1 C A P I T O L O I E V O L U Z I O N E N O R M A T I V A D E L L A P U B B L I C A A M M I N I S T R A Z I O N E E D E L L A D I R I G E N Z A P U B B L I C A
1 ) I L S I S T E M A I T A L I A N O N E L P E R I O D O P R E C E D E N T E L A C O S T I T U Z I O N E La dirigenza pubblica nasce come categoria autonoma solamente col
D.P.R. n. 748/1972
1
; in precedenza essa era disciplinata in base al
modello definito dalla legge Cavour del 23 Marzo 1853, n.1483
2
. Da
tale modello, che combinava il principio costituzionale inglese della
responsabilità dei Ministri davanti al Parlamento per la direzione e
l’esecuzione dell’attività amministrativa da essi svolta, con il principio
organizzativo di derivazione francese costruito secondo l’archetipo
1
Il D.P.R. 748/1972 creò la nuova carriera dirigenziale scindendola da quella
direttiva, prevista dal D.P.R. 10 Gennaio 1957 n.3.
2
Cavour nel 1853 col riordinamento dell’amministrazione centrale dello Stato,
stabilì il principio di supremazia dei Ministri e configurò un modello ministeriale
con un unico capo (coadiuvato da un Segretario Generale). Nel 1888 sarà poi
Crispi a reintrodurre la figura del Direttore Generale, su cui incombeva la
responsabilità gestionale dell’ Amministrazione, permanendo il ministro al vertice
della struttura amministrativa. Con legge 23 Agosto 1988 n.400 (Disciplina
dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri)
venne poi istituita la figura del Sottosegretario di estrazione parlamentare, quale
collaboratore del Ministro agente per delega. Per una più approfondita
ricostruzione della storia dell’amministrazione italiana cfr. MELIS, Storia
dell’amministrazione italiana (1861-1993), Bologna, 1996.
2 delle strutture militari, nacque un sistema politico-organizzativo in cui
l’unica competenza con rilevanza esterna era quella del ministro che
assumeva la duplice funzione di responsabile politico verso il Capo
dello Stato o verso il Parlamento e di capo dell’amministrazione con
titolarità del potere direttivo e dei poteri connessi con la sua posizione
di superiore gerarchico.
Le istanze critiche del periodo liberale nei confronti del modello
accentrato sia da parte della dottrina
3
, che da parte delle forze
politiche
4
, ebbero un duplice effetto: sul piano del lavoro
contribuirono a rafforzare le garanzie degli impiegati mediante le
leggi sullo stato giuridico
5
, mentre sul piano organizzativo non venne
in alcun modo intaccato il modello gerarchico.
3
Una parte della dottrina fece notare come i ministri risultassero “investiti di
funzioni meramente amministrative”, mentre gli impiegati del ministero fossero
ridotti al rango di semplici esecutori di ordini, totalmente sprovvisti di
discrezionalità nell’attività da essi svolta; cfr. E. PRESUTTI, Lo Stato
parlamentare e i suoi impiegati amministrativi, Napoli, 1899, 19.
4
Si esprimeva in questi termini il Presidente del Consiglio Bettino Ricasoli nella
relazione che accompagnava il disegno di legge di conversione del R.D.L. 24
Ottobre 1866, n.3306, in merito al riordinamento dell’amministrazione dello
Stato: “Prevale, in certi ordini centrali, la esagerazione del principio astratto della
responsabilità individuale del Ministro per tutti gli atti amministrativi, i quali si è
voluto fingere che siano fatti dal Ministro, mentre che realmente non possono
essere. Questa esagerazione di un principio giusto ha scemato, in pratica, la
responsabilità dei capi di amministrazione, che è garanzia più immediata e più
efficace del buon andamento dell’amministrazione ordinaria”. Tratto da C.
D’ORTA, La sopraordinazione dei ministri secondo il D.Lgs. 3 Febbraio 1993, n.
29. Poteri di avocazione, annullamento e decisione dei ricorsi gerarchici sugli
atti dei dirigenti, in Foro amm., 1994, II, 1330.
5
Legge 25 giugno 1908, n. 290 (Testo Unico delle leggi sugli impiegati civili 22
novembre 1908, n. 693).
3 Durante il periodo fascista, nonostante un’opposta corrente di
pensiero
6
, prevalsero le istanze conservatrici di stampo militare
7
. La
Riforma De Stefani
8
accentuò i tratti autoritari già presenti nella legge
giolittiana del 1908 suddividendo il personale in tre gruppi, limitando
fortemente l’associazionismo sindacale negli uffici e burocratizzando
notevolmente i rapporti interni
9
.
2 ) I L M O D E L L O P O S T O D A L L A C A R T A C O S T I T U Z I O N A L E Il testo finale della Costituzione ha dedicato alla materia del pubblico
impiego poche disposizioni frammentarie
10
, ricomprese anche in
6
Tale corrente di pensiero postulava l’opportunità di una riorganizzazione
dell’amministrazione dello Stato secondo logiche di tipo aziendale, caratterizzate
da una valorizzazione delle figure impiegatizie di livello apicale (c.d. corrente del
“taylorismo della scrivania”).
