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modo essere utilizzato per i dirigenti del settore pubblico, i quali non possono
essere definiti l’alter ego del Ministro o del Sindaco.
E’ necessario, pertanto, esaminare i testi normativi prima di poter
individuare le caratteristiche del dirigente nell’ambito del pubblico impiego.
La nascita della figura del dirigente pubblico viene, normalmente, fatta
risalire al D.P.R. 748/1972, che disciplina le funzioni dirigenziali nelle
amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
Tale decreto istituì una vera e propria “carriera dirigenziale”
1
, attraverso la
creazione di tre profili: primo dirigente, dirigente superiore e dirigente generale.
L’ambito di applicazione del D.P.R. 748/1972 era, però, limitato alle sole
amministrazioni statali e non si estendeva anche agli enti locali, la cui
organizzazione rimaneva pertanto ancorata alle disposizioni dei previgenti Testi
Unici.
Occorre attendere oltre dieci anni per assistere al primo, timido tentativo di
introduzione della figura dirigenziale all’interno degli enti locali: il D.P.R.
347/1983 tenta di introdurre tale profilo professionale, caratterizzato da particolari
ambiti di autonomia e responsabilità, non innovando, comunque, in modo
sostanziale le disposizioni del D.P.R. 748/1972.
E’ soltanto con il D.P.R. 268/1987 che, per la prima volta, un testo
normativo prevede un insieme di articoli specifici destinati alla dirigenza degli
enti locali, cercando di disciplinarne le funzioni, le responsabilità e le forme di
reclutamento, tentativo ulteriormente ripreso e sviluppato nell’ultimo dei contratti
collettivi di categoria avente natura pubblicistica, il D.P.R. 333/1990.
In realtà, i citati decreti non hanno istituito negli enti locali una vera e
propria figura dirigenziale, limitandosi ad una mera definizione dei compiti, delle
funzioni e delle responsabilità degli impiegati degli enti locali inquadrati nelle
1
TERRANOVA S., Il rapporto di pubblico impiego, Milano, 1995, 223.
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qualifiche apicali, non distinguendo, in maniera sostanziale, tali figure dagli ex
impiegati direttivi, pur mutuando alcuni istituti dal D.P.R. 748/1972.
In ogni caso, i provvedimenti sopra richiamati permettono di identificare,
sia pure in linea generale, alcune caratteristiche tipiche della funzione
dirigenziale, indispensabili per permetterne una concreta individuazione.
Senz’altro propri della figura dirigenziale sono i compiti ausiliari rispetto
alla funzione di indirizzo politico
2
.
Tale funzione ausiliare comporta l’instaurazione di un rapporto che, se non
proprio definibile “fiduciario”, comporta, comunque, la scomparsa del rapporto
gerarchico, caratteristico dei primi provvedimenti normativi, a favore di un
rapporto di direzione tra dirigenza e rappresentanti politici.
Seconda caratteristica tipica è l’attribuzione, in capo al dirigente, di
compiti, propri e non delegati, di attuazione degli indirizzi e degli obiettivi
indicati dalla parte politica, non solo nel senso di traduzione di tali indirizzi in
provvedimenti formali, ma anche mediante l’individuazione dei mezzi da
impiegare e delle procedure da avviare per il raggiungimento degli obiettivi stessi.
Terza caratteristica fondamentale è l’attribuzione al dirigente del potere,
anch’esso proprio e non delegato, di disposizione diretta dei mezzi necessari allo
svolgimento dell’attività amministrativa, siano essi materiali od umani, con la
conseguente rappresentanza esterna dell’amministrazione di appartenenza
nell’attività di raggiungimento degli obiettivi prefissati dalla parte politica.
Queste tre caratteristiche, sebbene lontane dal definire compiutamente la
figura del dirigente pubblico, sono comunque già sufficienti per sottolineare come
l’istituzione e la regolamentazione della dirigenza in una qualsiasi
amministrazione pubblica non sia una semplice questione di istituzione e
regolamentazione di specifiche figure professionali, ma discenda direttamente
2
TERRANOVA S., op. cit., 227.
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dall’organizzazione della stessa Pubblica Amministrazione, attraverso la
creazione di specifici organi cui preporre le figure dirigenziali
3
.
Deve osservarsi che la creazione di specifici organi, con proprie
competenze esclusive direttamente rilevanti all’esterno dell’amministrazione, è
espressamente preclusa alla contrattazione nazionale, in quanto materia attinente
all’organizzazione degli uffici, coperta da riserva di legge dall’art. 97 della
Costituzione.
1.2 - La L. 142/1990.
