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le “moderne” imprese di grosse dimensioni, che aventi come comune
denominatore la filosofia taylorista dello scientific management,
caratterizzato da una rigida divisione del lavoro e da un ancor più rigida
razionalizzazione dello stesso, caratterizzano la metodologia gestionale
delle organizzazioni. Durante questa fase inoltre, e precisamente a seguito di
una nascente presa di coscienza contraddistinta da un malessere diffuso in
seno alla quasi totalità dei lavoratori dell’epoca, si inizia a considerare
l’essere umano addetto alle macchine in un’ottica nuova, percependo lo
stesso non più come un “prolungamento” dell’impianto, ma come elemento
a sè stante dotato di intelletto, sentimenti, desideri e capacità individuali che,
se non sviluppate o opportunamente esercitate, conducono all’alienazione
dell’individuo; è in tal contesto che nasce la corrente delle Human Relations
di Mayo, poi successivamente sviluppatasi in due scuole : la scuola
comportamentista e la scuola motivazionalista. L’individuo diviene pertanto
sempre più l’elemento centrale di un dato sistema aziendale poiché si appura
come lo stesso, se opportunamente stimolato, riesca a fornire un contributo
all’impresa ben diverso sia qualitativamente sia quantitativamente da quello
“offerto” durante l’applicazione della metodologia taylor-fordista nella
gestione dell’impresa; contestualmente inoltre, a causa dei predetti fattori di
ampliamento dell’offerta attribuita ad una progressiva industrializzazione di
“massa”, cui fa seguito una sempre maggiore concorrenza nei mercati, ciò
che effettivamente costituisce e caratterizza l’azienda da un’altra è il
capitale umano, valore intangibile di un’impresa, che a causa delle proprie
potenzialità e qualità, riesce a far emergere con il suo operato la propria
organizzazione in un sistema ove, ciò che non sta al passo con i trend di
mercato, inevitabilmente termina il proprio ciclo vitale con una rapidità mai
avuta prima. Eventi storici di drammatica conclusione inoltre, quali lo shock
petrolifero e le numerose crisi internazionali, pongono l’accento sulla
necessità di un ripensamento di “come” fare impresa, ridimensionandone la
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grandezza al fine di evitare probabili crisi di sovrapproduzione già
tragicamente patite; proliferano quindi una molteplicità di piccole e medie
aziende, che in una mutata ottica imprenditoriale ribaltano gli obsoleti
concetti del taylor-fordismo, costituendosi in un nuovo sistema di imprese
avente un’organizzazione a rete, o a seconda dei casi in un sistema
caratterizzato da reti d’imprese. In tal contesto nasce la “lean production”
meglio nota come produzione snella, che ideata da Ohno, padre fondatore
del modello toyotista, si sviluppa a seguito degli errori compiuti dalle
economie occidentali. E’ in questa fase, che si assiste alla massima
attenzione riguardo il fattore umano che secondo detta filosofia gestionale,
nonché secondo la cultura che caratterizza l’impresa orientale, cultura ben
diversa per fenomeni storico-economici nonché religiosi, punta ad
ottimizzare il rapporto impresa-dipendente, rapporto che per la sua
peculiarità è da sempre stato considerato come un rapporto critico. Se da un
lato quindi, proprio in virtù della migliore visione complessiva del modello
nipponico si assiste ad un avvicinamento delle imprese occidentali a questo
modello, dall’altro, proprio per le diverse culture che caratterizzano il modo
di fare impresa, il toyotismo non può essere “traslato” nella sua interezza e
senza modifiche per un suo corretto funzionamento nel sistema occidentale.
