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1. CENNI STORICI SULL’USO DEL SATELLITE
La prima persona che pensò di utilizzare il satellite per uso televisivo fu il fisico
inglese Arthur Clarke, nel 1945. Arruolato col grado di tenente colonnello della
Royal Air Force, aveva l’incarico di insegnare ai piloti di Sua Maestà i rudimenti
della nuova tecnologia che aveva salvato il suo paese dall’offensiva di Hitler
appena cinque anni prima: il radar. Negli ultimi mesi della guerra la mente di
Clarke era tutta presa da un’idea, che pubblicò nel numero di ottobre di
quell’anno sulla rivista tecnica americana Wireless World in un articolo dal titolo
“Collegamenti extraterrestri”: collocare nello spazio dei ripetitori radio fissi che
rendessero possibile quella che lui chiamava “la comunicazione universale
istantanea delle immagini televisive”1. Il ragionamento alla base della sua idea
era molto semplice. Qualsiasi corpo celeste che ruoti attorno a un altro corpo più
grande è sottoposto a due forze contrastanti: la forza di gravità, che tende ad
avvicinare i due corpi, e la forza centrifuga, che tende invece ad allontanarli. Dal
momento che la gravità è tanto più forte quanto più vicini sono i due corpi, un
satellite, per mantenere la distanza a cui si trova deve ruotare tanto più
velocemente, quanto più bassa è la sua orbita. Il suo progetto era quello di
posizionare ad un’altezza di 36.000Km un satellite, perché a quell’altezza un
satellite compie in 24 ore un giro completo intorno alla terra e visto che questo è
1
Cfr. BERETTA, Televisione dallo Spazio la tv via satellite e la rivoluzione digitale, Milano, 1997, p. 1.
7
anche il tempo impiegato dalla terra per compiere un giro completo su se stessa,
il risultato che si ottiene è che il satellite rimane sempre fisso in un punto. Questi
satelliti sono comunemente chiamati geostazionari. L’idea di Clarke era quella
di montare su uno di questi satelliti un ripetitore che potesse inviare i segnali ad
una porzione immensa della superficie terrestre; per ricevere il segnale a terra
sarebbe stato sufficiente indirizzare verso il satellite un’antenna ricevente fissa. I
segnali radio, come la luce visibile, viaggiano solo in linea retta. L’antenna che
invia il segnale e quella che lo riceve devono quindi potersi “guardare” l’una con
l’altra. Clarke calcolò che tre satelliti sincronizzati con la terra sarebbero stati in
grado di inviare un segnale televisivo in ogni angolo del nostro pianeta senza
lasciare zone d’ombra.
Dopo questo primo progetto molti altri studiosi incominciarono a dedicarsi allo
studio dell’uso del satellite nel campo televisivo, e, infatti, l’idea di Clarke fu
messa in pratica 20 anni dopo da un ingegnere tedesco: Harold Rozen. Il primo
satellite commerciale per le telecomunicazioni fu messo in orbita il 6 aprile
1965, si chiamava “Early Bird” ma poi fu ribattezzato “Intelsat 1” pesava 34 Kg
e si presentava come un cilindro di 71 cm. di diametro e 59 cm. d’altezza,
rivestito di celle solari che alimentavano un transponder2, sul quale potevano
passare 240 canali telefonici oppure un canale televisivo3. Fu posto 28 gradi ad
est dell’equatore, triplicò da un giorno all’altro la capacità di trasmissione
telefonica tra l’Europa e il NordAmerica e permise la prima trasmissione
2
Così si chiamano i ripetitori che vengono montati sui satelliti.
3
Cfr. BERETTA, op. cit., p. 3.
8
transatlantica di segnali televisivi in tempo reale. I primi satelliti furono
impiegati soprattutto per la trasmissione di comunicazioni telefoniche, come
alternativa a ponti radio, ai cavi sottomarini e terrestri, ma oggi l’uso del satellite
si è radicalmente diversificato soprattutto per la sua vocazione naturale che non
è quella di far parlare tra loro due persone, ma il broadcasting, vale a dire l’invio
di uno stesso segnale ad un gran numero di destinatari, in parole più semplici:
l’emittenza radiotelevisiva.
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2. FUNZIONAMENTO DI UN SATELLITE
Nei giornali recenti o nelle trasmissioni televisive si sente continuamente parlare
di comunicazioni via satellite, di televisione satellitare, ma in pratica com’è fatto
un satellite?
Un satellite non è altro che un costosissimo “scatolone”, mandato in orbita da un
razzo vettore da terra o partendo da uno Space Shuttle. Le moltissime parti di cui
è composto appartengono alla cosiddetta “piattaforma” oppure al “carico utile”.
