest'ultima intesa
nel senso ampio e al tempo stesso relativo ai diversi settori di
disciplina proprio del diritto comunitario.
Tale nesso è stabilito solo indirettamente nei Trattati CECA
ed EURATOM che, anche se menzionano espressamente solo le
imprese, non le società, riconducono nell'ambito delle prime le
seconde, ricomprendendole implicitamente nel più ampio genere
degli <<organismi>> o delle <<istituzioni>>.
A differenza degli altri due, il Trattato CE dice
espressamente che le imprese possono assumere la forma di
società (art.43): <<la libertà di stabilimento importa l'accesso alle
attività non salariate e al loro esercizio, nonché la costituzione e
la gestione d'imprese e in particolare di società ai sensi dell'art.48,
6
2° c., alle condizioni definite dalla legislazione del paese di
stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le
disposizioni del capo relativo ai capitali>>.
Un'esposizione del diritto europeo delle società comprende
non solo le specifiche fonti del diritto comunitario in materia di
società, e vale a dire tutte quelle norme che, direttamente o
indirettamente, derivano dai Trattati comunitari, ma anche la
recezione di queste norme negli ordinamenti dei singoli Stati
membri, viste nella loro dimensione legislativa e anche nella
concreta applicazione giurisprudenziale
1
.
In merito ai rapporti tra norma comunitaria e norma
nazionale occorre sottolineare che il diritto CE è una costruzione
sovranazionale che vincola gli Stati membri e, nell'ambito del
settore in cui è efficace, ha la supremazia sul diritto nazionale,
nella specie delle società, nel senso che, ove fondatamente
statuito secondo le fonti del diritto comunitario, si sovrappone
alla norma nazionale divergente, sia anteriore o posteriore,
neutralizzandola a tutti gli effetti (regolamenti) o ad effetti
limitati (direttive) (art.249).
1
Vedi G. Benacchio, Diritto privato delle Comunità Europee, Padova 1998.
7
Se si tratta di regolamenti comunitari, la norma comunitaria
entra immediatamente nell'ordinamento degli Stati membri,
valendo anche tra i privati come norma di diritto obiettivo e
travolgendo ogni norma interna contraria.
Le direttive invece sono in quanto tali dirette agli Stati
membri e non immediatamente ai cittadini, e pongono agli Stati
membri obbligazioni di risultato entro un termine massimo, ma
con libertà relativa di mezzi per conseguirlo.
Se tuttavia il termine è scaduto senza che lo Stato membro
abbia recepito la direttiva, il relativo precetto in quanto preciso e
incondizionato da alternative di scelta statuali entra a far parte
dell'ordinamento dello Stato membro inadempiente, contro le
norme interne diverse, ma con un effetto che rileva solo nei
rapporti tra cittadino e Pubblica Autorità.
Ultimo interprete del diritto europeo delle società è la Corte
di Giustizia delle Comunità Europee, nell'ambito del ricorso per
interpretazione pregiudiziale (ex art.234 del Trattato).
Ma anche i singoli giudici nazionali sono chiamati ad
interpretare, con effetto limitato al caso deciso o con effetto più
ampio a seconda del valore del precedente in ogni singolo
ordinamento, il complesso delle norme comunitarie e nazionali in
cui si riassume il diritto delle società in Europa.
8
Non sono molte le norme che concernono il regime giuridico
delle società nel Trattato CE, poi modificato dall'Atto Unico
Europeo del 1986 e dal Trattato sull'Unione Europea, firmato a
Maastricht nel 1992 e modificato con i Trattati di Amsterdam e di
Nizza. Ancora più rare le norme che specificatamente definiscono
nozioni ed aspetti del fenomeno.
Tra le norme di carattere generale che costituiscono però
l'ossatura di principio della regolamentazione europea societaria
vi è innanzi tutto il principio di non discriminazione in base alla
nazionalità:<<nel campo d'applicazione del presente Trattato, e
senza pregiudizio delle disposizioni particolari dallo stesso
previste, è vietata ogni discriminazione effettuata in base alla
nazionalità>> (art. 12, primo comma, Trattato CE).
Il che, da un lato, significa che non è possibile discriminare
società estere alle società nazionali, quanto al concreto
trattamento, sulla base della diversa sede legale, se non in
funzione dell'ordine pubblico, della sicurezza pubblica e della
sanità pubblica e, dall'altro lato, implica che nessuna
discriminazione possa essere fatta tra società in relazione alla
nazionalità straniera (ma di Stato membro della CE) dei suoi soci.