La L. 142/1990, ora trasfusa nel D.Lgs. 267/2000, stabilisce fondamentali
principi in tema di “status dirigenziale”, tutti ispirati al tentativo di delineare, da
un lato, una separazione tra ambito politico ed ambito amministrativo, e,
dall’altro, una concreta “managerialità” del dirigente dell’ente locale, bilanciando
l’acquisita assunzione di poteri con la diretta responsabilità per l’effettiva
realizzazione dei progetti dell’ente, oltre che della correttezza amministrativa e
dell’efficienza della gestione.
L’art. 51 della legge in esame affida ai dirigenti la direzione degli uffici e
dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti, i
quali devono uniformarsi al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo
spettano agli organi elettivi, mentre la gestione amministrativa è attribuita ai
dirigenti.
Alla dirigenza, inoltre, spettano tutti i compiti, compresa l’adozione di atti
che impegnino l’amministrazione verso l’esterno, che la legge e lo statuto
espressamente non riservino agli organi di governo dell’ente; vengono inoltre
specificatamente indicate alcune competenze peculiari dei dirigenti, ossia la
3
D’AURIA G., Ufficiali o dirigenti, in Riv. Corte dei Conti, 1991, fasc. 5, 78.
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presidenza delle commissioni di gara e di concorso, la responsabilità delle
procedure d’appalto e di concorso e la stipulazione dei contratti.
Lo statuto di ciascun ente può inoltre prevedere che la copertura dei posti
di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta
specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto
pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi
restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.
Il rinnovo di tali contratti è disposto con provvedimento motivato, che
contiene la valutazione dei risultati ottenuti dal dirigente, in relazione al
conseguimento degli obiettivi e all’attuazione dei programmi, nonchè al livello di
efficienza e di efficacia raggiunto dai servizi dell’ente da lui diretti.
L’interruzione anticipata dell’incarico può essere disposta con
provvedimento motivato, quando il livello dei risultati conseguiti dal dirigente
risulti inadeguato.
1.3 - La disciplina della dirigenza nel D.Lgs. 29/1993.
Il D.Lgs. 29/1993, provvedimento che ha introdotto la privatizzazione del
pubblico impiego, contiene numerose ed importanti disposizioni riguardanti la
dirigenza, tant’è che taluno
4
, forse un po’ enfaticamente, ha definito la parte di
tale decreto legislativo dedicata alla dirigenza (artt. 13-29) come “lo statuto del
dirigente della Pubblica Amministrazione”.
Dopo aver affermato, all’art. 3, il principio della separazione delle
competenze tra apparato politico ed apparato burocratico, gli artt. 16 e 17
elencano le competenze rispettivamente del dirigente generale e del dirigente.
4
STEVANATO L., Il dirigente manager nella Pubblica Amministrazione, in Il
Diritto della Regione, 1994, 2, 239.
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L’elenco delle competenze dirigenziali di cui agli artt. 16 e 17 del D.Lgs.
29/1993 è da ritenersi esemplificativo
5
.
Da taluno
6
, però, l’elenco è stato definito tassativo.
L’art. 16 del D.Lgs. 29/1993 esplicita quelle che sono le competenze dei
dirigenti generali, che possono classificarsi nel modo seguente:
a) funzioni propositive nei confronti dell’organo politico;
b) funzioni di progettazione, attuative dei programmi individuati
dall’organo politico;
c) funzioni di gestione dei poteri di spesa e di acquisizione delle entrate;
d) funzioni di individuazione delle competenze gestionali dei dirigenti;
e) funzioni di disciplina generale e di organizzazione degli uffici e degli
orari;
f) funzioni di gestione del personale;
g) funzioni di rappresentanza in giudizio;
h) funzioni di coordinamento dei responsabili del procedimento;
i) funzioni di coordinamento, verifica, controllo e sanzionatorie nei
confronti dei dirigenti;
l) poteri sostitutivi nei confronti dei dirigenti.
Ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 29/1993 al dirigente competono funzioni:
a) di direzione e coordinamento;
b) di spesa;
c) di verifica dei carichi di lavoro e della produttività;
d) di attribuzione del trattamento economico accessorio al personale;
e) di individuazione del responsabile del procedimento;
5
STEVANATO L., op. cit., 243.
6
PAPADIA, I nuovi profili giuridici inerenti i poteri della dirigenza degli enti
locali con rapporto di lavoro di diritto civile, in Rivista del personale dell’ente locale,
1993, 4, 607.
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f) di controdeduzioni agli organi di controllo sui rilievi formulati sugli atti
di propria competenza;
g) di richiesta di pareri:
h) propositive nei confronti del dirigente generale.
Occorre notare come il ruolo propositivo del dirigente abbia quale
interlocutore non l’organo di direzione politica, bensì il dirigente generale.