La piattaforma comprende tutto ciò che serve alla navigazione del satellite e a
mantenerlo nella posizione corretta, oltre ai pannelli solari e alle batterie che
devono rifornirlo d’energia. Il carico utile, invece, comprende le antenne e tutte
le apparecchiature elettroniche che servono per ricevere i segnali inviati da terra
e ritrasmetterli, in termini tecnici: transponder e ripetitori.
La trasmissione avviene in questo modo: il segnale è inviato da terra sotto forma
d’onde radio al satellite questa fase è chiamata: up-link. Quando il segnale arriva
a 35.800 Km d’altezza è molto debole e deve perciò essere amplificato, quindi
viene ritrasmesso a terra e questa fase si chiama: down-link, quindi viene
nuovamente amplificato e rielaborato e finalmente giunge allo schermo degli
apparecchi televisivi. Tutta quest’operazione avviene alla velocità della luce:
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300.000 Km/s4. Ma la caratteristica che ha portato al gran successo della
trasmissione via satellite, è che il segnale viene ricevuto da un punto fisso sulla
terra e ritrasmesso a tutte le antenne puntate nella direzione giusta, o in termini
tecnici nella zona di copertura, che si trovano su una superficie molto vasta.
L’evoluzione tecnologica oltre a progressi nel campo della trasmissione, ha
coinvolto anche le antenne riceventi e perciò si è passati dalle poche ma
grandissime antenne del passato, a moltissime piccole antenne che sono in grado
di ricevere in modo chiaro il segnale5. Queste evoluzioni hanno portato alla
diffusione su ampia scala della trasmissione via satellite, anche perché i costi di
queste apparecchiature sono accessibili al grande pubblico e hanno permesso la
nascita della telediffusione diretta via satellite. Questo significa che un utente
privato munito di un’antenna satellitare può ricevere direttamente sulla propria
televisione i programmi trasmessi via satellite.
Un’altra caratteristica innovativa dei satelliti è la moltiplicazione delle
frequenze, che significa una capacità di trasmissione di 100 canali contro i 30/40
trasmettibili dalla televisione via cavo. Questo piccolo miracolo si spiega con il
fatto, che come già detto, un’antenna posta a terra per ricevere il segnale deve
essere puntata verso il satellite, i satelliti a loro volta sono collocati in precise
posizioni chiamate: posizioni orbitali.
Una posizione orbitale può ospitare più satelliti, purché ciascuno di essi operi a
frequenze diverse, ma perché l’occhio di una parabola che si trova a terra li
4
Cfr. BERETTA, op. cit., p. 5.
5
L’evoluzione che ha riguardato le antenne riceventi, ha portato il diametro attuale di queste antenne
intorno ai 40-50 cm, contro i 120 cm delle prime parabole.
11
“veda” come un punto solo, questi devono trovarsi all’interno di una cella di
spazio larga 140 Km. I satelliti sono sottoposti a controlli da terra, perché
sull’orbita geostazionaria, sono attratti dalla forza gravitazionale della terra, del
sole, della luna e perciò in 24 ore compiono spostamenti simili ad un “8” molto
stretto. Le correzioni avvengono regolando da terra la posizione, grazie alla
fuoriuscita di gas caricato al momento del lancio, infatti, la vita di un satellite
dipende proprio dalla sua massa e dalla quantità di gas con cui parte, ed oggi i
progressi tecnici hanno portato la vita media di un satellite intorno ai 12/15 anni.
Ma tornando alle frequenze, il numero di canali televisivi disponibili in ogni
posizione orbitale dipende dal numero di transponder imbarcati sui satelliti, ogni
transponder trasmette ad una frequenza diversa da quella degli altri che operano
nella stessa posizione orbitale. Il numero di canali si calcola così: i 2000 MHz di
frequenza, complessivamente disponibili in una posizione orbitale, devono
essere suddivisi per la banda di frequenza nella quale il transponder trasmette il
suo segnale, il numero che si ottiene viene moltiplicato per due perché un
segnale può essere trasmesso in polarizzazione orizzontale e verticale.
Naturalmente, nel calcolare la banda occupata bisogna tener conto anche di una
banda di guardia tra un transponder e l’altro per permettere il filtraggio del
segnale voluto in trasmissione, ma soprattutto in ricezione. Più larga è la banda,
migliore è il segnale che si riceve a terra, ma minore è il numero dei canali
disponibili. I satelliti usati in Europa, ad esempio, che trasmettono per mezzo di
transponder con bande larghe, 33 o 36 MHz, possono contare su quasi 100 canali
12
sulla posizione a 13 gradi est. Per chi si trova a terra a ricevere il segnale,
significa poter ricevere circa 100 canali se si possiede un’antenna parabolica
tradizionale6. Come vedremo più avanti, comunque, tutto questo è vero fino a
quando la trasmissione dei segnali è di tipo analogico, perché la trasmissione di
tipo digitale, che è la vera rivoluzione in atto in questi anni, può moltiplicare per
sei, per otto o per dieci tutti questi numeri, schiudendo orizzonti ancora più vasti
alla televisione diretta via satellite.