9
Infatti, l'art.12 trova completamento nel successivo art.294 in
base al quale <<Fatta salva l'applicazione delle altre disposizioni
del presente Trattato, gli Stati membri, applicano la disciplina
nazionale nei confronti della partecipazione finanziaria dei
cittadini degli altri Stati membri al capitale delle società a mente
dell'art.48>>. E con il termine partecipazione finanziaria s'intende
la partecipazione al capitale sociale o anche al credito sociale, ad
esempio come gli obbligazionisti, senza alcun riferimento
restrittivo alle partecipazioni meramente speculative o di puro
investimento monetario, prive di finalità industriali: entrambe,
quella del socio di riferimento industriale e quella del puro
investitore o della società di merchant banking, sono comprese
nella norma. Importanti riferimenti testuali, destinati addirittura a
delimitare l'ambito del diritto europeo delle società, si trovano
nelle norme del Trattato che disciplinano il diritto di stabilimento
(artt.43-48) e la libera prestazione dei servizi (artt. 49-55).
L'ambito soggettivo del diritto europeo societario si desume
innanzi tutto dall'art.48 del Trattato:<<per società s'intendono le
società di diritto commerciale, ivi comprese le società
cooperative, e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto
pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si
prefiggono scopi di lucro>>.
10
Questa precisazione d'esclusione lascerebbe molti dubbi
specie in quegli ordinamenti dove, come l'italiano, per ormai
consolidata dottrina lo scopo di lucro non è più connotato
essenziale dell'istituto societario.
Tuttavia appare più calibrata la versione datane, sia pure per le
persone giuridiche diverse dalle società, dall'art.2 della non
ancora entrata in vigore Convenzione CE 29 febbraio 1968 sul
reciproco riconoscimento delle società e persone giuridiche in cui
lo scopo di lucro sfuma in un più ampio requisito di
remuneratività: <<persone giuridiche di diritto pubblico o
privato…che a titolo principale o accessorio hanno per oggetto
un'attività economica svolta normalmente dietro remunerazione o
che, senza violare la legge in conformità della quale sono
costituite, esercitano di fatto ed in modo continuativo una tale
attività>>.
In questa accezione più estesa la Corte di Giustizia
comunitaria interpreta la nozione di società ai fini del diritto di
stabilimento.
Per verificare alla luce della interpretazione comunitaria i
principi e le conseguenze pratiche che derivano dal diritto di
stabilimento e dalla libera prestazione di servizi nella Unione
Europea, occorre rilevare che detti precetti costituiscono sul
piano del diritto comunitario lo sviluppo e il perfezionamento
della tradizionale strumentazione convenzionale dei trattati di
11
commercio e stabilimento che regolavano bilateralmente i
problemi appunto derivanti dai rapporti interstatuali commerciali.
La vera sostanziale novità si coglie per la dimensione più
profonda della regolamentazione comunitaria che, affidando alla
Corte di Giustizia la soluzione dei problemi interpretativi, ha
portato ad un vero e proprio sindacato della Corte, in base ai
principi di non discriminazione e di proporzionalità, anche sulle
singole fonti di diritto interno, neutralizzandole laddove
costituissero ostacolo ai detti principi comunitari di stabilimento e
di libera prestazione dei servizi. L'importanza veramente decisiva
dei due principi è emersa grazie alla loro interpretazione
giurisprudenziale da parte della Corte di Giustizia che ha così
prodotto una storica evoluzione del diritto commerciale e del
diritto delle persone nell'ambito comunitario. Il presupposto per
tale deciso avanzamento è stato avere ritenuto che principi del
diritto di stabilimento e di libera prestazione dei servizi hanno
effetto diretto e immediato nell'ordinamento comunitario,
indipendentemente dalla esistenza o meno di normativa
dipendente e attuativa del tipo direttive e regolamenti
2
.
2
Vedi CGCE del 21 giugno 1974, Reiners; CGCE del 3 dicembre 1974, Van Binsbergen.