Dalle disposizioni del D.Lgs. 29/1993 si desume che il ruolo del dirigente
generale, oltre che per talune competenze specifiche, si differenzia da quello del
dirigente, in quanto la funzione principale del primo è quella di
“subprogrammazione”, o di programmazione di secondo livello, attraverso cui
viene data concreta forma e specificazione in progetti ai programmi ed ai piani
approvati dagli organi politici.
Il dirigente generale ha una rilevanza particolare e distinta da quella del
dirigente, rappresentando “il filtro tra la gestione amministrativa propriamente
detta e la direzione politica degli apparati burocratici”
7
.
Competerà quindi al dirigente generale definire detti progetti, individuare
le risorse necessarie per la loro realizzazione ed assegnarne la gestione ai
dirigenti.
Ciò non significa, però, che il dirigente generale sia privo del potere di
gestione diretta, e ciò in virtù sia dell’art. 3 comma 2, che attribuisce la gestione
amministrativa, tecnica e finanziaria ai dirigenti, senza discrimine alcuno tra
dirigente generale e dirigente, sia dall’art. 16 lett. c), che attribuisce espressamente
il potere di spesa al dirigente generale, così come quello di acquisizione delle
entrate.
Pertanto, fermo restando che, in linea di principio, è al dirigente che
compete la gestione concreta (nel rispetto sia delle direttive dell’organo politico
che di quelle del dirigente generale) ben potrà il dirigente generale, qualora lo
7
T.A.R. Liguria, sez. II, 15 luglio 1995, n. 327, in T.A.R., 1995, I, 3712.
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ritenga opportuno, riservare a se stesso la gestione di taluni progetti, così come al
dirigente generale “spettano tutti i poteri di gestione del personale”
8
.
Per effetto delle previsioni di cui agli artt. 3, 16 e 17 del D.Lgs. 29/1993 è
da ritenersi che tutte le competenze in tema di ordinaria amministrazione,
indistintamente attribuite dall’art. 32 comma 2 lett. f) a Giunta, Segretario e
funzionari, vengano ad essere proprie solo ed esclusivamente dell’apparato
burocratico.
1.4 - La diretta applicabilità delle disposizioni del D.Lgs. 29/1993 agli
enti locali.
Un rilevante problema che si pone è quello dell’automatica applicazione o
meno agli enti locali della disciplina della dirigenza contenuta nel decreto sulla
privatizzazione del pubblico impiego.
L’art. 13, comma 1, impone alle pubbliche amministrazioni non statali di
adeguare, ove necessario, i propri ordinamenti a dette prescrizioni, tenendo conto
delle relative peculiarità, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.
Occorre pertanto verificare l’applicabilità delle disposizioni in questione
nell’ipotesi in cui un’amministrazione locale non abbia provveduto
all’adeguamento del proprio ordinamento nel termine di cui sopra.
In primo luogo, va rilevato come si tratti di adeguamento facoltativo,
richiesto solo “ove necessario”, per cui ben potrà accadere che l’ordinamento del
singolo ente sia già conforme a quanto disposto dal D.Lgs. 29/1993 in tema di
dirigenza, rendendosi quindi superflua ogni modifica.
In ogni altro caso, sembra comunque che la corretta lettura dell’art. 13,
comma 1 del D.Lgs. 29/1993 debba essere quella per cui, decorso il termine di sei
8
T.A.R. Liguria, sez. I, 9 giugno 1995, n. 193, in T.A.R., 1995, I, 3702.
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mesi dall’entrata in vigore del decreto stesso, le previsioni in tema di dirigenza si
applichino integralmente, a prescindere da ogni mediazione statutaria o
regolamentare
9
.
Infatti, il legislatore non ha inteso subordinare l’applicabilità di tali norme
all’adeguamento dell’ordinamento dell’ente locale, ma semplicemente consentire
alle amministrazioni non statali l’adattamento alla disciplina legislativa in
relazione alle proprie peculiarità.
Il mancato esercizio di detta facoltà di adeguamento ha il significato non di
paralizzare l’applicazione della normativa in esame, bensì di consentirne la totale
ed integrale applicazione, senza alcun adeguamento, fermo restando che,
considerata la natura non perentoria del termine, le singole amministrazioni non
vedranno consumarsi definitivamente detta facoltà
10
.
Del resto, dall’esame del contenuto letterale dell’art. 13, comma 1, si nota
che ogni amministrazione non statale è obbligata ad adeguare il proprio
ordinamento nei termini previsti, apportando, se necessario, le modifiche idonee a
renderlo conforme alle disposizioni del D.Lgs. 29/1993.