6
Cfr. BERETTA, op. cit., p. 10.
13
3. OPERATORI SATELLITARI EUROPEI
I satelliti che orbitano nello spazio vengono gestiti da operatori satellitari, in
Europa ve ne sono due: la Societé Européennee des Satellites ed Eutelsat.
La Ses, fondata nel 1985, gestisce i satelliti Astra7, che sono satelliti di potenza
medio-bassa impiegati esclusivamente per la trasmissione televisiva. Questi
satelliti garantiscono una copertura abbastanza ristretta e coprono i paesi
dell’Europa centro-settentrionale.
La parte più importante in Europa per la gestione dei satelliti la svolge Eutelsat,
fondata nel 1977 da 17 paesi europei membri della Conferenza europea delle
poste e telecomunicazioni, con il preciso compito della gestione dei satelliti
europei. La nascita di questa organizzazione sovranazionale ha una storia lunga.
I principali Paesi europei avevano iniziato a dimostrare un certo interesse verso i
satelliti per le telecomunicazioni già negli anni Sessanta, anche per far fronte al
vero e proprio embargo alle attività spaziali europee imposto dagli Stati Uniti,
gli unici nel mondo occidentale a possedere razzi vettori. Nel 1964 nacque così
L’Esro, European Space Research Organisation, che nel 1975 si sarebbe
trasformata nell’attuale Esa, European Space Agency. Gli accordi definitivi per
la costituzione di Eutelsat vennero conclusi il 15 luglio 1982 per mezzo di una
7
Oggi la flotta della Ses comprende sette satelliti che vanno da “Astra 1A” a “Astra 1G”. Il polo orbitale
della Ses è situato a 19 gradi est.
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Convenzione stipulata da Stati e un Accordo operativo concluso sia dagli Stati,
sia dai gestori pubblici designati da ciascuno Stato. Il segmento spaziale delle
telecomunicazioni europee via satellite, che Eutelsat fornisce ai gestori pubblici,
è principalmente riservato ai servizi pubblici internazionali di
telecomunicazione. A partire dal 1992 sono stati inoltre conclusi tra alcuni paesi
membri speciali accordi, ai sensi dei quali un operatore stabilito sul territorio di
uno di essi può richiedere a qualsiasi altro Stato parte dell’accordo l’accesso al
segmento spaziale. Nel 1996 l’Assemblea di Eutelsat ha approvato emendamenti
volti a consentire la partecipazione all’Accordo operativo di una pluralità di
firmatari per ciascuno Stato, ammettendo la partecipazione di altri operatori con
statuto consultivo ed avviandosi così verso una trasformazione in consorzio di
gestori pubblici e di altri operatori, fornitore a sua volta non solo di capacità
trasmissiva ma anche di servizi di telecomunicazioni. Nel 1998, infine,
l’Assemblea di Eutelsat ha deliberato la creazione di una società privata a
responsabilità limitata con sede in Francia, per la gestione della maggior parte
dei suoi attuali servizi8.
Questa società possiede una flotta di 12 satelliti, dalla posizione 13 gradi est
sono trasmessi i segnali dei satelliti “Hot Bird” che sono quelli che meglio
coprono l’Europa. Altri satelliti sono quelli della serie “W”, nelle posizioni
10,16 e 7 gradi est e coprono le regioni dell’Euroasia, e l’ultimo nato è “Sesat”
8
Cfr. VENTURINI, Servizi di telecomunicazione e concorrenza nel diritto internazionale e comunitario,
Torino, 1999, p. 41 ss.
15
collocato a 36 gradi est e copre oltre all’Europa, una buona parte della Russia e
delle repubbliche dell’Asia centrale.
I satelliti di Eutelsat hanno potenze medio-alte che consentono di allargare la
copertura del segnale e di renderlo perfettamente ricevibile anche con
paraboliche di piccolo diametro9.
9
Cfr. BERETTA, op. cit., p. 49.
16
4. LA TV DIGITALE
In questo nuovo secolo caratterizzato da innovazioni tecnologiche e da nuovi
scenari mediatici, anche la televisione è stata investita da una rivoluzione
digitale che ha portato notevoli cambiamenti.
Sempre più con frequenza si sente parlare di televisioni formato 16/9, di pay tv,
d’impianti satellitari; ma in che cosa consiste questo nuovo mondo?