12
Avvicinando il discorso alla materia societaria, quando si
tratta di società, specie se esercente attività commerciale, si fa
riferimento normalmente ad un impresa che nel quadro della sua
attività intesse rapporti che varcano anche la frontiera dello Stato
membro in cui la società è costituita ed ha la sede. Si pone quindi
il problema di garantire alle società di uno Stato membro di
potersi installare anche in altri Stati membri e di non essere
discriminate solo perché costituite in base alla legge di un altro
Stato; questa garanzia è data in primo luogo dal principio di non
discriminazione (art.12 Trattato) applicato anche alle società e
persone giuridiche. In teoria il diritto di stabilimento dovrebbe
significare sia libertà di trasferire la sede legale o il centro
amministrativo in ogni Stato membro sia la possibilità di aprire
agenzie, succursali, società controllate, in ogni Stato membro.
La realtà è invece diversa, infatti, nell'ambito del
trasferimento di sede in altro Stato membro il diritto di
stabilimento trova ostacolo nella tradizione della più parte dei
diritti continentali che, istituendo uno stretto legame tra le società
e la sede legale, concepiscono il trasferimento della sede all'estero
come un presupposto di scioglimento del rapporto sociale, o
addirittura un presupposto d'estinzione dell'ente per l'ordinamento
abbandonato.
13
In ogni caso è evidente il costo economico di tale operazione
che importa l'applicazione della imposizione tributaria relativa
alla liquidazione e ai trasferimenti di patrimonio. Il diritto
comunitario non dispone attualmente di una regola che consenta i
liberi trasferimenti di sede legale dell'Unione, così come il
semplice trasferimento del centro amministrativo non appartiene
alla sfera liberalizzatrice del diritto comunitario
3
.
Il diritto di stabilimento incide in senso liberalizzante sulla
apertura di agenzie, filiali, sedi secondarie (art. 43) sul territorio
d'altri Stati membri, con strumenti cioè che istituiscono un
legame economico stabile con il territorio di nuovo insediamento.
Tuttavia deve essere notata subito, nella lettura del secondo
comma dell'art. 43, una sensibile discriminazione verso l'esterno
dell’Unione europea: per potere sfruttare il diritto di stabilimento
mediante apertura di sedi secondarie, filiali, agenzie, occorre che
la società sia già stabilita sul territorio di uno Stato membro,
anche se costituita all'estero fuori dall'Unione.
Il principio vale anche ai fini della libertà di prestazione dei
servizi.
3
Vedi La Villa, Introduzione al diritto comunitario, cap. 1, p. 6 ss.
14
Tuttavia, il principio fondamentale, secondo cui le società
costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e
aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro
d'attività principale all'interno della Comunità sono equiparate
alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri
(art.48), è stato precisato dalla Commissione (nei due Programmi
Generali del 18 dicembre 1961 in materia di diritto di
stabilimento e di liberalizzazione dei servizi) quando ha
affermato che la società sarà considerata come stabilita nella
Comunità <<se la sua attività presenta un legame effettivo e
continuo con l'economia di uno Stato membro>>. Non è quindi
sufficiente elemento di collegamento la formalità della sede
statutaria, se non corrisponde una realtà effettiva;non è necessario
che si tratti di insediamenti permanenti, così come non è
sufficiente un'attività solo occasionale o la cittadinanza
comunitaria di uno o anche di tutti i soci o degli amministratori e
sindaci
4
.
E' da rilevare che il diritto di stabilimento non è limitato alle
società ma si estende alle persone giuridiche pubbliche e private;
ed è alla natura dell'attività esercitata che si deve avere riguardo
per valutare il diritto alla libera prestazione dei servizi.
4
Vedi Goldman, Droit commercial européen, Dalloz, 1994, p. 130 ss.
15
Questo ulteriore diritto di libertà comunitario, sancito dagli
art.49 a 55 del Trattato, è pensato in funzione di un'attività
intercomunitaria di carattere non necessariamente permanente,
nel senso che ne possono beneficiare anche soggetti che abbiano
un legame occasionale con il territorio ove svolgono la
prestazione del servizio, senza usufruire di strutture stabili come
agenzie o succursali. E' tuttavia essenziale un elemento di
intercomunitarietà, che può consistere o nella prestazione in un
altro Stato membro, o a favore di cittadino o residente di altro
Stato membro, nel suo Stato di residenza o nello Stato del
prestatore del servizio, oppure anche in una prestazione d'opera
tra soggetti di uno stesso Stato membro ma in cui l'opera è svolta
in tutto o in parte in un altro Stato membro
5
.