L’adeguamento è pertanto obbligatorio e deve avvenire necessariamente
entro il termine di sei mesi, decorso il quale deve ritenersi che le previsioni del
singolo ordinamento contrastanti con quelle di cui al Capo II del Titolo II del
D.Lgs. 29/1993 siano implicitamente abrogate per il sopravvenire di fonti del
diritto di rango superiore con le quali esse contrastano.
In giurisprudenza
11
vi sono pronunce che fanno propria la tesi sopra
prospettata in tema di immediata applicabilità delle norme sulla dirigenza
9
ALBERTI A.M., La riforma della dirigenza secondo il D.Lgs. 29/1993, in Rass.
Dir. Tecnica Doganale, 1994, 145.
10
ALBERTI A.M., op. cit., 216.
11
V., ad es., T.A.R. Lazio, sez. II-bis, 16 ottobre 1995, n. 1555, in Rivista del
personale ente locale, 1995, 6, 1202 ss.
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contenute nel D.Lgs. 29/1993, ritenendo che una riforma di così grande rilievo
quale quella attuata da tale decreto non possa essere subordinata, in assenza di
espresse disposizioni in tal senso, ad adempimenti ed a scelte sostanzialmente
rimesse all’iniziativa delle amministrazioni interessate
12
.
Pertanto, trascorsi sei mesi dall’entrata in vigore del decreto, deve
concludersi che la disciplina della dirigenza ivi contenuta sia immediatamente
operativa anche nei confronti delle amministrazioni non statali, compresi gli enti
locali territoriali e ciò, in particolare, in virtù della forza propria del decreto,
destinato a prevalere sulla normativa secondaria, quale è quella degli ordinamenti
locali.
Già precedentemente si era affermato “come le disposizioni di cui agli artt.
15 e 17 del D.Lgs. 29/1993, non essendo subordinate alla previa individuazione
degli uffici dirigenziali, siano entrate immediatamente in vigore, con l’effetto che
l’unificazione delle qualifiche di primo dirigente e di dirigente superiore deve far
ritenere unificate anche le relative funzioni”
13
.
Anche il Ministero dell’Interno ha preso posizione in merito, affermando
che i Titoli I e II del D.Lgs. 29/1993, recanti rispettivamente “Principi generali” e
“Organizzazione”, siano da ritenersi “immediatamente applicabili agli enti
locali”
14
.
Occorre però segnalare anche quella pronuncia contraria all’immediata
applicabilità del D.Lgs. 29/1993, ove contrastante con la L. 142/1990.
Infatti, si è affermato che “dalla incompatibilità del disposto delle norme
contenute nella L. 142/1990 e nel D.Lgs. 29/1993 non deriva l’automatica
12
Corte dei Conti, sez. contr., 28 luglio 1995, n. 104, in Consiglio di Stato, 1995,
II, 2028.
13
T.A.R. Lazio, sez. I, 22 giugno 1994, n. 1000, in Foro Amm.vo, 1994, I, 2503.
14
Circolare Ministero dell’Interno, 22 giugno 1993, n. 6, in Foro Amm.vo, 1993,
II, 122.
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abrogazione delle norme contenute nella prima, ma soltanto l’obbligo del Comune
di modificare gli statuti ed il regolamento, in conformità al disposto dell’atto
normativo successivo, tenendo conto delle peculiari esigenze locali”, ritenendo
così legittima la revoca di un bando di gara ad opera della Giunta
15
.
Si è anche affermato che “la posizione dei funzionari dirigenti degli enti
locali non è equiparabile alla posizione di dirigente statale”
16
.
Anche in dottrina
17
si è sostenuta la non immediata applicabilità del Capo
II del Titolo I del D.Lgs. 29/1993, considerando necessaria la mediazione
statutaria e regolamentare, mentre si è inoltre ritenuto
18
che il mancato
adeguamento degli enti locali territoriali al D.Lgs. 29/1993 entro i sei mesi
previsti possa avere quale conseguenza lo scioglimento, previa diffida a
provvedere, del Consiglio, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. a) della L.
142/1990.
15
T.A.R. Toscana, sez. I, 12 gennaio 1995, n. 17, in Foro Amm.vo, 1995, I, 1269
e in Consiglio di Stato, 1995, I, 879.
16
Consiglio di Stato, VI, 13 giugno 1995, n. 565, in Foro Amm.vo, 1995, I, 1269
e in Consiglio di Stato, 1995, I, 879.
17
CARANO F. e NEGRO A., La funzione dirigenziale prima e dopo il D.Lgs.
29/1993, in Nuova Rassegna, 1996, 10, 1023.
18
PIANESI E., Ordinamento delle autonomie locali, Perugia, 1996, 117.