Innanzi tutto dobbiamo ricordare che questi nuovi progetti sono promossi e
autorizzati dalla Comunità europea, che ha riconosciuto l’importanza strategica
che la televisione avanzata e ad alta definizione riveste per l’industria europea
dell’elettronica di consumo, cinematografica e televisiva e ritiene che la
tecnologia digitale possa offrire significativi vantaggi per il futuro della
televisione10. Si può iniziare dicendo che la televisione ad alta definizione
HDTV (High Definition Television) introduce immagini di qualità
cinematografica su grandi schermi: le dimensioni e la forma dell’immagine, la
qualità del suono sono tali da coinvolgere il telespettatore come se si trovasse
nel mezzo dell’azione. Le caratteristiche che la differenziano rispetto alla
televisione attuale sono una definizione dell’immagine doppia “in senso sia
orizzontale sia verticale”, una superficie dell’immagine di almeno 1 metro
10
Cfr. risoluzione del Consiglio, del 27 giugno 1994 relativa ad un quadro per una politica comunitaria
nel settore della diffusione video digitale, GUCE C 181 del 2/7/1994, p. 1.
17
quadrato, ossia quattro volte superiore a quella media oggi prevista, un rapporto
tra la dimensione orizzontale e quella verticale dell’immagine di 16/9 invece di
4/3, un’ampiezza del campo visivo orizzontale di circa 30° invece di 10-15°, una
distanza di visione pari a tre volte l’altezza dell’immagine invece di 5-8 volte, un
suono d’alta fedeltà stereofonico e quadrifonico anziché stereofonico normale11.
Il segnale digitale si è sviluppato grazie all’elettronica. I circuiti elettronici del
computer sono in grado di riconoscere solamente due stati: acceso o spento,
questo è quello che è alla base del famoso “bit”, l’unità base dell’informazione
digitale. Infatti, il computer usa un sistema di calcolo e di rappresentazione del
mondo basato sulla numerazione binaria, fatta proprio di 0 e 1. Il computer
quindi permette di digitalizzare un immagine ossia riproduce dei campioni che
siano abbastanza vicini tra loro da costituire una replica la più fedele possibile
all’informazione originaria12. L’immagine, dunque, viene suddivisa in tanti
quadratini o pixel13, e il colore e la luminosità di ogni quadratino sono
specificati da un numero: il risultato è che se i quadratini sono abbastanza
numerosi, l’occhio umano non li distingue, ma percepisce soltanto l’immagine
complessiva che essi formano. Così, paradossalmente, il segnale digitalizzato
che contiene minor informazioni di quello analogico di partenza, in realtà può
essere molto più preciso.
11
Cfr. MAZZA, Diffusione televisiva e disciplina comunitaria della concorrenza , Torino, 1999, p. 10.
12
In un compact disc musicale, il suono della voce o degli strumenti viene campionato 44.100 volte al
secondo e questo significa che ogni secondo di suono viene trasformato in 44.100 numeri, ciascuno dei
quali specifica le caratteristiche in un determinato istante.
13
Picture element, ossia l’unità di misura delle immagini.
18
Pensiamo, per esempio, ad un orologio. Se noi chiediamo l’ora esatta ad una
persona che ha un orologio con le lancette, ossia analogico, ci dirà che sono le
cinque e venti anche se in realtà sono le cinque e diciannove, se invece lo
chiediamo ad una persona che ha un orologio digitale ci dirà con precisione che
sono le cinque e diciannove. Una volta digitalizzata l’immagine deve essere
trasmessa; il segnale analogico durante la trasmissione viene distorto, mentre
quello digitale può essere fedelmente amplificato e grazie a tecniche di
correzione si possono limitare le distorsioni fino a raggiungere livelli vicinissimi
alla perfezione. Un’altra caratteristica fondamentale del segnale digitale è quella
di poter essere compresso, con il conseguente vantaggio di poter essere
trasmesso più facilmente e velocemente; la compressione avviene grazie a
sistemi che selezionano solo le informazioni essenziali14. L’introduzione del
digitale nella tv, ha portato la nascita del Dvb, Digital Video Broadcasting15:
questo sistema permette la trasmissione, via satellite, di canali digitali sulle
stesse frequenze utilizzate dai canali analogici.
Il sistema Dvb usa il linguaggio dei bit, e perciò occorre un computer in grado di
leggere questo linguaggio e decifrarlo. Questo ha portato alla creazione di un
set-top-box o volgarmente decodificatore che ha la funzione di decomprimere i
segnali digitali e renderli utilizzabili dalle normali televisioni, questi nuovi
apparecchi, esteticamente molto simili ad un videoregistratore, hanno anche altre
funzioni come quelle di selezione dei programmi e la decodifica dei segnali
14
I sistemi di compressione utilizzano sistemi basati sugli algoritmi ossia insiemi di informazioni.
15
Un nuovo standard per decifrare il segnale digitale adottato da tutte le grandi tv europee, oltre
all’emittenti statunitensi e asiatiche, e sta per essere utilizzato anche dal Giappone.
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criptati, è soprattutto su quest’ultima funzione che si gioca una buona parte della
futura fortuna della televisione digitale.