La libera prestazione dei servizi è, nel contesto della
creazione di un mercato unico, ancora più importante del diritto
di stabilimento, perché è volta ad assicurare condizioni paritarie
anche alle attività dei cittadini di altri Stati membri, senza
richiedere o presupporre insediamenti stabili nel luogo di
estensione dell'attività (art.50), l'unico limite può derivare da
norme giustificate da motivi categorici d'interesse generale le
quali si applichino a qualsiasi soggetto o impresa che esercitano
un'attività sul territorio dello Stato destinatario, nella misura in
cui tale interesse non sia garantito da disposizioni alle quali il
5
Vedi Sciapira-Le Tallec-Blaise, Droit européen des affaires, PUF, 1994, p. 538 ss.
16
prestatore sia subordinato nello Stato membro in cui abbia sede
(art.55). Attualmente, il diritto societario comunitario è in ampia
parte derivato, cioè costituito dalle leggi nazionali di attuazione
delle direttive, mentre le uniche disposizioni europee sono le
disposizioni delle direttive direttamente applicabili e sostituibili
al diritto nazionale contrastante.
Un ruolo fondamentale è stato svolto dall'art.44, lett. G Trattato
CE per il quale la Commissione ed il Consiglio operano anche
<<coordinando, nella necessaria misura ed al fine di renderle
equivalenti, le garanzie che sono richieste negli Stati membri, alle
società, a mente dell'art.48, c. 2°, per proteggere gli interessi tanto
dei soci, come dei terzi>>.
A differenza dell'art.44, altre norme del Trattato CE si occupano
delle società solo indirettamente.
Così è per l'art.3, lett.h), secondo cui l'azione della Comunità
comporta <<il ravvicinamento delle legislazioni nazionali nella
misura necessaria al funzionamento del mercato comune>>.
Ancora, nel Capo III sul Riavvicinamento delle legislazioni (94-
97) si prevede che il Consiglio <<stabilisce direttive volte al
ravvicinamento delle legislative, regolamentari ed amministrative
degli Stati membri che abbiano un'incidenza diretta
sull'instaurazione o sul funzionamento del mercato comune>>
(art.94), promuove accordi o stabilisce direttive per eliminare le
distorsioni della concorrenza determinate da disparità esistenti
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nelle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative
degli Stati membri, già emanate o in procinto di essere emanate o
modificate.
L'art.293 prevede il ricorso a convenzioni dirette <<a
garantire, a favore dei loro cittadini:…il reciproco riconoscimento
delle società a mente dell'art.48, c. 2°, il mantenimento della
personalità giuridica in caso di trasferimento della sede da un
paese a un altro e la possibilità di fusione di società soggette a
legislazioni nazionali diverse>>. L'obbligo per gli Stati membri di
ricorrere a tale strumento opera solo nel caso in cui gli scopi
indicati nell'art.293 non sono altrimenti raggiunti (con altre
disposizioni del Trattato, con atti da esse derivati come direttive e
regolamenti, con altre convenzioni, con normative spontanee
nazionali).
L'art.308 del Trattato disponendo che << quando un'azione
della Comunità risulti necessaria per raggiungere, nel
funzionamento del mercato comune, uno degli scopi della
Comunità, senza che il presente Trattato abbia previsto i poteri
d'azione a tal uopo richiesti, il Consiglio, deliberando
all'unanimità su proposta della Commissione e dopo aver
consultato il Parlamento europeo, prende le disposizioni del
caso>>, ha consentito di iniziare ad elaborare un vero e proprio
diritto commerciale <<europeo>> che introduce istituti e
normative nuove che si pongono ad un livello diverso e
18
trascendente quello del singolo Paese. Sulla base di tale norma di
chiusura di competenze comunitarie, sono state adottate iniziative
dirette alla istituzione, oltre che di un brevetto europeo e
comunitario, anche del Gruppo Europeo di Interesse Economico.
Dalla stessa norma sono scaturiti i lavori diretti all'istituzione
della società per azioni, della associazione, della società
cooperativa e della mutua europee. Si tratta di strumenti che
consentono di instaurare un rapporto di collaborazione tra
imprese o di costituire e organizzare un'impresa nuova a livello
transnazionale.