7
C. D’ORTA, La sopraordinazione dei ministri secondo il D.Lgs. 3 Febbraio
1993, n. 29. Poteri di avocazione, annullamento e decisione dei ricorsi gerarghici
sugli atti dei dirigenti, cit. 1330, nt.4, ha precisato come all’interno del partito
fascista coesistessero all’inizio molteplici correnti di pensiero. Le più rilevanti
furono indubbiamente il “taylorismo della scrivania” (che portava avanti l’idea di
una ristrutturazione dell’amministrazione basata su logiche aziendalistiche e che
puntava ad attribuire un ruolo di preminenza e maggiori poteri alle figure
dirigenziali apicali) e una corrente ispirata al modello militare e ad uno schema
rigorosamente gerarchico. Visionando i R.D. 11 Novembre 1923, n. 2395 e R.D.
30 Dicembre 1923, n. 2960, risulta subito come prevalse sin dall’inizio la
concezione militaristica all’interno del partito fascista.
8
R.D. 11 Novembre 1923, n. 2395.
9
Una delle prime misure (R.D. 30 Dicembre 1923, 3. 2840) fu il deferimento
dell’intera materia relativa al pubblico impiego alla giurisdizione del Consiglio di
Stato. Cfr. G. MELIS, Storia dell’amministrazione italiana (1861-1993)
10
V. U. ALLEGRETTI, Amministrazione pubblica e Costituzione, Padova, 1996,
43 che precisa come nel momento in cui si trattò di tradurre in norme
4 ambiti diversi rispetto a quella parte del testo espressamente dedicata
alla “Pubblica amministrazione” (Sezione II, Titolo III). La
disposizione che detta i principi fondamentali in tema di
organizzazione e azione della pubblica amministrazione è data
dall’articolo 97 della Costituzione: il primo comma di detto articolo
stabilisce testualmente che “I pubblici uffici sono organizzati secondo
disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento
e l’imparzialità dell’amministrazione”: si tratta della disposizione
costituzionale di valenza generale che assiste tutto l’impianto
organizzativo e funzionale degli enti pubblici. Le regole dell’agire
amministrativo ruotano dunque attorno ai principi di “buon
andamento”
11
e “imparzialità”
12
, ma non viene descritto in maniera
costituzionali i principi centrale relativi al rinnovamento dell’amministrazione la
linea di continuità prevalse rispetto a ogni esigenza di cambiamento, e dunque “al
passaggio alla democrazia non corrispose il passaggio ad una nuova forma di
amministrazione”.
11
V. S. CASSESE, Corso di Diritto Amministrativo, Roma, 2012 La formula di
tale principio è molto vasta. Secondo la Corte costituzionale, il principio di buon
andamento comporta l’obbligo della pubblica amministrazione di perseguire la
migliore realizzazione dell’interesse pubblico, in modo che vi siano coerenza e
congruità tra l’azione amministrativa e il fine che essa deve perseguire. Secondo
altra dottrina, il principio di buon andamento comporta la tempestività dell’azione
amministrativa e il fine che essa deve perseguire. Ad avviso di altri, comporta la
tempestività dell’azione amministrativa. Per altri ancora, esso impone economicità
(minor costo), efficacia (che misura il rapporto tra risultati ottenuti e obiettivi
prestabiliti) ed efficienza (minore dispendio di risorse per ottenere i risultati).
12
Dal principio di imparzialità, sia dottrina che giurisprudenza hanno tratto
diverse conseguenze, di cui quattro sono fondamentali: obbligo di determinare
criteri e modalità prima di procedere; obbligo dell’amministrazione procedente di
esaminare in modo accurato, completo e imparziale tutti gli elementi rilevanti di
ciascuna fattispecie; obbligo di compiere in modo oggettivo un esame in cui
5 chiara il legame che deve esservi tra organi politici e organi
burocratici.
I Padri costituenti hanno disciplinato, seppur in via di principio, tutti
gli aspetti dell’amministrazione e le varie forme di responsabilità al
suo interno, lasciando la normativa riguardante l’esecutivo in chiave
politica e la stessa forma di governo “a maglie larghe”, onde evitare la
creazione di un esecutivo forte. Evidentemente, gli stessi erano
consapevoli della circostanza che fosse proprio l’amministrazione ad
assicurare l’essenziale continuità dello Stato al di là delle contingenze
del sistema politico e della stessa forma di governo nei suoi aspetti
chiaramente giuridici
13
.
Viene così introdotta una riserva di legge in materia di organizzazione
della pubblica amministrazione (unanimemente ritenuta una riserva
relativa) in base alla quale è compito del legislatore definire quali
siano i principi direttivi ed i criteri di massima della materia mentre è
rimesso all’autorità amministrativa l’esercizio del potere di
integrazione, puntualizzazione e sviluppo delle linee generali
vengono comparati gli interessi da valutare e di tenere conto dei relativi risultati;
obbligo del titolare dell’ufficio di astenersi quando abbia interese personale
relativo alla decisione che deve essere presa, per assicurare l’imparzialità
dell’amministrazione. Il principio di imparzialità costituisce anche la base della
disciplina relativa all’ineleggibilità, incompatibilità e i conflitti di interesse nelle
cariche pubbliche, così S. CASSESE, Corso di Diritto Amministrativo, cit.