Da ciò consegue che in base alla tipologia di prodotto offerto, il predetto
sistema aziendale occidentale propende verso una nuova metodologia di fare
impresa, risultante a volte più a volte meno prossimo al sistema di lean
production giapponese, caratterizzato dall’attenzione al fattore umano,
considerato come vero e proprio capitale di un’azienda. In tal contesto, la
Erg petroli, società operante nel settore dei combustibili e dell’energia con le
sue società controllate, nonché azienda oggetto di studio nel presente lavoro,
riesce a conciliare da un lato l’esigenza caratterizzata dalla concorrenza
internazionale, peraltro spietata in questo settore, e dall’altro l’attenzione
alla valorizzazione del proprio capitale umano, mediante politiche gestionali
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endogene che, al passo con le tendenze in atto, garantiscono un buon livello
di interazione impresa-dipendente, in una logica di trasparenza, correttezza e
attenzione al fattore umano; analizzando quindi dall’interno il sistema
gestionale della Erg, si evidenzia come, durante tutte le fasi del rapporto che
lega un lavoratore alla predetta impresa, dall’assunzione alla formazione,
dalla crescita individuale correlata ad un’equa definizione dei percorsi di
carriera, ad un sistema di valutazione delle risorse umane all’avanguardia, la
Erg petroli oggi, costituisca un modello di riferimento per le aziende di
media grandezza. L’attenzione rivolta al benessere generale dei propri
dipendenti, esplicato ad esempio in attività e centri di benessere riservati ai
lavoratori, nonché l’ottima capacità dell’azienda di interagire con attori
esterni alla stessa, quali ad esempio enti locali, associazioni ecc., denotano in
sostanza la massima attenzione ai rapporti umani e ai fattori motivazionali
dei propri dipendenti, ciò al fine di fare impresa in un contesto favorevole al
continuo e progressivo sviluppo sia proprio, che del territorio ove opera. Il
presente elaborato, viene diviso in tre capitoli di cui il primo assume
connotazione introduttiva, mediante il quale si avvierà un’analisi dei
processi organizzativi conseguenti l’affermazione del Taylor- fordismo, per
poi procedere con l’evoluzione di detti sistemi verso forme più attente al
fattore umano, citando nell’occorso le scuole motivazionaliste e
comportamentiste, a cui seguirà infine uno studio del modello di lean
production giapponese. L’analisi proseguirà nel secondo capitolo su uno
studio della Direzione delle Risorse Umane riferite ad organizzazioni del
lavoro di medie/grandi dimensioni, secondo l’attuale concezione,
esaminandone dettagliatamente le varie funzioni. Il terzo capitolo verterà su
uno studio della Erg, partendo dalla sua origine alla condotta “step by step”
che ha consentito a questa giovane società di affermarsi nel mercato
dell’energia, per poi esaminare la struttura del gruppo e i principi a cui si è
ispirata nel corso della sua evoluzione; si procederà inoltre ad esaminare la
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Direzione delle Risorse Umane e precisamente le varie procedure utilizzate
in azienda per la selezione del personale, l’attività di
formazione/informazione, e la metodologia utilizzata per la valutazione,
procedure acquisite grazie alle numerose interviste a me concesse dal
Personale della Direzione, per il completamento del presente lavoro.
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CAPITOLO I
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1. EVOLUZIONE E SVILUPPO DELLE TEORIE
ORGANIZZATIVE
In questo capitolo verranno esaminati i processi organizzativi che da un
“approccio” rigidamente razionale, si evolveranno progressivamente verso
una tipologia di sistema organizzativo più attento ed orientato verso il fattore
umano; a tal proposito verrà sottolineato come, durante l’evoluzione dei
sistemi organizzativi, verrà profondamente “rivalutato” il fattore umano e
come questo diventerà il vero e proprio capitale di un’azienda, il quale se
impiegato e stimolato adeguatamente, riuscirà ad ottenere risultati ben
maggiori rispetto ad altri sistemi organizzativi concorrenti e similari.
L’evoluzione in questione, che partirà da un sistema organizzativo
rigidamente “verticistico” e “parcellizzato” meglio noto come lo Scientific
Management di Taylor, proseguirà il suo sviluppo con la nascita delle
Human Relations di Mayo, per poi proseguire con le teorie motivazionaliste
e comportamentiste di Autori quali Likert e Lippitt; verrà infine esaminato
un approccio avente caratteristiche organizzative diverse che, maturato in un
ambiente profondamente diverso sotto un punto di vista sociale e culturale,
sarà oggetto di un’ attenta analisi per una sua possibile “esportazione” in
altri contesti organizzativi, ottenuti ottimi risultati in contesti socio-
economici ed organizzativi: la Lean Production giapponese.
1.1 L’EVOLUZIONE DEI SISTEMI ORGANIZZATIVI: DAL
SISTEMA “MACCHINA” AL SISTEMA “ORGANICO”.
Le diverse tipologie di organizzazioni di lavoro tra le quali nell’accezione
più ampia figura l’azienda, può essere definita come organizzazione avente
come finalità un interesse/obiettivo di natura economica, al cui interno
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interagiscono numerose variabili quali le risorse umane, la struttura interna,
le caratteristiche proprie dell’azienda, la tipologia di prodotto e servizio che
essa offre ecc.
Accanto altresì all’universo formale, caratterizzato da un insieme di strutture
gerarchiche, responsabilità e ruoli, cui fanno seguito gli obiettivi e le
funzioni dei soggetti, esiste contestualmente un universo informale,
caratterizzato da regole e comportamenti non prescritti, risultato di
interazioni e scambi che prescindono dalla struttura formale esistente.
A tal proposito, per poter analizzare nel dettaglio un’ organizzazione del
lavoro avente finalità economiche che per comodità dialettica verrà
identificata con il termine “azienda”, occorrerebbe analizzare numerosissimi
aspetti quali il fattore economico, il fattore sociale, il fattore psicologico, il
fattore culturale ecc.