13
Così L. VENTURA, Forme di Stato e forme di governo, in L. Ventura - P.
Nicosia - A. Morelli - R. Caridà, Stato e sovranità. Profili essenziali, Torino 2010
6 prestabilite. In altri termini, il legislatore emana una legge
fondamentale (o generale), entro la quale, a livello di fonte secondaria
(o regolamentare) ciascuna amministrazione emana le disposizioni che
completano i principi introdotti dal potere legislativo.
La mancanza di una chiara definizione del rapporto che deve
intercorrere tra organi politici e organi burocratici ha fatto sorgere un
dibattito soprattutto per la presenza dell’art.95, comma 2, Cost.
14
, che
parrebbe aver recepito il pregresso sistema verticistico, in virtù del
principio di responsabilità ministeriale.
L’art. 97, comma 3, Cost. specifica ulteriormente il principio di
imparzialità stabilendo che l’accesso alle pubbliche amministrazioni
deve avvenire per concorso
15
16
, non vengono tuttavia poste regole
certe e immodificabili in relazione alla natura del rapporto di lavoro
che deve intercorrere tra pubblici dipendenti e pubblica
amministrazione. Nessuna soluzione definitiva può essere desunta
dall’affermazione per cui i pubblici dipendenti sono al servizio
14
“I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei
Ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri”.
15
“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso,
salvo i casi stabiliti dalla legge”.
16
Vengono però fatti salvi dalla norma costituzionale i “casi previsti dalla legge”
tali da permettere l’assunzione anche con modalità differenti dal concorso
pubblico; in merito, v. TAR Lazio, sez. III, 7 Marzo 2005, n.1729, in Foro amm.
TAR, 2005, 740 (s.m.) laddove si prevede che la legge speciale “anche in virtù del
principio di buon andamento, deve prevedere un minimo di procedura selettiva,
anche solo per titoli”.
7 esclusivo della nazione
17
; essa pone infatti una regola che prescinde
dalla natura giuridica del rapporto di lavoro.
Le previsioni costituzionali analizzate presuppongono una pubblica
amministrazione con due anime: da un lato neutrale, essendo essa
tenuta ad attuare gli indirizzi e le scelte politiche nel rispetto dei
principi di buon andamento e imparzialità, dall’altro lato sottoposta
all’esecutivo, espressione di una determinata maggioranza
parlamentare. È necessario dunque leggere le disposizioni della parte
II, titolo III, sezioni I e II della Costituzione, unitamente ai principi
fondamentali contenuti nei primi dodici articoli della Carta
Costituzionale nonché con altre norme volte a disciplinare in maniera
più diretta il pubblico impiego (come gli articoli 28
18
, 51
19
e 54
20
cost.). Sebbene siano state prospettate distinte opinioni, la maggior
parte della dottrina è d’accordo nell’affermare che la Costituzione non
17
Art. 98, cost, co.1
18
“I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente
responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in
violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli
enti pubblici”.
19
“Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici
e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti
dalla legge.
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare
ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo
necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro”.
20
“Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di
osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con
disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.
8 ha individuato quale unico modello del rapporto tra organi politici e
burocratici quello gerarchico. Se si accogliesse rigidamente tale
principio, verrebbe infatti ad essere compromessa l’imparzialità
dell’agire amministrativo
21
: in quanto rappresentante della
maggioranza di governo, il ministro sarebbe portato a privilegiare un
punto di vista di parte nella gestione dell’amministrazione.
22
L’autonomia dell’amministrazione dalla politica e il suo essere dotata
di funzioni e responsabilità proprie è rilevabile anche dall’art. 28 Cost.
che individua la diretta responsabilità dei funzionari per gli atti da essi
compiuti in violazione dei diritti.
Dal quadro costituzionale , nonostante alcune ambiguità, pare
prevalere un rifiuto del modello gerarchico e un giudizio positivo nei
confronti del modello amministrativo imperniato sul ruolo attivo degli
uffici e dei funzionari, composta da dirigenti indipendenti dai partiti,
capaci e responsabili
23
24
.
21
Sul principio gerarchico, secondo l’insegnamento classico quale forma di
sopraordinazione basata sui poteri di ordine, controllo e coordinazione, v. A.
AMORTH, La nozione di gerarchia, Milano, 1936.
22
A. M. SANDULLI., Governo e amministrazione, in Riv. Trim. Dir. Pubb.,
1966, ora in Scritti Giuridici, I, Napoli, 1990, cit., 758.
23
A. BOSCATI, Il dirigente dello Stato, 2006, cit., 16.
24
Da un lato vi era quella parte della dottrina che sottolineava la scelta del
costituente in favore di una relazione di continuità tra attività politica e
amministrativa, con sottoposizione della seconda alla prima (M. NIGRO, Studi
sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Milano, 1966.);
dall’altro vi erano coloro i quali facevano risaltare l’autonomia
dell’amministrazione rispetto alla politica.