La suddetta analisi comunque, frutto di ampie ricerche condotte su più
fronti, modifica “l’essenza” propria del concetto di azienda, interpretandola
non più come un sistema meccanico in cui tutto è perfettamente prescritto e
rigidamente analizzabile matematicamente, ma come sistema biologico o
organico in cui creature hanno la capacità di riprodurre altre creature simili,
ma in cui non mancano processi evolutivi che, a causa di continue
interazioni con l’ambiente circostante, si modificano, si estinguono o si
migliorano in un continuo e costante processo adattivo; si pensi ad esempio
ad un branco di lupi che vivono in libertà nel proprio habitat, ad un branco di
leoni nella savana africana, o ad altri esempi di specie animali che vivono in
comunità quali le formiche, le api o i topi; i tutti i casi suesposti all’interno
delle predette comunità si può facilmente evidenziare:
Una divisione del lavoro;
Una gerarchia interna;
Una “naturale” capacità di interagire interna al sistema di
riferimento;
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Una differenziazione tra specie per finalità e capacità di
adattamento all’ambiente esterno;
Un continuo processo di adattamento, sulla base di procedure
comportamentali trasferibili “generazionalmente” e insite
all’interno del sistema di riferimento, che si potrebbero paragonare
alla cultura aziendale.
E’ sulla base di queste considerazioni che un’azienda nella sua logica
definizione, poiché impegnata in un costante processo di interazione con il
sistema esterno nonché di adattamento perpetuo, (nel caso in cui questo non
avvenga si potrebbe verificare il rischio di una propria estinzione come per
le specie animali), nella società attuale investita da profondi cambiamenti
economici, organizzativi e tecnologici, non può allo stato attuale essere
ancora paragonata ad una “macchina” o ad un “orologio” intesi come sistemi
chiusi, bensì come un sistema organico in continuo movimento.
1
Da ciò
consegue che per la complessità caratterizzante un’organizzazione di tal
specie, nell’odierna società civile, questa debba essere trattata e studiata da
più aspetti come già in precedenza detto, assunto che la stessa abbia ormai
acquisito un carattere polisemico.
2
E’ alla fine degli anni trenta che Barnard, uno studioso di acclamata fama
ma anche un dirigente di una grande amministrazione statunitense, per
primo introduce il concetto di organizzazione complessa; per essa si deve
intendere principalmente: “una organizzazione di grande dimensione ( una
grande azienda industriale, una amministrazione statale, una società
commerciale o finanziaria, le forze armate). Esse non differiscono dalle
minori soltanto per una serie di parametri quantitativi, ma piuttosto per il
1
D’Egidio F., Magnone A., Porrari F., Rojas Elgueta J., Sampietro M., Simioni A., a cura di Panzarani R.,
Gestione e Sviluppo del Capitale Umano, Milano, Franco Angeli, 2004.
2
Cocozza A., Direzione Risorse Umane, Milano, Franco Angeli, 2006.
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tipo, la varietà, l’intreccio delle relazioni socio-tecniche che le
costituiscono”.
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Da ciò si evince che data la complessità costitutiva, le relazioni strutturali
nonché il modo di operare all’interno dell’organizzazione, non si riferisce
semplicemente ai singoli elementi, ma a sub-unità di dimensioni varie che
tra esse interagiscono.
Una delle caratteristiche più importanti in una struttura di tal genere, è
rappresentata dal fatto che all’interno dell’organizzazione vi sono strutture e
persone che svolgono e operano con funzioni e ruoli diversi, sia per il loro
maggiore o minore grado di responsabilità, sia per il loro maggiore o minore
livello di professionalità “fornito” all’organizzazione, sia per la diversità
della tipologia di mansioni svolte; a tal proposito vi sono strutture che
svolgono attività operative, altre unità che svolgono funzioni direttive, altre
ancora che svolgono funzioni di supporto logistico e tecnico ecc., ma tutte
aventi un obiettivo comune: la cooperazione per il raggiungimento del fine
comune nel processo di perpetuo e costante miglioramento dei risultati
rispetto ai concorrenti esterni, previa “l’estinzione naturale”.
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1.2 LO SCIENTIFIC MANAGEMENT DI TAYLOR .
F.W. Taylor, famoso studioso americano e ingegnere meccanico, con la sua
più celebre opera “ The principles of scientific management” del 1911,
condizionerà seguito da E. Ford I, la storia industriale ed organizzativa di
quasi tutto il novecento, cui farà seguito un movimento che porterà alla
seconda rivoluzione industriale. Scopo dell’analisi di Taylor, è studiare i
meccanismi organizzativi all’interno di un dato sistema, al fine di
3
Barnard C., Le funzioni del dirigente, Torino, Einaudi, 1970.
4
Il concetto di “estinzione naturale”, che Darwin utilizza nello studio sull’evoluzione naturale delle specie,
viene proposto in chiave organizzativa, assunto che la stessa sia paragonata ad un elemento
organico/biologico.